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DISCORSO DI PAOLO VI
AD UN GRANDE PELLEGRINAGGIO DELL'ARCIDIOCESI DI MILANO

Lunedì, 18 marzo 1968

 

IL GAUDIO DEL PADRE PER LA FEDELTÀ DELLA METROPOLI LOMBARDA

A Voi milanesi, oggi il Nostro primo saluto. Questa Udienza è stata voluta da voi; e per voi è ora la Nostra affettuosa accoglienza, e con quanta gaudiosa commozione essa avvenga, pur nelle forme ristrette che Ci sono concesse dalle molte occupazioni, non Ci è facile dire. Ma confidiamo che voi saprete scorgere il cuore del vostro antico Arcivescovo anche nella semplicità e nella brevità di questo incontro. Siamo infatti felici di questa vostra visita, e vi siamo gratissimi. Ed esprimiamo innanzitutto a Lei, Signor Cardinale Giovanni Colombo, Arcivescovo di Milano, Nostro esimio successore sulla Cattedra ambrosiana, e, ciò che più conta, successore degnissimo dell’antico Sant’Ambrogio e del sempre vivo San Carlo, la Nostra riconoscenza per la visita, ch’Ella oggi Ci fa, per la cospicua rappresentanza della Chiesa Milanese, ch’Ella Ci porta, e per le ragioni che hanno suggerito questo pellegrinaggio e che lo qualificano come una solenne testimonianza di fede, professata sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo nel decimonono centenario, commemorativo del loro martirio. Noi Le vogliamo dire, alla presenza di codesti suoi figli, quanto grande sia la Nostra stima per la sua persona, quanto grande la fiducia nel suo ministero, e quanto grande la speranza, che qui si traduce in esortazione a questi ed a tutti i suoi diocesani, ch’essi sappiano corrispondere alle sue cure pastorali così che siano conservati e accresciuti, a gloria del Signore, a bene dell’Arcidiocesi, e a sua consolazione, l’intensità e lo splendore della vita cattolica ambrosiana.

SALUTO A STUPENDO PELLEGRINAGGIO

Ricevete voi parimente, Vescovi Ausiliari, che qua guidate questo stupendo pellegrinaggio, il Nostro riverente e cordiale saluto; e così lo vogliano accogliere le Persone rivestite di autorità, o incaricate di particolari uffici, la presenza delle quali Ci dice il valore rappresentativo di questo stesso pellegrinaggio, e Ci lascia con Nostra gioia intravedere la coesione spirituale della grande comunità ambrosiana.

E poi tutti voi, carissimi Figli, salutiamo; voi, Sacerdoti specialmente, molti dei quali foste Nostri collaboratori nel ministero pastorale, che per oltre otto anni, Ci fece vostro Vescovo, vostro fratello ed amico, vostro «consenior et testis Christi passionum» (1 Petr. 5, 1). Voi, insieme con i fedeli che qui Ci allietano della loro venuta, Ci procurate la grata emozione di rivivere l’esperienza spirituale del Nostro soggiorno a Milano, soggiorno che avremmo, per parte Nostra, voluto durasse fino alla morte, tanto era fermo il Nostro proposito di consacrare al vostro servizio la Nostra umile vita, e tanto aveva posto radice nel Nostro animo la Nostra conversazione fra voi. Il Signore ha disposto altrimenti, come vedete. Ma non vi possiamo tacere alcuni pensieri, che sempre, rivolgendo la memoria al vostro, al Nostro Duomo, alla sua scintillante Madonnina, e ancor più in questo momento, Ci salgono ora dal cuore.

UN TIROCINIO PASTORALE INDIMENTICABILE

E il primo pensiero è quello d’una grande gratitudine al Signore, che Ci concesse l’inestimabile favore (anche se tremendo per le sue responsabilità), d’essere fra voi, ancor più come alunno dell’incomparabile tradizione religiosa dell’Arcidiocesi ambrosiana, che come maestro. Ci tornano alla mente le parole di Sant’Ambrogio: «A me successe d’insegnare prima d’imparare» (De off., 1, 1-4); diciamo specialmente della cura pastorale, che a Milano presenta caratteri di particolare esigenza e di non facile complessità. Dobbiamo Noi dirvi che sentiamo tuttora quanto sia stato prezioso per Noi, per il ministero apostolico a Noi ora affidato, il tirocinio pastorale milanese, con l’esperienza interiore ed esteriore sua propria, così che sovente cerchiamo e troviamo nel ricordo di essa suggerimenti, esempi e stimoli, non certo inutili al compimento del gravissimo Nostro dovere presente? È facile intuirlo. E questo dica a voi quanto voi Ci siete tuttora presenti nello spirito, piamente, fedelmente, cordialmente. Il campo di lavoro e di osservazione, che si offri al Nostro sguardo nell’Arcidiocesi ambrosiana, lo abbiamo sempre davanti, come un libro di scuola, dalle nozioni chiare e sicure; e la sua lettura Ci fa incontrare ad ogni passo luoghi, persone, opere, bisogni, imprese, speranze, che sempre Ci dànno l’impressione, non del tutto illusoria, d’essere ancora fra voi.

TRADIZIONE SECOLARE TUTTORA VIVA ED OPERANTE

E così succede un altro pensiero, che occupò, durante tutto il periodo della Nostra permanenza a Milano, il Nostro spirito, tormentandolo ed esaltandolo, e tuttora intimamente Ci prende; ed è quello delle proporzioni che costi assumono i problemi religiosi del nostro tempo: poche zone della Chiesa presentano la ricchezza d’un patrimonio religioso e morale, quale quello lasciato in eredità a Milano da una tradizione secolare tuttora viva ed operante, per merito specialmente d’un plasmatore della coscienza e del costume del popolo, come San Carlo; una zona però codesta, dove i fenomeni trasformatori della società moderna dispiegano la loro potenza, la loro grandezza, la forza innovatrice più che in altre regioni, e si pronunciano come irresistibili, così da costituire, anche indipendentemente dalla volontà degli uomini, un urto, un contrasto, una pressione almeno, sulla concezione cristiana, abituale un tempo, della vita. L’esito di questo confronto drammatico fra il passato e il presente diventa, sotto certi aspetti, decisivo, per sapere quale sarà il comportamento e quale sarà la sorte della tradizione religiosa: questa, sarà sommersa e annullata? Resisterà, oppugnando e deprecando contro l’invadente progresso economico e sociale? Farà un compromesso, e a quali condizioni? Quella, ad esempio, di rimanere come un ricordo, bello forse, ma anacronistico, per ornare di cimeli d’arte e di storia la civiltà meccanica e tecnica, del cemento e dell’asfalto, dei tempi correnti? Ovvero il messaggio evangelico, custodito e predicato dalla Chiesa, finirà per contenersi nella propria sfera spirituale, e di là irradiando luci di sapienza, di conforto, di speranza e di letizia all’uomo d’oggi potente e desolato per le sue conquiste, lo richiamerà senza tregua alla simultanea comunione della società ecclesiale e alle sue trascendenti promesse? Milano può essere, come ora si dice, un test significativo per la soluzione dei massimi problemi religiosi del nostro tempo, e non solo per la sua area e per quella lombarda, ma per tutta la Nazione Italiana, e di riflesso per la Chiesa intera.

NUOVE IMMENSE ENERGIE MORALI

Queste prementi domande sfociano in nuovo pensiero, che sostenne la modesta e imperfetta Nostra azione pastorale quando eravamo a Milano, e si esprime nella certezza che il patrimonio religioso e morale della vostra tradizione cristiana non solo merita d’essere ad ogni costo conservato, ma deve esserlo, nelle forme d’un saggio aggiornamento, come capace di sprigionare immense ed impensate energie morali e spirituali, quelle energie di cui il mondo contemporaneo ha sommamente bisogno e che da sé non sembra atto ad infondere nella società nuova in modo sufficiente, coerente e perseverante. S’intravede alle volte il pericolo che la mole stessa delle conquiste moderne non regga al proprio peso e minacci di opprimere, o anche di cadere su l’uomo incauto ed ignaro della debole statica degli edifici costruiti senza il fondamento e senza il cemento coesivo, che solo un cristianesimo sinceramente vissuto può loro conferire. Cosi che cotesto vetusto e popolare cristianesimo, lungi dall’essere elemento superato e superfluo per la moderna società, può e deve costituire quel «supplemento d’anima», di cui essa ha indeclinabile bisogno.

«ESTOTE FORTES IN FIDE»

Perciò, cari Milanesi, siate Ambrosiani, Noi vi diremo, cioè siate coscienti della vostra vocazione cristiana, e sappiate compierla con tanto maggiore sapienza e vigore quanto più grande e più critica è l’ora storica e spirituale, che noi stiamo attraversando.

E che voi di ciò siate convinti, così da rendere quasi superflua la Nostra esortazione. Ce lo dice cotesto pellegrinaggio alle sorgenti ecclesiali e romane della fede. Ma superflue non sono mai, Noi crediamo, le parole, anche se note, anche se già vissute, quando sono l’eco di quelle che l’Apostolo, sulla cui tomba noi ora ci troviamo, consegnò alle comunità della Chiesa nascente esortandole alla resistenza spirituale, dicendo: siate «fortes in fide», siate forti nella fede (1 Petr. 5, 9); forti nell’adesione interiore, corrosa oggi dall’indifferenza religiosa ambientale, scossa dalle ideologie demolitrici d’ogni positiva credenza teologica, intimidita dall’arroganza spregiudicata contro ogni senso sacro, ora rinascente in tante manifestazioni dell’opinione pubblica; e forti siate nella professione esteriore della vostra fede, professione aliena d’ogni intemperanza bigotta o irriverente verso le altrui opinioni, ma franca e semplice come la logica della propria vita, e premurosa di confortare l’altrui dubbiezza d’un’amica ed apostolica testimonianza.

L'INFRANGIBILE ADESIONE A PIETRO

Sì, carissimi, fate provvista di fortezza cristiana qui, dove Pietro confermò col sangue la sua fede in Cristo, Figlio del Dio vivente, ed il suo amore a Cristo risuscitato, che alla consegna delle mistiche chiavi aggiungeva il triplice incarico della missione pastorale su tutto il gregge di Cristo. Lasciate che questi ricordi evangelici, i quali qui acquistano un irradiante splendore, penetrino fino in fondo alle vostre coscienze, le ridestino dall’invadente sopore, le commuovano con la loro meravigliosa attualità, le inondino di sicurezza e traboccante letizia. È momento prezioso quello che stiamo insieme vivendo. Non sia ricorso a trito luogo comune, ma a sentenza perennemente originale, il ricordo della decisiva parola di Sant’Ambrogio vostro e Nostro: «Ubi Petrus, ibi Ecclesia»; e voi, facendovi eco, aggiungetevi quella d’un vostro Arcivescovo del secolo scorso: «Ubi Petrus, ibi Ecclesia Mediolanensis»; dov’è Pietro, là è la Chiesa di Milano. Sentite la forza sempre risorgente di codesta espressione; e valga a renderla piena di santa ebbrezza spirituale la Nostra Apostolica Benedizione.

Affettuoso saluto ai fedeli della Parrocchia di Sant’Antonio in Brescia

Dobbiamo alla fine salutare un altro gruppo di visitatori che interessa in modo particolare la Nostra affezione: è il gruppo dei Bresciani, e precisamente quello dei Pellegrini della Parrocchia di S. Antonio, la Parrocchia di cui fu fondatore e Parroco, Pastore zelantissimo, il compianto Padre, poi Cardinale, Giulio Bevilacqua, dell’Oratorio di S. Filippo, di Brescia, che lasciò di sé esempio e rimpianto, ed insieme ricordo e stimolo di pensiero e di vita cristiana grandissimi, e che fu a Noi particolarmente caro. Gli è succeduto un altro amico Nostro fin dai lontani anni della giovinezza, il Padre Ottorino Marcolini d. O., qui presente, le cui gesta, specialmente come promotore della costruzione di villaggi popolari, sono ormai note a molti, e meritano, anche in questo momento, l’espressione della Nostra compiacenza e del Nostro augurio.

Vi siamo grati, carissimi Figli, di questa visita, della quale vorremmo restasse a voi felice impressione come quella che vi richiama a meglio comprendere ed amare la Chiesa, e vi lascia meglio vedere come la Chiesa sia il mirabile strumento col quale noi possiamo raggiungere Cristo, la sua fede, la sua carità, la sua salvezza. Questo voto Noi facciamo per voi e per tutta la comunità parrocchiale di S. Antonio, esortandovi, nel ricordo di Padre e Cardinale Bevilacqua, che vi fu maestro sapiente e parroco esemplare, a rinfrancare i vostri propositi di vita cristiana, nella convinzione che essa è la formula vera e buona e felice della nostra esistenza terrena e che ci prepara alla pienezza della vita eterna. Affidiamo a voi qui presenti i Nostri saluti per tutti i Fedeli della vostra comunità parrocchiale, anzi per tutta la sempre carissima Nostra Brescia, alla quale estendiamo i Nostri voti e la Benedizione Apostolica, che a voi, ai vostri cari, al vostro degnissimo Parroco, P. Marcolini, ed ai suoi Confratelli, impartiamo con cuore sempre memore, nel nome del Signore.

      



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