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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 26 novembre 1972

 

Il recente riordinamento del calendario liturgico pone in questa ultima domenica del ciclo festivo successivo alla Pasqua la celebrazione della Regalità di Cristo, la quale conclude e corona così la nostra graduale polarizzazione verso il Maestro, il Salvatore, il Capo dell’intera umanità. Questa esaltazione di Gesù Cristo nella sua gloria e nella palingenesi del mondo e della storia ci è presentata nella scena escatologica, cioè nella forma, ora quasi indefinibile, di esistenza, che ci è riservata nella vita futura, nel compimento della suprema giustizia divina a nostro riguardo. È una meditazione sbalorditiva, che va compiuta in Chiesa, durante la Messa, tanto è sacro e misterioso il tema ch’essa ci presenta.

Ma facciamo attenzione. Quella proclamazione della piena e definitiva regalità di Cristo affonda le sue radici nel tempo, nel nostro tempo, perché la nostra sorte personale, rispetto a quel trionfo finale e universale, si decide nell’attualità, anche profana, della vita presente: il nostro oggi segna il nostro destino per il nostro domani eterno. Esigenza tremenda questa, che ci difende dalla invadente concezione laicista radicale, la quale così chiude l’orizzonte della nostra esperienza temporale da impedirgli di scorgere i rapporti religiosi e responsabili relativi alla nostra vera salvezza. Se la laicità sta bene come limite di competenza nei campi del pensiero e dell’azione, non può sostenersi come visione globale della vita, visione che necessariamente si estende alla sfera religiosa, dove Cristo è la luce del mondo.

E questa apertura è per noi, figli del nostro tempo, tanto più facile e doverosa in quanto ci offre la visione dei bisogni umani, delle sofferenze del nostro prossimo, della giustizia sociale come campo operativo bivalente, vogliamo dire umano e religioso. Ricordiamo: la formula riassuntiva del nostro giudizio sarà quella proclamata da Cristo Re: il vostro contegno verso il prossimo, contegno positivo o negativo che fosse, mi riguardava personalmente: «l’avete fatto a me!».

Quest’ultima parola dell’anno liturgico diventa la prima per i nostri programmi: l’interesse cristiano per il bene altrui li deve ispirare e sorreggere! Questo è il riflesso pratico della festa di Cristo Re.

E Maria ci è anche e soprattutto in questo campo, Regina e Maestra.

  



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