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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Io avrò cura di te

Giovedì, 5 febbraio 2015

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.029, Ven. 06/02/2015)

La vera missione della Chiesa non è mettere a punto un’efficiente macchina di aiuti, sul modello di una ONG. Il profilo dell’apostolo — che annuncia in semplicità e povertà il Vangelo con l’unico vero potere che viene da Dio — si riconosce invece nella chiara espressione di Gesù ai discepoli rientrati felici dalla missione: «siamo servi inutili». E così il Papa — nella messa celebrata giovedì 5 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta — ha riaffermato che la vera «missione della Chiesa è guarire le ferite del cuore, aprire porte, liberare, dire che Dio è buono, perdona tutto, è padre, Dio è tenero e ci aspetta sempre».

Nel passo evangelico di Marco (6, 7-13) proposto dalla liturgia, ha esordito il Pontefice, «abbiamo ascoltato come Gesù chiama i suoi discepoli» e li invia a «portare il Vangelo: è lui che chiama». Il Vangelo dice «che chiamò a sé e mandava e dava loro poteri: nella vocazione dei discepoli, il Signore dà il potere: il potere per cacciare gli spiriti impuri per liberare, per guarire. Questo è il potere che dà Gesù». Egli infatti «non dà il potere di manovrare o fare grandi imprese»; ma «il potere, lo stesso potere che aveva lui, il potere che lui aveva ricevuto dal Padre, glielo consegna». E lo fa con un «consiglio chiaro: andate in comunità, ma per il viaggio non prenderete nient’altro che un bastone, né pane, né sacca, né denaro: in povertà!».

«Il Vangelo — ha affermato Francesco — è così tanto ricco e tanto forte che non ha bisogno di fare grandi ditte, grandi imprese per essere annunciato». Perché il Vangelo «dev’essere annunciato in povertà, e il vero pastore è quello che va come Gesù: povero, ad annunciare il Vangelo, con quel potere». E «quando il Vangelo viene custodito con questa semplicità, con questa povertà, si vede chiaramente che la salvezza non è una teologia della prosperità» ma «è un dono, lo stesso dono che Gesù aveva ricevuto per darlo».

Francesco ha riproposto «quella scena tanto bella della sinagoga, quando Gesù si presenta ai suoi: “Io sono stato inviato a portare salvezza, a portare il lieto annuncio ai poveri, ai carcerati la liberazione, ai ciechi il dono della vista. La liberazione a tutti quelli che sono oppressi e per annunziare l’anno di grazia, l’anno di gioia”». Proprio questo, ha detto, «è lo scopo dell’annunzio evangelico, senza tante cose strane, mondane». Gesù «manda così».

E — si è chiesto — «cosa comanda di fare ai discepoli, qual è il suo programma pastorale?». Semplicemente quello di «curare, guarire, alzare, liberare, cacciare via i demoni: questo è il programma semplice». Che coincide, ha fatto notare Francesco, con «la missione della Chiesa: la Chiesa che guarisce, che cura». Tanto che, ha ricordato, «alcune volte io ho parlato della Chiesa come di un ospedale da campo: è vero! Quanti feriti ci sono, quanti feriti! Quanta gente che ha bisogno che le sue ferite siano guarite!».

Dunque, ha proseguito il Papa, «questa è la missione della Chiesa: guarire le ferite del cuore, aprire porte, liberare, dire che Dio è buono, che Dio perdona tutto, che Dio è padre, che Dio è tenero, che Dio ci aspetta sempre».

Dalla loro missione, ha rimarcato il Pontefice riferendosi al Vangelo di Luca (10, 17-20), «i discepoli sono tornati felici» perché «non credevano che ce l’avrebbero fatta». E «dicevano al Signore: “Ma, Signore, anche i demoni se ne andavano!”». Erano appunto «felici perché questo potere di Gesù, fatto con semplicità, con povertà, con amore, dava un buon risultato».

Proprio la frase rivolta a Gesù dai discepoli felici, secondo quanto riporta il Vangelo, «ci spiega tutto». Essi raccontano: «Abbiamo fatto questo, e questo, e questo, e questo...». Così, dopo averli ascoltati, Gesù chiude gli occhi e dice: «Io ho visto satana cadere dal cielo». Una frase che rivela qual è «la guerra della Chiesa: è vero, noi dobbiamo prendere aiuto e fare organizzazioni che aiutino, perché il Signore ci dà i doni per questo»; ma, ha avvertito il Papa, «quando dimentichiamo questa missione, dimentichiamo la povertà, dimentichiamo lo zelo apostolico e mettiamo la speranza in questi mezzi, la Chiesa lentamente scivola in una ONG e diviene una bella organizzazione: potente ma non evangelica, perché manca quello spirito, quella povertà, quella forza di guarire».

C’è di più: al loro ritorno, Gesù porta con sé i discepoli «a riposarsi un po’, a fare una giornata in campagna, a mangiare panini con una bibita». Insomma il Signore vuole «passare insieme un po’ di tempo per festeggiare». E insieme parlano della missione appena compiuta. Ma Gesù non dice loro: «Voi siete grandi, eh! Alla prossima uscita, adesso, organizzate meglio le cose!». Si limita a raccomandare: «Quando avete fatto tutto questo che dovete fare, dite a voi stessi: “servi inutili siamo”» (Luca, 17, 10).

In queste parole del Signore, ha rimarcato Francesco, c’è il profilo dell’apostolo. E infatti, «quale sarebbe la lode più bella per un apostolo?». Ecco la risposta: «È stato un operaio del regno, un lavoratore del regno». Proprio «questa è la lode più grande, perché va su questa strada dell’annunzio di Gesù, va a guarire, a custodire, a proclamare questo lieto annunzio e questo anno di grazia. A fare che il popolo ritrovi il Padre, a fare la pace nei cuori della gente».

In conclusione il Papa ha invitato a leggere questo passo del Vangelo, sottolineando «quali sono le cose più importanti per Gesù, per l’annuncio del Vangelo: sono queste, queste piccole virtù». E «poi è lui, è lo Spirito Santo che fa tutto».

 



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