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DISCORSO DI PAOLO VI AI RAPPRESENTANTI
DEL «CENTRO STUDI FILOSOFICI» DI GALLARATE

Sabato, 11 marzo 1972

 

Salutiamo con compiacenza e con riconoscenza i visitatori presenti a questa udienza, non senza sentire l’obbligo di pregarli di voler attribuire all’importanza di questo medesimo incontro il ritardo, con cui esso finalmente oggi si compie, e non certo a mediocre considerazione del merito delle persone, che abbiamo la ventura di ricevere, né del valore dell’attività e delle opere, di cui esse ci sono grata memoria ed illustre documento. Siamo stretti da molte cure, voi lo sapete, le quali per lo più non ammettono indugio, ed impongono attesa involontaria ad altre, talvolta di maggior peso, che non urgono però con l’esigenza di fissa scadenza. Perciò, compiendosi adesso un impegno atteso da non poco tempo, siamo tanto più lieti di goderne l’ora desiderata.

Accogliamo dunque con particolare considerazione i promotori ed i componenti dell’ormai rinomato «Centro di Studi Filosofici» di Gallarate, i quali, al compiersi del venticinquesimo anno della sua istituzione, maturatosi nello scorso 1970, hanno manifestato il desiderio di farci la visita, che finalmente li riunisce d’intorno a noi, quasi a documentare a se stessi e al quadrante della storia generatrice e divoratrice il fatto d’una durata, che per una istituzione di cotesto genere è di per se stessa un fatto degno d’encomio e un presagio di persistente vitalità.

Ed ecco allora un primo titolo che merita non solo la nostra attenzione, ma il nostro elogio, che dalle persone sagge e coraggiose, alle quali il Centro deve la sua origine e la sua attività, si rivolge all’opera stessa: mantenere in vita per non breve spazio di tempo una istituzione del genere non è lieve fatica, né merito scarso. Quante pur degne iniziative, quanti gruppi sorti con esordi felici non superano la prova del tempo, specialmente se a consumarne il vigore iniziale cospira con la fugacità propria dell’operare moderno la spiccata personalità individuale dei membri chiamati a perseverante collaborazione. Labuntur anni! La morte di qualche valido e compianto pioniere, l’età che fiacca la lena degli anziani, l’inquietudine o l’evoluzione del pensiero di altri, e poi doveri professionali e familiari di altri ancora, corrodono facilmente la consistenza d’un gruppo, che solo il cemento di comuni ideali di cultura e di spirito riesce a collegare, sempre che particolari volontà, piene di convinzione e di abnegazione, valgano a mantenerlo compatto e ricomposto mano mano che l’usura degli anni lo consuma, e sempre che particolari circostanze soccorrano con propizi rimedi alla fatale caducità di codesta come d’ogni cosa umana. E così appunto è stato. Lode perciò a chi ha merito nell’aver sostenuto la non facile impresa, e a chi le ha offerto azione, direzione, adesione, collaborazione, ospitalità, e per di più possibilità di trasferire discorsi e propositi in lavori concreti di autorevoli pubblicazioni. Il Centro di Studi Filosofici di Gallarate si è in tal modo affermato, così che l’età maturata, lungi dall’influire in suo danno, si attesta come segno di forza e come tradizione a buon diritto protesa verso lungo e felice avvenire, È questo il nostro voto cordiale.

Ma un altro titolo caratteristico del vostro Centro suggerisce i nostri sentimenti di simpatia e di augurio; ed è quello che Centro lo definisce, cioè convergenza di studiosi verso una certa comunione di attività speculativa, di solidarietà professionale, di confronto di idee, di solidale attitudine alla ricerca, di concorde testimonianza verso la dignità della cultura filosofica, di comune fiducia nel pensiero scientifico, storico, razionale, e forse soprattutto di tacito, ma profondo culto della verità; varchiamo le soglie silenziose dello spirito: della verità, come certezza naturale e beatitudine soggettiva; e poi dell’ineffabile verità oggettiva e creatrice, il Verbo che fa esistenti e conoscibili le cose. Voi siete filosofi. Voi ben conoscete questo linguaggio. Il Filosofo è colui che cerca da sé e chiuso in sé l’oggetto del proprio pensiero; egli sarebbe di per sé un candidato alla solitudine. Cartesio ancora ci induce a questo atteggiamento isolante: «Io e la mia mente», egli ci ripete. Ma se questo può essere metodo pedagogico per la concentrazione delle proprie facoltà spirituali nell’esclusiva tensione della ricerca del senso misterioso racchiuso in ogni cosa esistente, tale non è, non può essere la sorte di colui che appunto vuole addentrarsi negli spazi immensi e reconditi della verità. La verità è liberatrice. Essa prelude alla unione degli spiriti. Essa è rivolta all’unità, e l’unità all’amore. Cioè può essere raggiunta anche per le vie dell’amore, cioè della comunicazione interpersonale; per le vie della conversazione, del dialogo, dello scambio della parola e del pensiero. La scuola, infatti, non è così? E l’ascensione filosofica non può forse essere facilitata dalla cordata di amici, che si stimolano e si giovano l’un l’altro per la conquista della vetta della verità? Nessuno lo può negare; e la moltiplicazione dei congressi, dei simposii, dei dialoghi lo conferma. È per noi il ricordo storico della forma dialogica, che diede origine a tante opere filosofiche; pensiamo, ad esempio, ai dialoghi di S. Agostino a Cassiciaco. L’uomo moderno, che ha fatto del soggettivismo l’espressione sovrana del pensiero filosofico, è poi quello che va cercando il maestro, il collega, l’alunno, la folla, l’opinione pubblica, con cui colloquiare, con cui allenare e sviluppare il proprio pensiero.

Il vostro Centro ha ben compreso questo bisogno, e si è fatto recapito per un incontro non meno di idee che di persone. Bellissima iniziativa, per se stessa; bellissima inoltre per dare alla speculazione filosofica un’apologia, che le è necessaria per difenderla dall’ondata scientista, tecnologica, sensista, pragmatica ed empirica, che ritiene la filosofia pura ormai superata e superflua. Il pensiero puro, sottratto da interessi utilitari, la cultura nelle sue espressioni superiori, e, più che non si creda, dominatrici, l’umanesimo, che riconosca nelle facoltà spirituali la sua fonte ed il suo vertice, hanno bisogno oggi d’una difesa, la quale, se collettiva e se connessa con l’insegnamento universitario e con gli attestati d’una buona attività editoriale, risulta indubbiamente più forte e più degna d’educare un popolo, ad informarne la vita e destinata a fare storia. Viene spontaneo notare quale contributo agli studi filosofici può derivare da un Centro come il vostro, al quale confluiscono persone di alta cultura, legate da un comune desiderio di ricerca e di circolazione di pensiero: il vostro grande lavoro per la pubblicazione della poderosa e moderna Enciclopedia Filosofica lo dimostra, ed altre collane da voi promosse di studi, sia classici antichi o recenti, richiamati all’attenzione della cultura contemporanea, sia di opere nuove e originali, d’attuale produzione, lo confermano, e lasciano sperare altri pregevoli frutti di nobile cultura.

Ma vi è di più. Il vostro Centro non esita a mettere in evidenza una identità, che ci obbliga direttamente a particolare interesse. Filosofi cristiani voi vi qualificate; e potete bene immaginare quali sentimenti di rispetto e di simpatia susciti in noi codesta professione di fede e di sapienza; siate i benvenuti quali «figli della luce», della quale a noi è affidata la lampada! E sappiate che, riconoscendovi alunni e maestri del sapere cristiano, noi avvertiamo l’ampiezza di problemi risolti e da risolvere, che fanno di simile titolo un dramma del vostro interiore itinerario di ricerca e di conquista della verità, e dànno al titolo stesso il valore, non meno drammatico e non meno vittorioso, d’una testimonianza quanto mai provvida e coraggiosa.

Oh! quanto codesta presenza di Filosofi cristiani ci tenterebbe a interminabile discorso! E sul mutuo aiuto che all’intelligenza limpida e libera può venire da un’umile e prudente adesione religiosa alla Parola di Dio; e quale contributo all’accettazione e alla comprensione di questa divina Parola dalla scuola della vostra arte di riflettere e di capire! Questione sempre ricorrente, lo sappiamo, quella dei rapporti fra fede e ragione, ma quanto semplice, se ridotta nei suoi termini essenziali, e quanto inesauribilmente feconda! Ed a codesta arte del ben pensare quanto ottimismo mentale, quale conforto psicologico, quale rettitudine morale può derivare al filosofo dalla fede religiosa, compresa e professata secondo i suoi propri principi, che non solo riconoscono al pensiero umano la sua validità, ma altresì la sua sfera d’autonoma razionalità. E quale simbiosi nasce dall’incontro del pensiero umano col pensiero divino a quel livello, che sapienza si chiama, e che, per citare maestro Tommaso, «è fra tutti gli studi degli uomini il più perfetto, il più sublime ed il più piacevole» (Cfr. Gen. 1, 2).

Vorremmo concludere queste parole incoraggiando la vostra funzione di filosofi cristiani nella rumorosa polifonia delle voci del pensiero moderno, sia per sostenerlo appunto nella sua virtù conoscitiva e nel perseverare fiducioso nello sforzo scientifico conquistatore progressivo del cosmo, sia nel confortarlo a non porre a se stesso confini alle soglie del regno metafisico, dal quale anche le scienze positive traggono i criteri della loro razionalità e al quale essa senza tregua li sospinge, sia nel dare disciplina e senso alla conoscenza sensitiva ed emotiva della presente generazione, che sembra paga delle impressioni che le immagini e le voci provenienti dai mezzi di comunicazione sociale somministrano in così appetitosa e soverchiante misura, e sia ancora per tutelare la stessa moderna religiosità dal pericolo d’una presunta sufficienza d’un fideismo sentimentale o pseudocarismatico, e per offrirle ali a salire nei cieli delle altezze e delle profondità delle realtà cosmiche, e a pregustare, ad un dato punto, senza illusorie esperienze, i momenti beati di qualche autentica mistica intuizione. La cultura moderna ha bisogno della vostra missione pedagogica; e quando essa, la cultura moderna, ebbra di sé, e di se stessa nauseata contestatrice, vi deride e vi respinge come mitici sognatori, o come astrusi sofisti, sappiate che la Chiesa maestra vi accoglie, Filosofi cristiani, e vi ricolloca sulla cattedra del vostro degno insegnamento, non certo come inventori, ma come scopritori ed assertori di quelle verità naturali e soprannaturali, di cui uno solo è il Maestro, Cristo Signore, Lui stesso Verità divinamente pensata e pensante, Verbo generato dal Padre, unico e sommo Dio vivente, e, con lo Spirito creatore, modello misterioso e principio fattore d’ogni creata realtà.

Siate quindi benedetti per i vostri anni di feconda ed intelligente operosità, di serena ed emulatrice amicizia, di pacata ma eloquente testimonianza; e siate benedetti per il nuovo cammino che vi proponete di percorrere verso nuove esplorazioni e nuovi documenti dell’umana e cristiana sapienza.

                                          



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