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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN MOZAMBICO, MADAGASCAR E MAURIZIO
(4 - 10 SETTEMBRE 2019)

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Monumento di Maria Regina della Pace (Port Louis)
Lunedì, 9 settembre 2019

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Qui, di fronte a questo altare dedicato a Maria, Regina della Pace, su questo monte da cui si vede la città e più in là il mare, ci troviamo a far parte di quella moltitudine di volti che sono venuti da Mauritius e da altre isole di questa regione dell’Oceano Indiano per ascoltare Gesù che annuncia le Beatitudini. La stessa Parola di Vita che, come duemila anni fa, ha la stessa forza, lo stesso fuoco che fa ardere anche i cuori più freddi. Insieme possiamo dire al Signore: crediamo in te e, con la luce della fede e il palpito del cuore, sappiamo che è verità la profezia di Isaia: annunci la pace e la salvezza, porti buone notizie... regna il nostro Dio.

Le Beatitudini «sono come la carta d’identità del cristiano. Così, se qualcuno di noi si pone la domanda: “Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?”, la risposta è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini. In esse si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 63), come ha fatto il cosiddetto “apostolo dell’unità mauriziana”, il Beato Jacques-Désiré Laval, tanto venerato in queste terre. L’amore per Cristo e per i poveri segnò la sua vita in modo tale da proteggerlo dall’illusione di compiere un’evangelizzazione “distante e asettica”. Sapeva che evangelizzare comporta farsi tutto a tutti (cfr 1Cor 9,19-22): imparò la lingua degli schiavi appena liberati e annunciò loro in maniera semplice la Buona Notizia della salvezza. Ha saputo radunare i fedeli e li ha formati ad intraprendere la missione e creare piccole comunità cristiane in quartieri, città e villaggi vicini, piccole comunità molte delle quali sono all’origine delle attuali parrocchie. Era sollecito nel dare fiducia ai più poveri e agli scartati, in modo che fossero i primi a organizzarsi e trovare risposte alle loro sofferenze.

Attraverso il suo dinamismo missionario e il suo amore, il Padre Laval ha dato alla Chiesa mauriziana una nuova giovinezza, un nuovo respiro che oggi siamo invitati a continuare nel contesto attuale.

E questo slancio missionario dev’essere conservato, perché può darsi che, come Chiesa di Cristo, cadiamo nella tentazione di perdere l’entusiasmo evangelizzatore rifugiandoci in sicurezze mondane che, a poco a poco, non solo condizionano la missione ma la rendono pesante e incapace di attirare la gente (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 26). Lo slancio missionario ha un volto giovane e capace di ringiovanire. Sono proprio i giovani che, con la loro vitalità e dedizione, possono apportare ad esso la bellezza e la freschezza tipica della giovinezza, quando provocano la comunità cristiana a rinnovarsi e ci invitano a partire verso nuovi orizzonti (cfr Esort. ap. postsin. Christus vivit, 37).

Ma questo non è sempre facile, perché richiede che impariamo a riconoscere e fornire ad essi un posto in seno alla nostra comunità e alla nostra società.

Ma com’è duro constatare che, nonostante la crescita economica che il vostro Paese ha avuto negli ultimi decenni, sono i giovani a soffrire di più, sono loro a risentire maggiormente della disoccupazione che non solo provoca un futuro incerto, ma inoltre toglie ad essi la possibilità di sentirsi protagonisti della loro storia comune. Futuro incerto che li spinge fuori strada e li costringe a scrivere la loro vita tante volte ai margini, lasciandoli vulnerabili e quasi senza punti di riferimento davanti alle nuove forme di schiavitù di questo secolo XXI. Loro, i nostri giovani, sono la prima missione! Dobbiamo invitarli a trovare la loro felicità in Gesù, non in maniera asettica o a distanza, ma imparando a dare loro un posto, conoscendo il loro linguaggio, ascoltando le loro storie, vivendo al loro fianco, facendo loro sentire che sono benedetti da Dio. Non lasciamoci rubare il volto giovane della Chiesa e della società! Non permettiamo ai mercanti di morte di rubare le primizie di questa terra!

I nostri giovani e quanti come loro sentono di non avere voce perché sono immersi nella precarietà, Padre Laval li inviterebbe a far risuonare l’annuncio di Isaia: «Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme» (52,9). Anche quando ciò che ci circonda può sembrare senza soluzione, la speranza in Gesù ci chiede di recuperare la certezza del trionfo di Dio non solo al di là della storia ma anche nella trama nascosta delle piccole storie che si intrecciano e che ci vedono protagonisti della vittoria di Colui che ci ha donato il Regno.

Per vivere il Vangelo, non possiamo aspettare che tutto intorno a noi sia favorevole, perché spesso le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi. San Giovanni Paolo II ha affermato che «è alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione [del] dono [di sé] e il costituirsi [della] solidarietà interumana»(Enc. Centesimus annus, 41c). In una società così diventa difficile vivere le Beatitudini; può persino diventare qualcosa di malvisto, sospettato, ridicolizzato (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 91). È vero, ma non possiamo lasciarci vincere dallo scoraggiamento.

Ai piedi di questo monte, che oggi vorrei fosse il monte delle Beatitudini, anche noi dobbiamo recuperare questo invito a essere felici. Solo i cristiani gioiosi suscitano il desiderio di seguire quella strada; « La parola “felice” o “beato” diventa sinonimo di “santo”, perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la sua Parola raggiunge, nel dono di sé, la vera beatitudine» (ibid., 64).

Quando sentiamo il minaccioso pronostico “siamo sempre di meno”, dovremmo prima di tutto preoccuparci non della diminuzione di questa o quella forma di consacrazione nella Chiesa, ma piuttosto della carenza di uomini e donne che vogliono vivere la felicità facendo percorsi di santità, uomini e donne che facciano ardere il loro cuore con l’annuncio più bello e liberatore. «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, senza la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, vivono senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 49).

Quando un giovane vede un progetto di vita cristiana realizzato con gioia, questo lo entusiasma e lo incoraggia e sente un desiderio che può esprimere in questo modo: “Voglio salire su quel monte delle Beatitudini, voglio incontrare lo sguardo di Gesù e che Lui mi dica qual è il mio cammino di felicità”.

Preghiamo, cari fratelli e sorelle, per le nostre comunità, perché dando testimonianza della gioia della vita cristiana, vedano fiorire la vocazione alla santità nelle diverse forme di vita che lo Spirito ci propone. Imploriamolo per questa diocesi, e anche per le altre che oggi hanno fatto lo sforzo di venire qui. Padre Laval, il Beato di cui veneriamo le reliquie, ha pure vissuto momenti di delusione e difficoltà con la comunità cristiana, ma alla fine il Signore ha vinto nel suo cuore. Ha avuto fiducia nella forza del Signore. Lasciamo che essa tocchi i cuori di tanti uomini e donne di questa terra, lasciamo che tocchi anche i nostri cuori, perché la sua novità rinnovi la nostra vita e quella della nostra comunità (cfr ibid., 11). E non dimentichiamo che Colui che chiama con forza, Colui che costruisce la Chiesa, è lo Spirito Santo, con la sua forza. Lui è il protagonista della missione, Lui è il protagonista della Chiesa.

L’immagine di Maria, la Madre che ci protegge e ci accompagna, ci ricorda che lei è stata chiamata la “beata”. A lei, che ha vissuto il dolore come una spada che le trafigge il cuore, a lei, che ha attraversato la peggiore soglia di dolore che è vedere morire il suo figlio, chiediamo il dono dell’apertura allo Spirito Santo, della gioia perseverante, quella che non si abbatte e non indietreggia, quella che sempre fa sperimentare e affermare: “Grandi cose fa l’Onnipotente, e santo è il suo nome”.
 


Ringraziamento al termine della Messa

Prima di concludere questa celebrazione, desidero rivolgere a tutti voi il mio cordiale saluto e il mio sentito ringraziamento. Grazie anzitutto al Cardinale Piat, per le sue parole e per tutto il lavoro di preparazione a questa visita; grazie a tutti i collaboratori e a tutto il popolo di Dio di questa Chiesa.

Esprimo la mia viva riconoscenza al Presidente della Repubblica, al Primo Ministro e alle altre Autorità del Paese, che incontrerò nel pomeriggio, per la calorosa accoglienza e per il generoso impegno profuso.

E il mio ringraziamento si estende con affetto ai sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate, ai tanti volontari. Saluto i carcerati che hanno seguito il percorso “Alpha” in prigione e che mi hanno scritto; indirizzo a loro i miei cordiali saluti e la mia benedizione.

Infine, un saluto pieno di gratitudine a tutto il popolo di Dio qui presente, in particolare ai fedeli di Seychelles, Réunion, Comore, Chagos, Agaléga, Rodrigues e Mauritius. Vi assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza. Il Signore continui a dare a tutti saggezza e forza per realizzare le legittime aspirazioni. E voi, per favore, continuate a pregare per me. Grazie a tutti!



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