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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE «VERITAS»
DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Domenica, 12 settembre 1976

 

Questo incontro con voi, protagonisti del Convegno «Veritas» 1976, ci riempie di gioia e ci è motivo di conforto.

Sappiamo infatti dell’entusiasmo col quale avete affrontato le fasi precedenti di questa iniziativa, promossa dal ‘Centro Nazionale Attività Catechistiche e dal Movimento Studenti di Azione Cattolica Italiana, d’intesa con l’Ufficio Catechistico Nazionale. Ci è nota pure la serietà con cui, in questa fase conclusiva, vi siete confrontati sull’impegnativo tema, scelto come oggetto della vostra riflessione nel corso di quest’anno: Evangelizzazione e Promozione umana.

La nostra fiducia nasce proprio dalla constatazione della «presa» che hanno su di voi, giovani, i grandi temi, che toccano in profondità la vicenda dell’uomo, pellegrino nel tempo.

Voi avete scoperto che la fede cristiana ha una sua parola da dire all’uomo d’oggi, che si pone la «questione del senso» del proprio esistere e delle mete verso cui sta camminando. La Parola di Dio rivela all’uomo qual è la sua vocazione e il suo destino: essere sublime, perché creato ad immagine di Dio e tuttavia essere miserevole, perché esposto alla frustrante esperienza del peccato; essere continuamente insidiato dall’egoismo, che lo spinge a strumentalizzare gli altri per i propri interessi, ma anche essere non insensibile alle suggestioni dell’amore e alle prospettive seducenti dell’intesa e del dono. Incontro a quest’uomo, incapace d’uscire da solo da questa alienante ambiguità, viene Cristo per guarirlo dentro e così renderlo capace di entrare in comunione con Dio e con i fratelli.

Il che è quanto dire che oggi, di fatto, la misura vera dell’uomo è una misura che supera l’uomo, è la misura di un uomo-figlio-di-Dio. In altre parole: la questione del senso dell’esistere umano sulla terra è una questione che ha la sua risposta definitiva in Dio. È risposta, però - va subito aggiunto -, che deve incidere già sul nostro esistere terreno, perché la convivenza fraternamente gioiosa del cielo è il frutto di una pianta che affonda le sue radici quaggiù. «Già ora siamo figli di Dio», ci ricorda l’apostolo Giovanni, anche se «non è ancora pienamente manifesto quel che saremo» (1 Io. 3, 2).

Vedete, allora, quale impegno concreto per tutti noi scaturisce dalla proposta cristiana sull’uomo. Siamo certi che molto avete riflettuto in questi mesi su ciò che voi potete fare per contribuire, nel vostro ambiente, all’avvento di una società più a misura di figli di Dio. Si tratta di instaurare un certo stile di rapporti umani nell’ambito della famiglia, della parrocchia, della scuola e poi, man mano, anche di un certo tipo di strutture sociali, che rispecchino la realtà del nostro essere figli di Dio e quindi fratelli fra noi. Ci preme qui di insistere in particolare sull’ambiente della scuola, che è l’ambiente nel quale spendete la parte migliore delle vostre energie. A voi spetta giocare un ruolo singolarmente importante nell’avvio di una collaborazione più efficace tra le varie forze, che operano in questo campo. Se saprete continuamente confrontarvi col Vangelo nell’offrire la vostra generosa collaborazione, voi concretizzerete per il vostro ambiente l’esercizio di quella funzione «profetica», che il Concilio ha ricordato essere propria di ogni cristiano (Cfr. Lumen Gentium, 35).

Vi accompagni e conforti nei vostri generosi propositi la nostra Apostolica Benedizione.

                      



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