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DISCORSO DI PAOLO VI
AI COMPONENTI LA «CAPPELLA MUSICALE PONTIFICIA»

Giovedì, 12 marzo 1964

              

Il Santo Padre rivolge cordiale esortazione ai componenti la «Cappella Musicale Pontificia», ponendo subito in evidenza l'alta nobiltà del loro ufficio presso la persona del Sommo Pontefice. Sono essi infatti tra i più vicini alla sua preghiera, alla quale intendono dare una caratteristica di solenne elevazione al Signore. Ed oggi non si tratta di una circostanza ricorrente, quanto pur si verifica quella sentita unione di intenti, ma d'un incontro voluto dal Papa per intrattenersi alquanto con i cantori della sua cappella musicale, e rivolgere loro una parola di riconoscenza e di incoraggiamento. È dunque un convegno non solo con i cantori ma per i cantori.

Riaffermata stima abbiano essi anzitutto la conferma della stima e dell'affetto del Padre. Certo Egli non può, al termine di ogni manifestazione, trattenersi per dire parole di elogio e di apprezzamento. Lo fa ora in modo saliente; ed è lieto che ciò avvenga durante la celebrazione della Santa Messa e, data l'imminenza della maggiore solennità cristiana, in un sentito augurio di Buona Pasqua!: il che vuol significare buona preghiera e vita perfetta, sì che la cappella musicale corrisponda bene, da un lato, alle sue tradizioni, dall'altro ai suoi ausili, al suo compito di portare maggiore imponenza e decoro nei sacri riti. Di questo splendore, sempre offerto con tanta generosità, il Santo Padre intende ringraziare: e alla gratitudine Egli aggiunge il riconoscimento ben meritato, soffermandosi a segnalare, in modo adeguato, la presenza della cappella musicale pontificia alle Congregazioni Generali del Concilio Ecumenico: durante le quali tutti i Vescovi del mondo hanno potuto rilevare la bellezza dei brani polifonici e l'accurata esecuzione. «In omnem terram exivit sonus eorum»: il glorioso vaticinio del Salmista, che la Chiesa suole ripetere in onore degli Apostoli e degli Evangelisti, potrebbe applicarsi, in certo qual modo, al concento di queste voci, ben note in ogni regione del mondo, suscitando esse ovunque echi di ammirata approvazione.

Di questa vuol rendersi interprete il Papa, ed è sicuro che i diletti ascoltatori sapranno bene accogliere il richiamo a due doveri principali, riassuntivi, inerenti proprio alla professione di cantori della cappella pontificia. Anzitutto cantare bene. Ciò avviene; ed il Santo Padre ne dà atto ed encomio dapprima al maestro direttore, Monsignor Bartolucci; quindi ai vari istruttori dei singoli gruppi; infine a quanti compongono questa schiera elettissima di voci. Cantare bene non è cosa semplice: richiede una somma considerevole di studio, esercizi, prove, ripetizioni; in una parola costituisce una meritoria fatica che appunto va considerata quale precipuo dovere. Potrebbe dirsi l' unico dovere, ma un secondo si impone, il quale concorre al vero primato, molto consistente, giacché è risaputo che altri cori e scholae considerano la cappella musicale pontificia come il prototipo della eccellente interpretazione.

Il secondo dovere obbliga a cantar bene non soltanto con la voce ma pure con il cuore. Sembrerebbe una cosa semplice, ed è ardua, poiché far corrispondere i sentimenti dell' anima alle parole ed ai suoni è molto naturale; tuttavia non sempre avviene, come non sempre la unità spirituale dell'uomo è viva ed operante. Il ricercarla, il valorizzarla costa, talvolta, difficoltà. Si può infatti cantare bene, benissimo, con la voce, si può essere fedeli allo spartito che si ha davanti, e nondimeno lasciare che il cuore divaghi attorno, vada lontano, distratto da pensieri, interessi, se non contrari a quelli dell'anima, certo distanti dalla espressione musicale dello spirito.

È dunque sempre da ricercare una vera unità tra l' anima e la voce, tra il cuore e le labbra, si che possa adeguatamente raggiungersi quella bellezza di esecuzione che ci porta molto in alto e ci ricorda la santità. I beati comprensori celesti, invero, cantano alla perfezione poiché posseggono questa unità. Senza dubbio i diletti ascoltatori vogliono tener in onore questo secondo dovere. Ciò è confermato proprio dal convegno odierno dinanzi al Papa: un incontro di grazia presso l'altare di Dio con la partecipazione ai divini misteri. È ovvio il dedurre che, come oggi, in ogni altra circostanza si intende cantare con il cuore oltreché con le labbra; essere presenti con l'anima insieme con la persona fisica. Per arrivare a ciò ognuno deve ritenere indispensabile una grande disciplina non certo minore di quella voluta dalla buona conoscenza musicale. In altre parole, occorre una vita di luce non soltanto artistica ma spirituale; una vita di perenne grazia di Dio, cioè in comunicazione, in amicizia con Lui. È questo superno colloquio tutti ne sono certi che eleva gli artisti del canto sino a formare quasi un ponte fra la terra e il cielo. Ora, per descrivere questo tragitto sublime, bisogna non solo essere capaci di innalzarsi con le voci, ma soprattutto di elevarsi con l'anima: essere cioè in grado di adornarsi di tutte quelle virtù che appunto derivano dai giusti e reali rapporti con Dio.

Si arriva così a comprendere, nella maniera più evidente, la missione dell'arte. Talvolta si potrebbe provare come una contrarietà nell'udire che essa deve servire il culto di Dio. E invece, accettata bene questa premessa, si vede chiaro come, specialmente in questo caso, il servire è regnare, tutte le facoltà dell'uomo essendo dirette alla contemplazione di Colui che, nel suo Decalogo dichiara: Io sono il Signore Dio tuo; non avrai altro Dio fuori di me.

Dobbiamo, inoltre, riconoscere questo dovere proprio nel compito, si direbbe, principesco e regale, della musica posta in servizio della liturgia, e cioè del culto ufficiale ed organizzato della Chiesa.

Liturgia e musica sono due elementi che non solo devono corrispondere, ma devono coincidere. Per arrivare a ciò occorre sempre più e meglio approfondire le nozioni liturgiche, le esigenze dei sacri riti così come la Chiesa li considera e vuole. Con questa preparazione si giungerà ben presto al livello più alto che si possa immaginare e così la cappella musicale pontificia sarà ancor più cara all'affetto del Pastore universale.

Nella Santa Messa di questa mattina conclude il Santo Padre c'è un augurio che Egli intende formulare quale ricordo del pio convegno; è l'inizio dell'Introito: «Laetetur cor quaerentium Dominum». Si allieti il cuore di chi cerca il Signore! Il voto del Papa è che i cantori della cappella musicale pontificia abbiano sempre in sè questa gioia di servire Iddio e di proprio accompagnare tali sentimenti, e la ricchezza spirituale che ne deriva, con la potenza estetica ed artistica delle voci; aggiungendo che tale augurio di letizia è, per eccellenza, connesso alla Pasqua, poiché suppone ed esige la grazia del Signore, in nome del quale il suo Vicario in terra ringrazia, esorta e benedice.

          



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