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 DISCORSO DI PAOLO VI
NEL X ANNIVERSARIO DEL C.E.L.AM


Martedì, 23 novembre 1965 

  

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli,

Siamo vivamente grati a Lei, Signor Cardinale, Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, per averci dato un così caldo attestato del fedele servizio che la Commissione ha prestato e con rinnovato ardore di propositi intende continuare a prestare insieme agli organismi episcopali, ai quali va la Nostra profonda riconoscenza. All’Ecc.mo Presidente del Consiglio Episcopale Latino-Americano diciamo la Nostra sincera gratitudine per le sue nobili ed elevate parole, che testimoniano lo spirito nel quale il Consiglio svolge il suo utilissimo lavoro. A lui esprimiamo anche i Nostri fervidi auguri a pochi giorni dalla rielezione alla Presidenza del Consiglio stesso.

Vi è facile immaginare, Signori Cardinali e Venerati Fratelli, quale commozione invade il Nostro animo al vedervi qui raccolti. Ci sono ben noti i vostri sentimenti di profonda devozione e di provata fedeltà verso la Sede Apostolica che esigono la Nostra affettuosa corrispondenza.

Al commemorare il decimo anniversario dell’istituzione del Consiglio Episcopale Latino-Americano verrebbe spontaneo volgere uno sguardo retrospettivo al decennio trascorso, che il Signore ha benedetto e reso fecondo di attività e di iniziative. Dovremmo fare un lungo elenco di istituzioni e di opere che sono sorte in collaborazione con la Nostra Commissione per l’America Latina, offrendo un valido contributo al vostro ministero pastorale e trovando in tutti voi intelligenti e zelanti animatori.

Ma piuttosto che indulgere nel fare una rassegna del passato, vorremmo protenderci verso l’avvenire, in specie verso quei compiti che si dovranno ancora svolgere per consolidare, allargare e perfezionare il promettente lavoro fin qui realizzato.

E il momento è dei più propizi in quanto ci coglie nella fase finale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Voi tornerete alle vostre diocesi dopo gli incontri che vi hanno qui raccolti per quattro volte, mettendovi a contatto con preziose esperienze pastorali degli altri Confratelli nell’Episcopato. Porterete con voi nuovi Decreti Conciliari di capitale importanza per il vostro lavoro quotidiano e la cui immediata applicazione è affidata alla vostra squisita sensibilità pastorale. Da essi, inoltre, riceverete stimolo e rafforzamento per le vostre iniziative, che non resteranno più realtà isolate, ma verranno inquadrate nel rinnovamento spirituale che la Chiesa ha promosso attraverso il Concilio.

E vogliate ora consentirCi alcune fraterne considerazioni proprie alla vostra condizione di Pastori di anime in così larga porzione del popolo di Dio.

Noi conosciamo e seguiamo non senza apprensione, pur fidando come sempre nell’indispensabile assistenza dell’Alto, la situazione dell’America Latina nelle sue diverse componenti: religiose, politiche, economiche e sociali. Siamo anzi convinti che è necessario averne un concetto chiaro, perché ogni soluzione che non tenga nel dovuto concetto questa complessa realtà corre pericolo di restare inadeguata se non pure inefficace.

L’America Latina presenta una società in movimento, soggetta a mutazioni rapide e profonde. Queste trasformazioni sono evidenti in primo luogo nell’accentuata espansione demografica che, a giudizio dei competenti, nel ritmo attuale, alla fine del secolo porterà la popolazione latino-americana a oltre mezzo miliardo. Questo solo fenomeno si ripercuote con gravi conseguenze in tutti i settori della vita ed in modo speciale mette in allarme il Pastore, il quale si domanda che cosa può fare in concreto la Chiesa per accogliere nel suo seno ed avviare ad una vita veramente cristiana i nuovi figli — e sono milioni — che anno per anno si aggiungono al suo numeroso gregge. Nel Pastore si determina un primo atteggiamento; difendere ciò, che esiste; ma questo non basta, sia perché ciò che esiste non è adeguato alla totalità della popolazione e dei bisogni, e sia perché anche ciò che esiste è pervaso e travolto dal movimento e dalla trasformazione. 

Un insieme di problemi, analoghi fra loro e in stretto rapporto con l’evoluzione a cui facevamo cenno e che attirano l’occhio vigile del Pastore provengono da diversi altri fattori, come:

— dall’inserimento sempre più celere delle popolazioni rurali nella vita delle nazioni; inserimento dovuto alla stessa trasformazione dell’economia, nonché ai più progrediti mezzi di comunicazione;

— dal flusso umano che si sposta con rapidità nelle migrazioni interne, particolarmente intense in alcune regioni;

— dall’urbanesimo che in proporzioni sempre maggiori crea attorno alle grandi città, modificandone il volto, vere cinture di popolazione eterogenea per formazione e grado di cultura, attratta dai più facili guadagni che offre l’industria. Poiché le città non sono preparate a ricevere un numero così rilevante di nuovi abitanti, sorgono gravissimi problemi religiosi e sociali, tra i quali specialmente una perniciosa promiscuità di vita, dovuta alla mancanza di abitazioni.

Esiste inoltre un altro fatto sorgente di profonda separazione fra, i cittadini della medesima società: da un lato coloro che sono in grado di coltivare il desiderio di elevazione intellettuale e di perfezionamento umano, dall’altro quelli che, irretiti dall’analfabetismo ancora diffuso, non possono accedere ai benefici della cultura, incapaci anche di conoscere ciò che è progresso e sviluppo umano e quindi di collaborarvi.

Sul piano strettamente sociale va notato che mentre la massa della popolazione acquista sempre più coscienza delle sue disagiate condizioni di vita e coltiva un desiderio insopprimibile e ben giustificato di mutazioni soddisfacenti manifestando, talora in modo violento, una crescente insofferenza che potrebbe costituire una minaccia per le stesse fondamentali strutture di una società ben organizzata, non mancano ancora, purtroppo, coloro che rimangono chiusi al soffio innovatore dei tempi e che si dimostrano privi non solo di sensibilità umana, ma anche di una visione cristiana dei problemi che si agitano attorno a loro.

In tale stato di inquietudine, tra deluse attese e non corrisposte speranze, si infiltrano facilmente forze operanti pericolose, che vengono a sgretolare l’unità religiosa e morale della compagine sociale finora faticosamente mantenuta. Tra queste forze prevale, nel settore economico-sociale, come la più dannosa e la più carica di richiamo il marxismo ateo che con il suo «messianismo» sociale fa del progresso umano un mito, e sui beni economici e temporali fonda ogni speranza; determina un ateismo dottrinale e pratico; propugna e prepara la rivoluzione violenta quale unico mezzo per la soluzione dei problemi; addita ed esalta l’esempio dei Paesi ove esso ha affermato le sue ideologie e i suoi sistemi. Nel campo religioso inoltre è presente ed attiva una propaganda anticattolica di varie provenienze, la quale minaccia l’unità spirituale del continente, produce incertezza e dubbio, getta sfiducia sull’opera della Chiesa cattolica, disorienta i buoni, non sempre crea un fatto religioso positivo, e se lo crea è al di fuori e a danno della compattezza dell’unità cattolica.

Per completare il quadro vorremmo mettere in risalto, quali si presentano nel complesso di una tale situazione, le condizioni negative e positive nei riguardi del lavoro pastorale che la Chiesa è destinata a svolgere.

Il continente latino-americano è definito cattolico: è la sua gloria e la sua fortuna. Questo cattolicesimo, che ha un peso numerico notevole in seno alla comunità cattolica del mondo, rivela peraltro — e lo diciamo con affetto sollecito di padre — aspetti negativi, che denotano una debolezza e mancanza di uomini e di mezzi. Si potrebbe parlare di uno stato di debolezza organica, che manifesta un urgente bisogno di rivitalizzare e rianimare la vita cattolica sì da renderla più sostanziosa nei principii dottrinali e più solida nella pratica. Si direbbe che la fede del popolo latino-americano deve ancora realizzare una piena maturità di sviluppo.

Qual è infatti la solidità, la consapevolezza, la capacità di resistenza della vita cattolica? in quali strati sociali si concretizza? qual è il suo grado di cultura? quali statistiche si hanno sull’osservanza religiosa, sulla moralità familiare e sulle vocazioni ecclesiastiche? Voi che conoscete gli indici della frequenza media ai Sacramenti e alla Messa festiva e i gravissimi danni derivati alla famiglia dalla legge del divorzio introdotta in molti Paesi troverete giustificate le Nostre apprensioni.

Altro elemento che grava sulla situazione religiosa dell’America Latina è la mancanza di uomini nel campo apostolico, sacerdoti specialmente. Si è sempre molto insistito, e giustamente, sull’angustiante problema della grave penuria di clero: il fatto è troppo evidente perché se ne possa sottovalutare la portata. Converrà piuttosto riesaminare i criteri che si sono finora seguiti allo scopo di utilizzare più proficuamente le forze che si hanno a disposizione, e domandarsi, tra l’altro, se si è sempre curata la migliore distribuzione del clero in modo da eliminare le sproporzioni che in non rari casi esistono fra il numero dei sacerdoti impegnati nelle grandi città e quelli avviati verso l’interno e se si è sempre provveduto anche ad un oculato impiego del clero in attività strettamente apostoliche.

Il discorso può applicarsi anche ai Religiosi, i quali devono rappresentare sempre forze veramente vive nell’apostolato mediante i centri esemplari ed importanti di vita spirituale che essi hanno creato e sapranno creare.

Intimamente collegato con la mancanza di uomini è il grado di efficienza delle strutture pastorali in rapporto alle aumentate esigenze di oggi: si deve perciò attentamente studiare se esse sono adeguate e sufficienti nelle città e nelle campagne e che cosa si può fare per polarizzare nuovamente attorno alla Chiesa la vita dei moderni centri urbani.

Accenniamo infine alla mancanza di mezzi, necessari anch’essi alla Chiesa, pur senza costituire la principale preoccupazione del Pastore, il quale pone la sua fiducia nella Provvidenza. Qui è il caso di vedere se la Chiesa si è sempre avvalsa dei suoi beni per la comunità e se non si è lasciata appesantire in qualche luogo da beni temporali improduttivi, terrieri specialmente, che oggi non hanno più la funzione di un tempo e ai quali sarebbe saggio dare migliore impiego. È doveroso a questo riguardo ricordare — e Ci è grato darne pubblico attestato — Che alcuni Episcopati dell’America Latina, incoraggiati e autorizzati da questa Sede Apostolica, hanno già messo a disposizione dei più bisognosi dei loro fedeli grandi proprietà terriere de!la Chiesa per una razionale produzione, impegnandosi a seguire il processo di trasformazione agraria.

Nella diagnosi che si viene delineando è consolante d’altra parte scorgere i molti elementi positivi di marcato valore, che rendono più ottimistica la visione d’insieme e costituiscono motivo di sicura speranza per il Pastore.

Il popolo è buono e profondamente religioso per natura; riceve con prontezza e ottime disposizioni di animo il messaggio evangelico; è battezzato nella Chiesa cattolica, in essa vuol vivere, ed è orgoglioso di appartenervi. Nel complesso la Chiesa vive in un clima di libertà e di pace propizio per un proficuo lavoro; rappresenta la più valida forza capace di salvare il continente, con il prestigio sociale e morale che possiede. La Chiesa esiste ed ha strutture secolari, solide e rispettabili; se essa si muove è ancora largamente seguita; se fa sentire la sua voce è ancora ampiamente ascoltata; essa deve quindi manifestare la sua vitalità e avvalersi appieno delle sue grandi possibilità di azione con una pastorale dinamica, che si adegui al ritmo delle trasformazioni in atto. In questo modo la Chiesa non verrà mai a trovarsi avulsa e appartata dalla vita della società nella quale, per divino mandato, è chiamata ad operare. La Chiesa deve testimoniare con i fatti che non è stata parte integrante soltanto nel processo di formazione di ciascuno dei Paesi dell’America Latina, ma che vuole essere anche oggi faro di luce e di salvezza nel processo della trasformazione in corso.

Per un’attività del genere sarebbe dannoso cadere in uno stato di timidezza, di paura e di sfiducia, che disarma e toglie anche agli uomini migliori lo slancio richiesto per un arduo lavoro costruttivo. La Chiesa deve avere fiducia in se stessa e deve sapere infondere coraggio e fiducia nei suoi figli, ministri di Dio e fedeli, ricordando loro che «arma militiae nostrae non carnalia sunt, sed potentia Deo» (2 Cor. 10, 4). Il momento è propizio: il Concilio Ecumenico ha suscitato un forte risveglio di energie che bisogna sapere alimentare e mettere in azione; ha prodotto nel pubblico un’attesa ardente che non bisogna deludere.

Il Pastore pertanto avrà sempre occhi aperti sul mondo, perché l’osservanza e la vigilanza evangelica devono continuare, perché il mondo cambia e bisogna saperne soddisfare le accresciute esigenze e interpretarne le nuove istanze. Egli saprà servirsi dell’ausilio di specialisti, teologi e sociologi, per preparare dirigenti capaci sia nel clero che nel laicato; promuoverà frequenti corsi di aggiornamento pastorale, invitando in spirito di fraterna intesa sacerdoti, religiosi, religiose e laici, ai quali avrà cura di insegnare i solidi principii della genuina spiritualità pastorale, che nella fede affonda le radici del suo sviluppo. Per la esatta conoscenza delle situazioni e dell’urgenza del lavoro, il Pastore farà un largo e intelligente uso dei dati sociologici raccolti ed elaborati sulle condizioni religiose del Paese.

La considerazione di eventuali deficienze passate nell’opera pastorale e l’individuazione dei punti nevralgici sui quali occorre concentrare lo sforzo di evangelizzazione, devono impegnare il Pastore a dirigere l’attività apostolica su alcune linee fondamentali.

Si imprimerà in primo luogo al lavoro pastorale un carattere straordinario per l’impegno serio e profondo che vi si porrà; per le forme di azione decise e tempestive che si metteranno in movimento sì da rendere più esteso l’annunzio del Vangelo, come anche per l’impiego degli uomini ai quali si farà ricorso.

Ma poiché i problemi oggi sono generali, richiedono soluzioni generali d’insieme; nessuno può risolverli da sé. Di qui il carattere unitario che deve rivestire l’azione pastorale di oggi: il che comporta un’intesa permanente sui criteri, e periodica nel controllo, da esercitare su base nazionale con le Conferenze Episcopali e su base continentale con il Consiglio Episcopale Latino-Americano. L’unione intima e lo sforzo concorde dei Vescovi non diminuiscono la libertà e le responsabilità personali dei singoli, eliminano bensì gli effetti pregiudizievoli provocati dalle divisioni interne.

In terzo luogo, nell’opera pastorale non si può procedere alla cieca: l’apostolato non è uno che corre all’incerto o che batte l’aria (cfr. 1 Cor. 9, 26); evita oggi la comodità e il pericolo dell’empirismo. Una saggia pianificazione pertanto può offrire anche alla Chiesa un efficace mezzo ed incentivo di lavoro. Noi sappiamo che in alcuni dei vostri Paesi, in risposta al pressante invito che il Nostro Predecessore Giovanni XXIII, di v. m., rivolse con la Lettera Apostolica «Ad dilectos Americae Latinae populos», dell’8 dicembre 1961 (A.A.S. 54, 1962, pp. 28-31), sono stati elaborati dalle Conferenze Episcopali piani di pastorale d’insieme: l’esempio può essere seguito anche da altri Episcopati. Diremo anzi di più: sotto certi aspetti e per certe materie potrà anche essere utile ed opportuno studiare un piano a livello continentale attraverso il vostro Consiglio Episcopale, nella sua funzione di organo di contatto e di collaborazione tra le Conferenze Episcopali dell’America Latina.

La pianificazione impone scelte e comporta rinunce anche al meglio, talvolta; è una coltivazione intensiva ed estensiva ridotta all’essenziale, che obbliga a rinunciare a coltivazioni belle false, ma limitate o superflue. Il piano di pastorale deve inoltre stabilire chiaramente le mete che si perseguono, fissare i criteri di scelta e priorità fra le molteplici necessità apostoliche e tenere nel dovuto conto gli elementi, personale e mezzi dei quali si può disporre. Una maggiore concretezza acquisterà il piano di pastorale se verrà determinato anche quanto al tempo di applicazione e si articolerà in una pastorale a tipo missionario, che non si limita cioè a conservare intatte o a perfezionare posizioni acquisite, ma si protende verso l’espansione e la conquista.

Per garantire l’esecuzione dei piani di pastorale converrà istituire, com’è stato fatto in alcune Nazioni, un Segretariato di coordinamento dell’apostolato alle dipendenze delle Conferenze Episcopali, con diramazioni e collegamenti nelle singole diocesi, che ne assicurino un efficiente funzionamento.

Evitando il danno degli estremismi, ricordiamo ancora una volta che è indispensabile procedere compatti: qui l’uniformità è forza, diventa costume.

Il Pastore infine agisce sempre secondo la dottrina della Chiesa: essa con mirabile continuità e tempestività ha sempre saputo adattare la, sua azione ad ogni difficile momento storico, suscitando per virtù dello Spirito di Dio che l’accompagna forme ed istituzioni sempre nuove per soddisfare a nuovi bisogni e necessità.

Clero

Rimangono da esaminare brevemente i settori principali di azione da promuovere nella comunità cristiana attraverso le persone e le istituzioni di cui si dispone.

Primissimo dovere del Pastore è di assistere e confortare i suoi sacerdoti, quelli diocesani e gli altri venuti in aiuto. A lui riflettere: se ha sempre avuto cura di indirizzare le energie dei sacerdoti nel modo più fruttuoso, cercando anzitutto di conoscere bene le loro particolari attitudini, aiutandoli poi e seguendoli paternamente nelle loro intraprese apostoliche; se è sempre sollecito nell’avvedersi quando alcuni sacerdoti attraversano dolorose crisi di fede, di vocazione e di coraggio ed hanno perciò urgente bisogno di sostegno e di sprone e di vedere nuovamente brillare al loro sguardo smarrito in tutta la sua grandezza e il suo splendore l’altissima vocazione che li ha chiamati a collaborare per formare un mondo nuovo.

Provvidenzialmente, come dicevamo, voi ricevete la generosa collaborazione di sacerdoti provenienti da altre nazioni; essi peraltro portano mentalità e formazione diverse dalla vostra: di qui la necessità di direttive coordinatrici e unificatrici offerte alla loro filiale e docile comprensione, allo scopo di evitare che una eterogeneità di azione disperda preziose energie e renda meno efficaci anche i più faticosi lavori apostolici.

Il pensiero del clero Ci porta naturalmente alle vocazioni ecclesiastiche e ai Seminari. Diremo una parola soltanto per sottolineare il grande amore e le premurose sollecitudini che il Pastore deve prodigare per il Seminario; egli sarà molto prudente nell’introdurre nuovi metodi educativi e formativi estranei finora all’esperienza della Chiesa, e all’esempio dei Santi; e senza tentare pericolosi esperimenti che potrebbero compromettere il buon esito di preziose vocazioni, saprà dare ai candidati la formazione apostolica specifica che esige l’ambiente del loro futuro ministero.

Costante poi sarà la ricerca delle vocazioni, lo studio per suscitarle nelle parrocchie e nelle scuole cattoliche con illuminata e discreta propaganda mediante l’Opera diocesana.

Laici

Importanti sono le responsabilità da attribuire ai laici nella Chiesa oggi: il Concilio Ecumenico li ha fatti oggetto di espressa trattazione e ne ha indicato il posto e gli incarichi. Spetta perciò al Pastore saperli scegliere ed elevare a collaboratori specialmente nell’Azione Cattolica, come anche dare maggiore caratterizzazione pastorale ai movimenti di apostolato che altrimenti rimarrebbero atrofizzati e fallirebbero al loro fine. I laici devono supplire all’azione del sacerdote e, in perfetto collegamento con la Gerarchia, servire come punte avanzate per trasmettere il messaggio della salvezza alla società del nostro tempo, penetrarne le strutture, nobilitarle e spingerle decisamente in avanti per favorire col progresso integrale della persona umana e della società l’incremento del regno di Dio.

Religiosi e Religiose

Noi tributiamo un deferente omaggio alla eletta schiera di Religiosi e Religiose che rappresentano una forza ben ragguardevole della Chiesa nel continente latino-americano e siamo lieti nel sapere che sempre più numerosi essi vi accorrono. Voi li apprezzate e ansiosamente ne sollecitate la collaborazione. Ebbene, queste provvidenziali energie apostoliche devono trovare il loro posto adeguato nel piano diocesano di azione pastorale. Pertanto, mentre esortiamo voi, Venerabili Fratelli, a sostenere e a coordinare l’opera dei Religiosi e delle Religiose, raccomandiamo vivamente a questi di corrispondere pienamente alla fiducia che in loro ripongono i sacri Pastori, di accoglierne volentieri l’invito e collaborare con generosità in ogni forma anche se, per il conseguimento di un bene maggiore, fosse necessario rinunciare a propri punti di vista e interessi particolari. Lo richiede l’edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, ultimo ed unico fine di tutta l’attività apostolica.

Le istituzioni

Come le persone, anche le istituzioni sono per l’apostolato. La Chiesa nell’America Latina possiede felicemente una rete di scuole e università cattoliche proprie, anche se non completa: esse vanno sostenute e incoraggiate; hanno una grande responsabilità: di qui il dovere di migliorare il corpo docente, di curare la solida formazione religiosa e morale degli alunni, attirandone il maggior numero, anche con opportune facilitazioni economiche, particolarmente nelle scuole a livello elementare, delle quali sarebbe auspicabile fosse provvista ogni parrocchia.

La scuola cattolica inoltre deve aspirare ad irradiare la sua benefica influenza e a fare fraternamente giungere l’indiretto influsso dei principii e degli indirizzi cristiani anche a tutte le altre scuole, soprattutto a quelle universitarie, dalle quali dipende la formazione della classe dirigente del domani. Va perciò curata con speciale attenzione l’assistenza agli studenti anche delle università civili, costituendo centri di riunione e, se le circostanze lo consigliano, anche parrocchie universitarie, come si è fatto con buon esito in qualche caso.

Radio. TV

L’azione intensiva di evangelizzazione che esige il mondo di oggi fa ricorso tra l’altro, in misura più larga che in passato, ad un saggio uso degli odierni potenti mezzi di comunicazione sociale; nonché agli organi della stampa. Ci congratuliamo vivamente al conoscere che la Chiesa in America Latina possiede stazioni radiotrasmittenti proprie: si vigilerà affinché rispondano appieno ai fini apostolici che ne hanno suggerito l’istituzione. I giornali cattolici, quotidiani e settimanali, sono utili strumenti di diffusione della verità da conservare e migliorare nel contenuto e nella presentazione, che li renda accetti ad una più vasta cerchia di lettori. Si cercherà anche di influire sulla stampa non propriamente cattolica, la quale per la sua maggiore diffusione costituisce un valido mezzo per far conoscere il pensiero della Chiesa sui grandi problemi che travagliano l’umanità. Si profitterà infine della possibilità che spesso viene offerta alla Chiesa di trasmissioni di programmi cattolici attraverso emittenti laiche.

La comunità

Mediante un retto uso di questi strumenti l’opera di evangelizzazione della Chiesa raggiungerà il suo fine: non si limiterà ad alcuni strati, ma abbraccerà come è suo dovere la comunità intera nelle diverse componenti. La Chiesa, la casa di tutti e non di pochi privilegiati, è destinata a inserire nella massa umana il lievito capace di mantenere unito e di sollevare il mondo intero; essa non si arresta alla formazione di specialisti nei vari settori dell’apostolato, ma procura altresì di avvalersene per un lavoro apostolico a sempre più largo raggio.

Giovani, studenti

Nella vostra comunità sociale i giovani formano la parte preminente e ad essi va diretta in modo speciale l’evangelizzazione. Il numero, le energie, i problemi dei giovani mettono in prima linea fra i compiti pastorali quello di una cura, sia di massa che di gruppi scelti, della gioventù. È dovere, ed è interesse. Tra i giovani poi particolari premure saranno a favore degli studenti i quali entreranno nella vita con un ruolo speciale e anche perché sono più facilmente esposti per l’età al pericolo di influenze avverse. Iniziative concrete la Chiesa continuerà a prendere per l’educazione di base degli analfabeti, portando ad essi insieme alle più elementari nozioni scolastiche gli elementi essenziali della dottrina e dell’insegnamento cattolico. Sono vostro vanto in questo settore varie opere fra cui la «Accion Cultural Popular - Escuelas Radiofónicas» di Colombia e il «Movimento de Educação de Base» del Nordest del Brasile.

Mondo operaio

Al mondo operaio la Chiesa guarda con amore, comprensione e fiducia; e il Pastore mostrerà le sue sollecitudini nell’assistenza morale e spirituale ai lavoratori, nel ben conoscere i loro problemi umani, nell’assecondarne il desiderio di una promozione sociale, nell’aprire alla loro visione terrena delle cose gli orizzonti cristiani così ricchi di fermenti vitali anche per la loro esistenza quotidiana.

Azione sociale

Una pastorale per la comunità dovrà includere altresì un deciso favore per una specifica azione sociale. La coscienza di essere e di voler essere uomini del nostro tempo, ci farà conoscere anche la necessità imperiosa e la misura giusta della nostra partecipazione umile ma sincera alla soluzione dei problemi umani dell’ora che volge

 «Il nostro contributo alla pace..., dicevamo ai Padri Conciliari al ritorno dal Nostro viaggio di Pace alle Nazioni Unite, si farà più efficace e più prezioso quando noi tutti, persuasi che la pace deve avere per fondamento la giustizia, della giustizia ci faremo avvocati. Perché di giustizia ha grande bisogno il mondo, e di giustizia vuole Cristo che noi siamo affamati e assetati» (L’Osservatore Romano, 6 ottobre 1965).

E della giustizia l’aspetto sociale è quello che più colpisce e interessa il mondo in generale e quello latino-americano in particolare, ove intensi e profondi sono i contrasti.

L’implorazione dolente di tanti che vivono in condizioni indegne di esseri umani non può non colpirci, Venerabili Fratelli, e lasciarci inattivi; essa non può e non deve restare per quanto a noi è possibile inascoltata e insoddisfatta.

Dobbiamo assumere un solenne impegno affinché la Chiesa, mossa e ispirata sempre dalla carità di Cristo, che preclude la via a soluzioni di disordine e di violenza, prenda le sue responsabilità per il raggiungimento di un sano ordine di giustizia sociale nei riguardi di tutti.

Il lavoro da svolgere è delicato e arduo: la certezza di soddisfare anche in questo un impreteribile dovere pastorale, ci darà il necessario coraggio evangelico.

Dobbiamo perciò promuovere la formazione di una coscienza sociale cristiana orientata verso una soluzione volonterosa e sollecita dei problemi: la Chiesa ne dia l’esempio con l’adempimento dei suoi doveri sociali e con la testimonianza della povertà; si procuri infine che gli organismi nazionali di Pastorale Sociale, sorti o da istituire alle dipendenze delle Conferenze Episcopali, siano attivi, vitali e ben guidati.

Il CELAM può svolgere in proposito un utile lavoro coordinatore, stimolando l’unità di azione nelle cose che la richiedono, pur nella libertà delle iniziative e dei metodi pratici, che devono adattarsi ai fattori propri dei differenti Paesi.

Occorre tuttavia che siano ben chiare e definite le posizioni della Chiesa di fronte al processo sociale in atto in America Latina. Abbiamo detto che è dovere della pastorale conoscere il fatto sociale: non è perciò sufficiente ricordare la dottrina sociale della Chiesa e insegnarla in astratto; bisogna favorirne l’applicazione nelle situazioni reali a mano a mano che si presentano, e tradurla in norme concrete di azione, delimitando opportunamente i campi di responsabilità della Gerarchia e dei Laici.

Comunità parrocchiale

L’evangelizzazione dei differenti settori porterà al raggiungimento del fine ultimo, trasformando le parrocchie specialmente in vere ed autentiche comunità ecclesiali nelle quali nessuno si sente estraneo, ma di cui tutti sono parte integrante: i giovani e i più avanzati nell’età, gli abbienti e i meno abbienti, gli intellettuali e i più lontani e chiusi alla cultura: ognuno attinga con abbondanza alle fonti della grazia alimentate con inesauribile ricchezza da Cristo Signore e rimetta in circolazione nella comunità i frutti della vita divina mediante l’esercizio di una carità viva ed operante che vede le necessità e corre premurosa e sollecita ove urgente è il bisogno dei fratelli.

Tra i fattori che più direttamente contribuiscono alla formazione di queste comunità ricorderemo la Sacra Liturgia nella rinnovata partecipazione dei fedeli alla celebrazione dei divini misteri, disciplinata in conformità alla Costituzione Conciliare e alle direttive di applicazione emanate dalla Santa Sede. I fedeli, nell’offrire lo stesso Sacrificio, nel partecipare alla stessa mensa e nel celebrare le lodi del Signore con gli stessi canti si sentiranno veramente una famiglia divina, popolo di Dio pellegrinante verso la celeste Gerusalemme. Voi, Venerabili Fratelli, avete già sperimentato l’efficacia pastorale della Liturgia, e di quella pasquale e sacramentale specialmente: sappiate cavarne le risorse di educazione e di formazione cristiana, di catechesi e di stretto legame per la vita della comunità.

Una ultima parola sul metodo e i criteri a cui il Pastore saggio e prudente ispirerà l’azione di un sano rinnovamento spirituale. Li abbiamo ricordati anche nella Nostra Esortazione Apostolica «Postrema Sessio», del 4 novembre scorso (L’Osservatore Romano, 7 novembre 1965), riferendoci alle responsabilità dei sacri Pastori nel periodo post-conciliare. Nel programma di rinnovamento ben concepito nelle linee principali, graduale e sistematico nell’esecuzione, il Pastore manterrà viva una fedeltà fondamentale alle comprovate tradizioni apostoliche della Chiesa; rifletterà e procederà con ponderatezza prima di introdurre mutamenti; preparerà poi convenientemente l’animo dei fedeli ad accoglierli; .non si lascerà invaghire dalla critica negativa, né dalle novità in quanto tali; manterrà le innovazioni entro i limiti segnati dalla autorità legittima; ricorderà inoltre che occorre saper contemperare con perspicacia «nova et vetera», attingendo alle fonti genuine della storia secolare della Chiesa, sempre guidata dallo Spirito Santo. Il Pastore infine ricordi che il lavoro pastorale va condotto con perseveranza perché «fructum affert in patientia» (Luc. 8, l5), disposto anche a lasciare ad altri il frutto del suo lavoro, perché «alius est qui seminat, et alius qui metet» (Io. 4, 37).

Vi abbiamo aperto, Venerabili Fratelli, il Nostro animo su alcuni problemi pratici, mettendovi a parte delle Nostre ansie e delle Nostre speranze; che sono ne siamo certi anche le vostre. Vi abbiamo detto cose che già ben conoscete e che avete anche passato al vaglio della vita quotidiana: giova sempre, tuttavia, ricordare insieme i nostri doveri e le nostre responsabilità.

L’evangelizzazione costituisca anche per noi, come per l’Apostolo Paolo, un’impellente esigenza: evangelizzare e vivere siano anche per noi una cosa sola, memori che «. . . necessitas mihi incumbit; vae enim mihi est, si non evangelizavero» (1 Cor. 9, 16). Essa non è un fatto personale e facoltativo, bensì una «dispensatio» affidataci da Cristo stesso (ib., 17). Sia anche per noi l’ideale unico della nostra vita di apostoli «replere Evangelium Christi» (Rom. 15, 19). Siamo instancabili come esige l’Apostolo Paolo scrivendo al diletto figlio Timoteo: «. . . praedica verbum . . . opus fac Evangelistae, ministerium tuum imple» (2 Tim. 4, 2-5). Ci accompagnino sempre un grande senso della responsabilità che grava sulle nostre umili persone, e un’illimitata fiducia nel Signore.

La Benedizione Apostolica che di cuore Noi impartiamo ai Signori Cardinali, agli Arcivescovi, Vescovi, Prelati nullius, ai membri della Presidenza e dei Servizi del CELAM, a tutto il Clero, ai Religiosi, alle benemerite Religiose, ai movimenti di apostolato dei Laici e a tutti i buoni fedeli sparsi nell’immenso continente dell’America Latina sia pegno di quella più abbondante che attendete dal Cielo sui vostri ministeri pastorali, auspice il materno soccorso di Maria Santissima che le Americhe onorano ed acclamano loro specialissima Patrona.

         



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