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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
IN OCCASIONE DEL PRIMO INCONTRO
CON IL COLLEGIO CARDINALIZIO
SVOLTOSI ALLA VIGILIA DELLA SOLENNITÀ DEL NATALE

24 dicembre 1914

 

 

Di accogliere per la prima volta il sacro Collegio, Ci offre oggi grata occasione la solennità Natalizia del Signor nostro Gesù Cristo, consacrata dalle consuetudini alla scambievole offerta di auguri e voti. Ed è con particolare soddisfazione che dalla autorevole parola fattasi eco fedele di quella dell’Eminentissimo Decano abbiamo ora appreso quali sentimenti accolga e quali voti formi per Noi il sacro Collegio: anzi tanto più ne godiamo, quanto più in alto tendono quei sentimenti e quei voti, che, sebbene rivolti alla Nostra Persona, sono novello omaggio all’invisibile Capo della Chiesa, da Noi immeritevolmente rappresentato, e mirano, sopra l’umile Nostra Persona, al bene della Chiesa universale, di cui nulla al mondo, neppure il sangue Nostro, potrebbe esserci più caro.

L’anno che or volge a così trepido tramonto è stato di grave lutto alla Chiesa. Il Pontefice Pio X, nel quale Noi, e da vicino e da lontano, scorgemmo l’aureola di elettissimi pregi e che, strappato in tragica ora alla cristiana famiglia, rimpiangemmo con sincero cordoglio, Ci si svela ora, per i rilievi che di giorno in giorno Ce ne presenta più dappresso la continuazione dell’Apostolico officio, tanto più grande quanto più assidua è stata in Lui la cura di celare le insigni virtù che ne adornavano l’anima eletta. L’ immagine pertanto e la memoria di così santo Pontefice rendono in Noi più profondo il sentimento della Nostra immeritata successione. Ma Ci confortano le preghiere del mondo cattolico, cui Iddio, per il vantaggio della Chiesa, suole porgere benigno ascolto: e non poco altresì Ci confortano i filiali voti ed auguri che il sacro Collegio, quasi a sollievo del Padre comune, Ci ha ora espressi.

Tra questi voti, nessuno sembra né più proprio del peculiare carattere insito alla festività Natalizia, né più rispondente al bisogno che oggi stringe ogni cuore, quanto quello della pace. Questo augurio e questo voto Noi perciò accogliamo con particolare sollecitudine, spintivi dai luttuosi avvenimenti che da ben cinque mesi vanno vestendo gramaglie a tutto l’universo.

Purtroppo non piacque alla Divina Provvidenza che il nostro Pontificato sortisse auspici giocondi: ché anzi, mentre si sarebbe voluto salutarlo con voci di letizia, l’avvento del nuovo Padre della cristiana famiglia in molte regioni fu salutato invece con strepito di armi e con fragori di battaglie. Ma a Noi, fin dagli inizi del Nostro Pontificato, non poteva sfuggire l’altezza della missione propria del Vicario di Colui che, nascendo, è stato foriero di pace alle umane genti; non potevamo dimenticare di essere venuti a continuare l’opera di Gesù Cristo, Principe della pace, descritto nei vaticinii come quegli ai cui giorni doveva finalmente spuntare il sole della giustizia e l’abbondanza della pace. Memori perciò della Nostra più che umana missione, Noi, sia in pubblico che in privato, nessuna via lasciammo intentata affinché il consiglio, il volere, il bisogno della pace fossero bene accolti. Fu anche a questo scopo che Ci balenò alla mente il proposito di schiudere, in mezzo a queste tenebre di bellica morte, almeno un raggio, un solo raggio del divin sole della pace, ed alle nazioni contendenti pensammo di proporre, breve e determinata, una tregua natalizia, accarezzando la fiducia che, ove non potessimo dissipare il nero fantasma della guerra, Ci fosse dato almeno di apportare un balsamo alle ferite che essa infligge. Oh! la cara speranza che avevamo concepito di consolare tante madri e tante spose con la certezza che, nelle poche ore consacrate alla memoria del Divino Natale, non sarebbero i loro cari caduti sotto il piombo nemico: oh! la dolce illusione che Ci eravamo fatta di ridare al mondo almeno un assaggio di quella pacifica quiete che ignora ormai da tanti mesi! Purtroppo la Nostra cristiana iniziativa non fu coronata di felice successo. Ma non per questo scoraggiati, Noi intendiamo di proseguire ogni sforzo per affrettare il termine della incomparabile sciagura, o per alleviarne almeno le tristi conseguenze.

Ci sembra che il Divino Spirito dica a Noi come già al Profeta: Clama ne cesses. Clama ne cesses, epperò Noi abbiamo perorato, non senza speranze di buon esito, per lo scambio dei prigionieri divenuti inabili ad ulteriore servizio militare. Clama ne cesses, epperò Noi abbiamo voluto che ai poveri prigionieri di guerra si accostino sacerdoti non ignari della loro lingua, i quali prestino ad essi quei conforti dei quali possano abbisognare, e insieme si offrano intermediari benevoli fra essi e le loro famiglie, forse angustiate ed afflitte per mancanza di notizie. Clama ne cesses, epperò diamo plauso ai sacri pastori e ai singoli individui che hanno determinato il promuovere o moltiplicare pubbliche e private preghiere per far dolce violenza al Cuore santissimo di Gesù onde ottenere che abbia termine il terribile flagello che ora stringe ed affanna una sì gran parte del mondo.

Deh! cadano al suolo le armi fratricide! cadano alfine queste armi, ormai troppo macchiate di sangue… e le mani di coloro che han dovuto impugnarle tornino ai lavori dell’industria e del commercio, tornino alle opere della civiltà e della pace. Deh! sentano, oggi almeno, i reggitori ed i popoli l’angelica voce che annunzia il sovrumano dono del Re nascente, « il dono della pace », e mostrino anch’essi con opere di giustizia, di fede e di mitezza quella « buona volontà » che è posta da Dio condizione al godimento della pace.

Noi confidiamo fermamente, signori Cardinali, che questo voto col quale, più che con altro, godiamo corrispondere ai sentimenti a Noi espressi, troverà propizia la clemenza di Dio: non vogliamo però omettere di esortare quanti in quest’ora solenne Ci fanno cara corona ad insistere presso l’Altissimo con assidue preghiere per conseguire l’appagamento del Nostro voto.

Aggiungiamo poi un altro desideratissimo voto, e questo è per Lei, Eminentissimo Decano, e per tutti i membri del sacro Collegio che con la loro amata presenza Ci porgono ora immagine della immensa famiglia cattolica, stretta nelle ore liete e nelle tristi, intorno al suo Capo.

A Lei dunque ed ai signori Cardinali partecipi del Nostro governo, che tante ansie e tanto sollecito zelo domanda, auguriamo prospero il vivere e fecondo l’operare. Faccia il Signore che la solerzia, l’intelligenza ed il successo di quel provvido aiuto onde Ella ed i suoi Colleghi saranno per confortare il Nostro Pontificato rendano quanto prima l’umana famiglia, per affettuosa concordia e per beata tranquillità, somigliante a quel mistico gregge che Cristo contemplò, quando a Pietro ed a Noi ne affidò la custodia.

Di tali grazie sia arra ed auspicio l’apostolica benedizione che a Lei ed ai Cardinali qui presenti, del pari che ai Vescovi, Prelati e a quanti — ecclesiastici o laici — Ci fanno ora corona, impartiamo con effusione di cuore.

 

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