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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 27 agosto 1975

 

L’Anno Santo è un incontro con Gesù Cristo, un incontro speciale. Cioè esso obbliga colui che lo celebra ad una riflessione radicale su la propria fede, su la propria opinione su Cristo, su la Sua definizione, su la sua Realtà. È questo un processo logico estremamente importante, quasi una necessità di pensiero, e non solo di pensiero speculativo, ma di determinazione totale del proprio modo di vivere, un epilogo interiore circa le questioni del rapporto fra noi e Cristo, rapporto da riconoscere e da perfezionare, come fanno i fedeli, ovvero rapporto da stabilire, in senso nuovo e positivo, come fanno, Dio li benedica, coloro che si « convertono », oppure in senso negativo, con terribile responsabilità esistenziale, coloro che vogliono rimanere indifferenti, estranei, ostili ad un rapporto, quale dev’essere, vitale e rinnovatore con Cristo incontrato sui molti sentieri sempre aperti della fede, o raggiunto a questa stazione centrale dell’Anno Santo.

Si è parlato in questo periodo giubilare di cristianesimo in generale; poi si è parlato della novità del messaggio cristiano da riscoprire, cioè dell’avvento innovatore d’un sistema di pensare, di vivere, di comunicare con Dio e con gli uomini, sistema che possiamo includere nella formula di « regno dei cieli, o regno di Dio », di messaggio evangelico; poi abbiamo cercato la fonte di questo messaggio, e abbiamo riconosciuto in Gesù, che appariva in umili apparenze come un semplice artigiano, oriundo, agli occhi dell’opinione pubblica, di Nazareth, un uomo qualsiasi per l’occhio miope dell’osservatore profano; e ci siamo sentito ripetere dalle fonti, così dette, bene informate: « Non è costui il fabbro, il figlio di Maria? ... » (Marc. 6, 3), come Egli era di fatto; ma questa osservazione non esauriva la questione, perché, con meraviglia, la gente si interrogava donde mai Gesù attingesse tanta dottrina e come mai operasse miracoli. Era logico riconoscere in Lui un profeta, un maestro. Noi abbiamo anche accennato al peso attribuito a questo titolo di Maestro, che Gesù stesso indicava quale prerogativa somma ed esclusiva all’atteso Messia, al Cristo. Ma questo stesso titolo di Maestro non diceva tutto di Gesù, il Quale lasciava capire essere Lui stesso il Maestro, il Messia, il Cristo, tanto atteso e tanto magnificato; così che, fin dall’inizio della sua entrata nella scena della vita pubblica, i primi discepoli intuirono che Gesù era un personaggio misterioso. Tra questi discepoli, ad esempio, Natanaele (Bartolomeo), all’incontro con Gesù, vistosi da Lui conosciuto con un infallibile sguardo introspettivo, esclamò: « Rabbi (cioè Maestro), Tu sei Figlio di Dio, Tu sei il Re d’Israele » (Io. 1, 49). La qualifica di Maestro non bastava quindi a definire Gesù; un altro titolo gli compete, quello di « Figlio di Dio », titolo difficile allora a spiegarsi, ma tale da amplificare la figura di Gesù, oltre quella del semplice Maestro e oltre quella del Messia, di statura semplicemente umana. Nello stesso quadro evangelico, verso le foci del Giordano nel Mar Morto, un’altra definizione di Gesù era risuonata: « Ecco l’Agnello di Dio », cioè la vittima privilegiata e predestinata ad un misterioso sacrificio (Ibid. 1, 29 et 36). La curiosità e la meraviglia crescevano, ,anche se Gesù, parlando di Se stesso, solo si qualificava abitualmente come « Figlio dell’uomo », altro titolo apparentemente modesto, ma pieno di reminiscenze bibliche e di significato profondo.

Parlare di Gesù, nello svolgimento del racconto evangelico, era diventata cosa attraente, impegnativa, inevitabile, ma nello stesso tempo cosa difficile e ambigua. Tanto che la questione: chi è Gesù? si prestava alle più varie risposte, e non era del tutto chiara anche nella mente dei discepoli quale dovesse essere. Fu allora, voi ricordate, che Gesù stesso, andando con la piccola comitiva dei discepoli medesimi verso Cesarea di Filippo, al Nord della Palestina vicino al monte Hermon, pose una domanda esplorativa: « chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo? »; e dopo le risposte diverse e confuse, desunte dall’opinione pubblica, Gesù incalzò il discorso ponendo la domanda diretta ai suoi futuri apostoli: « E voi chi dite ch’io sia? ». E fu allora che Pietro, illuminato da Dio-Padre, rispose, certamente anche a nome degli altri, la celebre, invincibile definizione di Gesù: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente » (Matth. 16, 16).

Figli e Fratelli, noi ora non diremo di più sul contenuto e su la storia di questa rivelazione. Voi, del resto, conoscete come nel seguito del Vangelo, specialmente nella narrazione dell’Evangelista Giovanni, la questione circa la identità misteriosa di Gesù prende la parte maggiore, e si fa drammatica per l’opposizione radicale dei Farisei, degli Scribi, dei Sadducei e per l’interesse crescente del Popolo (Cfr. Io. 12, 12); si fa poi ufficiale e tragica, perché proprio il titolo messianico e divino di Figlio di Dio, che Gesù, Figlio dell’uomo, nel suo duplice processo religioso e politico, rivendica a Sé, sarà il titolo per la sua condanna alla Croce. Gesù muore vittima e martire della sua misteriosa identità: di Uomo-Dio; e per tale Sua identità risorgerà al terzo giorno e sarà così il Salvatore del mondo.

Teniamo tutti ben fissa nel pensiero, nel cuore, nella vita questa verità certissima e ineffabile circa nostro Signore Gesù Cristo, unico nella Persona divina dell’unigenito Figlio di Dio; eterno nella natura del Verbo, incarnato nella natura umana in Maria per opera dello Spirito Santo. Ricordiamoci di questo mistero reale e incombente su tutta la storia e su tutta la sorte dell’umanità, il mistero dell’unica Persona del Verbo di Dio, vivente nella natura divina e nella natura umana di Gesù. È dogma sovrano, che noi professiamo nella Messa d’ogni domenica e d’ogni solennità cantando il Credo; è la base della nostra fede cristiana e della nostra salvezza. Ricordiamoci tutti che abbiamo professato con esplicita adesione e con inesauribile felicità la confessione di Pietro, qui, proprio su la sua tomba, con la sicurezza che è fondato sulla roccia apostolica (Matth. 16, 18), anzi su la pietra angolare ch’è Cristo stesso (1 Petr. 2, 6; Matth. 21, 42) l’edificio, ch’Egli, facendo di noi pietre vive (1 Petr. 2, 5), sta costruendo, e che non può crollare (Matth. 16, 18), né col tempo che passa, né con la morte che tutto sembra distruggere: è la sua Chiesa, santa ed immortale, a cui noi abbiamo la fortuna di appartenere e da cui riceviamo Cristo medesimo, Pane di vita eterna (Io. 6, 51).

Qui la fede appare nella sua suprema importanza e necessità, nella sua origine, come dono attivo di Dio, e come umile ed onesta apertura soggettiva nostra alla Parola di Lui (Cfr. Ibid. 1, 12; 3, 21; etc.). E con un atto di fede, cioè di accettazione di Verità divina, che trascende il nostro potere conoscitivo e sperimentale, salutiamo Gesù Cristo, ancora con parole di Simone Pietro: « Signore, a chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna. E noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu sei il Cristo Figlio di Dio » (Io. 6, 69).

A tanto vi conforti la nostra Benedizione Apostolica.


Saluti

Pellegrini delle diocesi di Boiano-Campobasso, di Monreale, di Ampurias e Tempio e di Lugano

Ci fa piacere vedere attorno a noi, in questa Udienza, i cospicui gruppi di pellegrinaggi venuti da illustri e antiche Chiese locali, insieme con i loro Pastori: sono le sedi di Monreale, di Boiano-Campobasso, di Ampurias e Tempio e di Lugano. I1 flusso dei fedeli che accorrono a ritemprare a Roma la vita dell’anima, nello spirito di rinnovamento e di riconciliazione proprio dell’Anno Santo, continua ininterrotto: è una crescente testimonianza della vitalità delle singole diocesi, e della serietà con cui celebrano il Giubileo. Questa corrente non si fermerà più, vero? Tornate alle vostre occupazioni con una gioia nuova nel cuore, con un proposito di vita sempre più fedele e coerente al Vangelo, con uno slancio generoso di apostolato, attinto, in questi giorni santi, dall’incontro di grazia con Cristo Signore, dalla sosta di preghiera presso le memorie degli Apostoli e dei Martiri. II Signore sia con voi, sempre, a confortare col suo aiuto costante la vitalità ecclesiale delle vostre singole comunità! Per questo lo preghiamo e pregheremo per voi, mentre a tutti voi qui presenti, come ai vostri cari lontani, specie ai Piccoli e ai sofferenti, impartiamo la nostra Benedizione.

Pellegrini di lingua francese

Nous ajoutons un mot particulier pour quelques pèlerinages que Nous venons de nommer, mais qui Nous semblent particulièrement représentatifs.

Nous saluons nos Fils de l’île de La Réunion. L’apostolat que de nombreux religieux y ont déployé a porté des fruits magnifiques. Tous nos vœux pour la vitalité et la cohésion de vos communautés chrétiennes, pour votre engagement au service de la promotion de tous vos compatriotes.

Et comment ne pas faire mention spéciale du groupe très nombreux de Lyon, de Saint-Etienne et du Diocèse d’Arras, avec les Evêques que Nous avons nommés et dont Nous saluons avec affection le courage pastoral? Ah, chers pèlerins français, Nous savons votre souci, souvent ingénieux, de renouveau spirituel, de recherche catéchétique, d’engagernent social. Que tout cela demeure fermement enraciné dans la foi de l’Eglise, dans cette foi forte et simple dont vos martyrs ont donné le premier exemple en Gaule! Ayez le sens de l’Eglise, de sa tradition apostolique, de sa catholicité, comme saint Irénée. Aimez-la. Par dessus tout, comme dit saint Paul (Eph. 4, 3), appliquez-vous à garder l’unité de l’esprit par le lien de la paix: oui, unissez vos forces vives dans la charité, autour de 1’Evêque. Avec notre Bénédiction Apostolique.

Enfin, Nous exprimons notre estime aux Maîtres-Tailleurs venus de tous les horizons pour leur seizième Congrès mondial. Que vous souhaiter, chers amis, en quelques mots? De nouer des liens amicaux et efficaces entre vous, pour développer votre art. Car cet art est et doit demeurer au service de l’homme: il peut contribuer à une constante éducation et même à une élévation du goût, mais aussi favoriser le caractère personnel, l’harmonie, la courtoisie, l’honnêteté des rapports humains. Employez-vous à ce progrès, voyant votre travail dans cet esprit de service de ce qu’il a de meilleur dans l’homme. Nous vous bénissons, avec vos familles et ceux qui collaborent avec vous dans votre noble profession.

Pellegrini del Ghana, dell’Uganda e dell’Irlanda

Our special welcame goes to the National Pilgrimage from Ghana. Through you we likewise send greetings to the entire Church in your land, and to all your brothers and sisters. May you experience in Rome at the Memorials of the Apostles the immense joy of renewal in Christ, and of reconciliation with God and man. Be assured of our deep affection for Ghana!

Again this week we repeat our greetings to a large group from Uganda. You always have a place of honour in our heart, and a special title to our affection. We love Uganda!

Our joy is complete as we welcome our beloved Irish sons and daughters. You come from the length and breadth of Ireland-a land linked to this Apostolic See in faith from the days of Patrick. And, today, by your presence here, we hear you tell us  with Columban-just as he told our predecessor Gregory the Great-“All we Irish . . . are disciples of Saints Peter and Paul  . . .; the Catholic faith . . . is maintained unbroken”. Yes, dear sons and daughters, it must always be maintained unbroken. And may the regenerating power of this Catholic faith of yours give you, in this Holy Year of grace, renewal in justice, in peace and in love

 



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