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VISITA AL LICEO CLASSICO "PILO ALBERTELLI" DI ROMA

DIALOGO DEL SANTO PADRE FRANCESCO CON GLI STUDENTI

Venerdì, 20 dicembre 2019

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Salve Santità, il mio nome è Eleonora e volevo chiederle una cosa. A quanto sappiamo è uscito un libro dal titolo “La solitudine di Papa Francesco”. Ma lei veramente si sente solo? E cosa ne pensa della solitudine che noi ragazzi affrontiamo durante la nostra adolescenza?

PAPA FRANCESCO:

Io non conosco questo libro, non ho visto cosa dice della mia solitudine, non posso rispondere al libro, rispondo a te. E’ sempre importante nella vita avere un momento per sentirsi solo senza gente che ti guardi, tu e tu. Tu davanti alla tua coscienza, questo fa bene. Io alle volte lo faccio. Grazie a Dio non mi sento solo nel senso di non avere amici, gente, lavoro. Sono impegnato e questo è buono anche. C’è una solitudine brutta, è quella che tanta gente passa quando non ha lavoro, gli amici si staccano. Ci sono tante solitudini, tante. Prendo quella buona per rispondere alla seconda parte, di voi ragazzi... E’ importante abituarsi a un momento di solitudine nella giornata, ogni due, tre giorni, non so ma... Mi sento solo e vedere cosa succede nella mia vita, e questo ti fa crescere. C’è la solitudine buona. La solitudine cattiva, che ti fa male è quella che ti fa scivolare sulla malinconia, sui pensieri cattivi, anche pensieri di gelosia, di vendetta, tanti pensieri cattivi... Mi sento solo e penso a come fare del male agli altri. Ma questa voi non l’avete sicuramente, sono tranquillo... Ma un po’ di solitudine con me stesso, ognuno deve averla, con sé stesso. Cosa succede nella mia vita dentro... Un po’, troppo non fa bene. Grazie a te.

DOMANDA – Sara

Salve mi chiamo Sara e volevo chiederle come posso affrontare la sofferenza che genera in me sapere che quando un gesto buono, un gesto nobile risiede sempre dentro la mia anima un desiderio di ricompensa. Come mai se nulla avessi in cambio, nulla sarei in grado di donare? Secondo lei sarò mia in grado di raggiungere un amore senza secondi fini? O soprattutto esiste un amore senza secondi fini?

PAPA FRANCESCO:

Grazie. E’ vero, sempre, quando qualcuno di noi fa un gesto c’è il pericolo di farlo per qualche interesse, cercando una ricompensa. E’ molto difficile fare la strada della gratuità, fare dei gesti gratuiti. L’unica strada per farli è quella dell’amore. Ma chi ama non cerca il proprio interesse. Perché nell’amore è la ricompensa, il fatto di amare. E amare è una parola grande... Io dirò che è proprio la cosa più grande che noi possiamo fare è amare, amare. Tu pensa per esempio ai genitori che si sacrificano per i figli e amano. E non chiedono ricompensa ai figli, ai figli che si sacrificano per i genitori anziani, perché non gli manchi affetto, che non gli manchi qualcosa di necessario. E vanno da loro con tenerezza. Amici che si sacrificano per amore per altri amici, tanti amici... Persino nella storia abbiamo visto qualcuno dare la vita per l’altro. La strada dell’amore è l’unica cosa che assicura a tutti noi di non essere egoisti. Ma ci vuole lavoro per arrivare a quello, ci vuole maturità, ci vuole una strada di generosità. Abitualmente sempre siamo un po’ interessati, cerchiamo qualcosa dietro. Ma il solo fatto che tu abbia fatto questa domanda così significa che tu hai l’inquietudine e questa è una cosa grande già. Questo è guardare: quello che faccio è per prendere qualcosa o no? E’ per conquistare la “fetta” di qualcuno (qualcosa?) o no? Il fare quella domanda indica in te maturità. Complimenti di questo, è una bella domanda. Complimenti a tutti. Fatevi quelle domande, che sono le domande della vita perché tutti noi- tutti, tutti, anche io, tutti! – siamo un po’ egoisti e cerchiamo il nostro interesse. Io conoscevo una persona che era molto egoista e i suoi compagni la chiamavano – in spagnolo lo dico, poi cerco di tradurlo - : “Yo, me, mi, conmigo, para mi”, “io, me, con me, per me e... - non ricordo l’altra - per me”. Sempre egocentrico, è quella la parola. Le persone che hanno un’energia psicologica centripeta mai andranno bene nella vita. Sono persone amare. Perché guardano solo a loro e se un altro ha un successo più grande divengono amare perché vogliono anche quello, sempre guardando... per questo la strada dell’amore è una strada difficile perché esige da noi di fare tante potature di atteggiamenti brutti, non buoni. Ci aiuta la strada della generosità, la strada dell’ascoltare l’altro, i compagni, lasciarli parlare. Alle volte vediamo persone che uno comincia a parlare e l’altro risponde prima che finisca... Ma lasciar parlare, dare spazio alle altre persone. E alle volte ci sono persone noiose. Tu ne conosci qualcuna... Noiose, sono pesanti alcune ma ascoltarle con pazienza. Tutte queste cose potano la nostra tendenza a prendere dagli altri, ti aiutano alla generosità. Ma la strada dell’amore si fa così. Con piccoli sacrifici. Grazie.

DOMANDA – Francesco T.

Salve Santo Padre, io volevo chiederle, quando lei insegnava, che sguardi, che gesti, che pensieri aveva nei confronti di persone di altre credenze religiose, anche?

DOMANDA - Damiano

Buongiorno Santità, io volevo porle un quesito. Se un ateo venisse da lei e le chiedesse una ragione fondamentale per cominciare a credere che cosa gli risponderebbe?

PAPA FRANCESCO:

Andiamo alla tua prima. Quando insegnavo che sguardo e che parole avevo verso i ragazzi credenti o di altre religioni... Ma in Argentina c’è un fenomeno sociale, che è il fenomeno migratorio. Dopo le due grandi guerre ci sono state ondate migratorie dall’Europa, anche dall’Asia minore e gli italiani... Pensa che il 40 per cento degli argentini ha un cognome italiano, quasi l’altro 40 spagnolo. Poi polacchi, russi, tutti... anche arabi, che noi chiamavamo “turchi” perché venivano col passaporto del grande impero ottomano. C’è una mescolanza di sangue, un meticciato forte in Argentina - io sono figlio di un migrante – e questo ha fatto una cultura della convivenza. Io ho fatto la scuola pubblica e sempre avevamo compagni di altre religioni. Siamo stati educati alla convivenza: “C’è un ebreo, ah russo... Vieni, vieni! Io sono amico del russo!”. Dicevano russo perché la maggioranza degli ebrei venivano da Odessa, alcuni dalla Polonia ma la maggioranza da Odessa. Poi c’era qualche arabo, libanese, siriano... “Ah, turco! Vieni, vieni!”. Questo era maomettano, questo era ebreo... Ma tutti insieme giocavamo, al pallone, eravamo amici tutti. Questo a me ha insegnato tanto, che siamo tutti uguali, tutti figli di Dio e questo ti purifica lo sguardo, te lo fa umano. In Argentina c’è un piccolo gruppetto di cattolici troppo chiusi che non vogliono gli ebrei, non vogliono gli islamici ma questo gruppo, almeno a me non è mai piaciuto, è un gruppo che è all’angolo, hanno una rivista culturale ma non hanno incidenza nella società e quando io insegnavo li guardavo com’erano, questo è il segreto. Tu devi essere coerente con la tua fede. Non mi veniva in mente e non deve essere così di dire a un ragazzo o a una ragazza: “Tu sei ebreo, tu sei musulmano: vieni, convertiti!”. Tu sii coerente con la tua fede e quella coerenza è quella che ti farà maturare. Non siamo nei tempi delle crociate. E’ una cosa brutta ma che a me ha fatto soffrire tanto, un passo della “Chanson de Roland”, quando i cristiani, i crociati avevano vinto i musulmani e poi si faceva una coda di tutti i musulmani e davanti c’era il prete e un soldato. Il prete davanti alla fonte battesimale e tutti venivano - leggete quel passo – egli domandavano: “O il battesimo o la spada”. Questo è successo nella storia! Anche lo fanno con noi cristiani in altre parti anche lo stanno facendo ma quello che è successo da noi a me “vergogna” (fa vergognare) perché è una storia di conversione forzata, di non rispetto della dignità della persona. Per questo la mia esperienza era naturale con le persone di altre religioni perché il mio papà il lavoro del mio papà era ragioniere e lui aveva tanti clienti imprenditori ebrei e venivano a casa, era normale e non ho avuto questo come un problema. Ma deve essere normale. Niente lasciarli da parte perché hanno un’altra fede. E tu. Damiano, che parola userebbe per convincere qualcuno a diventare cristiano...

DAMIANO:

Se chiedesse a lei una ragione fondamentale per cominciare a credere...

PAPA FRANCESCO:

La prima è tutto. Davanti a un non credente l’ultima cosa che devo fare è cercare di convincerlo. Mai. L’ultima cosa che devo fare è parlare. Devo vivere coerente con la mia fede. E sarà la mia testimonianza a risvegliare la curiosità dell’altro che dice: “Ma perché tu fai questo?”. E lì sì posso parlare. Ma senti, mai, mai si porta il vangelo con proselitismo. Se qualcuno dice di essere discepolo di Gesù e ti viene col proselitismo, questo non è discepolo di Gesù. Il proselitismo non si fa, la Chiesa non cresce per proselitismo. L’aveva detto Papa Benedetto, cresce per attrazione, per testimonianza. Il proselitismo lo fanno le squadre di calcio, questo si può fare, i partiti politici, si può fare lì ma con la fede niente proselitismo. E se qualcuno mi dice: “Ma tu perché?”. Leggi, leggi, leggi il Vangelo, questa è la mia fede. Ma senza pressione.

DOMANDA  - Alice

Salve, io vorrei farle una domanda forse un po’ troppo personale. Vorrei chiederle qual è l’ultima cosa che le capita di pensare prima di addormentarsi e anche quanta importanza lei crede e lei dà al sognare e al giocare perché noi qui più che altro studiamo.

DOMANDA – Francesco D.

Buongiorno Santità, volevo chiederle. Lei recentemente ha parlato del suo maestro, padre Miguel Fiorito, che ricordo ha di lei (lui?) e secondo lei è importante avere dei maestri? Noi siamo circondati da maestri però i rapporti non sono sempre dei migliori, cosa ne pensa?

PAPA FRANCESCO:

Cosa penso prima di andare a letto? Ma alle volte non c’è posto per pensare, bum! Tu cadi, perché sei stanchissimo e succede anche a voi questo. Cerco di fare prima e cerco di fermarmi un po’ e vedere cosa ha passato nel mio cuore quel giorno. Quali sentimenti. E domandarmi ma perché ho avuto questo sentimento davanti a questa situazione? Perché ho avuto questo sentimento davanti a quale altra situazione? Perché sono rimasto rabbioso davanti a quella persona? E perché mi ha dato tanta tenerezza quell’altra. Vedere cosa succede nel cuore. Questo a me aiuta tanto perché alle volte mi trovo che i miei sentimenti non sono tanto buoni e trovo radici di egoismo, radici di invidia forse... Sì, anche io! Abituarsi, noi abbiamo tante cose brutte! E trovo radici buone, pure. Che il mio cuore non sia una strada dove tutti i sentimenti vadano e tornino, vadano e tornino... No, prendersi, quello che faccio io, mi prendo quel “tempino”, poco, meno di 10 minuti e cerco di vedere cosa è passato  per il mio cuore e cosa significa quel sentimento che ha provocato. E così le cose belle le prendo e ringrazio la vita, Dio per questo e le cose brutte cerco di guardarle bene e i sentimenti brutti perché non si ripetano, no, i sentimenti brutti perché vengono da un’altra parte vengono non da atteggiamenti buoni. Ossia guardare cosa è successo dentro di me oggi, guardare i sentimenti. Questo è molto importante. Tante volte pensiamo ai pensieri e guardiamo: “Io ho pensato questo...”. Ma cosa hai sentito? E questo fa tanto bene. Essere padroni dei sentimenti. Non per gestirli, ma per sapere cosa significano e quale messaggio mi lasciano. Poi la seconda domanda tua, sognare e giocare... Ma è bella questa, è bella. E’ triste una persona che non sa sognare da sveglio, non sa avere dei sogni. Ma è una cosa grande saper sognare. “Ma tu sei uno sciocco, lascia, va al concreto”. I sogni sono concreti, i sogni ti fanno guardare l’orizzonte, ti aprono un po’ la vita, ti portano ossigeno all’anima, ti portano ossigeno all’anima, capacità di sognare. Non perdere quella, non perdere. C’è una bella canzone italiana su questo, “Nel blu dipinto di blu”, capacità di sognare, questo è bello. E poi giocare. Ma il gioco anche è – riprendo una parola che ho detto poco fa – il gioco è il linguaggio della gratuità. Nel calcio una delle cose più brutte che succede oggi nel mondo nel calcio è che hanno perso l’amatoriale, è diventato troppo commerciale, ma l’amatoriale nello sport è proprio il gioco che ti fa crescere. Ti fa crescere. “Perché giochi?” – “Perché mi piace, perché voglio fare queste cose bene...”. Il gioco è gratuito, la gratuità. E’ l’amateur, non perdere quello di vista, una persona che non impara a giocare da ragazzo, da bambino, non sarà una persona matura, sarà una persona divisa dentro, una persona sterile, incapace di fare una poesia, incapace di sognare pure. Giocare è importante. Io vi farò una confidenza, quando io confesso matrimoni giovani e mi dicono che hanno due, tre figli, io  dico: “Farò un’altra domanda: lei gioca con i suoi figli?”. La maggioranza di voi tra alcuni anni avrete dei figli, ma non dimenticare, giocare con i figli, i papà le mamme che sanno giocare con i figli. Per terra lì, ma con i figli. Questa è saggezza, è far crescere bene un figlio, pure. Non so se ho risposto sui sogni.

C’è un’opera letteraria spagnola forse il professore, la professoressa di letteratura potrà trovarla. Il “Brindis” di Gerardo Diego. Questo ha finito gli studi, è diventato professore e gli hanno dato una carica di professore in un’altra città, giovane professore. E gli amici gli hanno fatto una cena e lui durante la cena pensò: “Io dovrò ringraziare, dovrò fare un brindisi”, e su una carta o forse sul tavolino lì scrisse una poesia che si chiama “Brindis” e lì dice: “Adesso andrò a tal posto e farò questo, questo, questo, ma un giorno avrò un discepolo” - il senso contrario della domanda - “un giorno sarò maestro”, che è molto di più, è un’altra cosa dell’essere professore, è di più. Un giorno sarò maestro e avrò quel discepolo, e parla come lui vorrebbe che fosse questo discepolo. Andiamo in senso contrario. Noi possiamo dire lo stesso. Un giorno avrò un maestro. Ma anzi cerco un maestro perché i professori non sono bravi? Sono bravissimi ma fra maestro e discepolo c’è una linea, c’è un’armonia. E trovare un maestro di vita è una delle cose belle, belle, belle. Grazie a Dio io ne ho avuto uno che mi ha aiutato tanto e ho dato testimonianza pochi giorni fa su quella persona ma è un dono avere un maestro. Tu non puoi fare un avviso sulla stampa: io sto cercando un maestro... No, è un dono. Viene. E’ come l’amore, viene, viene. E il discepolato anche viene, viene. E’ un dono della vita. Ma cercate, forse una versione italiana, di questo “Brindis” di Gerardo Diego. Non è un gran poeta ma in quella poesia c’è quello che tu mi ha domandato, il rapporto tra maestro e discepolo. Grazie.

E’ suonata la campanella, mi dicono! Vuol dire che il Papa deve andarsene!

Vi auguro buon Natale a tutti e vi auguro il meglio, vi auguro di studiare, lavorare, sognare, giocare, avere un maestro! Vi auguro tutto. Che il Signore vi benedica e pregate per me e chi non prega perché non crede o non sa pregare, ma almeno, inviatemi buone onde, così Dio mi aiuta. Grazie.

DOMANDA - Emanuele

Salve Santità, volevo chiederle una cosa, visto che ci avviciniamo al Natale che è la festa della nascita e della pace tra tutti gli uomini. Lei non ritiene che sia una contraddizione che per difendere la sicurezza del mondo vengano pagate delle persone che uccidono altre persone? Perché sostanzialmente è così, quando si parla di eserciti si parla di persone che vengono pagate per uccidere altre persone. In un mondo giusto non ci dovrebbero essere gli eserciti...

PAPA FRANCESCO:

E’ vero, questa è una cosa non bella, brutta, alle volte ti dicono: “Io pago le persone per difendere, difendere l’ordine, difendere la patria”. Ma le guerre non sono cose buone, su questo tu hai ragione. Non solo io pago per... ma uccidere, uccidere. Stiamo vedendo cosa succede in Siria oggi, oggi. Cosa succede nello Yemen, stiamo vedendo queste cose brutte. Io vengo, questa mattina, dal registrare un messaggio insieme al segretario generale delle Nazioni Unite. Sarà pubblicato sui giornali sicuro o sulla tv. La risposta mia più chiara a quello che tu dici è in quel messaggio che ho registrato. Ma tu hai ragione. Grazie.

 

 


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