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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

L’invito alla festa non ha prezzo

Martedì, 5 novembre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 254, Merc. 06/11/2013)

 

«L’esistenza cristiana è un invito» gratuito alla festa; un invito che non si può comprare, perché viene da Dio, e al quale bisogna rispondere con la partecipazione e con la condivisione. È la riflessione suggerita a Papa Francesco dalle letture liturgiche (Romani 12, 5-16a; Luca 14, 15-24) della messa celebrata stamane, martedì 5 novembre, a Santa Marta. Letture — ha spiegato — che «ci mostrano com’è la carta d’identità del cristiano; com’è un cristiano». E dalle quali si apprende «prima di tutto» che «l’esistenza cristiana è un invito: diventiamo cristiani soltanto se siamo invitati».

Il vescovo di Roma ha individuato le modalità di questo invito — si tratta, ha detto, di «un invito gratuito — e il mittente: Dio. Ma la gratuità, ha avvertito, implica anche delle conseguenze, la prima delle quali è che se non si è stati invitati, non si può reagire semplicisticamente rispondendo: «Comprerò l’entrata per andare!». Infatti «non si può! Per entrare — ha affermato il Santo Padre — non si può pagare: o sei invitato o non puoi entrare. E se nella nostra coscienza non abbiamo questa certezza di essere invitati, non abbiamo capito cosa è un cristiano. Siamo invitati gratuitamente, per la pura grazia di Dio, puro amore del Padre. È stato Gesù, con il suo sangue, che ci ha aperto questa possibilità».

Papa Francesco ha poi chiarito cosa significhi in concreto l’invito del Signore per ogni cristiano: non un invito «a fare una passeggiata», ma «a una festa; alla gioia: alla gioia di essere salvato, alla gioia di essere redento», la gioia di condividere la vita con Gesù. E ha anche suggerito cosa debba intendersi con il termine “festa”: «un raduno di persone che parlano, ridono, festeggiano, sono felici» ha detto. Ma l’elemento principale è appunto la “riunione” di più individui. «Io fra le persone mentalmente normali non ho mai visto uno che faccia festa da solo: sarebbe un po’ noioso!» ha spiegato con una battuta, evocando la triste immagine di chi è intento ad «aprire la bottiglia del vino» per brindare in solitudine.

La festa dunque esige lo stare in compagnia, «con gli altri, in famiglia, con gli amici». La festa, insomma, «si condivide». Per questo essere cristiano implica «appartenenza. Si appartiene a questo corpo», fatto di «gente che è stata invitata a festa»; una festa che «ci unisce tutti», una «festa di unità».

Il brano del Vangelo di Luca offre tra l’altro «la lista di quelli che sono stati invitati»: i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi. «Quelli che hanno problemi — ha sottolineato il Pontefice — e che sono un po’ emarginati dalla normalità della città, saranno i primi in questa festa». Ma c’è anche posto per tutti gli altri; anzi, nella versione di Matteo il Vangelo chiarisce ancora meglio: «Tutti, buoni e cattivi». E da quel “tutti” Papa Francesco trae la conseguenza che «la Chiesa non è solo per le persone buone», ma che «anche i peccatori, tutti noi peccatori siamo stati invitati», per dare vita a «una comunità che ha doni diversi». Una comunità nella quale «tutti hanno una qualità, una virtù», perché la festa si fa mettendo in comune con tutti ciò che ciascuno ha.

Insomma, «alla festa si partecipa totalmente». Non ci si può limitare a dire: «Io vado a festa, ma mi fermo al primo salutino, perché devo stare soltanto con tre o quattro che conosco». Perché «questo non si può fare nella Chiesa: o entri con tutti, o rimani fuori. Non puoi fare una selezione».

Un ulteriore aspetto analizzato dal Pontefice riguarda la misericordia di Dio, che raggiunge persino quanti declinano l’invito o fingono di accettarlo ma non partecipano pienamente alla festa. Lo spunto ancora una volta è venuto dal brano di Luca, che elenca le scuse accampate da alcuni degli invitati troppo indaffarati. I quali «partecipano alla festa solo di nome: non accettano l’invito, dicono di sì», ma il loro è un no. Per Papa Francesco sono gli antesignani di quei «cristiani che si contentano soltanto di essere nella lista degli invitati. Cristiani “elencati”». Purtroppo però essere «elencato come cristiano» non «è sufficiente. Se non entri nella festa, non sei cristiano; sarai nell’elenco, però questo non serve per la tua salvezza», ha ammonito il Papa.

Riassumendo la sua riflessione, il Pontefice ha elencato cinque significati collegati con l’immagine dell’«entrare in chiesa» e, di conseguenza, dell’«entrare nella Chiesa». Anzitutto si tratta di «una grazia, un invito; non si può comprare questo diritto». In secondo luogo, comporta il «fare comunità, partecipare tutto quello che noi abbiamo — le virtù, le qualità che il Signore ci ha dato — nel servizio l’uno per l’altro». Inoltre, richiede di «essere disponibili a quello che il Signore ci chiede». E vuol dire anche «non chiedere strade speciali o porte speciali». Da ultimo, significa «entrare nel popolo di Dio che cammina verso l’eternità» e nel quale «nessuno è protagonista», perché «abbiamo Uno che ha fatto tutto» e solo lui può essere “il protagonista”. Da qui l’esortazione di Papa Francesco a metterci «tutti dietro a lui; e chi non è dietro di lui, è uno che si scusa». Come quello che, parafrasando il Vangelo, dice: «Ho comprato il campo, mi sono sposato, ho comprato i buoi, ma non posso andare dietro a lui».

Certo, ha avvertito il Santo Padre, «il Signore è molto generoso» e «apre tutte le porte». Egli «capisce anche quello che gli dice: No, Signore, non voglio venire da te. Lo capisce e lo aspetta, perché è misericordioso». Ma non accetta le menzogne: «Al Signore — ha rimarcato — non piace quell’uomo che dice di sì e fa di no. Che fa finta di ringraziare per tante cose belle, ma in realtà va per la sua strada; che ha delle buone maniere, ma fa la propria volontà, non quella del Signore».

Ecco allora l’invito conclusivo del Papa, che ha esortato a chiedere a Dio la grazia di comprendere «quanto è bello essere invitati alla festa, quanto è bello condividere con tutti le proprie qualità, quanto è bello stare con lui»; e, al contrario, quanto è «brutto giocare fra il sì e il no; dire di sì, ma accontentarsi soltanto» di essere “elencati” nella lista dei cristiani.

 



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