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Giuseppe uomo del sogno e della fede


di Manuel Nin

Con le sei domeniche delle Annunciazioni l'anno liturgico siro-occidentale prepara la nascita del Verbo di Dio incarnato:  nelle prime due con l'annuncio delle nascite del Battista e di Cristo; nella terza e quarta con la visitazione di Maria a Elisabetta e la nascita di Giovanni; nella quinta e sesta con la manifestazione in sogno a Giuseppe e la genealogia secondo Matteo. Queste situano nell'immediatezza anche temporale la nascita di Cristo e anticipano nella celebrazione luoghi e personaggi attorno al neonato:  la città di Betlemme, i pastori, i magi.
Nel vespro della domenica della genealogia si canta infatti:  "Cristo Dio, Figlio del Padre, Verbo eterno che nel tuo grande amore per gli uomini hai voluto nascere dalla Vergine pura senza nozze. Sei nato nella piccola Betlemme, tu che riempi i cieli. Hai dormito in una grotta miserabile, tu che cavalchi i cherubini. Sei stato avvolto dai panni, tu che riempi la terra di bellezza e di colori, messo in una mangiatoia tu che sei scortato dai carri di fuoco". Sono immagini vive e contrastanti che sottolineano la realtà dell'incarnazione del Verbo, del suo farsi piccolo per amore degli uomini.
Diversi testi iniziano con la parola "oggi", attualizzando il mistero che si celebra:  "Oggi gli angeli annunciano ai pastori e dicono loro:  Vi è nato il Salvatore, Cristo Dio, nella città di Davide. Oggi si avvera la parola di Davide che dice:  "Il Signore mi ha detto:  Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato". Oggi Adamo si rallegra perché Dio è nato dalla sua stirpe; oggi Eva balza di gioia perché per mezzo del parto di Maria, sua figlia, è stata allontanata la maledizione ed è venuta la benedizione. Oggi è apparsa nella Persia una stella che ha portato a Betlemme i magi coi doni. Oggi la grotta diventa un secondo cielo perché vi è nato il Figlio di Dio e figlio di Maria. Oggi i pastori si rallegrano perché è nato il pastore grande delle pecore. Oggi i sacerdoti offrono l'incenso, i diaconi i loro canti e le loro melodie".
La domenica della manifestazione a Giuseppe - la domenica del sogno - si sofferma sul mistero del dubbio e della fede di Giuseppe. Nel dubbio di fronte alla gravidanza di Maria, il suo sposo viene messo insieme a Zaccaria ed Elisabetta. I testi accostano infatti l'apparizione in sogno a Giuseppe con la visita a Elisabetta e la nascita del Battista:  "Oggi il Signore si appresta a visitare il servitore. Oggi il potente bussa alla porta del suo messaggero; l'anziana porta nel suo grembo la lampada e va incontro al sole di giustizia. Il re entra nella dimora dell'umile, e Giovanni si prostra e lo saluta umilmente. E Giuseppe fu colto da meraviglia e perplessità vedendo il concepimento manifesto e allo stesso tempo la verginità. Ma il mistero gli rimane nascosto e il dubbio lo assale. Tu, però, Signore, hai mandato dal cielo il capo delle schiere celesti per illuminare l'angoscia del giusto".
La liturgia presenta Giuseppe come l'uomo del dubbio e allo stesso tempo della fede che accoglie la parola che il Signore gli fa sentire. Sant'Efrem nei suoi inni descrive con diverse immagini il ruolo di Giuseppe nel mistero dell'incarnazione del Verbo:  "Degna di benedizione è la madre che l'ha generato, come pure Giuseppe, per grazia chiamato padre del Figlio vero, il cui Padre è glorioso, pastore di tutta la creazione, inviato al gregge perduto e smarrito".
E ancora Efrem sottolinea questa doppia realtà di giustizia e di perplessità:  "Ti adora Giuseppe, ti offre una corona il giusto in pena che l'angelo tranquillizzò. Affinché tu accrescessi la tua mercede ti portò in salvo nel suo seno. La giustizia di Giuseppe ha testimoniato quanto tu sia puro". L'accoglienza da parte di Giuseppe della parola dell'angelo e della nascita del figlio di Maria viene paragonata da Efrem a un grembo che accoglie il dono di Dio, con un ruolo fondamentale nella stessa genealogia di Cristo:  "Giuseppe, figlio di Davide, sposò la figlia di Davide, perché il bimbo non poteva essere registrato con il nome di sua madre. Egli fu così figlio per Giuseppe, senza seme, come fu figlio per sua madre, senza uomo. Mediante entrambi si legò alla loro stirpe, affinché venisse registrato tra i re, figlio di Davide. Senza corpo di Giuseppe egli fu unito al suo nome, e senza nozze di Maria si levò come figlio suo. Di Davide fu Signore e figlio".
Infine il ruolo di Giuseppe viene presentato da Efrem come una professione di fede:  "Giuseppe abbracciava il Figlio in quanto neonato, lo serviva in quanto Dio. Gioiva di lui in quanto buono e aveva soggezione di lui in quanto giusto. Grande paradosso! Chi mi ha dato che tu diventassi figlio mio, o figlio dell'Altissimo? Volevo licenziare tua madre. Non sapevo che nel suo utero c'era un gran tesoro, che avrebbe arricchito in un istante la mia povertà. Il re Davide è sorto dalla mia tribù e ha cinto il diadema. A un gran abbassamento sono giunto io:  invece che re sono carpentiere. Mi è toccato però un diadema:  nelle mie braccia sta il Signore dei diademi. Mosè portava le tavole di pietra che il suo Signore aveva scritto. E Giuseppe scortava solennemente la tavola pura, nella quale dimorava il figlio del Creatore".