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VISITA PASTORALE ALLA BASILICA ROMANA DI SANTA SABINA ALL’AVENTINO

RITO LITURGICO DELLA BENEDIZIONE E DELL'IMPOSIZIONE DELLE CENERI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Mercoledì, 4 marzo 1987

 

1. “Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6, 3).

Così dice Cristo nel suo insegnamento sulle opere buone, nel discorso della montagna.

“Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta”.

“Non sappia . . .”, cioè dimentica te stesso quando vuoi fare del bene all’altro. Quando vuoi farlo nella verità, e non soltanto in apparenza. Dimentica. Liberati dal tuo “io”, affinché esso possa impegnarsi realmente nel bene che tu stai facendo. Liberati dal tuo “io”, se ciò che stai facendo deve mantenere un pieno riferimento all’altro. Se deve rimanere fedele alla logica del dono.

2. All’inizio della Quaresima, nel mercoledì delle Ceneri, Cristo ci richiama alla verità interiore delle nostre opere: dell’elemosina, della preghiera e del digiuno. Questa pericope porta in sé una particolare chiamata alle opere buone. Alle opere di pietà. Proprio per questo è indispensabile la verità interiore di ciascuna di esse, affinché in ciascuna si apra, per così dire, uno spazio per Dio.

“Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra”, il che vuol dire: crea le condizioni interiori, perché ti sia reso possibile, nella tua opera, nella tua opera buona incontrarti con il Padre “che vede nel segreto” (cf. Mt 6, 4).

3. Perché questo?

Perché, con la giornata odierna, noi entriamo nella Quaresima, nel periodo di una particolare conversione.

E la conversione è una ricostruzione della verità di tutto ciò che facciamo e che siamo. Della verità interiore - per questo la conversione significa entrare “nella camera” del proprio cuore, della propria coscienza. Tuttavia non per separarci. Tutto il contrario, per aprirci ancor più a Dio. Creare per lui uno spazio che il nostro “io” - dopo il peccato originale - gli nega, gli toglie, così sconsideratamente.

4. Da tale spazio interiore - così aperto - scaturirà, si potrebbe dire, spontaneamente, la parola: Perdona! Rimetti! Lavami! Cancella il mio peccato! Crea in me un cuore puro! È tutto ciò che costituisce la grande eredità dell’alleanza con Dio. Ciò che si è condensato, in modo così splendido e addirittura irripetibile, nel salmo 50 di Davide.

Ciò è una splendida testimonianza della coscienza umana che, entrando nella verità interiore delle opere, si apre a Dio. Questa testimonianza ci accompagna costantemente nel corso della Quaresima.

5. Chi è questo Dio con il quale parla Davide, il re-peccatore, il re-salmista e profeta? Chi è questo Dio che dice: “Ritornate a me con tutto il cuore” (Gl 2, 12)?

È il Dio che si mostra “geloso per la sua terra?” (cf. Gl 2, 18)

E non è forse lo stesso Dio, che trattò “da peccato in nostro favore” il proprio Figlio - “Colui che non aveva conosciuto peccato?” (cf. 2 Cor 5, 21).

Questa verità, questa realtà pulsa con una vena più profonda in tutto l’organismo vivo della Chiesa, dell’umanità, particolarmente adesso nel periodo della Quaresima.

6. Occorre quindi dimenticare se stessi (“non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra”), occorre aprire lo spazio interiore a Dio - proprio lo spazio della conversione - affinché questa realtà incredibile - possa essere da noi partecipata più pienamente.

Dio trattò da peccato il suo Figlio, Gesù Cristo, in nostro favore, perché noi potessimo diventare por mezzo di lui “giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).

Questa realtà si chiama grazia.

Proprio in essa è inscritta la nostra riconciliazione con Dio.

7. Un uomo chiuso nel proprio “io” non capisce questa realtà. Non la capisce un uomo tronfio della propria giustizia. Della propria autosufficienza - disprezzando tutte le esperienze personali e collettive.

Esponiamo, dunque, più fortemente queste esperienze nel contesto della Quaresima!

È un tempo “forte”.

Il tempo delle verità fondamentali, elementari.

Il tempo delle chiamate radicali.

Il tempo in cui la massima potenza dello Spirito - “scrutinium cordis” - deve manifestarsi mediante la “debolezza”: mediante, cioè, la passione e morte, del Figlio di Dio. Mediante ciò che l’Apostolo ha chiamato la “stoltezza della croce” (cf. 1 Cor 1, 18).

“La potenza di Dio infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (cf. 2 Cor 12, 9).

 

© Copyright 1987 - Libreria Editrice Vaticana

 



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