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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 4 marzo 1970

 

Ricerca dei principi fondamentali del nostro essere

Diletti Figli e Figlie!

Il periodo quaresimale, nel quale ci troviamo, e possiamo allargare la nostra prospettiva dicendo: il periodo postconciliare, nel quale parimente ci troviamo, ci propongono una revisione del nostro modo di vivere, la quale pone molte e non facili questioni alla nostra coscienza. La riforma promossa dalla Chiesa in questo nostro tempo, il così detto «aggiornamento», non riguarda soltanto le «strutture», le modalità esteriori della organizzazione ecclesiale, come si è soliti a pensare, riguarda la nostra vita personale, riguarda la linea ideale che dobbiamo imprimere alla nostra condotta, riguarda i criteri direttivi del nostro senso morale.
Come dobbiamo vivere? Così come viene, senza pensarci? Dobbiamo essere passivi e conformisti rispetto all’ambiente, al tempo, al costume, alla moda, alle leggi, alle necessità, in cui praticamente ci troviamo, ovvero dobbiamo in qualche modo reagire, cioè agire con criterio proprio, con una certa libertà, almeno di giudizio e, dove è possibile, di scelta? Dobbiamo accontentarci d’essere impersonali e mediocri, e fors’anche difettosi, disonesti e cattivi, ovvero dobbiamo imporre a noi stessi una regola, una legge? Dobbiamo esigere da noi stessi uno stile di vita, una disciplina morale, una perfezione, ovvero possiamo vivere senza scrupoli, come ci torna più facile e più piacevole? E se l’amore è la qualifica più essenziale della vita morale, come lo dobbiamo intendere, quale affermazione di egoismo, o quale professione di altruismo?

DISCIPLINA MORALE

Tante domande, che ciascuno deve porre a se stesso, e che: anche se nascondono problemi speculativi delicatissimi e difficilissimi, trovano in pratica facile risposta, specialmente per noi che abbiamo un Maestro di vita, quale è Cristo, il Quale, appunto nel suo Vangelo, c’insegna con la parola e con l’esempio come dobbiamo vivere, e con il sussidio interiore del suo Spirito, la grazia, e quello esteriore della sua comunità, la Chiesa, ci rende possibile compiere ciò che Egli ci prescrive.
E nessuno si illuda. Cristo è esigente. La via di Cristo è la via stretta (Cfr. Matth. 7, 14). Per essere degni di Lui, bisogna portare la croce (Cfr. Matth. 10, 38). Non basta essere religiosi, bisogna effettivamente essere seguaci della divina volontà (Matth. 7, 21). E il Concilio dirà che, se abbiamo coscienza di quanto il battesimo opera nel nostro essere umano rigenerato, dobbiamo sentirci obbligati a vivere come figli di Dio, secondo l’esigenza di perfezione e di santità, che appunto deriva dalla nostra elevazione all’ordine soprannaturale (Lumen gentium, 40).

LEGGE NATURALE

Ma nessuno si spaventi. Perché la perfezione alla quale siamo chiamati dalla nostra elezione cristiana non complica e non aggrava la vita, anche se ci domanderà l’osservanza di molte norme pratiche, atte piuttosto ad aiutare che non a rendere più difficile la nostra fedeltà. La perfezione cristiana esige innanzi tutto da noi la ricerca dei principi fondamentali del nostro essere umano. Il nostro dovere cerca di adeguarsi al nostro essere. Dobbiamo essere ciò che siamo. È questo il criterio della legge naturale, sulla quale oggi tanto si discute, ma che la semplice ragione rivendica nelle sue esigenze fondamentali, risultanti dalla vita stessa, interpretate dal buon senso, dalla ragione comune (Cfr. Gaudium et spes, 36). È la legge che portiamo in noi stessi, in quanto uomini: non scripta, sed nata lex (CICERONE); la legge che San Paolo riconosce anche nei popoli ai quali non fu annunciata la legge mosaica (Cfr. Rom. 2, 14), e che il Vangelo ha assorbito, convalidato e perfezionato (Cfr. B. SCHÜLLER, La théologie morale, etc. in Nouv. Revue Théol., mai 1966, p. 449 ss.).

Del resto, tutti abbiamo sufficiente cognizione di questa legge, che troviamo enunciata nei suoi massimi precetti nel Decalogo. E l’ossequio a questa legge ci fa uomini e cristiani. Ci difende dall’accusa, che spesso la letteratura fa alle persone devote, d’essere cioè scrupolose nell’osservanza di regole pie e minuziose, e di non esserlo altrettanto nell’intransigente fedeltà alle norme basilari dell’onestà umana, come la sincerità, il rispetto alla vita o alla parola data, la correttezza amministrativa, la coerenza del costume con la professione cristiana, e così via. È questa rettitudine che conferisce interiormente e socialmente dignità all’uomo; è questa coerenza fra il pensiero e la vita che costruisce un metro comune di moralità fra il fedele ed il non cristiano; è questa professione di giustizia razionale, che sostiene il sistema legislativo della società civile, e che offre motivo di progresso alla giustizia sociale. Anche le ribelli contestazioni dei nostri giorni si appellano, in fondo, alla necessità di una razionalità normativa più progredita e più conforme ai nuovi bisogni d’una società in evoluzione. Nello smarrimento odierno della nozione di bene e di male, di lecito ed illecito, di giusto e d’ingiusto, e nella demoralizzante diffusione della delinquenza e del mal costume, noi faremo bene a conservare e ad approfondire questo senso della legge naturale, cioè della giustizia, dell’onestà, del bene, quale la retta ragione non cessa d’ispirare nell’interno della coscienza.

UNA VITA NUOVA

Ma non ci potremo fermare qui.
Dovremo entrare nella visione realista della fede, che ci dimostra la inettitudine fatale dell’uomo ad essere buono e giusto con le sole sue forze. Questa inettitudine, prima ancora che il nostro catechismo ce la dichiari, grande parte della letteratura moderna e dello spettacolo narrativo oggi ce la documentano disperatamente; il pessimismo dominante nell’arte imbevuta di psicologia moderna dice, ancor più di quanto non lo saprebbe fare il maestro di religione, come l’uomo è malato nelle viscere profonde della sua esistenza, come indarno egli sogna e lotta per raggiungere la felicità e la pienezza dell’essere suo, come inesorabilmente tradisce la sua insufficienza morale e la sua interiore corruzione, e come si senta condannato allo scetticismo, alla disperazione, al nulla.
Per noi è chiaro. Abbiamo bisogno d’essere salvati. Abbiamo bisogno di Cristo. Abbiamo bisogno di Uno che assuma sopra di Sé tutto il nostro peccato e lo espii per noi. Abbiamo bisogno d’un Salvatore che dia per noi la sua vita, e che subito risorga per la nostra giustificazione (Cfr. Rom. 4, 25), cioè per renderci capaci di vivere una vita nuova, la vita soprannaturale, la vita pasquale.
È per questa vita redenta che la Chiesa è istituita; ed anche quest’anno ella ci chiama, ci raccoglie e ci prepara all’annuncio, che è suo: quello della resurrezione di Cristo e nostra.
Preparatevi tutti, con la Nostra Apostolica Benedizione.

Il Movimento dei Focolari

Siamo lieti di accogliere con un particolare benvenuto il gruppo dei sacerdoti, aderenti al Movimento dei Focolari, venuti da varie Nazioni europee per frequentare un corso di formazione presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa.
Sappiamo bene che un alto anelito di perfezione sacerdotale - che vuol essere completa in tutte le sue componenti umane e soprannaturali - vi spinge a prepararvi sempre meglio alle responsabilità, gravi, certo, ma esaltanti, della vostra vocazione, che tende «all’opera del ministero, all’edificazione del Corpo di Cristo» (Eph. 4, 12).
Continuate in questa ricerca di approfondimento teologico, in questo lavorio di interiore affinamento, in questo sforzo di continua ascesa, a cui vi chiama la grazia che vi è stata data mediante l’imposizione delle mani (Cfr. 2 Tim. 1, 6); lo sappiate essere davvero il sale della terra, la luce del mondo (Cfr. Matth. 5, 13, 14), affinché il vostro lavoro sia fecondo, e susciti una accensione sempre più vivida di santità in mezzo al clero e al popolo cristiano. A tanto vi conforta la Nostra Benedizione, che estendiamo ai vostri cari e alle anime a voi affidate.

Delegazione di Carmelitani Scalzi

Siamo ora debitori di un particolare saluto al venerato Preposito Generale dei Carmelitani Scalzi, e ai Segretari Provinciali delle Missioni di quella Famiglia religiosa, i quali stanno studiando, qui a Roma, come dare pratica applicazione ai Decreti Conciliari e alle successive Istruzioni, affinché l’Ordine incrementi sempre di più il suo spirito missionario. Lo scopo del vostro Congresso, diletti figli, si inquadra in quel nobile sforzo di rinnovamento, che il Concilio Vaticano II ha suscitato nella Chiesa, come una grande fiamma di luce e di fervore. Ci fa tanto piacere vedere come lo spirito ardentemente missionario di Santa Teresa d’Avila e di San Giovanni della Croce, di cui siete i figli spirituali, trovi in voi rispondenze tanto generose, e così consone con le odierne esigenze di adeguamento all’accresciuto respiro dell’azione apostolica nel mondo. Sappiate che codesta vostra testimonianza di amore a Cristo e alla Chiesa tanto ci conforta e ci allieta: ditelo ai vostri confratelli, che sanno così bene unire alla contemplazione delle cose celesti e all’ascesa del Monte santo di Dio l’ansia inesausta per la salvezza delle anime; ripetete loro, tornando alle vostre Province, che il Papa li ama, li incoraggia, li benedice con grandissimo affetto.

Capitolo Generale delle «Figlie della Misericordia»

Ci è grato, inoltre, rivolgere il Nostro affettuoso saluto alle religiose dell’Istituto « Figlie della Misericordia del Terzo Ordine Francescano », che hanno concluso da poco il loro Capitolo Generale Straordinario.
Come più volte avemmo occasione di rilevare nelle Udienze ai Capitolari delle varie famiglie religiose, il lavoro a cui avete atteso, dilette figlie, merita tutto il Nostro compiacimento. Esso è indice dello sforzo sincero, con cui anche la vostra Congregazione, così giovane e pur tanto promettente, intende operare l’opportuno rinnovamento delle proprie strutture e della propria disciplina per adeguarle alle odierne esigenze della Chiesa. Le opere di misericordia a servizio degli orfani, della gioventù abbandonata e dei sofferenti di ogni genere, forma la qualifica che distingue il vostro apostolato. Mantenetevi generosamente fedeli, come sempre, a questa vostra nobilissima consegna; e il Nostro auspicio è che la vostra presenza nel mondo possa proclamare con la eloquenza dei fatti agli uomini di oggi, così esigenti di testimonianze concrete, che «chi ama Iddio, ama anche il proprio fratello» (Io. 4, 20-21).
Con questo voto e in pegno della Nostra benevolenza benediciamo di cuore voi tutte e l’intera vostra Congregazione.

Istituto «Fratelli del Sacro Cuore»

Nous avons la joie d’accueillir ce matin les religieux capitulants de l’Institut des Frères du Sacré-Cceur. A travers vous, chers Fils, c’est à tous les membres de votre méritante congrégation que nous nous adressons.
Au terme désormais proche de ces semaines de prière, d’étude, de réflexion et de partage d’une vie fraternelle, vous constatez avec bonheur combien s’est enrichie votre compréhension de la consécration religieuse et du caractère fraternel de la vie commune, et combien est évangélique - et toujours nécessaire - l’apostolat de l’éducation des jeunes, notamment des déshérités si nombreux encore aujourd’hui à travers le monde. Les textes nouveaux que vous avez élaborés veulent faire participer tous vos frères au bénéfice du cheminement capitulaire. Il vous reviendra dès demain, par l’exemple convaincant d’une joyeuse fidélité au Christ, par le rayonnement d’une charité délicate et inlassable, et par l’assurance de votre foi en la mission que 1’Eglise vous confie, de donner vie à la lettre de ces textes pour que tous les Frères de l’Institut du Sacré-Coeur, entraînés et guidés par votre exemple, réalisent à leur tour le renouveau auquel le Concile les convie.
A vous ici présents, et à toute votre famille religieuse, nous accordons de grand coeur Notre Bénédiction Apostolique.

Istruttori nella Compagnia di Gesù

We cannot fail to extend a special word of greeting to the Select group of the Society of Jesus present here today. Together with the Assistants General and the Regional Assistants we greet the Masters of Tertians who have come from all over the world to study questions relative to the Third Year of spiritual formation of the priests of the Society. The great service which the Church has received over the centuries from this illustrious company is well known to all. Can it not be considered that a great part of that zeal and effectiveness is due to the personal holiness fostered in the Society’s members by the institution of tertianship so wisely provided by Saint Ignatius?
May the blessing which We bestow on you be a pledge that, as in the past, the Society of Jesus may always contribute to bringing salvation and happiness to mankind: for the greater glory of God.

                            



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