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DISCORSO DI PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL X CONGRESSO NAZIONALE
DELL’ASSOCIAZIONE MAESTRI CATTOLICI D’ITALIA

Domenica, 12 settembre 1971

 

Figli carissimi!

Avete voluto concludere il Vostro Congresso con questa visita, che con la vostra presenza ci reca anche il piacere di ricordare gli inizi della vostra Associazione, ai quali, ormai sono venticinque anni, avemmo Noi stessi, quali umili collaboratori al servizio di Papa Pio XII, l’onore di partecipare, e ci offre l’occasione di ammirare, quasi in una visione di scorcio, il cammino aspro, eppur diritto e fecondo che avete percorso, sotto la guida tanto esperta della vostra fondatrice e Presidente l’on. Prof. Maria Badaloni. Non possiamo tacere per lei, qui presente, il Nostro elogio e la Nostra riconoscenza, pensando all’opera svolta non solo in favore dell’Associazione, ma altresì della Scuola Italiana per la formazione cristiana e civile di tanta parte della giovinezza di questo Paese; e non diciamo ora di più non certo per segnare i limiti dei suoi meriti, ma per riguardo alla sua abituale modestia, e per lasciare che altre voci, le vostre certamente, siano interpreti della stima e della gratitudine comune.

L’encomio, che rivolgiamo alla promotrice principale della vostra Associazione, lo dobbiamo estendere a quanti le furono solidali nel lavoro svolto: Assistenti, Dirigenti, Soci, amici e colleghi. L’Associazione si è affermata come un fatto nazionale, significativo e positivo, nel campo delle istituzioni che fiancheggiano e servono la Scuola primaria, come ad esempio il Movimento dei Maestri Cattolici, le Riviste e le Case editrici cattoliche, per non dire della FIDAE e delle molte e benemerite Famiglie Religiose, le quali elevano l’insegnamento alla dignità d’una vocazione che trascende la fatica professionale e la stessa arte didattica. Così, celebrando il venticinquennio della vostra benemerita Associazione, affermiamo ancora una volta ciò che il recente Concilio ci ha autorevolmente ricordato, come cioè la scuola cattolica «conservi la sua somma importanza anche nelle circostanze presenti» (Gravissimum educationis, 8), e quale missione sia da riconoscere, di per sé, ad ogni Scuola degna di tal nome, come ad «un centro, alla cui attività ed al cui progresso devono insieme partecipare le famiglie, gli insegnanti, i vari tipi di associazioni a finalità culturali, civiche e religiose, la società civile e tutta la comunità umana» (Ibid., 5).

Noi sappiamo che voi siete persuasi di ciò. Sappiamo inoltre come in questi anni la questione scolastica, vogliamo dire il rinnovamento istituzionale e pedagogico della Scuola, tenga impegnata la vostra riflessione, la vostra attività e la vostra speranza. Abbiamo preso visione delle note illustrative, relative allo «status» di tale grave questione, e della selva di problemi, che si addensano intorno ad essa; abbiamo anche notato con compiacenza e fiducia come, sia nella pubblica opinione, sia nell’ambiente scolastico, sia nel campo legislativo, si vadano ormai delineando chiaramente i nuovi orientamenti dell’attesa riforma: come, ad esempio, l’estensione a tutti i cittadini idonei della possibilità di accedere ad ogni tipo e grado d’insegnamento; lo sviluppo del rapporto fra la società, la famiglia anzitutto e la Scuola; l’interna configurazione comunitaria dell’istituzione scolastica; l’impiego anche in sede scolastica dei mezzi conoscitivi, di cui dispone la società moderna; l’accentuazione del carattere attivo, rispetto all’alunno, dell’insegnamento; la ricerca dello sviluppo armonico di tutte le «capacità fisiche, morali, intellettuali dei giovani» (Ibid.); la formazione specialmente alla spontaneità della ricerca lungo il cammino d’un ordinato insegnamento, e all’esercizio simultaneo ed equilibrato della libertà e della responsabilità nella coscienza dell’alunno; il collegamento dei vari gradi di scuola fino alla saldatura, oggi mancante, fra Scuola e professione, realizzando così un ponte con la vita vissuta, ecc.

Abbiamo visto con soddisfazione questo ampio materiale di studio, e ci compiacciamo dei metodi, che guidano i vostri lavori, seri e positivi.

Ma non intendiamo inoltrarci in questi problemi particolari; non sarebbe del resto compito Nostro; e voi avete già abbastanza esplorato il campo di così vasta, complicata ed interessante materia.

Se una parola Noi dobbiamo dire, è piuttosto sulle vostre persone che sulle vostre cose. Ed anche per quanto riguarda le persone, tralasciamo ciò che tocca le questioni specifiche della vostra professione, pur riconoscendo quanto esse siano importanti, sia per ciò che si riferisce alla preparazione accademica, sia per ogni altra considerazione relativa agli ordinamenti professionali.

Voi volete ascoltare da Noi ciò che già avete nel vostro spirito. E la prima cosa che Noi vi diremo sarà l’esortazione, felicemente superflua per la vostra coscienza, ma non inutile per il confronto con la società, l’esortazione ad avere sempre un concetto elevato della vostra qualifica di Maestri. Siate fieri di questo degnissimo titolo; e siatelo tanto di più quanto più abitualmente, pazientemente ed amorosamente esso vi piega verso i piccoli, verso i fanciulli, verso la generazione nuova. Questo atteggiamento professionale è autenticamente umano; vi qualifica davvero come delegati dei Genitori, come rappresentanti della società che si fa sollecita verso i suoi più teneri germogli, verso il suo avvenire; è atteggiamento evangelico, voi lo sapete, ed assume quindi un valore sacro. Voi vi fate piccoli con i piccoli; siete perciò candidati al Regno dei Cieli (Cfr. Matth. 18, 4). Se non sempre vi è consentito di studiare i grossi volumi della scienza difficile, si aprono invece per voi le rivelazioni segrete della sapienza suprema (Cfr. Matth. 11, 25); voi perdete forse l’occasione delle fortune umane, ma guadagnate quella della suprema fortuna, promessa da Cristo per il giorno eterno (Cfr. Matth. 25, 40). E non crediate empirica e servile, - come una volta era considerata -, la fatica del maestro, perché voi sapete quale delicatissima e preziosissima arte sia quella che Platone, rifacendosi a Socrate, chiama «maieutica» (Cfr. Teeteto), e che Sant’Agostino riferisce direttamente a Dio, quale principio attivo della conoscenza (Cfr. De Magistro). Il titolo di Maestri vi inserisce nella missione della Chiesa-Maestra, la quale ben sa che è Cristo il solo Maestro della salvezza, ed in suo nome fa proprio questo titolo trascendente (Cfr. Matth. 23, 8). E se nel titolo stesso, che designa la vostra professione, voi riuscite a congiungere in sapiente armonia le due principali funzioni del Maestro, quella didattica con quella pedagogica, cioè con quella formativa e con quella che insegna all’uomo ad essere uomo, e al cristiano «come l’uom s’eterna», oh! sappiate che avete fatto della vostra vita un capolavoro.

Per questo non arrossite mai, cari Maestri, di chiamarvi «cattolici». Può darsi che la secolarizzazione, ora in voga, procuri anche a voi la tentazione di velare, o addirittura di abbandonare questa pubblica qualifica. Non ne faremo ora l’apologia. Solo vi diremo che essa non indebolisce la forza del nome puro e semplice di Maestri, quasi che l’aggiunta di un simile aggettivo vi renda meno idonei all’acquisizione e alla trasmissione del sapere, ovvero intralci il libero corso della Scuola moderna. È vero il contrario; e ci dispensiamo con voi, ora, di provarne il perché. Solo aggiungiamo il voto che sentiate sempre nei vostri animi la risonanza corroborante del nome cattolico, non solo come una sorgente di interiore fervore e come un pegno dei carismi dello Spirito Santo, ma anche come un impegno ad una qualificazione rigorosa della missione scolastica ed in pari tempo uno stimolo a distinguervi - come lo avete fatto nel passato e lo fate oggi - nel vostro ambiente per il fedele e leale adempimento di tutti i vostri doveri di cittadini: e questo proprio per la vostra formazione e per l’ossequio che la religione cattolica professa verso la legittima potestà civile (Cfr. Rom. 13, ss.).

E poi ancora un’esortazione che pienamente corrisponde alla vostra vocazione di Maestri cattolici e di aderenti alla vostra Associazione: siate uniti! cioè mantenete compatta l’Associazione con la vostra personale adesione e con l’apertura verso altri Colleghi, giovani specialmente, d’eguali sentimenti, nel culto dell’amicizia e nella promozione solidale dei vostri ideali e dei vostri interessi. Venticinque anni di vita associata come la vostra costituiscono un collaudo della bontà della formula che insieme vi fa studiare i problemi della Scuola, insieme vi sostiene a servire questa incomparabile istituzione, al cui incremento e rinnovamento la vostra Associazione, né sindacale né politica, ma scuola essa stessa di formazione culturale, morale e sociale, può apportare un prezioso contributo di energie sane, vive, moderne.

Vi dicano queste parole più di quanto risuonano nell’espressione semplice e frettolosa; cioè vi siano segno della Nostra stima, della Nostra affezione, della Nostra Apostolica Benedizione, che amiamo estendere ai vostri alunni ed alle vostre famiglie.



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