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ANNUNCIO DELLA PROMULGAZIONE
DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI CARDINALI DI SANTA ROMANA CHIESA
PRESENTI NEL CONCISTORO SEGRETO

QUANDOQUIDEM QUAE

4 dicembre 1916  

 

Venerabili Fratelli.

Poiché gli affari che da ogni parte del mondo vengono sottoposti alla decisione di questa Sede Apostolica non possono più, come in altri tempi, esser tutti trattati in Concistoro, poiché crescono a dismisura di giorno in giorno, e di molti fra essi non può esser differita la soluzione, Ci piace seguire il lodevole uso tramandatoCi dai Predecessori, il quale vuole che, se accada qualche cosa che interessi tutta la Cristianità, la comunichiamo a Voi radunati in solenne consesso.

Siamo pertanto lietissimi di portare a vostra conoscenza un avvenimento di tale importanza e di tale utilità per la Chiesa che, possiamo dirlo, farà epoca nella storia.

Intendiamo parlare del Codice di Diritto Canonico che, felicemente condotto a termine, Noi, tra breve, anche in conformità del vostro desiderio, promulgheremo. Ben Ci rammentiamo, infatti, che questo appunto fu il voto che Ci espresse il compianto Cardinale Antonio Agliardi, allorché Ci presentò gli auguri del Sacro Collegio nel giorno stesso della Nostra Incoronazione.

A nessuno meglio che a Voi è noto, Venerabili Fratelli, come le leggi e gli ordinamenti emanati dalla Chiesa nella sua sollecitudine materna, si fossero accumulati, attraverso i secoli della sua esistenza, in tal copia che una piena conoscenza di essi era divenuta oltremodo difficile anche ai più versati nel diritto. Inoltre molte disposizioni canoniche, per le mutate condizioni dei tempi, più non rispondevano ai bisogni ed esigevano di essere prudentemente ed opportunamente rinnovate. Affinché quindi meglio constasse, con vantaggio della disciplina ecclesiastica, quali leggi e disposizioni vigessero nella Chiesa, conveniva redigere un Codice delle leggi ecclesiastiche, il quale potesse andar facilmente per le mani di tutti; e già da tempo lo attendevano, non solo l’Episcopato ed il Clero, ma quanti si dedicano allo studio del Diritto Canonico. La Santa Sede ne ebbe da lungo tempo il proposito; ma gravi difficoltà l’avevano trattenuta dal porre mano a quest’opera, di cui il Signore voleva riservare il merito e la gloria al Nostro Venerato Predecessore, Pio X. Voi ben sapete, Venerabili Fratelli, con quanta risolutezza d’animo, fin dalla sua elevazione alla Cattedra di Pietro, Egli si accinse alla grande impresa, e con quanta assiduità e costanza la proseguì durante il Suo Pontificato. Che se non gli fu concesso di condurla a termine, pur tuttavia deve egli solo ritenersi l’autore di questo Codice, per il quale il suo nome resterà illustre nei secoli a venire, come quello di Innocenzo III, Onorio III, Gregorio IX, Pontefici chiarissimi nella Storia del Diritto Canonico. Noi saremo soddisfatti se Ci sarà dato di promulgare questo Codice che a lui si deve. Vadano intanto a quanti, Cardinali, Vescovi, Prelati, Sacerdoti dell’uno e dell’altro Clero, ed anche semplici laici, hanno portato il loro solerte contributo a quest’opera, i ringraziamenti del Vicario di Gesù Cristo. Noi li porgiamo loro ben volentieri, e ciò facendo Ci sembra di compiere nel tempo stesso un dolce e gradito incarico affidatoCi dal Nostro Santo Predecessore. In modo particolare però Ci è caro rendere un tributo di lodi e di grazie al Nostro Diletto Figlio, il Signor Cardinale Pietro Gasparri, il quale ha portato, fin da principio, il peso maggiore della compilazione del Codice, mostrando in ciò non solo la sua chiara intelligenza e scienza del Diritto, ma anche indefesso studio e fervida lena, non affievolitasi mai, nemmeno dopodiché, assunto all’ufficio di Nostro Segretario di Stato, dovette attendere pure ad altre gravi occupazioni.

Or dunque ben a ragione confidiamo che quest’opera, così importante ed opportuna, varrà sempre più a consolidare la disciplina ecclesiastica, poiché, diffondendo la conoscenza delle leggi della Chiesa, faciliterà non poco la loro osservanza, con grande frutto delle anime ed incremento della Chiesa medesima. È un fatto che in qualsiasi Società umana e nello stesso campo internazionale, se fiorisce l’osservanza delle leggi, regna, colla pace, la prosperità; mentre invece, dove si suole non curare od anche disprezzare l’autorità della legge, dominando la discordia e l’arbitrio, tutto l’ordine privato e pubblico resta sconvolto. E la conferma di ciò, se abbisognasse, si ha in modo chiarissimo da quanto ora avviene. L’orrenda follia del conflitto che devasta l’Europa mostra ben chiaramente a quanta strage e rovina possa condurre il dispregio delle leggi supreme che reggono i rapporti fra gli Stati.

Vediamo invero, nel generale sconvolgimento dei popoli, qua indegnamente trattati cose sacre e ministri del culto, anche insigni per dignità, sebbene inviolabili quelle e questi per diritto divino e per diritto delle genti; là numerosi pacifici cittadini allontanati dal loro focolare, tra il pianto delle madri, delle spose, dei figli; altrove città aperte, e popolazioni indifese fatte segno specialmente alle incursioni aeree; ovunque, per terra e per mare, commettersi tali misfatti da riempir l’animo di orrore e di strazio. Noi, mentre questo cumulo di mali deploriamo e le ingiustizie che si commettono in questa guerra nuovamente riproviamo, dovunque e da chiunque siano esse perpetrate, formiamo, nella fiducia che il Signore lo esaudisca, questo voto, che, come colla promulgazione del Codice spunterà per la Chiesa — ben lo speriamo — un’era più felice e tranquilla, così per la società civile — ristabilito l’ordine mercé il rispetto della giustizia e del diritto — risplenda quanto prima l’alba della sospirata pace, che ai popoli, ritornati amici, sia apportatrice di ogni prosperità.

Ed ora, prima di assegnare i Pastori alle vedovate Chiese, Ci piace, Venerabili Fratelli, chiamare a far parte del Vostro Collegio alcuni personaggi che, sia nel governo di illustri Chiese, sia nell’adempimento d’importantissimi uffici, Ci hanno dato splendida prova di solerte operosità.

 

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