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DISCORSO DI PAOLO VI ALLA PRESIDENZA NAZIONALE
DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Sabato, 26 giugno 1971

 

Ecco davanti a noi la Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana: Noi salutiamo il caro e valente Professore Bachelet, Presidente, e con lui voi tutti che componete l’organismo centrale di cotesto grande movimento del Laicato cattolico in Italia. Abbiamo per ciascuno di voi un saluto cordiale, una benedizione speciale; vi sappiamo allenati ed esperti nell’ufficio che vi è personalmente affidato, ne conosciamo le funzioni organizzative e direttive, ne sappiamo le difficoltà e i risultati; ma specialmente ne vogliamo ora considerare la novità e la speranza.

LA NOVITÀ

La novità: essa non è tanto caratterizzata dalla recente investitura dell’incarico a voi assegnato, quanto dalla rifusione statutaria e programmatica or ora compiuta delle strutture e delle funzioni di tutta l’Azione Cattolica Italiana. Noi ravvisiamo in cotesto rinnovamento non già una sconfessione del suo passato, ma piuttosto un riconoscimento dei principi costitutivi, che ne hanno ben prima del Concilio ispirato l’esistenza e l’attività, e che dopo il Concilio hanno acquistato quella dignità e quell’efficienza, che li mette in primaria evidenza nella teologia del Laicato in seno alla Chiesa di Dio. La novità, sotto l’aspetto dottrinale, sta appunto nell’assunzione della vostra concezione della vita cattolica nella ecclesiologia conciliare, la quale onora in ogni fedele un membro del Corpo mistico di Cristo, un membro vivo associato al suo sacerdozio regale, chiamato alla santità e investito d’una funzione profetica, cioè quella d’essere testimonio della fede e araldo esemplare della professione cristiana; non solo, ma chiamato altresì alla dilatazione del regno di Cristo, cioè all’apostolato. Se l’apostolato è vocazione, è dovere per ogni cristiano, - ch’e voglia realizzare in se stesso la propria definizione e corrispondere alle esigenze native della propria inserzione nella Chiesa, segno e strumento di salvezza per l’intera umanità, partecipare fedelmente e attivamente alla sua missione diffusiva del Vangelo e della Grazia (Cfr. Lumen gentium, 33), - per l’Azione Cattolica, fin dalla sua origine qualificata, ed ora in virtù d’una sua precisa collocazione nel disegno costitutivo e operativo conciliare della Chiesa, l’apostolato si distingue per il rapporto ch’esso riveste con quello responsabile della Gerarchia, un rapporto non solo di dipendenza e di coordinazione, ma di collaborazione, come ben sapete.

Questa notissima vostra condizione nella Chiesa merita di essere continuamente meditata. Noi vi esortiamo a farne tema di riflessione per la vostra coscienza cattolica, per la definizione del vostro allineamento nel campo dell’attività ecclesiale, per la responsabilità che per voi ne deriva, per l’eccellenza dell’oblazione che voi fate a Cristo del vostro operare, per il favore divino che certamente lo sorregge e lo nobilita, per il merito squisitamente apostolico che riveste il vostro servizio ai fratelli, alla comunità dei fedeli ed anche alla società profana, e per il premio superiore che gli è assicurato.

Quante cose si possono dire, oggi, dopo il Concilio, e più che mai, dell’Azione Cattolica! La vostra, nella sua stessa configurazione spirituale e strutturale, può dirsi al tempo stesso tradizionale e nuova. Voi siete eredi d’una storia di vita cattolica, che farete bene a conoscere e a fare conoscere.

Non dimenticate lo sforzo apostolico del Laicato che vi ha preceduti; non scordate le anime umili e grandi, che hanno dato l’ingegno, l’opera, la vita perfino, con un disinteresse e con un coraggio degni di rimanere in esempio, alla medesima causa che voi oggi intendete servire. Non ignorare la propria storia non significa essere vincolati alle forme che ieri ne hanno tessuto le vicende; significa piuttosto sperimentarne la spinta morale che da essa deriva, e cioè godere d’una carica di esperienza, di ansia verso l’attualità e verso l’avvenire, di ricerca di sempre nuova e geniale originalità. Questa è oggi la novità dell’Azione Cattolica, il suo spirito. Il suo spirito ch’è quello di ieri, solo perché ne conserva la vita; vogliamo dire la fonte, ch’è attinta all’essenza della compagine ecclesiale, l’organicità del Popolo di Dio, comunitario e gerarchico. Perciò caratterizzano il vostro apostolato alcuni aspetti, ch’è difficile riscontrare eguali ed uniti in altre espressioni dell’attività apostolica della Chiesa: è laico, si sa; con ciò che comporta questa qualifica: non dotato di funzioni proprie del sacerdozio ministeriale, né di impegni specifici della vita religiosa, ma vissuto nelle realtà naturali e temporali con la coscienza dell’elevazione soprannaturale del cristiano, anzi con la volontà di infondere in quelle stesse realtà naturali e temporali il mistero d’una consacrazione, cioè di un ‘elevazione, d’una significazione morale e spirituale superiore, d’un valore trascendente di dignità e di merito. È libero e volontario il vostro apostolato, come un’oblazione tutta vostra, che sublima ed esprime la vostra personalità, e conferisce alla vostra esistenza un significato ideale, finalistico che la illumina e la fortifica. È obbediente il vostro apostolato, appunto perché si innesta in un ordine spirituale e sociale complesso e rispondente ad un disegno superiore, ad un pensiero divino, qual è appunto la Chiesa; e s’innesta là dove maggiore è il servizio, la responsabilità, la dedizione pastorale, il dovere di fedeltà, di esempio, di bene comune, anzi di bene altrui, cioè quello del prossimo, della comunità dei fratelli, s’innesta come cooperatore dell’apostolato «apostolico», se così si può dire, cioè quello che per origine e per antonomasia ha ricevuto il primo mandato da Cristo, con tutte le sue potestà: «Ogni potere, Egli disse, è stato dato a me in cielo ed in terra; andate dunque, ammaestrate tutte le genti . . .» (Matth. 28, 18-19). Organizzato infine è il vostro apostolato, cioè stampato dal sigillo della propria dedizione ad una disciplina, ad un’armonia di animi e di quadri esteriori, corroborato così dalla comunione degli intenti e delle opere, sostenuto dalla coerenza e dalla fedeltà d’un impegno, in certa misura continuativo: «un cuore solo e un’anima sola», come era ai primi suoi giorni la comunità cristiana (Cfr. Act. 4, 32).

LA SPERANZA

Ma più che tutto coordinato con l’apostolato della Gerarchia; l’abbiamo già detto; ma questo è il distintivo decisivo del vostro apostolato di Laici cattolici. Il che comporta non solo quel coordinamento che più lo qualifica, e che effettivamente lo include in programmi più vasti e più autorevoli che non quelli che l’Azione Cattolica può da sé concepire; ma comporta altresì un’apertura, possiamo anche dire una libertà d’iniziativa, un’inventiva benefica ed operosa, in tutti i campi offerti all’apostolato cattolico, che voi, meglio di altri, potete scoprire. Perché al posto, in cui colloca la vostra elezione apostolica, cioè accanto a chi ha la capacità e il dovere di guardare dall’alto il panorama drammatico del regno di Cristo nel mondo, voi potete vedere nella migliore posizione, con maggiore amore e maggiore sofferenza, quali sono i fattori del bene e del male nell’alternativa della salvezza. Al fianco del Papa, al fianco dei Vescovi, al fianco dei Parroci, e non meno al fianco di quanti operano per il bene altrui, genitori, educatori, sociologi, ecc. voi, proprio per la vostra vocazione, testé descritta, voi potete scorgere dove occorre la preghiera, la vigilanza, l’attività, l’intervento, il sacrificio, l’amore.

E questa, Figli carissimi, è la nostra speranza: che l’Azione Cattolica. organicamente compaginata alla Chiesa, sappia riprendere in pieno la sua funzione militante e benefica per il nome di Cristo nell’odierna società. È una speranza che in Noi si fa preghiera per voi, si fa conforto per Noi e per voi, si fa ora per Nostra mano auspicale e, Dio voglia, valida e consolatrice Benedizione.

                                            



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