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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Nessuno ti può giudicare

Lunedì, 17 marzo 2014

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.063, Lun.-Mart. 17-18/03/2014)

 

Chi sono io per giudicare gli altri? È la domanda da fare a se stessi per dare spazio alla misericordia, l’atteggiamento giusto per costruire la pace tra le persone, le nazioni e dentro di noi. E per essere donne e uomini misericordiosi bisogna anzitutto riconoscersi peccatori e poi allargare il cuore fino a dimenticare le offese ricevute.

È proprio sulla misericordia che il Papa ha centrato l’omelia nella messa celebrata lunedì mattina, 17 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta. Richiamandosi ai passi del libro del profeta Daniele (9, 4-10) e del Vangelo di Luca (6, 36-38), il Santo Padre ha spiegato che «l’invito di Gesù alla misericordia è per avvicinarci, per imitare meglio il nostro Dio Padre: siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso». Ma, ha riconosciuto subito il Pontefice, «non è facile capire questo atteggiamento della misericordia, perché noi siamo abituati a passare il conto agli altri: tu hai fatto questo, adesso devi fare questo». In poche parole, «noi giudichiamo, abbiamo questa abitudine, e non siamo persone» che lasciano «un po’ di spazio alla comprensione e anche alla misericordia».

«Per essere misericordioso sono necessari due atteggiamenti» ha affermato il Papa. Il primo è «la conoscenza di se stesso». Nella prima lettura Daniele racconta il momento della preghiera del popolo che confessa di essere peccatore davanti a Dio e dice: «Noi abbiamo fatto questo, ma tu sei giusto. A te conviene la giustizia, a noi la vergogna». Così, ha spiegato il Pontefice commentando il brano, «la giustizia di Dio davanti al popolo pentito si trasforma in misericordia e perdono». E interpella anche a noi, invitandoci a «dare un po’ di spazio a questo atteggiamento». Dunque il primo passo «per diventare misericordioso è riconoscere che noi abbiamo fatto tante cose non buone: siamo peccatori!». Bisogna saper dire: «Signore, mi vergogno di questo che ho fatto nella vita». Perché, anche se «nessuno di noi ha ammazzato nessuno», abbiamo commesso comunque «tanti peccati quotidiani». Così «riconoscere di aver fatto qualcosa contro il Signore e vergognarsi davanti a Dio è una grazia: la grazia di essere peccatore!». È semplice — ma al tempo stesso «tanto difficile» — dire: «Sono peccatore e mi vergogno davanti a te e ti chiedo il perdono».

«Il nostro padre Adamo — ha affermato il Papa — ci ha dato un esempio di quello che non si deve fare». È lui infatti che dà alla donna la colpa per aver mangiato il frutto e si giustifica dicendo: «Io non ho peccato», è lei «che mi ha fatto andare su questa strada!». Ma lo stesso fa poi Eva, che dà la colpa al serpente. Invece, ha ribadito il Santo Padre, è importante riconoscere di aver peccato e di aver bisogno del perdono di Dio. Non si devono trovare scuse e «scaricare la colpa sugli altri». Magari, ha proseguito il Pontefice, «forse l’altro mi ha aiutato» a peccare, «ha facilitato la strada per farlo: ma l’ho fatto io!». E «se noi facciamo questo, quante cose buone ci saranno: saremo uomini!». Inoltre «con questo atteggiamento di pentimento siamo più capaci di essere misericordiosi, perché sentiamo su di noi la misericordia di Dio». Tanto che nel Padre Nostro non preghiamo soltanto: «perdona i nostri peccati», ma diciamo: «perdona come noi perdoniamo». Infatti «se io non perdono sono un po’ fuori gioco».

Il secondo atteggiamento per essere misericordiosi «è allargare il cuore». Proprio «la vergogna, il pentimento, allarga il cuore piccolino, egoista, perché dà spazio a Dio misericordioso per perdonarci». Ma cosa significa allargare il cuore? Anzitutto, nel riconoscersi peccatori, non si guarda a cosa hanno fatto gli altri. E la domanda di fondo diventa questa: «Chi sono io per giudicare questo? Chi sono io per chiacchierare di questo? Chi sono io, che ho fatto le stesse cose o peggio?». Del resto, «il Signore lo dice nel Vangelo: non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo». Questa è la «generosità del cuore» che il Signore presenta attraverso «l’immagine delle persone che andavano a prendere il grano e allargavano il grembiule per riceverne di più». Infatti «se tu hai il cuore largo, grande, tu puoi ricevere di più!». E un «cuore grande non s’immischia nella vita degli altri, non condanna, ma perdona e dimentica», proprio come «Dio ha dimenticato e perdonato i miei peccati».

Per essere misericordiosi bisogna dunque invocare il Signore — «perché è una grazia» — e «avere questi due atteggiamenti: riconoscere i propri peccati vergognandosi» e dimenticare i peccati e le offese degli altri. Ecco che così «l’uomo e la donna misericordiosi hanno un cuore largo largo: sempre scusano gli altri e pensano ai propri peccati». E se qualcuno dice loro: «ma hai visto cosa ha fatto quello?», hanno la misericordia per rispondere: «ma io ne ho abbastanza di ciò che ho fatto io».

È questo, ha suggerito il Papa, «il cammino della misericordia che dobbiamo chiedere». Se «tutti noi, i popoli, le persone, le famiglie, i quartieri, avessimo questo atteggiamento — ha esclamato — quanta pace ci sarebbe nel mondo, quanta pace nei nostri cuori, perché la misericordia ci porta la pace!». E ha concluso: «Ricordatevi sempre: chi sono io per giudicare? Vergognarsi e allargare il cuore, il Signore ci dia questa grazia!».

 



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