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Il no degli estremisti alla proposta negoziale

Karzai, i talebani
e il "teatrino" della pace


di Gabriele Nicolò

Il Consiglio di pace, istituito dal Governo afghano per aprire spazi di dialogo con i miliziani, "non è che un teatrino, il solito teatrino":  è questa la definizione data dai talebani all'ennesima iniziativa di Kabul per far sedere gli insorti al tavolo dei negoziati. E la risposta dei guerriglieri si configura come l'ennesimo rifiuto di scendere a compromessi con le autorità afghane. Un portavoce degli insorti, Zabiullah Mujahid, ha dichiarato:  "Non negozieremo mai se gli invasori non si ritireranno dall'Afghanistan". Il Governo di Kabul, dunque, si è di nuovo scontrato con un no talebano a qualsivoglia trattativa. Più volte il presidente Karzai ha ribadito che senza un coinvolgimento dei talebani, il processo di riconciliazione nazionale non avrebbe basi solide. Al contrario, le rappresaglie aumenterebbero e con esse il rischio di un'ulteriore destabilizzazione. Una linea appoggiata, pur con le dovute riserve, dalla comunità internazionale. Obama si è detto favorevole a un'azione diplomatica "ad ampio raggio" per uscire dalla crisi, e la Nato gli ha fatto eco. L'Unione europea ha promesso proprio in questi giorni che sosterrà l'intento di Kabul di negoziare con i talebani.
Ma mentre si cerca di imbastire una tessitura diplomatica per integrare gli insorti nel processo politico, non viene meno l'azione militare diretta a piegare la resistenza della guerriglia. In queste ore le truppe della coalizione, insieme con le forze locali, sono impegnate in una massiccia offensiva nella provincia di Kandahar, dove vi sono ancora numerose roccaforti talebane. Lo scenario afghano, dunque, si configura come tagliato in due:  da un lato l'azione diplomatica, con l'offerta di dialogo ai talebani; dall'altro l'azione militare con l'obiettivo di sconfiggere definitivamente il nemico. È su questo crinale che si gioca l'efficacia di una strategia a doppio binario che, fino a questo momento, non sta dando i risultati sperati. Certamente l'Afghanistan stesso non si sta dando una mano. Le legislative del 18 settembre rappresentavano una buona occasione anzitutto per dimostrare la maturità di un Paese alla ricerca di un convincente assetto democratico. Alla vigilia del voto, Karzai aveva promesso che le irregolarità che avevano caratterizzato le presidenziali dell'agosto 2009 non si sarebbero ripetute. Così non è stato. Anche le legislative hanno fatto registrare brogli e la comunicazione dei risultati definitivi, prevista per il 30 ottobre, potrebbe slittare di un bel po'. Il processo di stabilizzazione del Paese passa anche attraverso questo appuntamento elettorale, ma tale opportunità sembra non sia stata colta in pieno. Staffan de Mistura, rappresentante speciale in Afghanistan del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha parlato di "segnali più positivi" rispetto alle presidenziali, escludendo l'eventualità di frodi massicce. Ma al di là del numero di schede false, era auspicabile - concordano gli analisti - che le legislative si svolgessero in modo trasparente, in un Paese che cerca di proporsi nello scenario internazionale come un interlocutore affidabile.