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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL XXXI CONGRESSO
DEL MOVIMENTO LAUREATI
DI AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Sabato, 3 gennaio 1970

 

Salutiamo con paterna effusione di affetto - quello che il nome di «Laureati Cattolici» ha sempre suscitato in Noi - la vostra assemblea, che partecipa in questi giorni al XXXI Congresso Nazionale del Movimento. Ci compiacciamo con voi per la regolarità e l’impegno, con cui preparate e celebrate i vostri incontri tanto determinanti e proficui per l’attività da svolgere nel seguente biennio; e ci rallegra pure il fatto che, in concomitanza col Congresso, quest’anno si riunisce anche l’Assemblea dei vostri Dirigenti per discutere ed approvare il regolamento del Movimento Laureati, allo scopo di aggiornarlo sui nuovi Statuti dell’Azione Cattolica Italiana. Incoraggiamo questi sforzi, che sono indice persuasivo della vitalità delle vostre schiere, della volontà, con cui vi adeguate alle esigenze dei tempi, della generosità e del disinteresse con cui lo fate. E riprendiamo assai volentieri il contatto con voi, nel ricordo sempre vivo dei rapporti che a voi ci legano, con vincolo indistruttibile.
Il tema, scelto quest’anno, è di grande interesse, di eccezionale vastità, come di significativa urgenza: «L’esercizio concreto della libertà nella società italiana». Vi vediamo perciò impegnati in grandi questioni, che salgono alla coscienza dalla vita vissuta – il mondo pratico, sociale, giurisdizionale, economico, politico e via dicendo, secondo i temi attorno a cui si articolano le varie Commissioni di studio - e nella coscienza speculativa tali questioni trovano la loro elaborazione dottrinale secondo le fonti genuine del pensiero cattolico; di qui esse scendono di nuovo nella sfera del mondo esteriore, con intento di applicazioni concrete. È un buon metodo, senza dubbio, concreto, realistico, sintetico, dal quale auspichiamo che il Congresso sappia trarre ogni utilità.

AUTODETERMINAZIONE DELLA PERSONA UMANA

Notiamo perciò che in questa visuale di grande ampiezza, rimane fuori questione la libertà in se stessa, sia psicologica, sia morale, quale prerogativa della persona umana, capace di autodeterminazione. È un dato di fatto che piace rilevare subito, perché tale concezione si pone contro il determinismo, che sembrava vittorioso fuori della nostra scuola cattolica, la quale invece ha sempre difeso l’esistenza ontologica della libertà, propria e costitutiva dell’essere umano. L’uomo è libero! Lo proclamano tutte le pagine della sapienza precristiana, lo affermano vigorosamente i libri della Bibbia, lo consacra il Vangelo. E il Concilio Vaticano II, quasi a coronamento degli studi e delle lotte della concezione cattolica sulla libertà, nella Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo ha detto: «Tutti gli uomini, dotati di un’anima razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima origine; e tutti, da Cristo redenti, godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino: è necessario, perciò, riconoscere ognor più la più fondamentale uguaglianza fra tutti.

Certo, non tutti gli uomini sono uguali per la varia capacità fisica e per la diversità delle energie intellettuali e morali. Tuttavia, ogni genere di discriminazione nei diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio» (Gaudium et spes, 29).
Quali siano le conseguenze in tutti i campi dell’agire umano, della convivenza umana, del pensiero umano, ognuno può facilmente intuire.
Voi - e anche questo notiamo volentieri - avete voluto che il vostro discorso si delimitasse all’esercizio concreto della libertà nel campo civile e sociale: in questo siete in linea con la Dichiarazione Conciliare «Dignitatis humanae», sulla libertà religiosa, che riguarda appunto il diritto della persona e della comunità all’esercizio della libertà sociale e civile in materia religiosa. È anche questo un segno dei tempi, dell’apertura verso ciò che interessa la comunità, l’insieme dei fratelli, la loro problematica più assillante e sentita: e facciamo voti .che i risultati del Congresso diano a queste aspettative le risposte adeguate, pensose, equilibrate, aperte e chiarificatrici, che i nostri contemporanei si attendono.

LA NORMA PROPOSTA NELLA VERITÀ

Sotto l’aspetto da voi considerato, non si può isolare lo studio dell’esercizio della libertà da quello che le è complementare, la responsabilità; e qui vorremmo sostare un poco, per affidarvi qualche spunto di riflessione.
Ciò è vero anzitutto per lo studio della libertà considerata nel suo ambito strettamente personale: effettivamente, la libertà è assenza di determinazione esteriore (e ben avete fatto a estendere l’indagine anche ai «persuasori occulti», gli strumenti di comunicazione collettiva che impalpabilmente condizionano e coartano la libertà della persona, oggi). Qui la libertà trova la sua espressione nella sua vera «entelechia», nella sua deontologia, nella sua teleologia. L’uomo, nella sua essenza spirituale, nel suo dovere morale, nella sua destinazione temporale ed eterna, non può dissociare libertà da responsabilità. La libertà cerca la norma, non imposta ciecamente o illogicamente, ma proposta nella verità, nella volontà di Dio: «La verità vi farà liberi» (Io. 8, 32), questa profonda frase del Vangelo di Giovanni è, anche in questo campo, illuminante. Quando ci si apre a Dio, liberamente e coscientemente, si è liberi. Ma dove Dio è negato, la libertà diventa folle, si sfrena, non conosce più ostacolo: è il succo del ragionamento di una pagina avvincente dei «Fratelli Karamazov» di Dostojevsky, quando Ivan, con logica lucidissima e spietata, conclude che, negato Dio, cade l’idea di peccato, cade il concetto di obbligazione morale, si giustifica l’omicidio, ecc. Tutto questo nell’ordine soggettivo; ognun vede con quanta attualità di pensiero, e con quanta urgenza di applicazione, se vogliamo che la società non precipiti nuovamente nel baratro della amoralità scatenata.

SERVIZIO AL BENE COMUNE

E nell’ordine sociale? Evidentemente, la libertà, in quanto tale, cerca di rimuovere ogni ostacolo fisico, l’autorità, la legge costringente e repressiva: essa vuole autodeterminarsi. Ma tutto ciò deve essere precisato:
a) C’è un limite, anzitutto: che è la responsabilità verso gli altri, il senso del rispetto e della collaborazione, dato che si vive in comunità. Anche gli altri hanno diritti, che vanno rispettati in modo sacrosanto; e verso gli altri si hanno obblighi, secondo il precetto evangelico di fare agli altri ciò che desideriamo sia fatto a noi.
b) Accanto al limite, l’incentivo: la responsabilità si avvera e si completa nell’amore. La libertà non può e non deve essere egoismo, ma possibilità di espansione del bene, dalla sfera personale a quella sociale: dovere di solidarietà, di servizio, di partecipazione, come ha sintetizzato la citata Costituzione Gaudium et spes, quando ha notato le odierne esigenze di rispetto reciproco dell’umanità, in tutti i campi della vita sociale e politica, concludendo che per instaurarvi «una vita veramente umana non c’è niente di meglio che coltivare il senso interiore della giustizia, dell’amore e del servizio al bene comune» (Gaudium et spes, 73).

Con la libertà deve crescere il senso di responsabilità. Occorre perciò che tutte le forze impegnate nella vita civile - e voi, Laureati Cattolici, che nella professione trovate il campo aperto alle vostre convinzioni di fede, più di ogni altro dovete collaborare a questa grande impresa - sappiano educare alla libertà nell’amore, e mediante la libertà contribuire a formare le coscienze alla vera, profonda, pacificatrice maturità umana e cristiana.
Il traguardo non è purtroppo vicino: ma vogliamo essere ottimisti, confidando che lo sforzo congiunto di tutte le persone consapevoli possa ottenere risultati sempre più apprezzabili. Noi preghiamo il Signore affinché vi illumini nello studio di problemi tanto ardui e vi aiuti nel tradurli in pratica. Con la Nostra Benedizione Apostolica e con la Nostra immutata, grandissima benevolenza.



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