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DISCORSO DI PAOLO VI
AI VINCITORI DEL CONCORSO «VERITAS»

Sabato, 11 settembre 1965

 

Accogliamo volentieri la vostra visita. Essa riempie il Nostro animo di tanti lieti sentimenti e di tante belle speranze.

Vogliamo profittare di questo incontro per esprimere una parola di vivo plauso a quanti hanno merito nell’organizzazione di questo concorso; ai vostri maestri, ai vostri assistenti. Dobbiamo dire una parola di elogio e di ringraziamento anche a tutti i Presidi, i Direttori dei vari Istituti scolastici, ai Professori, che hanno permesso o favorito lo svolgimento di questa magnifica iniziativa, la quale, mentre torna di grande vantaggio alla gioventù studentesca, fa molto onore alla scuola italiana e la arricchisce di forze spirituali e di meriti didattici, che non potrebbero altrimenti essere conseguiti, di pari natura e di pari misura.

A voi, carissimi giovani, poi le Nostre paterne felicitazioni; le estendiamo anche a tutti i vostri compagni di scuola, i quali hanno pure essi partecipato al concorso; portate loro il saluto, l’elogio, l’incoraggiamento, la benedizione, che ora a voi diamo.

Lasciate che vi diciamo la Nostra compiacenza per l’impegno spontaneo e positivo che voi avete messo nello studio della religione. Spero che continuerete a studiarla e a cercare, ad attuare i rapporti che essa ha con la vita vissuta.

Lo studio della religione è certamente uno studio difficile; esso non trova, per giunta, predisposizioni favorevoli nella mentalità delle generazioni moderne, abituate a studi facili, o resi facili dalla proporzione che si cerca di stabilire fra la mente, anzi fra le facoltà sensibili e intuitive dell’uomo, e ciò che è proposto alla conoscenza e allo studio. La religione si può insegnare con tanti mezzi didattici, che ne facilitano l’insegnamento e l’apprendimento; ma la natura della religione riguarda realtà invisibili, nascoste, misteriose, alle quali non si arriva che con un’attenzione particolare, con uno sforzo mentale, anzi con il concorso di fattori morali particolari. Ora tutto questo, che rende arduo, sì, lo studio della religione, comporta e produce un grande beneficio, non solo spirituale, ma anche culturale, perché esercita le facoltà conoscitive superiori dell’uomo ad un tirocinio, ad un esercizio, ad un impiego, che altrimenti rimarrebbero inerti, o quasi, con grave danno dello sviluppo mentale e morale dello studente.

Il contatto poi che lo studio, ed ancor più la pratica della religione procura a chi vi dedica qualche seria e perseverante attenzione, con le Realtà superiori alle quali la religione si rivolge, introduce in un ordine diverso di conoscenze che non sia quello naturale ed acquisibile con le proprie forze; e perciò produce esperienze nuove e meravigliose, che gli studiosi dello spirito umano, anche se non sono pur troppo credenti, devono ammettere come bellissime, umanissime, fecondissime.

Diremo di più. Voi sapete che lo studio della religione si distingue dagli altri perché non solo interessa la conoscenza, ma interessa la vita, interessa il destino dell’uomo, interessa il suo modo di pensare e di agire; e perciò ha un’importanza decisiva nella formazione dell’età giovanile.

Vi diremo ancora: lo studio della nostra religione ci fa conoscere Gesù Cristo; la luce del mondo; Colui che è la via, la verità e la vita; Colui che è la fonte d’ogni essere e d’ogni conoscenza, Colui che è la nostra forza, il nostro gaudio, la nostra felicità. Non vi diciamo di più; ma vi raccomandiamo di non stancarvi mai nella ricerca, nello studio, nella meditazione, nella preghiera di cui Cristo sia centro. Esortazione migliore ed augurio migliore per la vostra vita non vi potremmo fare. E così dicendovi, di tutto cuore vi benediciamo.

                                          



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