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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA

CELEBRAZIONE EUCARISTICA A PARAY-LE MONIAL

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Paray le Monial (Francia), 5 ottobre 1986

 

“Vi darò un cuore nuovo . . .” (Ez 36, 26).

1. Ci troviamo in un luogo in cui queste parole del profeta Ezechiele risuonano con forza. Esse sono state confermate qui da una serva povera e nascosta del cuore divino di Nostro Signore: santa Marguerite-Marie. Molte volte, nel corso della storia, la verità di questa promessa è stata confermata dalla rivelazione, nella Chiesa, attraverso l’esperienza dei santi, dei mistici, delle anime consacrate a Dio. Tutta la storia della spiritualità cristiana lo testimonia: la vita dell’uomo che crede in Dio proteso verso l’avvenire mediante la speranza, chiamato alla comunione dell’amore, questa vita è quella del cuore, quella dell’uomo “interiore”. Essa è illuminata dalla mirabile verità del cuore di Gesù che offre se stesso per il mondo. Perché la verità sul cuore di Gesù ci è stata confermata in modo singolare qui, nel diciassettesimo secolo, quasi agli albori dei tempi moderni?

Son lieto di meditare su questo messaggio in terra di Borgogna, terra di santità, contraddistinta da Citeaux e Cluny, dove il Vangelo ha modellato la vita e l’opera degli uomini. Sono felice di ripetere il messaggio di Dio ricco di misericordia nella diocesi di Autun che mi accoglie. Saluto cordialmente mons. Armand le Bourgeois, pastore di questa Chiesa, e il suo ausiliare mons. Maurice Gaidon. Saluto i rappresentanti delle autorità civili, locali e regionali. Saluto tutto il popolo di Dio qui riunito, i lavoratori della terra e quelli dell’industria, le famiglie, in particolare le associazioni che animano la loro vita cristiana, i seminaristi che iniziano il loro cammino verso il sacerdozio, i pellegrini del Sacro Cuore, in special modo la Comunità dell’Emmanuel molto legata a questo luogo, e tutti coloro che vengono qui a rafforzare la propria fede, il loro spirito di preghiera e il loro senso di Chiesa, nelle sessioni estive o in altre iniziative comunitarie. E vorrei essere vicino anche a tutte le persone che, grazie alla televisione, seguono a casa loro questa celebrazione.

2. “Vi darò un cuore”: Dio ce lo dice attraverso il profeta. E il senso si chiarisce grazie al contesto. “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati” (Ez 36, 25). Sì, Dio purifica il cuore umano. Il cuore, creato per essere il focolare dell’amore, è divenuto il “focolare” del rifiuto di Dio, del peccato dell’uomo che si allontanava da Dio per aggrapparsi a ogni sorta di “idoli”. In questo caso il cuore è “impuro”. Ma quando questo “focolare” interiore dell’uomo si apre a Dio, esso ritrova la purezza dell’immagine e della somiglianza impresse in lui dal Creatore sin dagli inizi.

Il cuore è anche il focolare centrale della conversione che Dio desidera dall’uomo e per l’uomo, per entrare nel suo intimo, nel suo amore. Dio ha creato l’uomo perché non sia né indifferente né freddo, ma aperto a Dio. Come sono belle le parole del profeta: “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 26)! Un cuore di carne, un cuore che ha una sensibilità umana e un cuore capace di lasciarsi conquistare dal soffio dello Spirito. È questo che dice Ezechiele: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo . . . porrò il mio spirito dentro di voi” (Ez 36, 26-27).

Fratelli e sorelle, che ciascuno di noi si lasci purificare e convertire dallo Spirito del Signore! Che ciascuno di noi trovi in lui ispirazione per la propria vita, luce per il proprio avvenire, e per purificare i propri desideri! Oggi, vorrei annunciare in modo particolare alle famiglie la buona novella di un mirabile dono: Dio dà la purezza del cuore, Dio permette di vivere un vero amore:

3. Le parole del profeta prefiguravano la profondità dell’esperienza evangelica. La salvezza futura è già presente. Ma come verrà lo Spirito nel cuore degli uomini? Quale sarà la trasformazione tanto desiderata dal Dio di Israele? Sarà l’opera di Gesù Cristo: il Figlio eterno che Dio non ha risparmiato, ma che ha dato per tutti noi per donarci ogni grazia con lui (cf. Rm 8, 32), per offrirci tutto con lui! Sarà l’opera meravigliosa di Gesù. Perché essa sia rivelata, bisognerà aspettare sino alla fine, fino alla sua morte in croce. E quando Cristo “ha consegnato” il suo spirito nelle mani del Padre (cf. Lc 23, 46), allora si verificò questo avvenimento: “Vennero dunque i soldati . . . Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto . . . uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19, 32-34).

L’avvenimento sembra “ordinario”. Sul Golgota avviene l’ultimo gesto di un’esecuzione romana: la verifica della morte del condannato. Sì, è morto, è veramente morto! E nella sua morte, ha rivelato se stesso fino alla fine . . . Il cuore trapassato è la sua ultima testimonianza. L’apostolo Giovanni, che era ai piedi della croce, l’ha capito; nel corso dei secoli i discepoli di Cristo e i maestri della fede l’hanno capito. Nel XVII secolo una religiosa della Visitazione ha ricevuto di nuovo questa testimonianza a Paray-le-Monial; Marguerite-Marie la trasmette a tutta la Chiesa agli albori dei tempi moderni. Attraverso il cuore di suo Figlio, trapassato sulla croce, il Padre ci ha dato tutto, gratuitamente.

La Chiesa e il mondo ricevono il Consolatore: lo Spirito Santo. Gesù aveva detto: “Ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16, 7). Il suo cuore trapassato testimonia del fatto che “se n’è andato”. Egli manda finalmente lo Spirito di verità. L’acqua che esce dal suo costato trafitto è il segno dello Spirito Santo: Gesù aveva annunciato a Nicodemo la nuova nascita “da acqua e da Spirito” (Gv 3, 5). Le parole del profeta si adempiono: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”.

4. Santa Marguerite-Marie ha conosciuto questo mistero ammirevole, il mistero sconvolgente dell’amore divino. Essa ha conosciuto tutta la profondità delle parole di Ezechiele: “Vi darò un cuore”. Durante la sua vita nascosta in Cristo, essa fu segnata dal dono di questo cuore che si offre senza limiti a tutti i cuori umani. Era completamente presa da questo mistero divino, come lo esprime l’ammirevole preghiera del salmo di oggi: “Benedici il Signore, anima mia, quando è in me benedico il suo santo nome” (Sal 102, 1).

“Quanto è in me” significa “tutto il mio cuore”! Benedici Il Signore! . . . non dimenticare nessuno dei suoi benefici! Egli perdona. Egli “guarisce”. Egli “salva dalla fossa la tua vita”. Egli “ti corona di grazia e di misericordia”. Egli è buono e pieno d’amore. È lento all’ira. È pieno d’amore: di amore misericordioso, lui che “sa di che siamo plasmati” (cf. Sal 102, 2-4. 8. 14). Lui, veramente lui, il Cristo.

5. Per tutta la sua vita, santa Marguerite-Marie bruciò della viva fiamma di questo amore che Cristo è venuto ad accendere nella storia dell’uomo. Qui, in questo luogo di Paray-Le-Monial, come una volta fece l’apostolo Paolo, l’umile serva di Dio sembrava gridare al mondo intero: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?” (Rm 8, 35).

Paolo si rivolgeva alla prima generazione dei cristiani. Essi sapevano cosa sono “la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità” (nelle arene, sotto i denti delle belve), sapevano cosa sono il pericolo e la spada!

Nel XVII secolo la stessa domanda posta da Marguerite-Marie ai cristiani di allora, risuona a Paray-le-Monial. Nel nostro tempo risuona la stessa domanda rivolta a ciascuno di noi. A ciascuno in particolare, quando esamina la propria esperienza di vita familiare. Chi spezza i legami dell’amore? Chi spegne l’amore che fa ardere i focolari?

6. Lo sappiamo, le famiglie di questo tempo conoscono troppo spesso la prova e la rottura. Troppe coppie si preparano male al matrimonio. Troppe coppie si dividono e non sanno conservare la fedeltà promessa, accettare l’altro quale è, amarlo malgrado i suoi limiti e la sua debolezza. Troppi figli sono allora privati del sostegno equilibrato che dovrebbero trovare nell’armonia complementare dei loro genitori.

E inoltre, quale contraddizione alla verità umana dell’amore, quando ci si rifiuta di dare la vita in modo responsabile, e quando si arriva a far morire il bambino già concepito! Sono questi i segni di una vera e propria malattia che colpisce le persone, le coppie, i figli, la società stessa! Le condizioni economiche, gli influssi della società. Le incertezze del futuro, sono chiamate in causa per spiegare le crisi dell’istituzione familiare. Esse hanno un peso, certo, e bisogna porvi rimedio. Ma questo non può giustificare che si rinunci a un bene fondamentale, quello dell’unità stabile della famiglia nella libera e bella responsabilità di coloro che impegnano il loro amore col sostegno della fedeltà incessante del Creatore e del Salvatore.

Non è forse vero che troppo spesso si è ridotto l’amore ai deliri del desiderio individuale o alla precarietà dei sentimenti? Così facendo, non ci si è forse allontanati dalla vera felicità che si trova nel dono di sé senza riserve e in quello che il Concilio chiama “Il nobile mistero della vita” (cf. Gaudium et Spes, 51)? Non occorre forse dire chiaramente che ricercare se stessi per egoismo invece che cercare il bene dell’altro, è peccato? E significa offendere il Creatore, fonte di ogni amore, e Cristo Salvatore che ha offerto il suo cuore ferito affinché i suoi fratelli ritrovino la propria vocazione di esseri che impegnano liberamente il loro amore.

Sì, la domanda essenziale è sempre la stessa. La realtà è sempre la stessa. Il pericolo è sempre lo stesso: che l’uomo sia separato dall’amore! L’uomo sradicato dal terreno più profondo della propria esistenza spirituale. L’uomo condannato ad avere nuovamente un “cuore di pietra”. Privato del “cuore di carne” che sia capace di reagire in modo giusto al bene e al male. Un cuore sensibile alla verità dell’uomo e alla verità di Dio. Un cuore capace di accogliere il soffio dello Spirito Santo. Un cuore fortificato dalla potenza di Dio.

I problemi essenziali dell’uomo - ieri, oggi e domani - sono a questo livello. Colui che dice: “Vi darò un cuore”, intende mettere in questa parola tutto ciò con cui l’uomo “diviene di più”.

7. La testimonianza di molte famiglie dimostra che le virtù della fedeltà rendono felici, che la generosità dei coniugi l’uno per l’altro e insieme nei confronti dei loro figli è una vera fonte di felicità. Lo sforzo di padronanza di sé, il superamento dei limiti di ciascuno, la perseveranza nei diversi momenti dell’esistenza, conducono a una pienezza di cui si può rendere grazie. È allora possibile sopportare la prova che sopraggiunge, saper perdonare un’offesa, accogliere un bambino che soffre, illuminare la vita dell’altro, anche debole o minorato, con la bellezza dell’amore.

Vorrei quindi chiedere ai pastori e agli animatori che aiutano le famiglie a orientarsi di presentar loro chiaramente il sostegno positivo che essi possono trovare nell’insegnamento morale della Chiesa. Nella situazione confusa e contraddittoria di oggi, è necessario riprendere l’analisi e le regole dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio, dopo il Sinodo dei vescovi, che ha espresso l’insieme della dottrina del Concilio e del magistero Pontificio.

Il Concilio Vaticano II ricordava: “La legge divina manifesta il significato pieno dell’amore coniugale, lo salvaguarda e lo sospinge verso la sua perfezione veramente umana” (Gaudium et Spes, 50). Sì, o famiglia, grazie al sacramento del matrimonio, nell’alleanza con la saggezza divina, nell’amore infinito del cuore di Cristo, vi è dato di sviluppare in ciascuno dei vostri membri la ricchezza della persona umana, la sua vocazione all’amore di Dio e degli uomini.

8. Sappiate accogliere la presenza del cuore di Cristo affidandogli il vostro focolare. Che esso ispiri la vostra generosità, la vostra fedeltà al sacramento in cui la vostra alleanza è stata suggellata dinanzi a Dio! E che la carità di Cristo vi aiuti ad accogliere e ad aiutare i vostri fratelli e sorelle feriti dalle separazioni, abbandonati; la vostra testimonianza fraterna farà loro meglio scoprire che il Signore non cessa d’amare coloro che soffrono.

Animati dalla fede che vi è stata trasmessa, sappiate rendere sensibili i vostri figli al messaggio del Vangelo e al loro ruolo di artefici di giustizia e di pace.

Fateli entrare attivamente nella vita della Chiesa. Non scaricate le vostre responsabilità su altri, cooperate con i pastori e gli altri educatori nella formazione alla fede, nelle opere di solidarietà fraterna, nell’animazione della comunità. Nella vostra vita di famiglia, date lealmente al Signore il posto che gli spetta, pregate insieme. Siate fedeli all’ascolto della parola di Dio, ai sacramenti e innanzitutto alla comunione col corpo di Cristo dato per noi. Partecipate regolarmente alla Messa domenicale, è l’incontro necessario dei cristiani nella Chiesa: lì, rendete grazie per il vostro amore coniugale legato “alla carità stessa di Cristo che si dona sulla croce”; (cf. Ioannis Pauli PP. II Familiaris Consortio, 13)offrite anche le vostre pene insieme al suo sacrificio salvifico; ciascuno, consapevole di essere peccatore, interceda anche per quei suoi fratelli che, in molti modi, si allontanano dalla loro vocazione e rifiutano di compiere la volontà d’amore del Padre; ricevete dalla sua misericordia la purificazione e la forza di perdonare l’un l’altro, rafforzate la vostra speranza; rendete evidente la vostra comunione fraterna fondandola sulla comunione eucaristica.

9. Con Paolo di Tarso, con Marguerite-Marie, noi proclamiamo la stessa certezza: né la morte né la vita, né il presente né l’avvenire, né alcuna forza, né alcuna altra creatura, niente potrà separarci dall’amore di Dio che è in Gesù Cristo. Ne ho la certezza . . . niente potrà mai . . .!

Oggi, ci troviamo in questo luogo di Paray-le-Monial per rinnovare in noi stessi questa certezza: “Vi darò un cuore . . .”. Dinanzi al cuore aperto di Cristo, cerchiamo di attingere da esso l’amore vero di cui hanno bisogno le nostre famiglie. La cellula familiare è fondamentale per costruire la civiltà dell’amore.

Dappertutto, nella società, nei nostri villaggi, nei nostri quartieri, nelle nostre fabbriche e nei nostri uffici, nei nostri incontri tra popoli e razze, il “cuore di pietra”, il cuore disseccato, deve trasformarsi in “cuore di carne”, aperto ai fratelli, aperto a Dio. Lo esige la pace. Lo esige la sopravvivenza dell’umanità. Questo oltrepassa la nostra forza. È un dono di Dio. Un dono del suo amore.

Noi abbiamo la certezza del suo Amore!

 

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