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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

L’unità non si fa con la colla

Giovedì, 21 maggio 2015

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.114, 22/05/2015)

L’unità nella Chiesa è stata al centro della riflessione di Papa Francesco nella messa celebrata a Santa Marta giovedì 21 maggio. Rileggendo il brano del vangelo di Giovanni (17, 20-26) proposto dalla liturgia del giorno, il Pontefice ha innanzitutto sottolineato come «consola tutti sentire questa parola: “Padre, non prego solo per questi ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola”». È quanto detto da Gesù nell’atto di congedarsi dagli apostoli. In quel momento Gesù prega il Padre per i discepoli e «prega anche per noi».

Francesco ha fatto notare che «Gesù ha pregato per noi, in quel momento, e continua a farlo». Si legge infatti nel Vangelo: «Padre, prego per questi ma per tanti altri che verranno». Un dettaglio non irrilevante verso il quale, forse, non si è abbastanza attenti. Eppure, ha ribadito il Papa, «Gesù ha pregato per me» e questo «è proprio fonte di fiducia». Potremmo immaginare «Gesù davanti al Padre, in cielo», che prega per noi. E «cosa vede il Padre? Le piaghe», ovvero il prezzo che Gesù «ha pagato per noi».

Con questa immagine il Pontefice è entrato nel cuore della sua riflessione. Infatti, si è domandato, «cosa chiede al Padre Gesù in questa preghiera?». Dice forse: «Prego per loro perché la vita sia buona, perché abbiano i soldi, perché siano tutti felici, perché non manchi niente a loro?...». No, Gesù «prega perché tutti siano una sola cosa: “Come tu sei in me e io in te”». In quel momento egli prega «per l’unità nostra. Per l’unità del suo popolo, per l’unità della sua Chiesa».

Gesù, ha spiegato Francesco, sa bene che «lo spirito del mondo, che è proprio lo spirito del padre della divisione, è uno spirito di divisione, di guerra, di invidie, di gelosie», e che questo è presente «anche nelle famiglie, anche nelle famiglie religiose, anche nelle diocesi, anche nella Chiesa tutta: è la grande tentazione». Perciò «la grande preghiera di Gesù» è quella di «assomigliare» al Padre: ovvero, «come tu Padre sei in me e io in te», nella «unità che lui ha con il Padre».

Qualcuno potrebbe allora chiedere: «Ma, padre, con questa preghiera di Gesù se noi vogliamo essere fedeli, noi non possiamo chiacchierare uno contro l’altro?». Oppure: «Non possiamo etichettare questo di..., questo è così, questo è ...?». E «quell’altro, che è stato bollato come rivoluzionario...?». La risposta del Papa è stata chiara: «No». Perché, ha aggiunto, «dobbiamo essere uno, una sola cosa, come Gesù e il Padre sono una sola cosa». Ed è proprio questa «la sfida di tutti noi cristiani: non lasciare posto alla divisione fra noi, non lasciare che lo spirito di divisione, il padre della menzogna entri in noi». Dobbiamo, ha insistito il Papa, «cercare sempre l’unità». Ognuno naturalmente «è come è», ma deve cercare di vivere nell’unità: «Gesù ti ha perdonato? Perdona tutti quanti».

Il Signore prega perché riusciamo in questo. Ha spiegato il Pontefice: «La Chiesa ha tanto bisogno, tanto, di questa preghiera di unità, non solo quella di Gesù; anche noi dobbiamo unirci a questa preghiera». Del resto, sin dagli inizi la Chiesa ha manifestato questa necessità: «Se cominciamo a leggere il libro degli Atti degli Apostoli dall’inizio — ha detto Francesco — vedremo che lì incominciano le liti, anche le truffe. Uno vuole truffare l’altro, pensate Anania e Saffira...». Già nel corso di quei primi anni si incontrano le divisioni, gli interessi personali, gli egoismi. Fare l’unità è stato ed è una vera e propria «lotta».

Bisogna tuttavia rendersi conto che «da soli non possiamo» raggiungere l’unità: questa infatti «è una grazia». Perciò, ha ribadito il Pontefice, «Gesù prega, ha pregato quel tempo, prega per la Chiesa, ha pregato per me, per la Chiesa, perché io vada su questa strada».

L’unità è talmente importante che, ha fatto notare il Papa, «nel brano che abbiamo letto» questa parola è ripetuta «quattro volte in sei versetti». Un’unità che «non si fa con la colla». Non esiste infatti «la Chiesa fatta con la colla»: la Chiesa è resa una dallo Spirito. Ecco allora che «dobbiamo fare spazio allo Spirito, perché ci trasformi come il Padre è nel Figlio, in una sola cosa».

Per raggiungere tale obiettivo, ha aggiunto Francesco, c’è un consiglio dato dallo stesso Gesù: «Rimanete in me». Anche questa è una grazia. Nella sua preghiera Gesù chiede: «Padre, voglio che quelli che mi hai dato, anch’essi siano con me dove sono io» perché «contemplino la mia gloria».

Da questa meditazione è scaturito un consiglio: quello di rileggere i versetti 20-26 del capitolo 17 del Vangelo di Giovanni e pensare: «Gesù prega, prega per me, ha pregato e prega per me ancora. Prega con le sue piaghe, davanti al Padre». E lo fa «perché tutti noi siamo una sola cosa, come lui è con il Padre, per l’unità». Questo «ci deve spingere a non fare giudizi», a non fare «cose che vadano contro l’unità», e a seguire il consiglio di Gesù «di rimanere in lui in questa vita perché possiamo rimanere con lui nell’eternità».

Questi insegnamenti, ha concluso il Papa, si trovano nel discorso di Gesù durante l’ultima cena. Nella messa «noi riviviamo» quella cena e Gesù ci ripete quelle parole. Durante l’Eucaristia, perciò, «lasciamo posto perché le parole di Gesù entrino nel nostro cuore e tutti noi siamo capaci di essere testimoni di unità nella Chiesa e di gioia nella speranza della contemplazione della gloria di Gesù».

 



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