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SOLENNE CANONIZZAZIONE IN SAN PIETRO DEL BEATO GIOVANNI OGILVIE

OMELIA DI PAOLO VI

Domenica, 17 ottobre 1976

 

We have great joy in being able to announce to all of God’s pilgrim Church on earth the glorious name of a new Saint, that of John Ogilvie, who died a martyr in Glasgow, on 10 March 1615, and who has already been accorded the honour of beatification by our venerable predecessor Pope Pius XI, on 22 December 1929.

Voi avete testé ascoltato la lettura d’un breve profilo biografico di Giovanni Ogilvie, fatta dal Cardinale Corrado Bafile, Prefetto della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi. Voi sapete dunque già molto di lui; sapete che era figlio della terra benedetta dalla storia di altri Santi cari alla Chiesa, come San Columba e Santa Margherita: era Scozzese; sapete che venuto nel Continente si era risolutamente convertito al cattolicesimo; sapete che egli era un giovane membro della Compagnia di Gesù, nel periodo originario (fine del secolo XVI e principio del XVII) della sua ardente e feconda milizia apostolica; sapete che il martirio troncò la vita di lui a trentacinque anni di età. E come avviene di solito al momento in cui un cittadino mortale della terra è solennemente riconosciuto cittadino immortale del cielo, cioè è canonizzato, la gioia così prevale nei cuori fedeli, che ogni altro sentimento ne rimane quasi abbagliato, e ogni altra considerazione superflua alla nostra spirituale letizia; è Santo, noi diciamo, e tanto ci basta per ammirarne la figura, per tributargli la nostra devozione, per invocarne la celeste intercessione.

Ma poi due momenti succedono negli animi attenti, quello della riflessione agiografica e quello dell’imitazione ascetica. E cioè la luce, che il nuovo Santo proietta d’intorno a sé, ci invita ad osservare le vicende della sua vita ed a cercarne il significato storico e spirituale: Santo, perché? ci si chiede. Quali sono i titoli che giustificano l’attribuzione di questa somma prerogativa, ch’è la santità? qual è il significato storico, psicologico e morale di questa vita eccezionale? E alla fine il valore tipico di essa c’incanta, e la sua irradiazione religiosa e morale ci fa ammiratori, discepoli, seguaci, amici del Santo, al quale vorremmo essere legati da una qualche parentela spirituale.

Basta la vita d’un Santo, osservata con amorosa intelligenza, per rivelarci molte cose del Regno di Dio. Vi è sopra un bel colle romano, una villa ben nota al pellegrino, che accostando l’occhio allo spiraglio della serratura della porta chiusa vede con sorpresa profilarsi sul cielo la cupola perfetta e maestosa della Basilica di San Pietro, quasi una visione d’oltremondo. Così la vicenda vissuta di chi, come ogni Santo, lascia intravedere attraverso di sé il Cristo, che è suo e che egli, in modo sempre personale e originale, rivela. Ed ecco che la breve biografia del Santo, che noi oggi celebriamo, molte, moltissime cose d’immenso interesse ci lascia intravedere! il quadro storico, per primo, caratterizzato dalle grandi crisi delle varie espressioni della Riforma protestante, luterana, anglicana, calvinista e presbiteriana, arginate con immensa, ma non invalida fatica del Concilio di Trento, e con l’intensa ripresa della vita cattolica, spesso tormentata da guerre, da lotte religiose e, anche, da decadenti costumi. La cristianità si scompone, e sopporta ormai la permanenza d’insanabili divisioni confessionali, a cui l’ecumenismo moderno vorrebbe porre qualche risolutivo rimedio. La figura del nostro Santo non è comprensibile al di fuori di questa agitata tempesta spirituale.

Ma non qui noi fermeremo in questo momento la nostra attenzione, pensando bastare per la nostra devozione la ricerca del punto focale della vita del nuovo Santo. Questo punto è innanzi tutto soggettivo; è evidente; è il punto focale d’ogni martire, quello che forma la ragione profonda della sua santità, e quindi della sua gloria; e cioè: vi è nella vita umana un valore superiore alla vita stessa; vi è un dovere che supera tutti gli altri; vi è una certezza che messa a confronto con qualsiasi altra non può essere mai smentita; vi è una cosa necessaria per la quale ogni altra cosa dev’essere posposta e, se occorre, sacrificata. Questo valore, questo dovere, questa certezza, questa cosa necessaria è la fede, è la verità della fede. Questa assolutezza riconosciuta alla fede è il nucleo centrale della psicologia del martire, cioè del testimonio di Cristo. Lo è anche per Giovanni Ogilvie.

Noi siamo spesso portati a considerare nei martiri le sofferenze fisiche, le atroci e crudeli sofferenze alle quali essi sono sottoposti, più che il loro motivo, tanto è l’orrore ch’esse provocano nella nostra mente e nella nostra sensibilità. Ma non sono le sofferenze il titolo supremo specifico della loro grandezza e della loro autorità a nostro riguardo. Ce lo ricorda S. Agostino dicendo che non è la pena, ma la loro causa che fa i martiri veri: «quod martyres veros non faciat poena, sed causa» (S. AUGUSTINI Ep. 89: PL 2, 310).

E quale fu la causa del martirio dell’Ogilvie? È facile scoprirla: la fede, dicevamo. Ma la fede è un mondo: quale punto della fede, quale verità della fede fece da centro al combattimento del suo martirio? La voce autorizzata da Cristo ad annunciarla: «voi mi sarete testi» (Act. 1, 8), testimoni, araldi, martiri. «Andate e insegnate» (Matth. 28, 19): «chi ascolta voi, ascolta me» (Luc. 10, 16) disse Gesù. La Chiesa maestra, la fede insegnata da un’autorità, anteriore al libro stesso che la documenta; noi, diremmo oggi l’ecclesiologia autentica, la quale dalla Riforma in poi è diventata l’epicentro delle controversie che turbano l’unità religiosa fondata da Cristo.

Scoperto questo punto centrale e dolente della testimonianza di Giovanni Ogilvie noi non andremo oltre nel nostro discorso; ci basterà registrare che la santità del nostro eroe è caratterizzata dalla sua testimonianza di devozione al magistero della Chiesa e di fede nella Messa, atto di culto che celebra la Parola di Dio e realmente la rende presente. Ma ora noi vogliamo fare dell’elogio di Ogilvie un’apologia polemica. Vogliamo piuttosto esprimere la sovrana speranza che il suo martirio giovi a confermare la nostra fede nel magistero della Chiesa e nel prodigio sacramentale e sacrificale dell’Eucaristia. La speranza che intorno a queste somme verità testimoniate dal nuovo Santo convergano i passi, convergano i cuori di quelli che allora, al momento del suo martirio, lo condannarono come traditore della lealtà dovuta alla Potestà civile della sua patria, mentre altro non fu che assertore dell’autonomia della Potestà religiosa secondo la sentenza eterna di Cristo Signore: «Date a Cesare ciò ch’è di Cesare, e date a Dio ciò ch’è di Dio» (Matth. 22, 21).

Così, che, con serena comprensione dei drammi della storia passata, e con amico presagio d’una più felice storia avvenire, noi possiamo oggi attribuire a gloria del nostro Martire, con quanti altri soffrirono per la medesima causa, il merito d’aver eroicamente contribuito col suo sacrificio a rivendicare alla civiltà la libertà religiosa, quale il recente Concilio ha illustrata nella sua dichiarazione «Dignitatis Humanae»: nessuno dev’essere costretto, nessuno dev’essere impedito a professare la religione, mentre per tutti esiste il grave obbligo morale di cercare e seguire la verità, quella religiosa specialmente (Dignitatis Humanae, 2, 6, 9; S. AUGUSTINI Contra litteras Petiliani: PL 43, 315). Perciò il Santo da noi venerato, lungi dall’essere emblema di discordia civile o spirituale, placherà l’infausta memoria della violenza o dell’abuso d’autorità per causa religiosa, e ci aiuterà tutti a risolvere le vertenze relative al nostro credo rispettivo in propositi di mutuo rispetto, di serena ricerca e di fedele adesione alla Verità per ricomporre quella sospirata unità di fede e di carità, che Cristo ci insegnò essere espressione suprema del suo Vangelo (Cfr. Io. 17).

Ed affinché noi tutti siamo resi degni di giungere a questo epilogo della nostra celebrazione agiografica, ed a questa sorgente di ascetica imitazione, invocheremo umili e fidenti: San Giovanni Ogilvie, prega per noi!

The conclusion of this very simple talk of ours cannot be without a word of ardent satisfaction for you, sons and daughters of Scotland, who have come to this solemn and culminating canonization of the new Saint-the Saint whom you, above all others, have the right to call your own.

We are happy to recognize in this sympathetic and heroic figure of a man, a saint and a martyr the symbol of your own religious, strong and generous land. And in Saint John Ogilvie we willingly greet a glorious champion of your people, an ideal exemplar of your past history, a magnificent inspiration for your happy future. We honour in Saint John Ogilvie an outstanding member of that Society of Jesus which has given so many other valiant soldiers like him to the cause of Christ and of civilization. In him we jubilantly greet a beloved son of the Catholic Church, a typical citizen of the world who is called to discover the light for its harmony, progress and peace in the faith of Christ.

Honour to you, representatives of a Scotland that has given to humanity such a great hero of freedom and of faith.

                             



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