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 DISCORSO DI PAPA PAOLO VI
AL I CONVEGNO INTERNAZIONALE
DEGLI ISTITUTI SECOLARI 

26 settembre 1970

 

L'EFFICACIA APOSTOLICA
DIPENDE DALLA SANTIFICAZIONE PERSONALE

1. Siate i benvenuti! Noi accogliamo la vostra visita con particolare considerazione pensando alla qualifica, che vi distingue nella Chiesa di Dio, senza che il mondo ne scorga i segni esteriori, quella di rappresentanti, riuniti a Congresso, degli Istituti Secolari, e avvertendo le intenzioni ispiratrici di cotesta visita: voi vi presentate a noi in un duplice atteggiamento: di confidenza, che si apre manifestando l'essere vostro di persone consacrate a Cristo, nella secolarità della vostra vita; di offerta, che si dichiara fedele e generosa alla Chiesa, interpretandone le finalità primarie, quella di celebrare l'unione misteriosa e soprannaturale degli uomini con Dio, il Padre celeste, instaurata da Cristo Maestro e Salvatore, mediante l'effusione dello Spirito Santo, e quella di instaurare l'unione fra gli uomini servendoli in ogni maniera, in ordine al loro benessere naturale e al loro fine superiore, la salvezza eterna. 

2. Quanto ci interessa e quanto ci commuove questo incontro! Esso ci fa pensare ai prodigi della grazia, alle ricchezze nascoste del Regno di Dio, alle risorse incalcolabili di virtù e di santità, di cui ancor oggi dispone la Chiesa, immersa, come sapete, in una umanità profana e talora profanatrice, esaltata dalle sue conquiste temporali e altrettanto schiva quanto bisognosa d'incontrarsi con Cristo; la Chiesa, diciamo, attraversata da tante correnti, non tutte positive per il suo incremento nell'unità e nella verità, delle quali Cristo vorrebbe che i suoi figli fossero sempre avidi e gelosi; la Chiesa, questo secolare olivo, dal tronco storico martoriato e contorto, il quale potrebbe sembrare immagine di vecchiaia e di sofferenza, piuttosto che di primaverile vitalità; la Chiesa di questo tempo, capace, invece, voi lo dimostrate, di verdeggiare vigorosa e fresca in nuove fronde e in nuove promesse di frutti impensati e copiosi. Voi rappresentate un fenomeno caratteristico e consolantissimo nella Chiesa contemporanea; e come tale noi vi salutiamo e vi incoraggiamo. 

3. Ci sarebbe facile e caro esporre a voi la descrizione di voi stessi, quali la Chiesa vi vede e, in questi ultimi anni, vi riconosce: la vostra realtà teologica, secondo la linea definita dal Concilio Ecumenico Vaticano II (Lumen gentium, n. 44 e Perfectae caritatis, n. 11), la descrizione cioè canonica delle forme istituzionali, che cotesti organismi di cristiani consacrati al Signore e secolari vengono assumendo, l'identificazione del posto e della funzione che essi vanno prendendo nella compagine del Popolo di Dio, i caratteri distintivi che li qualificano, le dimensioni e le forme, con cui essi si attestano. Ma tutto questo voi conoscete benissimo. Noi abbiamo notizie delle sollecitudini che il Dicastero della Curia Romana, incaricato di guidarvi e di assistervi, spende per voi, e conosciamo abbastanza le relazioni, molto accurate e approfondite. che sono state svolte durante il vostro Congresso; non vorremmo ripetere ciò che con tanta competenza è già stato trattato. Piuttosto che delineare ancora una volta cotesto quadro canonico, se una parola dobbiamo dirvi in questa circostanza, preferiamo osservare, con discrezione e sobrietà, l'aspetto psicologico e spirituale della vostra peculiare dedizione alla sequela di Cristo. 

4. Fermiamo per un istante lo sguardo su l'origine di cotesto fenomeno, l'origine interiore, l'origine personale e spirituale, su la vostra vocazione, la quale, se presenta molti caratteri comuni con le altre vocazioni che fioriscono nella Chiesa di Dio, alcuni caratteri propri la distinguono e le meritano specifica considerazione. 

5. Noi vogliamo innanzi tutto notare l'importanza degli atti riflessi nella vita dell'uomo; atti riflessi molto apprezzati nella vita cristiana, e assai interessanti, specialmente in certi periodi dell'età giovanile, perché determinanti. Chiamiamo coscienza questi atti riflessi; e che cosa significhi e valga la coscienza ciascuno ben sa. Su la coscienza il discorso è lungo nella conversazione moderna, a cominciare dal continuo richiamo al suo lontano albeggiare socratico, poi dal suo risveglio, dovuto principalmente al cristianesimo, sotto l'influsso del quale, dice uno storico, "il fondo dell'anima è cambiato"(cfr. Taine, III, 125). Noi qui fermiamo l'attenzione a quel momento peculiare noto a tutti voi, nel quale la coscienza psicologica, cioè la percezione interiore che l'uomo ha di se stesso, diventa coscienza morale (cfr. S. Th. 1,79,13), nell'atto in cui la coscienza psicologica avverte l'esigenza d'agire secondo una legge pronunciata dentro l'uomo, scritta nel suo cuore, ma obbligante di fuori, nella vita vissuta, con responsabilità trascendente, e, al vertice, in rapporto con Dio, per cui si fa coscienza religiosa. Ne parla il Concilio: Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge, che non è lui a darsi, ma alla quale l'uomo deve obbedire, e la cui voce lo chiama sempre ad amare e a fare del bene agli altri e a fuggire il male... L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore, obbedire alla quale costituisce la dignità stessa dell'uomo e secondo la quale egli sarà giudicato (cfr. Rm 2,14-16). La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli è solo con Dio". (Qui il Concilio si riferisce ad un mirabile discorso di Papa Pio XII, del 23 marzo 1952, Discorsi ... 14, pp. 19 ss.). 

6. In questa prima fase dell'atto riflesso, che chiamiamo coscienza, sorge nell'uomo il senso di responsabilità e di personalità, l'avvertenza dei principi esistenziali e il loro sviluppo logico. Questo sviluppo logico nel cristiano, che ripensa al proprio carattere battesimale, genera i concetti fondamentali della teologia sull'uomo, che si sa e si sente figlio di Dio, membro di Cristo, incorporato nella Chiesa, insignito di quel sacerdozio comune dei fedeli, di cui il Concilio ha richiamato la feconda dottrina (cfr. Lumen gentium, nn. 10-11), e da cui nasce l'impegno d'ogni cristiano alla santità (cfr. ib., nn. 39-40), alla pienezza della vita cristiana, alla perfezione della carità. 

7. Questa coscienza, questo impegno, in un dato momento, non senza un raggio folgorante di grazia, si illumina interiormente, e si fa vocazione. Vocazione ad una risposta totale. Vocazione ad una vera e completa professione dei consigli evangelici per alcuni, vocazione sacerdotale per altri. Vocazione alla perfezione per chiunque ne avverta il fascino interiore; vocazione ad una consacrazione, mediante la quale l'anima si concede a Dio, con un atto supremo di volontà e di abbandono insieme, di dono di sé. La coscienza si erige in altare di immolazione: "sit ara tua conscientia mea" prega S. Agostino (En. in Ps. 49; PL 36,578); è come il "fiat" della Madonna all'annuncio dell'Angelo. 

8. Siamo ancora nell'àmbito degli atti riflessi, quest'àmbito che ora chiamiamo vita interiore, la quale, a questo punto, ormai si svolge a dialogo: il Signore è presente: "sedes est (Dei) conscientia piorum", dice ancora S. Agostino (En. in Ps. 45; PL 36,520). La conversazione si rivolge al Signore, ma in cerca di determinazioni pratiche. Come san Paolo a Damasco: "Signore, che cosa vuoi ch'io faccia?"(At 9,5). Allora la consacrazione battesimale della grazia si fa cosciente e si esprime in consacrazione morale, voluta, allargata ai consigli evangelici, tesa alla perfezione cristiana; e questa è la prima decisione, quella capitale, quella che qualificherà tutta la vita. 

9. La seconda? Qui è la novità, qui è la vostra originalità. Quale sarà in pratica la seconda decisione? Quale la scelta del modo di vivere cotesta consacrazione? Lasceremo o potremo conservare la nostra forma secolare di vita? Questa è stata la vostra domanda; la Chiesa ha risposto: siete liberi di scegliere; potete rimanere secolari. Voi avete scelto, guidati da tanti motivi, certamente bene ponderati, e avete deciso: rimaniamo secolari, cioè nella forma a tutti comune nella vita temporale; e con scelta successiva nell'àmbito del pluralismo consentito agli Istituti Secolari, ciascuno si è determinato secondo la preferenza sua propria. I vostri Istituti si chiamano perciò secolari per distinguerli da quelli religiosi. 

10. E non è detto che la vostra scelta, in rapporto al fine di perfezione cristiana che anch'essa si propone, sia facile, perché non vi separa dal mondo, da quella profanità di vita, in cui i valori preferiti sono quelli temporali, ed in cui tanto spesso la norma morale è esposta a continue e formidabili tentazioni. La vostra disciplina morale dovrà essere perciò sempre in stato di vigilanza e d'iniziativa personale, e dovrà attingere ad ogni ora dal senso della vostra consacrazione la rettitudine del vostro operare: l'"abstine et sustine" dei moralisti dovrà giocare un continuo esercizio nella vostra spiritualità. Ecco un nuovo e abituale atto riflesso, uno stato perciò di interiorità personale, che accompagna lo svolgersi della vita esteriore. 

11. E avrete così un campo vostro ed immenso, nel quale svolgere la duplice opera vostra: la vostra santificazione personale, la vostra anima, e quella "consecratio mundi", di cui conoscete il delicato e attraente impegno, e cioè il campo del mondo; del mondo umano, qual è, nella sua inquieta e abbagliante attualità, nelle sue virtù e nelle sue passioni, nelle sue possibilità di bene e nella sua gravitazione verso il male, nelle sue magnifiche realizzazioni moderne e nelle sue segrete deficienze e immancabili sofferenze: il mondo. Voi camminate sul fianco d'un piano inclinato, che tenta il passo alla facilità della discesa e che lo stimola alla fatica della ascesa. 

12. E' un camminare difficile, da alpinisti dello spirito. 

13. Ma in questo vostro ardito programma di vita ricordate tre cose: la consacrazione vostra non sarà soltanto un impegno, sarà un aiuto, sarà un sostegno, sarà un amore, sarà una beatitudine, a cui potrete sempre ricorrere; una pienezza, che compenserà ogni rinuncia e che vi abiliterà a quel meraviglioso paradosso della carità: dare, dare agli altri, dare al prossimo per avere in Cristo. Ed ecco la seconda cosa da ricordare: siete nel mondo e non del mondo, ma per il mondo. Il Signore ci ha insegnato a scoprire sotto questa formula, che sembra un gioco di parole, la sua e la nostra missione di salvezza. Ricordate che voi, proprio come appartenenti ad Istituti Secolari, avete una missione di salvezza da compiere per gli uomini del nostro tempo; oggi il mondo ha bisogno di voi, viventi nel mondo, per aprire al mondo i sentieri della salvezza cristiana. 

14. E vi diremo allora la terza cosa da ricordare: la Chiesa. Anch'essa viene a far parte di quella riflessione, a cui abbiamo accennato; diventa il tema d'una continua abituale meditazione, che possiamo chiamare il "sensus Ecclesiae", in voi presente come un'atmosfera di respiro interiore. Voi certamente avete già provato l'ebbrezza di questo respiro, la sua inesauribile ispirazione, nella quale i motivi della teologia e della spiritualità, dopo il Concilio specialmente, infondono il loro soffio tonificante. Uno di questi motivi sempre vi sia presente: voi appartenete alla Chiesa a titolo speciale, il vostro titolo di consacrati secolari; ebbene sappiate che la Chiesa ha fiducia in voi. La Chiesa vi segue, vi sostiene, vi considera suoi, quali figli di elezione, quali membra attive e consapevoli, fermamente aderenti per un verso, agilmente allenate all'apostolato per un altro, disposte alla silenziosa testimonianza, al servizio e, se occorre, al sacrificio. Siete laici, che della professione cristiana fanno un'energia costruttrice, disposta a sostenere la missione e le strutture della Chiesa, le diocesi, le parrocchie, le istituzioni cattoliche specialmente, ed ad animarne la spiritualità e la carità. Siete laici, che per diretta esperienza potete meglio conoscere i bisogni della Chiesa terrena, e forse anche siete in condizione di scoprirne i difetti: voi non ne fate argomento di critica corrosiva e ingenerosa; voi non ne traete pretesto per separarvi e per stare egoisticamente e sdegnosamente appartati; ma ne traete stimolo a più umile e filiale soccorso, a più grande amore. Voi, Istituti Secolari della Chiesa d'oggi! Ebbene, portate il nostro incoraggiante saluto ai vostri Fratelli e alle vostre Sorelle, e abbiate tutti la nostra Benedizione Apostolica.

          



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