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DISCORSO DEL SANTO PADRE PIO X
AI PRELATI ORIENTALI*

 

13 febbraio 1908

 

 

 

Ringraziamo vivamente Lei, Signor Cardinale [Vincenzo Vannutelli] e con Lei gli egregi del Comitato pel molto che fecero onde render splendide le feste quindici volte centenarie dell' insigne Padre e Dottor della Chiesa S. Giovanni Grisostomo, e con Voi ringraziamo il Venerando Patriarca e tutti gli altri Venerabili fratelli e figli carissimi, che con tanto loro disagio vennero dal lontano Oriente a rendere più solenne questa ricorrenza nella capitale del mondo cattolico. Come colla massima compiacenza abbiamo assistito ieri al solenne Pontificale, che ci trasportava ai tempi di S. Giovanni Grisostomo, nelle Basiliche di Antiochia e di Costantinopoli, così oggi ci gode l' animo di vedervi qui riuniti per dare una prova novella del vostro attaccamento alla cattolica Chiesa e alla Sede Apostolica, e di perfetta adesione alla dottrina di Gesù Cristo di cui essa è depositaria. Volesse il Signore che come abbracciamo Voi nella carità di Gesù Cristo, così potessimo fare con tutti gli altri fratelli e figli che si mantengono lontani dal centro della cattolica unità! Perchè a Noi è oltremodo soave la rimembranza stessa delle glorie e dei meriti incomparabili che vanta l'Oriente. Ivi infatti è la culla dell'umano riscatto e le primizie del Cristianesimo, di là a guisa di fiume regale si diffuse nell'Occidente la dovizia dei beni inestimabili recatici dal Vangelo di Gesù Cristo. — Nè si spegnerà giammai la rinomanza di quegli illustri Orientali, che, inspirati e guidati dal genio del cattolicismo, poterono salire ad ogni più pregiata grandezza, e mercè la santità, la dottrina, lo splendor delle imprese, raccomandare ai posteri la gloria del loro nome. Le quali cose riandando col pensiero ci sentiamo, come i nostri Predecessori, animati dalla più viva brama di adoperarci con ogni potere, affinchè in tutto l'Oriente torni in fiore la virtù e la grandezza di una volta, e si distruggano quei falsi concetti e quei pregiudizi che diedero argomento alla fatale divisione.

E infatti la Chiesa ben lungi dal dimostrarsi ingiusta e parziale verso i popoli orientali, non ha mai cessato di trattarli con materna predilezione. Se si leggano il Martirologio e il Bullario Romano, gli atti dei Concilii particolari o generali tenuti in Occidente, come a Clermont, a Lione, a Firenze, a Trento, o piuttosto se si legga la storia di quindici secoli, sarà impossibile tacciare per un solo atto il Papato di rigore o di indifferenza verso l'Oriente.

Il nostro calendario dà un posto d'onore a tutti i santi Pontefici e Dottori dell' Oriente, la nostra liturgia è piena delle loro sapienti Omelie; le lettere e Costituzioni Pontificie mostrano una costante sollecitudine pei sacri interessi delle loro Chiese, e intorno a molti punti considerevoli della disciplina ecclesiastica, l'Occidente si contentò di difendere la propria tradizione, e si mostrò pieno d'indulgenza per le pratiche differenti delle Chiese Orientali. La Santa Chiesa tratta da un pensiero di pacificazione non ha forse sanzionato colla suprema sua autorità la preminenza che Costantinopoli aveva usurpato sui Patriarcati Apostolici dell'Oriente? Non è finalmente il Papato che ha chiamato a raccolta tutte le nazioni cristiane per togliere il divino anatema, che pesa sulla città deicida, e per riscattare Gerusalemme dal giogo degli infedeli ? Che se tanti sforzi restarono senza un felice successo, voi lo sapete umanamente il motivo, o Venerabili Fratelli. Ma nessuna meraviglia che l' Oriente non abbia voluto associarsi ai Latini, per la liberazione dei luoghi santi, quando si rifiutarono di ascoltare le preghiere della Chiesa per la loro istessa libertà, e i figli ribelli preferirono alle tenerezze della madre un giogo durissimo.

Ciò non pertanto il Papato non ha mai cessato di piangere sulla sorte infelice di tanti figliuoli; e, per non ricordare fatti lontani, bastano le Lettere Encicliche del 6 Gennaio 1848 di Papa Pio IX, l'invito amoroso con cui lo stesso Pontefice, 8 Settembre 1868, colla carità la più viva e più delicata, col desiderio più ardente della pace e dell'unione, prega tutti i Vescovi dissidenti a venire al Concilio Vaticano e li scongiura ad imitare i loro predecessori, che risposero all'appello dei Papi Gregorio X e Eugenio IV per recarsi al secondo Concilio di Lione e a quello di Firenze. Ma basterà per tutto la carità dimostrata dal Nostro immediato Predecessore Leone XIII, che, sempre preoccupato da questo pensiero, per gli Orientali non ha risparmiato preghiere, esortazioni e sacrifici, e, in un momento solenne, nonché distinguere con segni di vera predilezione un figlio, che ritornava tra le braccia del padre, con una singolare eccezione alle regole generali della ecclesiastica disciplina, gli concedeva i titoli, le insegne e gli onori della dignità vescovile malamente conferitagli da alcuni prelati disertori dalla cattolica unità. Per il che, o Venerabili Fratelli, l'Oriente non ha altri nemici che le sue divisioni, i suoi errori, e la passione che lo ha fatto giuoco prima degli imperatori e poi dei suoi più accaniti nemici. E ciò che resta della dignità dell'Oriente è quello soltanto, che ha avuto il coraggio di stabilirsi sotto la benigna influenza di Roma. Siete voi, Venerabili Fratelli, che vivendo nella povertà e assoggettandovi a tutte le privazioni, tenete ancora in onore le sacre tradizioni dei vostri Antenati. Siete voi che non risparmiate fatiche per convertire i vostri fratelli, siete voi, che formate il nostro gaudio e la nostra corona.

Ritornando pertanto ai vostri paesi dite a tutti, che la dignità e lo splendore dell' Oriente non è in alcun luogo tanto caro come a Roma. Che qui i diversi riti orientali sono trattati con onore, regolarmente celebrati in molte Chiese, e si uniscono frequenti alle cérémonie papali. Dite, che una Congregazione speciale è incaricata di vigilare sulla sua conservazione, come alla sua ortodossia. Che la Propaganda manda tutti gli anni a tutte le parti dell'Oriente dei giovani preti indigeni, ch'essa ha nutriti ed educati secondo le tradizioni ortodosse dei loro paesi, e ai quali impone la legge di restar fedeli ai riti delle rispettive loro nazioni. Dite che Roma è così attenta per togliere ogni pretesto alle divisioni, che resiste con fermezza allo zelo ardente dei neofiti, che vorrebbero abbracciare la sua disciplina.

Dite che l'Oriente resterà sempre il paese dell'aurora e che le sue plaghe ridenti non cesseranno di mandarci il lume della natura; ma, poiché il Signore ha eletto Roma per essere il testamento della nuova alleanza, è di qua che spande i suoi raggi il sole della verità e della grazia come l'han proclamato di gran cuore gli stessi Orientali in tante occasioni.

Dite finalmente che il Papa guarda a loro con affetto straordinario, e fa voti che per l'intercessione del santo glorioso, di cui celebriamo le feste, si rinnovi per le Chiese di Oriente il fatto dei primi secoli della Chiesa, quando dall'Oriente erano chiamati gli Anacleti, gli Evaristi, i Telesfori, i Zosimi, i Teodori ed altri fino al terzo Gregorio a governare la Chiesa di Gesù Cristo.

A tal uopo nell'umiltà del nostro cuore supplichiamo caldamente il Principe dei Pastori, perchè si degni far balenare la divina sua luce alle menti di tanti traviati e infondere loro quel generoso coraggio, che li faccia entrare nell'unico ovile di Cristo, e riconoscere la sovrana autorità dell' unico supremo pastore di tutta la Chiesa.

Intanto a pegno della viva nostra gratitudine e della nostra particolare affezione impartiamo a voi Venerabili Fratelli e diletti Figli e a tutti i cattolici dell'Oriente l'Apostolica benedizione.

 


 

*AAS, vol. XLI (1908), pp. 130-134.



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