Index   Back Top Print

[ IT ]

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AGLI UOMINI DI AZIONE CATTOLICA*

Domenica, 20 settembre 1942

 

Spirito di fede e di amore

Sommamente gradita Ci è la vostra presenza, diletti figli, che vi gloriate di mostrarvi Uomini di Azione Cattolica, come schiera che tiene alto il vessillo della cristiana professione nella vita privata e pubblica. Lo spirito di fede e di amore è il sacro e intimo impulso che, sotto l'alta guida dell'eminente e zelantissimo Cardinale Patriarca di Venezia e degli altri illustri Presuli, vi ha condotti intorno al Vicario di Cristo, per porgerCi l'omaggio della vostra mente e del vostro cuore, per significarCi con legittima franchezza, quasi con un inno di gioia filiale, il bene che l'opera vostra durante venti anni ha compiuto e promosso nel servizio del Re divino, e per offrirCi i vostri doni, come già i pastori e i Magi fecero a Gesù, così povero nella sua ricchezza. Ma, oltre la fede e l'amore, vi ha mossi a venire la speranza che il Nostro cuore e la povera Nostra parola avessero per voi paterni incoraggiamenti ed avvisi.

L'opera vostra! Ci sta dinanzi, in voi e nella vostra vita sociale; con particolare compiacimento abbiamo letto la luminosa relazione, in cui lo zelo vostro Ci è stato esposto e presentato dal vostro degnissimo e infaticabile Presidente. I vostri doni! Noi li abbiamo osservati e ammirati in questa straordinariamente grande e bella Mostra: dal profondo dell'animo ve ne ringraziamo; non brillano in essi, di là dal dono, l'amore che li dà e la gioia con cui son dati? All'opera vostra, sempre più vasta e rilevante, non dovranno forse corrispondere i Nostri consigli e le esortazioni Nostre?

Efficacia della collaborazione degli uomini cattolici
per il rinascimento spirituale della umana società

Il Nostro pensiero e la Nostra aspettazione, che pur abbracciano tutta la Chiesa e la società umana nell'amplesso della carità e nella speranza del bene che è frutto della lotta contro l'errore e le passioni, — posano segnatamente sopra di voi, che alla maturità di uomini fatti unite la cognizione e l'esperienza della serietà della vita, delle vicende e dei bisogni spirituali, morali e materiali che l'accompagnano e la seguono; perché nella mente e nelle mani degli uomini maturi sta il sapere, l'assennato lavoro, il vigile e proficuo governo della famiglia e del movimento sociale. Voi siete il nerbo della società: nella vostra maturità è la radice della dignità vostra. Dio non creò il primo uomo bambino, ma nella pienezza delle sue forze e perfezioni corporee e spirituali, perché era destinato padre, maestro e guida di tutta la umana famiglia che doveva venire da lui. Il genere umano sventuratamente decadde; e la sua storia, la cui prima pagina fu macchiata dallo sparso sangue fraterno, non ha cessato d'insanguinarsi nei secoli, anche dopo che l'uomo fu risollevato verso l'altezza della sua primiera dignità dal Figlio di Dio, fatto carne. La Chiesa di Cristo è la luce del mondo, è il sale della terra, è la colonna della verità e della grazia, è la cattedra della pace e della giustizia. Nel doloroso fermento dell'umanità, non si tratta di nulla di meno che di tutto restaurare e riordinare in Cristo, di ristabilire nella sua integrità e nel suo vigore tutta la compagine di questo corpo di cui Cristo è il capo e che, pur trionfando in cielo, soffre e lotta sulla terra. Unico ovile di Cristo è la Chiesa fondata su Pietro, Principe degli Apostoli; e Cristo, che diede la vita per le sue pecorelle onde farle vivere in sé e di sé nel proprio corpo mistico, ha altre pecorelle che ancora non sono di questo ovile, pecorelle randage, ignare del Pastore, membri non inseriti in un corpo vivificante, ma separati, ma disseccati, ma rimasti aridi di succo spirituale, le quali pur è mestieri che vengano condotte al Pastore divino, sicché si faccia un solo ovile e un solo Pastore. In una parola, quest'opera rinnovatrice altra non è se non il ristabilimento del regno di Dio, inaugurato da Cristo, che dobbiamo cercare, mentre il resto ci verrà dato per giunta (Matth. 6, 33).

Si parla molto di costituire un ordine nuovo. Alla vigilia del primo avvento di Cristo, quando il mondo romano pareva essere l'orbe universo, un nuovo ordine già si attendeva, e il mite Virgilio ne cantava la grande speranza e il ritorno della vergine dea della giustizia: Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo; iam redit et Virgo (Eclog. 4, 5-6). Ancor oggi l'universo mondo sente il bisogno di un rinascimento dell'ordine, nel quale ciascuno debba lavorare a suo modo, al suo posto e per la sua parte. Mirate gli uomini di Stato: qual è mai e vuol essere la loro nobile missione? Non è forse quella di curare il bene comune nell'ordine temporale, in armonia, ben si comprende, con le esigenze dell'ordine eterno e soprannaturale? Mirate dall'altro lato la Chiesa. Essa ha missione ancor più alta: di restaurare, di promuovere e dilatare, in seno alla società umana, il regno di Dio, fuori del quale non è mai che possa raffermarsi, anche naturalmente, quell'ordine vero e sincero, permanente e calmo, che è la giusta definizione della pace. Senza dubbio non tutti sono né possono essere uomini di Stato o uomini di Chiesa; ma anche i semplici cittadini, i semplici fedeli, nella loro matura forza di senno e di mano risolutamente devoti alla Chiesa e allo Stato, valgono, con un lavoro spesso umile e oscuro ma diligente ed efficace, a dar sostegno e aiuto ad ambedue le società, l'ecclesiastica e la civile, nel progresso e nel conseguimento del fine proprio di ognuna.

1) con l'influsso della vita personale

Per modesta che possa essere la condizione di alcuni fra voi, o diletti Uomini cattolici, per ristretti che siano i vostri mezzi e campi di azione, conta già assai lo stabilire o il ristabilire il regno di Dio innanzi tutto in voi stessi. E perché? Perché, come diceva il Divino Maestro, dalla pienezza del cuore parla il labbro (Matth. 12, 34). Un cattolico, nella sua fede operosa convinto, fervente, generoso: è già gran cosa. Supponiamo, come vogliamo credere, che ciascuno dei duecento mila Uomini di Azione cattolica in Italia sia cristiano cattolico a fondo, di pensiero, di volere, di pratica, stimate voi che sia poco allo sguardo e alla bilancia di Colui che per amore di dieci giusti avrebbe risparmiato dalle fiamme Sodoma? (Gen. 18, 32). E se ciascuno di questi Uomini facesse incessantemente salire verso il cielo la supplichevole preghiera di un cuore veramente appassionato per la gloria di Dio, per la salvezza del mondo; se l'Adveniat regnum tuum scaturisse come grido potente dall'esercito di tutti questi cuori sinceri, credete voi che un tal grido lascerebbe insensibile l'eterno Padre, il quale altro più non brama se non di vedere il suo diletto Figlio, da lui mandato Redentore degli uomini, regnare sul mondo per la salute del genere umano?

Già di molto peso per la cristiana restaurazione, in Italia e nel mondo, sarebbe la mera somma delle virtù e delle preghiere di duecentomila Uomini cattolici, ferventi e oranti. Ma essa è ben più che una mera somma. Anche nell'ordine naturale, anche nell'ordine materiale e fisico, è impossibile che una forza qualunque agisca senza che alla sua risonanza, per debole che si pensi, segua l'effetto. E non vediamo e proviamo noi come un elemento minimo di radio, semplicemente perché esso è là, di là, pur attraverso pareti corazzate, esercita con potenza inaudita la sua azione salutare o distruttiva? Il nostro pensiero, il nostro volere, il nostro intimo fremito traggono dal silenzio dell'animo nostro la loro vita e la loro voce, avanti che le effondano fuori di noi e intorno a noi. Anche prima che le scoperte moderne avessero permesso di raccoglierlo e percepirlo, il colpo di archetto più delicato faceva già vibrare lo spazio immenso delle intime emozioni dell'artista. Ciò si avvera tanto più nell'ordine soprannaturale, quanto più esso supera e trascende l'ordine naturale e più si espande e si profonda nel mondo dello spirito e della grazia. Che importa che noi non lo percepiamo? Vediamo noi forse l'anima nostra, immortale di quell'avvenire che è eterno e sta in mano di quel Giudice supremo, invisibile e presente a ogni nostro pensiero e opera nostra e che ci premierà, se avremo fatto del bene? Vediamo noi forse l'interiore vincolo spirituale che stringe le anime di tutti noi in seno alla Chiesa di Dio vivente, in questo campo di quei che credono, sperano e amano? Noi, da Cristo elevati all'ordine soprannaturale sopra quel che è transitorio e lieve della tribolata vita di quaggiù, noi, secondo la dottrina di S. Paolo, abbiamo occhi di doppia contemplazione: cogli occhi della natura miriamo a quel che si vede, e con gli occhi della fede guardiamo a quel che non si vede; giacché le cose che si vedono sono temporali, quelle poi che non si vedono sono eterne (2 Cor. 4, 17-18). Nessun atto dell'ordine soprannaturale, nessuno slancio di amore, nessuna invocazione giaculatoria sorge, si muove, s'innalza al cielo, che, qual rugiada vivificante, non ridiscenda e agisca su tutto il corpo mistico e di cui il mondo intiero non si risenta. Quando con questo influsso misterioso, invisibile e potente, si congiunga visibilmente l'aperto esempio della vita morale e pratica di un cristiano fervente, non dubitate, quell'esempio, presto o tardi, trascinerà, insegnerà la vittoria sulla indifferenza e sulla indolenza, sul rispetto umano e sulle passioni; si spargerà il sale che dà al mondo il sapore delle cose divine; si diffonderà la luce che, illuminando le opere sante, incita a glorificare il Padre che sta nel cielo, a prendere e battere il sentiero che mena alla città, la quale, situata sul monte, non può sfuggire a nessuno sguardo (cfr. Matth. 5 , I 3 -16).

2) con l'azione apostolica esteriore

Tale vuol essere l'efficacia della vostra vita personale. E forse qui tutto quel che attendiamo da voi, Uomini di Azione cattolica? No: Noi vi domandiamo che, dispiegandosi nell'attività dello zelo apostolico, cotesta vita, rifulgente in voi e a vostro vantaggio, sia luce e calore anche per gli altri, sia un fiore di virtù che non olezzi solo entro la vostra casa, ma effonda intorno a voi, in ogni luogo, il buon odore di Cristo e alletti molti a correre nell'effluvio del suo celeste profumo. La coscienza della debolezza delle vostre forze non sia la timidezza del profeta Geremia, che alla chiamata di Dio rispondeva balbettando confusamente : « Ah Signore Iddio, ecco che io non so parlare, perché sono un fanciullo » (Ier. 1, 6). Pensosi delle difficoltà da sormontare, delusi forse di prove dianzi fallite, non imitate il profeta Elia fuggitivo e scoraggiato, che, seduto all'ombra di un ginepro, si sdraia per dormire, tristemente rassegnato, invocando la morte; ma il profeta Elia, che sul monte Carmelo sfida gli adoratori di Baal, e con la sua preghiera, parola e opera riconduce il popolo al culto del vero Dio (3 Reg. 19, 4; 18, 20 sgg.).

Anche nell'azione apostolica esteriore ciascuno di voi può molto, incomparabilmente più di quel ch'egli forse crede. A voi tutti Noi Ci rivolgiamo, non soltanto ad alcuni privilegiati, a quegli eroi, che le condizioni della vita o doni straordinari predestinano e preparano a particolare e splendida missione. A voi tutti, senza eccezione, Noi diciamo che potete molto. Per ciò non è necessario di uscire dalla cerchia delle vostre amicizie, delle vostre relazioni di mestiere, di ufficio, di lavoro e di fatica, in che di continuo e di solito passate la giornata; né è d'uopo che facciate grandi e straordinarie cose al di fuori o in più del vostro dovere di stato; ma, entro i limiti dell'adempimento di questo dovere, sia pur umile, voi tutti potete, nell'ambito sociale in cui la Provvidenza vi ha posti, esercitare un vero e fecondo apostolato. Questa, sì, è la vera Azione degli Uomini cattolici, proclamata dal Nostro indimenticabile Predecessore Pio XI.

Ciascuno di voi, come ogni uomo nel mondo, vive al centro di tre cerchi concentrici : la famiglia, la professione o il mestiere, e il mondo esteriore; e in tale triplice cerchio la vostra azione non solo può e deve svolgersi, ma già di fatto si svolge.

a) nella famiglia

Nella famiglia non siete voi i capi? Non deve la vostra parola, l'opera vostra, il vostro impulso, la vostra guida protendersi al di là della generazione, che sorride sulle vostre ginocchia, che cresce del vostro pane e della vostra istruzione, che sotto il vostro vigile e paterno sguardo oggi si fa adolescente per avviarsi domani alla maturità? Voi, uomini già fatti, serbate dolci ricordi e venerazione verso il padre vostro, che ebbe ben compiuta la sua missione di capo, e fu — o forse ancora è — nella sua età avanzata, e resterà, anche dopo la sua dipartita, l'immagine di un patriarca, bello della bellezza e della dignità di un tanto nome. Magnifico spettacolo, massime in alcune regioni, offrono quelle famiglie a diritto chiamate patriarcali, in cui lo spirito dell'avo scomparso ancora aleggia, perdura e si tramanda e trasmette di generazione in generazione, come il migliore e più sacro patrimonio, più gelosamente custodito che non l'oro e l'argento. Su tali patriarchi e su tali famiglie poggia veramente la società con le sue forze e speranze; e da tali case, che la religione benedice e feconda, il consorzio civile e la patria traggono la loro fisonomia più serena, la loro coesione più salda, il loro vigore più gagliardo. In esse voi ritrovate e incontrate l'autorità paterna rispettata e potente, perché vi è religiosamente venerata; perché nel padre il figlio vede il riflesso della paternità di Dio; perché in quei focolari domestici la fede in Cristo tiene il primato della riverenza, dell'unione, della sommissione e della concordia.

Quante virtù questo riflesso conviene che abbia per fondamento e sostegno! Virtù umane, di lealtà, di pazienza, di fermezza, di obbedienza, di tenerezza; virtù soprannaturali che esaltano e trasnaturano le stesse virtù umane, e le rivestono dello spirito di fede in ogni cosa e affare. Il padre che vive, che pensa, che parla e che opera da cristiano, anche quando ragiona e tratta di cose e d'interessi di quaggiù, non si fa forse educatore e maestro del figlio che lo ascolta? padre una seconda volta, non del suo corpo, ma del suo spirito, per quella profonda efficacia che esercita sullo spirito di lui, trasfondendogli lo spirito della sua fede, meglio che coi consigli e con le rimostranze? In tal modo il padre farà del figlio un cristiano qual è egli stesso; e il figlio, alla sua volta, farà tesoro e frutto del senno, delle parole, delle azioni e delle tradizioni paterne.

Se sull'orizzonte della famiglia primeggia e splende, con la religione che presuppone tanto corredo di virtù, il Sole del mondo che è Cristo, anche il capo della famiglia, che sì vivamente si irradia da questo sole, profonde, in quanto può, la luce della sua sapienza religiosa, il calore della sua carità affettuosa, il moto del suo esempio che trae e sospinge. Ond'è che, se voi penetrate nel recinto familiare, restate bellamente commossi al praticarvisi della vita religiosa, quando, la mattina, secondo che permettono i bisogni e le occupazioni della famiglia, vedete padre, madre, figli prepararsi per uscire e recarsi insieme alla Santa Messa, e, in molti giorni sacri, in chiesa inginocchiarsi insieme alla tavola santa; o quando, la sera, dopo essersi dispersi, in una giornata laboriosa, tutti li ritrovate, genitori, figli e domestici, adunati per la preghiera comune in casa come in un vero santuario, dove il padre, per un ufficio che anche alla civiltà pagana dava un carattere di augusta dignità, presiede nel culto a Dio con quell'intimo sentimento di verace fede, onde, attraverso i tratti del padre terreno, nella civiltà cristiana rifulge la maestà del Padre che è nei cieli. Così virtuose famiglie il Nostro Predecessore Pio XI d'immortale memoria paragonava a un giardino, ove debbono spontaneamente germogliare e schiudersi i fiori del santuario (cfr. Enc. « Ad catholici sacerdotii », 20 dic. 1935). Non sono esse infatti le più belle aiuole fiorenti di gigli e di rose, sulle quali suol discendere la suprema benedizione celeste delle vocazioni sacerdotali e religiose?

b) nella vita professionale

Ma intorno al centro della vostra vita familiare gira e con sé si porta il più del vostro tempo la cerchia della vostra vita professionale, varia e diversificata secondo le inclinazioni, l'ingegno, le forze e i bisogni di ciascuno. Qui si allarga l'arringo, dove pure ha da farsi sentire il vostro influsso spirituale, anche se per natura sua la professione vostra sembri non aver nulla. che riguardi l'attività apostolica. Vi sono arti e uffici, ai quali l'esercizio dell'apostolato par quasi che sia per naturale istinto inerente. Mirate l'insegnante, l'educatore, lo scrittore, il medico, l'infermiere: non sono essi forse come gli ausiliari nati del sacerdote? Guardate altresì quelli che nella loro carriera d'impieghi ottengono ufficio di capi: chi metterebbe in dubbio che essi possano praticare lo zelo delle anime? A ragione egualmente si è parlato dell'azione sociale, vale a dire apostolica, del giurista, dell'ufficiale, dell'ingegnere. Ma anche nei mestieri manuali dell'operaio, dell'artigiano, del lavoratore dei campi, l'ardore apostolico, per poco che accenda il cuore, sa facilmente trovare di che crescere in fiamma e infiammare gli altri.

In questo campo professionale la pratica eccellente delle virtù morali conferisce al cattolico, e per conseguenza alla Religione che egli professa, una preminente estimazione, e con la stima un'influenza considerevole, che sovrasta senza offendere, che attira senza sforzare, che opera anche senza essere sentita. Tale è l'efficacia delle virtù morali di probità e di lealtà, particolarmente quando vi si aggiunga l'abilità professionale, alla quale si mira e si tende e con viva lena si perviene. Queste doti, a chi le possiede, assicurano gran credito e riputazione avvincente e attuosa, entro la sua cerchia, sui colleghi e compagni di lavoro, sui subordinati, sugli apprendisti e principianti, fino sui clienti e su tutte le persone, alle quali la professione, l'arte o l'ufficio l'accosta. Non è raro che l'impressione prodotta sui superiori e sui maestri si elevi a un grado più alto che la semplice stima umana. Naturalmente tale preminenza morale conviene sia retta dalla prudenza, e che di essa si sappia discretamente e con moderazione usare e profittare : più sarà di buona lega, e più agirà con avvedimento e con potere e frutto. Ricordatevi che multiforme è l'apostolato cristiano : vi è un apostolato di silenzio e un apostolato di parola; un apostolato di affetto e di stima e un apostolato di opera e di soccorso; un apostolato di azione e un apostolato di esempio.

Funeste conseguenze del rispetto umano

Oh l'esempio, e innanzi tutto l'esempio della dignità cristiana! Qui il dovere s'impone imperioso. Addolora l'animo il vedere come d'ordinario non tanto l'accoglimento di elementi cattivi rende spesso malsano e pernicioso il campo del lavoro professionale, quanto piuttosto il rispetto umano. Rispetto umano, fuori di dubbio, dei giovani, deiquali alcuni si danno l'aria di spregiudicati e ridono su tutto ciò che tocca la religione e i buoni costumi; altri seguono l'andazzo scorretto senza aver il coraggio di reagire, e sembra che altra rivincita non conoscano su coloro, che li hanno corrotti, se non quella di farsi ad essi compagni nel corrompere alla lor volta i nuovi venuti. In tal guisa voi li vedete insediare nei laboratori, nelle fabbriche, negli uffici, quasi tradizioni inestirpabili, certe tristi abitudini di linguaggio, di familiarità, di libertà, che fanno fremere. Se tutto ciò è vero e lamentevole nella gioventù che entra nella vita del lavoro, più deplorabile ancora per i suoi effetti diviene il rispetto umano negli uomini maturi, che potrebbero così agevolmente opporsi a tanto male, correggere con garbo un abuso, arrestare una sconveniente sventatezza, sviare una conversazione che dalla leggerezza s'incammina a sboccare nella scurrilità. Ma non osano: perché mai? Perché il rispetto umano è come la paura, come il timore del buio nei fanciulli. Ecco allora lo spettacolo tristemente paradossale: tutta un'accolta di uomini, di donne, di giovani, di ragazze, trasformare quasi in luogo di perdizione il santuario del lavoro, mentre ognuno di essi, disgustato, in fondo al cuore, di ciò che vede, disgustato di ciò che ascolta, disgustato della superficialità di quelli di cui rileva la debolezza, disgustato sopra ogni cosa di se stesso, della propria miserevole e pusillanime codardia, potrebbe con una parola lanciata a tempo, con uno sguardo severo, con un sorriso di riprovazione, persino con una facezia, purificare l'atmosfera viziata, sicuro dì attirarsi, col plauso dei padri e delle madri, la rispettosa confidenza, anzi la filiale riconoscenza, di quei giovani e di quelle adolescenti!

Non meravigliatevi pertanto se tutto ciò che abbiamo detto sulla dignità morale cristiana, Noi l'applichiamo parimente alla dignità professionale: dovunque voi andate, dovunque vi fermate, con chiunque trattate, voi portate con voi la dignità di cristiano, la quale, congiunta con la dignità professionale, si rivela e si riveste di una forza assai influente ed efficace per risvegliare in altri la coscienza del dovere di stato, per far scomparire umilianti tradizioni di sperperi, di « sabotaggio», di guadagni disonesti, tutti ostacoli d'incalcolabile imbarazzo nell'opera della restaurazione sociale e cristiana.

c) nel mondo esteriore

Finalmente, intorno al centro della vostra persona e della vostra famiglia, intorno alla palestra della vostra professione, si volge e si muove la grande orbita del mondo esteriore, che tutto circonda e avviluppa: mondo immenso, mescolato, per le cui strade s'incontrano tutte le età, tutte le condizioni, tutti i caratteri, e in un medesimo tempo tutti i valori e tutte le bassezze, tutte le virtù e tutti i vizi. E un incontro e una miscela di due mondi, del mondo di Satana e del mondo di Cristo, ch'è il regno di Dio sulla terra, nel quale, se è pur qualche scandalo, lo torranno via un giorno gli angeli (Matth. 13, 41. - Cfr. Gregorii M. Homil. in Evang. XII n. 1). Nessuno può credersi così ritirato, così recluso, così assiduo e legato alla casa e al lavoro da non avere alcun contatto col mondo: «altrimenti, come scrisse l'Apostolo Paolo ai Corinti, voi dovreste addirittura uscire da questo mondo» (1 Cor. 5, 10). Un tale contatto e commercio è, si può dire, di ogni istante. Invano vi sforzereste di confinarvi entro la vostra camera senza mai varcarne la soglia: il mondo stesso arriverebbe sino a voi. Perfino nei chiostri più austeri e segregati nelle selve e sui monti perviene l'eco lontana delle voci del mondo: voci di scomposte risa e di flebili lamenti, canti di voluttà e di odio, clamori di trionfo e di disperazione, che gridano alle anime vergini di cure e di tormenti mondani il bisogno di pietà, di amore, di preghiera, di redenzione. Giacché Cristo domandò al Padre, alla vigilia della sua passione, non di togliere dal mondo quelli che aveva chiamato suoi amici, ma di guardarli dal male (cfr. Io. 15, 15; 17, 15), mentre li mandava in mezzo al mondo, come Egli stesso era stato inviato per sollevare, guarire, santificare le anime. Voi non siete sacerdoti; ma siete amici di Cristo, apostoli della sua amicizia e della sua carità divina. Il vostro apostolato, il vostro ufficio è in tal maniera nettamente tracciato: col concorso della grazia, che voi otterrete mediante la preghiera e la vigilanza, guarderete voi medesimi dal male; col vostro zelo e con la vostra carità, pur dono dello Spirito di Dio, collaborerete a strappare dalla dominazione di Satana il mondo per restaurarlo entro il regno salutifero di Cristo.

L'azione a difesa della pubblica moralità

Non altrimenti che ogni cristiano, anche le persone dotate semplicemente di onestà e di buon senso naturale si stupiscono e atterriscono alla vista della crescente marea d'immoralità, che, pur in questi tempi straordinariamente gravi, minaccia di sommergere la società. Nessuno esita a riconoscerne in particolare la causa nelle pubblicazioni licenziose e negli spettacoli disonesti, che si presentano agli occhi e alle orecchie degli adolescenti e degli uomini maturi, dei giovani e dei vecchi, delle madri e delle fanciulle. Che dire poi dell'arte, della moda, del costume pubblico e privato, maschile e femminile? Si stenterebbe a credere a quale grado di corrompimento morale non dubitano di scendere alcuni autori, editori, artisti, imprenditori e divulgatori di simili opere letterarie e drammatiche, artistiche e sceniche, convertendo l'uso della penna e dell'arte, del progresso industriale e delle mirabili invenzioni moderne in mezzi, armi e lusinghe d'immoralità. Scritti e opere, indegni dell'onore delle lettere e delle arti, trovano nondimeno lettori e spettatori a migliaia. E voi vedete adolescenti gettarsi a tal pasto della mente e dell'occhio con tutta la foga del bollore delle passioni che si svegliano, vedete genitori portare e condurre seco a sì tristi scene fanciulli e fanciulle, nei cui teneri cuori e nelle cui pupille s'imprimeranno così, in cambio d'innocenti e pie visioni, fatali immagini e brame, che spesso non si cancelleranno mai più.

Che si deve dunque pensare? che la natura umana sia universalmente e profondamente depravata e che la sua avidità di scandalo sia senza rimedio? No certamente: nel cuore umano Dio ha posto per fondamento la bontà, cui però Satana e la non raffrenata concupiscenza insidiano. Salvo una piccola minoranza, il popolo non cercherebbe spontaneamente, ancor meno domanderebbe divertimenti malsani, se non gli venissero offerti, presentati, e talvolta quasi imposti di sorpresa. Perciò, se « contro miglior voler, voler mal pugna» (Purg. XX, 1), è di somma importanza entrare in campo per la difesa della morale pubblica e sociale. Non è un combattimento di armi materiali e di sangue sparso, ma un conflitto di pensieri e di sentimenti, fra il bene e il male. Conviene che tutti coloro, i quali sono da tanto, volgano ogni loro sforzo e mettano tutto il loro talento a creare, a promuovere una letteratura, un teatro, un cinematografo, che siano educativi e sani di concetto e di costume, e al tempo stesso interessanti e attraenti, vere opere d'arte. I benemeriti intelletti, che a questa impresa si dedicano, Noi non li potremmo bastevolmente lodare e animare, quali apostoli del bene. È però evidente che un tale carico di apostolato non è per tutte le spalle.

Per gli altri non vi è dunque nulla che loro convenga? Possono essi cullarsi nella speranza che l'attrattiva delle buone e belle opere varrà universalmente a far nascere e a diffondere invincibile il disgusto e il ripudio di tutte le turpitudini? Su questo punto nessuno è tanto ingenuo da farsi illusione. — Direte voi allora che davanti ai malvagi sfruttatori della stampa, della scena, dello schermo, dell'umorismo, le persone dabbene si trovano disarmate? Ciò sarebbe ingiusto e tale apparirebbe a chiunque conosca e consideri la lodevole legislazione che onora il Paese. Ai cittadini rispettabili, ai padri di famiglia, agli educatori, è aperta la via di assicurare l'applicazione e l'efficace sanzione di quelle provvide leggi, coll'avanzare alle Autorità civili nei debiti modi denunzie basate sul fatto, esatte in riferimenti, in persone e cose e parole, affinché ciò che di riprovevole venisse presentato al pubblico, sia impedito e represso.

Il lavoro, non lo dissimuliamo, è immenso e vario; come immenso, offre un largo campo per tutte le buone volontà; come vario, si presta a tutte le attitudini. Ma la sua ampiezza, se ha forse di che impaurire e scoraggiare i pusillanimi, vale invece a infiammare sempre più l'ardore delle anime generose, come siete voi; voi che in buona battaglia già avete combattuto e vinto, e siete consci del molto che ancora vi resta a fare, moltiplicando e organizzando per ogni regione e città la vostra coorte secondo un ben avvisato fine, una ben divisata azione, un ben distribuito lavoro.

Esortazione finale

Quale vasto anfiteatro per l'azione di Uomini cattolici, che coi ricordi della loro giovinezza, nella religiosità del loro presente, amano e ricercano il decoro morale della crescente gioventù in mezzo al popolo! Dal centro della vostra famiglia, dal circuito della vostra professione, voi entrate nell'immensa palestra del mondo esteriore, per la tutela della moralità cristiana contro il costume paganeggiante; con quello spirito superiore, con cui i martiri negli anfiteatri dell' Urbe, le vergini e le matrone romane lottavano e morivano, non solo testimoni della fede di Cristo, ma ancora campioni e vindici della modestia e della purezza. Avanzatevi, perseverate nel vostro sacro e sociale ardimento, che è pur decoro e difesa della patria grandezza, implorando virtù e conforto dall'alto, di lassù, donde, con l'ascendere della fervida preghiera, discendono le armi spirituali e la forza, che in ogni cimento per il bene sostengono la debolezza dell'eroe cristiano.

Noi pertanto, diletti figli, invocando dal Signore sull'opera vostra la fecondatrice grazia divina, v' impartiamo con tutta l'effusione del cuore la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, IV,
  Quarto anno di Pontificato, 2 marzo 1942 - 1° marzo 1943, pp. 203-216
  Tipografia Poliglotta Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana