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ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

OMELIA DI PAOLO VI

Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore
Sabato, 25 ottobre 1969

 

Venerati Fratelli e Figli tutti carissimi in Cristo!

Nessuno di noi, certamente, si stupirà di questa nostra «statio», durante il Sinodo Straordinario dei Vescovi, alla Basilica di Santa Maria Maggiore, a questo storico e venerato Santuario della pietà mariana, tanto caro alla Chiesa di Roma; e ciascuno di noi sentirà piuttosto rinascere dentro di sé uno spontaneo bisogno di effondere in pienezza la propria devozione alla Madonna, in un momento nel quale la nostra riflessione sulla nostra vocazione all’appartenenza al Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, c’invita alla memoria e alla venerazione di Colei che fu del Corpo fisico del Figlio di Dio, fattosi Figlio dell’uomo, la beatissima Madre (cfr. S. AGOSTINO, P.L. 40, 399).

Può avvenire talora che anche noi rivestiti del sacerdozio di Cristo, assorbiti nell’intento di giustificare il culto cattolico dovuto a Maria, nella controversia e nell’apologia verso coloro che ne impugnano la legittimità, o ne attenuano le ragioni, siamo solleciti di addurre i titoli biblici, teologici, tradizionali, affettivi, con i quali si configura la devozione alla Vergine, e lasciamo qualche poco languire l’espressione vissuta e filiale della nostra pietà verso di lei: trovando forse oggi meno facile di un tempo la conversazione pia e cordiale con Maria, che per essere Madre di Cristo secondo la carne è pure spiritualmente Madre nostra, Madre della Chiesa. Ma ecco che noi, radunati nel Sinodo, o attratti intorno alla sua celebrazione e ai temi che lo rendono di comune interesse, abbiamo sentito nei nostri animi un impulso felice, che ora ci guida a concludere l’assemblea sinodale vicino a Maria, sotto lo sguardo materno di lei.

CULTO MARIANO

Perciò, ragionando noi ancora sulla Chiesa, sulla sua essenza di comunione gerarchica, sul fatto e sul mistero della potestà generatrice conferita ad alcuni eletti e ministri del Popolo di Dio, abbiamo anche questa volta avvertito il rapporto che corre fra Maria e la Chiesa, e specialmente fra quelle membra della Chiesa, che nella Chiesa hanno le funzioni particolari di esprimere col ministero della parola il Verbo di Dio, di effondere per via sacramentale lo Spirito vivificante e santificante, di esercitare autorevolmente il servizio della guida pastorale dei fedeli nel ,pellegrinaggio temporale ed escatologico, cioè fra noi Sacerdoti e Pastori, e Maria Santissima. A causa di questo rapporto siamo qui questa sera adunati.

LA MADONNA E LA CHIESA

Un rapporto di analogia: Maria è la Madre di Cristo, la Chiesa è la Madre dei cristiani; e quanto più questo aspetto della Chiesa si fa evidente, quanto più il mistero dell’Incarnazione dal suo momento epifanico, Betlemme, si riflette nella sua estensione storica, in ogni Chiesa locale e in questa Chiesa Romana, specialmente in questa Basilica, chiamata «la Betlemme di Roma» (Grisar), allora tanto più facile e tanto più doveroso diventa l’accostamento fra Maria e la Chiesa, il confronto, la parentela. Qui ricordiamo tutti un pensiero basilare della teologia e della devozione mariana, un pensiero antico, che il Concilio ci ha richiamato (Lumen Gentium. n. 63), quello di S. Ambrogio, che definisce Maria il «typus Ecclesiae» (P.L. 15, 1555) e ancora: «figura Ecclesiae» (P.L. 16, 326), a cui S. Agostino fa eco: «Ipsa (Maria) figuram in se sanctae Ecclesiae demonstravit» (P.L. 40, 661); perché la generazione virginale di Gesù è misticamente riprodotta in quella materna e soprannaturale della Chiesa rispetto ai fedeli. Parallelismo questo che ancor più ci avvicina a Maria: tutta la pienezza di grazia che fece di Maria la tota pulchra, la santissima, l’immacolata, non ha qualche riscontro nella ricchezza di grazia, ch’è stata versata sopra di noi, quando la sacra ordinazione ci ha assimilati a Cristo nei carismi della santità e della potestà ministeriale? Sarà sempre bello se noi faremo di Maria il nostro specchio sacerdotale, speculum iustitiae . . .

La meditazione si prolunga senza fine, e dalla sfera mistica passa a quella morale. Maria è il modello della Chiesa (cfr. Lumen Gentium, n. 53). Ella «racchiude in eminenza tutte le grazie e le perfezioni» della Chiesa (Olier); quelle che noi dovremmo e vorremmo avere. Maria è maestra. È maestra a noi, che abbiamo l’ufficio d’essere, con la dottrina e con l’esempio, maestri del Popolo di Dio. E che cosa c’insegna Maria? Oh! lo sappiamo: tutto il Vangelo.

AMORE, FEDE, SPERANZA

Ma a noi, specialmente? oggi?

Lo studio si fa preghiera. Maria! insegna a noi l’amore; Maria ottiene l’amore; Maria, che ha concepito Cristo per opera dello Spirito Santo, l’Amore-Dio vivente, presiede alla nascita della Chiesa nel giorno della Pentecoste, quando il medesimo Spirito Santo invade il gruppo dei discepoli, primi fra questi gli Apostoli, e vivifica nell’unità e nella carità il corpo mistico e storico dei cristiani, l’umanità redenta. Siamo qua venuti per implorare, mediante l’intercessione di Maria, Ia perenne continuazione dello stesso miracolo, ad attingere da lei, come da sorgente, un fiume nuovo di Spirito Santo. Perché abbiamo riscoperto la comunione ecclesiale, che al livello apostolico chiamiamo collegialità, cioè un’intercomunione di carità e di efficienza apostolica, che noi vogliamo in questa fatidica età del mondo e della Chiesa meglio onorare e rendere meglio operante nel sentimento e nell’azione, mediante l’amore; quell’Amore che diede a Maria la virtù di generare Cristo, e che imploriamo per noi affinché siamo capaci di compiere la nostra missione generatrice di Cristo nel mondo. E innanzi tutto per noi lo domandiamo questo Amore, che in noi discendendo grazia si chiama e da noi risalendo in un «fiat», che fa eco a quello di Maria, è la nostra oblazione, è quella carità che speriamo non mai si estingua negli anni della vita mortale affinché arda per sempre in quella immortale. Maria, l’amore chiediamo, l’amore a Cristo, l’amore unico, l’amore sommo, l’amore totale, l’amore dono, l’amore sacrificio; insegna a noi, ciò che già conosciamo e già umilmente e fedelmente professiamo: ad essere immacolati, come Tu lo sei; ad essere casti, cioè fedeli a quel tremendo e sublime impegno, ch’è il nostro sacro celibato; oggi, ch’è così discusso da molti e incompreso da alcuni. Sappiamo che cos’è: è, ancor più che uno stato, un atto continuo, una fiamma sempre ardente; è virtù sovrumana, e perciò bisognosa di soprannaturale sostegno. Tu, o Maria, sempre Vergine, facci ora comprendere non solo la paradossale essenza di questo stato, proprio del Sacerdozio latino, e per l’ordine episcopale e lo stato religioso anche delle Chiese d’Oriente, ma il valore: l’eroicità, la bellezza, la letizia, la forza; la forza e l’onore d’un ministero senza riserva, tutto teso alla dedizione e all’immolazione nel servizio degli uomini; la crocifissione della carne (Gal. 5, 24), l’assoluta milizia del regno di Dio; Maria, aiutaci a capire; a capire di nuovo questa misteriosa chiamata all’indivisibile sequela di Cristo (cfr. Mt. 19, 12). Aiutaci ad amare così.

E la preghiera continua. Abbiamo notato come le pagine del Concilio, a Te dedicate, o Virgo fidelis, riconoscono in Te una prima virtù; la prima virtù, che a Dio ci unisce, la fede. Chi penetra nel profondo della diagnosi dei bisogni di quest’ora tempestosa nella società, e per riflesso nella Chiesa di Dio, vede che ciò che più occorre alla Chiesa per essere in comunione con Cristo, e quindi con Dio e con gli uomini, prima d’ogni altra cosa è la fede, la fede soprannaturale, la fede semplice, piena e forte, la fede sincera, attinta alla sua fonte verace, la Parola di Dio, e al suo canale indefettibile, il magistero istituito e garantito da Cristo, la fede viva. O Tu, «beata che hai creduto» (Lc. 1, 45), confortaci col Tuo esempio, ottienici questo carisma. Come saremmo seguaci di Cristo, se il dubbio, se la negazione mortificasse la nostra certezza? (cfr. Io. 6, 67). Come potremmo essere testimoni, come apostoli, se la verità della fede si oscurasse nei nostri spiriti?

E poi, o Maria, chiederemo al Tuo esempio e alla Tua intercessione la speranza. Spes nostra, salve! Anche di speranza abbiamo bisogno, e quanta! Tu sei, Maria, come conclude il Concilio la sua grande lezione sulla Chiesa di Dio (Lumen Gentium, n. 68), immagine e inizio della Chiesa, la quale dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra, risplendi ora innanzi al Popolo di Dio quale segno di certa speranza e di consolazione, o Mater Ecclesiae!

                                                    



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