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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA XIV GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
PER LE VOCAZIONI

 

A tutti i Fratelli e Figli della Chiesa Cattolica!

In spirito di cristiana letizia celebriamo la XIV «Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni». La celebriamo nella serena certezza che Cristo Risorto è il Vivente, il Maestro, il Pastore, l’Amico, che «sta con noi tutti i giorni» (Cfr. Matth. 28, 20), e ci parla e ci chiama: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui» (Apoc. 3, 20).

Come avvenne quel mattino in cui il Signore Risorto si presentò sulla riva del lago di Tiberiade, parlò amichevolmente con i suoi discepoli e chiamò nuovamente Pietro a seguirlo (Cfr. Io. 21, 4 ss). Il suggestivo Vangelo della terza domenica di Pasqua offre infatti l’argomento del nostro affettuoso e accorato messaggio rivolto ad anime nobili e generose: un messaggio di fede, di amore, di sacrificio.

Un primo fatto ci colpisce in questo Vangelo. Dopo la pesca prodigiosa, «quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: È il Signore!». E Pietro, appena udito che è il Signore, si «getta» nel lago, per andare incontro a lui (Ibid. 21, 7). Nella luce della fede Giovanni riconosce il Signore Risorto; con la forza della fede Pietro si getta avanti impetuosamente per raggiungerlo. Il Signore premia quella fede semplice e generosa, rivolgendo agli Apostoli l’amorevole invito : «Venite a mangiare» (Io. 21, 12). Notate la sua delicata offerta di amicizia, di cui quell’invito è umanissimo segno. Noi vi diciamo, con le parole del Concilio: «La fede tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo» (Cfr. Gaudium et Spes, 11). Sì, ogni vocazione vera nasce dalla fede, vive di fede, persevera con la fede; una fede sentita e vissuta quotidianamente, in semplicità e generosità di spirito, in confidenza e amicizia col Signore. Nessuno, infatti, segue un estraneo; nessuno offre la sua vita per uno sconosciuto. Se vi è una crisi di vocazioni, non vi è forse, prima di tutto, una crisi di fede? Quale sacro dovere incombe sui Pastori di anime, sui genitori, sugli educatori cristiani, di guidare la gioventù moderna alla conoscenza profonda di Cristo, alla fede in lui, all’amicizia con lui!

Poi il Signore richiede a Pietro una ripetuta professione di amore: «Mi ami?», «Mi ami tu più di costoro?» (Cfr. Io. 21, 15-17). Conoscete la risposta: «Certo Signore, tu lo sai che ti amo». Ogni vocazione è atto di amore, di duplice amore, del Signore che chiama e di colui che risponde. Molto grande è il dono di amore da parte di Dio, quando si tratta di vocazione specialmente consacrata al servizio suo e della sua Chiesa: vocazione al presbiterato, al diaconato, alla vita religiosa, agli ideali degli Istituti Secolari, alla dedizione missionaria. Tanto più grande, quindi, deve essere la capacità di amare da parte di chi riceve quella privilegiata ed esigente chiamata. Voi, aspiranti al presbiterato, ascolterete un giorno l’esortazione del Vescovo ordinante: «Svolgete dunque l’ufficio di Cristo Sacerdote con perenne gaudio in vera carità» («Munus ergo Christi Sacerdotis perenni gaudio in vera caritate explete») (Cfr. Pontificale Romanum, «De Ordinatione Presbyterorum», 14). Voi, aspiranti alla professione dei consigli evangelici, sapete di dover «lasciare ogni cosa per amore di Cristo» (Cfr. Perfectae Caritatis, 5). Voi, aspiranti alla vita missionaria, conoscete la misura del vostro impegno: «Con carità sincera dovrete rendere testimonianza al Signore fino a spargere, se necessario, il vostro sangue» (Cfr. Ad Gentes, 24). Dunque, coltivate in voi l’amore. Imparate ad amare di più il Signore, ad amare di più la sua Chiesa; ad amarla «come Cristo l’ha amata e ha dato se stesso per lei» (Cfr. Eph. 5, 25); ad amarla nel suo mistero ineffabile, nella sua struttura visibile, nella sua realtà storica attuale. C’è forse crisi di amore, prima di esserci crisi di vocazioni. A voi Pastori, genitori, educatori raccomandiamo: aiutate i giovani migliori, le anime più generose, a coltivare l’amore di Cristo e della sua Chiesa.

Il Vangelo ci riserva ancora una sorpresa. Il Signore Risorto non teme di inquietare l’atmosfera lieta ed amichevole del suo incontro pasquale ed annuncia a Pietro un avvenire di sacrificio e di martirio : «Un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vorresti» (Io. 21, 18). Poi rinnova la sua chiamata a Pietro: «Seguimi» (Ibid. 21, 19). Neppure noi esitiamo a dirvi: la vocazione è anche sacrificio.
Sacrificio fin dal tempo della prima seria ricerca, che già esige certe rinunce. Sacrificio al momento di una decisione consapevole delle conseguenze che ne derivano. Sacrificio nel lungo cammino della necessaria preparazione. Sacrificio, poi, nel resto della vita, perché l’intera esistenza non sarà altro se non l’attuazione coerente di una vocazione donata da Dio, ma liberamente e intimamente accettata e vissuta. La crisi di vocazioni nasconde forse la paura di questo sacrificio? Pastori, genitori, educatori: sappiate anche guidare i giovani e altre anime generose alla libera e lieta accoglienza del sacrificio.

La nostra riflessione sul Vangelo ora diventi preghiera.

Preghiamo, con le parole degli Apostoli, affinché il Signore «aumenti la fede» (Cfr. Luc. 17, 5), nelle nostre comunità cristiane e particolarmente in coloro che egli ha voluto e vorrà chiamare al suo servizio.

Preghiamo, con le parole dell’Apostolo Paolo, affinché la «carità di Cristo» (Cfr. 2 Cor. 5, 13) risvegli la divina chiamata in molti e ottimi giovani e in altre anime nobili e generose, e spinga gli esitanti alla decisione, e sostenga nella perseveranza coloro che già hanno compiuto la loro scelta.

Preghiamo, affinché tutti siano forti e pronti, come Cristo sofferente, a fare non la propria, ma la volontà del Padre (Cfr. Luc. 22, 42), quando egli vuole o permette che il peso del sacrificio si unisca al dono esaltante della sua chiamata. Li conforti in ogni momento la gioia pasquale del Cristo Risorto.

Nel rivolgere questo nostro ormai consueto invito alla preghiera, noi nutriamo immensa fiducia che l’intera comunità ecclesiale sappia condividere la nostra ansia apostolica e colga l’occasione propizia per una riflessione volenterosa e approfondita sul valore, il significato e la necessità delle Vocazioni nella Chiesa e per la Chiesa. Nessun fedele si senta estraneo a questo problema, ma invece ciascuno interroghi se stesso e misuri le proprie responsabilità. E affinché il Signore risponda ai voti nostri e di tutto il Popolo di Dio, con effusione di cuore impartiamo la propiziatrice Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 30 dicembre 1976

PAULUS PP. VI



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