Index   Back Top Print

[ IT ]

VISITA PASTORALE A TORINO

SOLENNE CELEBRAZIONE IN ONORE DI DON BOSCO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza Santa Maria Ausiliatrice (Torino) - Domenica, 4 settembre 1988

 

1. “Rallegratevi nel Signore, sempre, ve lo ripeto ancora rallegratevi” (Fil 4, 4).

Questo invito di Paolo alla gioia viene accolto oggi dalla grande Famiglia Salesiana, e insieme con essa, da tutta la Chiesa, nella quale l’eredità spirituale del fondatore san Giovanni Bosco, è fortemente innestata.

Ci rallegriamo in questa solenne liturgia, che celebriamo qui, davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice, costruita da don Bosco in onore della Madre di Dio, ispiratrice e maestra di tutta la sua opera di educatore e fondatore. La Vergine Maria, che don Bosco vide spesso nei suoi “sogni” nell’atto di indicargli il campo del suo peculiare apostolato e camminare alla testa del “gregge” affidatogli dal Signore, è stata da lui spesso chiamata fondatrice e madre delle sue opere. Nell’Ausiliatrice egli vide, altresì, la risposta alle esigenze della Chiesa dei suoi tempi.

Noi ci rallegriamo insieme di questa eredità. Nello spirito della vera gioia e con animo grato a Dio festeggiamo il Giubileo salesiano. Cento anni fa don Bosco terminò la sua vita terrena; e la sua dipartita da questa terra fu un passaggio alla vita nuova in Dio. Colui che, con tanta perseveranza aveva seguito le orme di Cristo crocifisso e risorto, lasciò questo mondo per partecipare pienamente al mistero pasquale del suo maestro. È partito da questa terra in concetto di santità, e la Chiesa presto ha confermato quest’opinione che egli aveva lasciato sulla santità della sua vita.

Perciò noi celebriamo l’attuale ricordo della morte di san Giovanni Bosco nello spirito della gioia. “Rallegratevi”, questo gaudio sia noto a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! (Fil 4, 5).

2. Troppo bene e troppo universalmente è conosciuta la figura e la grande opera della sua vita, per ricordarla oggi dettagliatamente. Cerchiamo, piuttosto, di rileggere il messaggio della Chiesa racchiuso nell’odierna liturgia al fine di ritrovare in esso la “caratteristica” del santo educatore della gioventù.

Ci aiuta in questo, soprattutto, il testo del Vangelo di Matteo, che sembra essere singolare commento alla vita, alla vocazione, all’opera e alla santità di Giovanni Bosco. Anzi, si direbbe che questa vita, questa vocazione, la sua opera e la sua santità siano come un vivo commento alle parole dell’odierno Vangelo. Il nostro santo a Valdocco non era forse un uomo che si è pienamente ritrovato in questo testo di Matteo?

Gesù dice agli apostoli: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18, 3).

E poiché precedentemente i discepoli avevano chiesto: “Chi è . . . il più grande nel regno dei cieli?” (Mt 18, 1), ora Cristo dà loro la risposta: “Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli” (Mt 18, 4).

3. Il mistero del bambino viene profondamente iscritto nell’intera buona novella di Cristo, dato che essa, il Vangelo, è la viva parola del Figlio del Padre.

È la rivelazione della figliolanza in Dio. Ed è, altresì, una chiamata, una vocazione rivolta agli uomini a partecipare a questa figliolanza, alla dignità dei figli di Dio: figli adottivi nel Figlio unigenito.

Il mistero del Figlio!

Ed ecco, Cristo dice agli apostoli: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me!” (Mt 18, 5).

Non inizia proprio qui, in questo passo, in questa frase, la vocazione di Giovanni Bosco? Accogliere un bambino in nome di Cristo!

Non è stato forse questo il contenuto di tutta la sua vita, del suo apostolato, della sua opera? “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”.

4. Quanti bambini “ha accolto” durante la sua vita questo umile e zelante sacerdote torinese! E li ha accolti nel nome di Cristo.

E quale significato ha avuto per lui accogliere un bambino nel nome di Cristo?

Per lui educatore significava impersonare e rivelare la carità di Cristo, esprimere il continuo e gratuito amore di Gesù per i piccoli e i poveri, e sviluppare in essi la capacità di ricevere e di donare affetto. San Giovanni Bosco aveva promesso a Dio che si sarebbe impegnato in favore dei giovani fino all’ultimo suo respiro, e nel presentare il suo “metodo preventivo” scrisse: “La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di san Paolo che dice: «Charitas benigna est, patiens est . . . omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet»” (1 Cor 13, 4-7) (“Memorie biografiche di don Bosco Giovanni”, XIII, 912-913).

5. “Ognuno procuri di farsi amare se vuol farsi temere. Egli conseguirà questo grande fine se con le parole e più ancora con i fatti, farà conoscere che le sue sollecitudini sono dirette esclusivamente al vantaggio spirituale e temporale dei suoi allievi” (“Regolamento per le Case della Società di san Francesco di Sales”, in G. Bosco, Opere edite, XIX, 111-113).

La carità operosa e sapiente, riflesso e frutto della carità di Cristo, fu così per san Giovanni Bosco, la regola d’oro, la molla segreta che gli fece affrontare stenti, umiliazioni, opposizioni, persecuzioni, per dare ai giovani pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute delle loro anime; e che gli permise di aiutare i piccoli a compiere ed apprezzare “con slancio ed amore” gli impegni faticosi, necessari alla formazione della loro personalità (cf. “Lettera da Roma sullo stato dell’Oratorio” in “Memorie biografiche di don Bosco Giovanni”, XVII, 107-114).

6. Grande educatore della gioventù!

Non è stato egli così grande, proprio perché fedele allo Spirito di Cristo? Allo Spirito di verità e di amore?

“Ogni sapienza viene dal Signore ed è sempre con lui”, proclama il libro del Siracide (Sir 1, 1). Proprio questa sapienza divina forma il programma del santo educatore di Valdocco.

E quando si parla del programma, sarebbe difficile non richiamarsi alle parole dell’Apostolo: “Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4, 8).

E tutto questo fate!

“Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!” (Fil 4, 9).

7. Fate tutto questo lasciandovi guidare da una grande fiducia in Dio, poiché “chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato ed è stato da lui trascurato?” (Sir 2, 10).

L’uomo che ama molto, deve avere un’enorme fiducia. L’uomo che lavora molto, deve permanere costantemente nella presenza di Dio. “Il Signore è clemente e misericordioso, rimette i peccati e salva al momento della tribolazione. Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti, e al peccatore che cammina su due strade!” (Sir 1, 11-12).

Sì! È passato qui, attraverso questa città, attraverso questa terra, l’uomo umile e fiducioso, e perciò anche forte, pieno di coraggio divino, di coraggio sacro nel vivere.

8. In tale spirito don Bosco ha educato i suoi collaboratori nelle comunità salesiane, e continua ad educarli ancora.

“Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della seduzione. Sta’ unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perché con il fuoco si prova l’oro, e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Affidati a lui ed egli ti aiuterà; segui la via retta e spera in lui” (Sir 2, 1-6).

Vorrei raccomandare a tutta la famiglia salesiana, alla luce di questi testi sapienziali, di raccogliere con impegno generoso la missione ed il servizio per l’educazione giovanile ereditati da don Bosco.

Si tratta anzitutto di affrontare con coraggio e con animo pronto i sacrifici che il lavoro tra i giovani richiede. Don Bosco diceva che occorre essere pronti a sopportare le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovani, per non spezzare la canna flessa, né spegnere il lucignolo fumigante (cf. “Lettera da Roma sullo stato dell’Oratorio”, in “Memorie biografiche di don Bosco Giovanni”, XVII, 107-114).

Alla famiglia salesiana è affidato in modo speciale il compito di conoscere i giovani, per essere, nella Chiesa, animatori di un apostolato peculiare, orientato specialmente verso il servizio della catechesi. Occorrerà pertanto studiare attentamente il mondo giovanile, per aggiornare costantemente le linee pastorali appropriate, mettendo sempre in luce, con attenzione intelligente e amorosa, le aspirazioni, i giudizi di valore, i condizionamenti, le situazioni di vita, i modelli ambientali, le tensioni, le rivendicazioni, le proposte collettive del mondo giovanile nel suo costante evolversi (cf. “Iuvenum Patris”, 12).

È compito peculiare dei figli di don Bosco incarnare una spiritualità della missione tra i giovani, avendo sempre presente che la personalità del giovane si modella sulla figura del suo educatore. I giovani sono sempre molto attenti ai loro maestri: non solo ai loro atteggiamenti esterni, alle loro esortazioni e richieste; ma soprattutto alla loro vita interiore, alla ricchezza della loro sapienza e carità soprannaturali.

9. Nel corso del colloquio con gli apostoli sul mistero del figlio nel regno di Dio, Cristo dice anche parole dure e minacciose.

Ecco, egli dice: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18, 6).

Dobbiamo riflettere seriamente su queste parole, osservando il contenuto sociale spesso amaro in cui vive oggi tanta parte dei giovani. Noi tutti rimaniamo sconcertati dall’enorme pressione che su di essi esercitano tante ideologie, numerose suggestioni, molteplici forze, organizzate nel creare gradualmente un clima di pensiero e di vita disancorato da ogni riferimento soprannaturale ed aperto a qualsiasi avventura intellettuale e morale.

Accanto a tanti sforzi per l’educazione dei giovani, esiste anche il lavoro assiduo di un’anti-educazione, che compromette il destino della gioventù, orientandola verso esperienze distruttive.

È urgente vigilare ed operare, per liberare i giovani dai miti ricorrenti, dalle droghe ideologiche, dalle suggestioni devianti e dai mezzi che le diffondono.

La severa parola di Cristo ci sprona verso la via complessa, e forse molto lunga, che occorre percorrere per rieducare la coscienza morale dell’intera comunità civile alla luce del Vangelo, e per soccorrere tanti giovani nelle loro incertezze, nelle tensioni e nelle ispirazioni che si sottendono alle loro scelte ed ai loro atteggiamenti.

10. Ecco quindi ciò che Cristo dice alla fine:

 “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18, 10).

Prima disse: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in mio nome, accoglie me”. Ora dice: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli”.

Lo stesso invito in due forme diverse: un invito ed insieme una premonizione. Tutti e due si completano reciprocamente. Indicano insieme il “mistero del bambino”.. il mistero che non può essere espresso adeguatamente, se si separa il “bambino”, il giovane, l’uomo in generale, da quella che è la sua vocazione definitiva. Proprio questa vocazione è custodita dagli angeli, che “vedono sempre la faccia del Padre . . . che è nei cieli”. E ogni bambino, ogni giovane, ogni persona umana, deve arrivare a questa visione, alla visione di Dio “a faccia a faccia”! (cf. 1 Cor 13, 12). San Giovanni Bosco lo sapeva. Questo è stato il suo grande carisma: egli ha visto il “bambino” nella prospettiva definitiva della vocazione di ogni essere umano. La gloria di Dio è l’uomo vivente; (S. Irenaeus) la gloria di Dio è che l’uomo viva di vita eterna, della vita che è da Dio.

Lo sapeva il nostro santo di Valdocco. Questo è stato il suo grande carisma. In tale “conoscenza”, in tale consapevolezza si è radicato il suo programma educativo.

11. Non si può educare diversamente l’uomo. Non si può educarlo pienamente, se non si conosce la sua fine definitiva e il suo destino.

Giovanni Bosco lo sapeva, e trasmetteva questa conoscenza agli altri. Mediante tale conoscenza egli “accoglieva” ogni bambino, ogni giovane “in nome di Cristo”. Accoglieva in lui Cristo stesso.

Dopo cento anni . . .
Che cosa possiamo dire dopo cento anni, mentre ci riuniamo nel luogo in cui questo santo ha vissuto ed operato?
Che cosa possiamo dire?
Caro santo! Quanto ci è necessario il tuo grande carisma!
Quanto occorre che tu ci accompagni e ci aiuti a comprendere il mistero del bambino, il mistero dell’uomo, in particolare dell’uomo giovane!
Caro san Giovanni! Benché tu ci abbia lasciato cento anni fa, sentiamo la tua presenza nel nostro “oggi” e nel nostro “domani”.
Caro san Giovanni! Prega per noi.

Amen!


Al termine della celebrazione eucaristica il Santo Padre pronuncia le seguenti parole.

Carissimi fratelli e sorelle torinesi.

Nel nome di tutti i pellegrini, nel primo centenario della morte - che vuol dire chiamata alla vita eterna - del vostro concittadino san Giovanni Bosco, voglio esprimere la nostra gratitudine, di tutti i pellegrini, per la vostra accoglienza e la vostra ospitalità. Qui, a questo luogo significativo, che non si può dimenticare, veramente indimenticabile, a questo luogo pellegrina non solamente la grande famiglia salesiana maschile e femminile ma pellegrina tutta la Chiesa, pellegrina l’episcopato italiano rappresentato da tanti Cardinali e Vescovi e soprattutto dal presidente della Conferenza episcopale italiana, Cardinale Ugo Poletti. Pellegrina poi il collegio cardinalizio, rappresentato da tanti Cardinali, anche figli di don Bosco e provenienti da diversi popoli, ma soprattutto dal suo decano, il Cardinale Agnelo Rossi. E tutti diciamo alla vostra città di Torino: ti vogliamo bene! Ma, nello stesso tempo, la Chiesa in Italia, la Chiesa in tutto il mondo si domanda, deve domandarsi: perché questa effusione dello Spirito Santo, perché tanti santi moderni, della nostra epoca, del secolo scorso, perché tanti santi appunto qui in Torino? Ce lo domandiamo, e dovete domandarvelo anche voi, e soprattutto voi torinesi. Se leggiamo attentamente il Vangelo, le parole di Cristo, l’invio dei profeti era sempre legato nella economia divina, economia della salvezza, con la chiamata alla conversione. Che cosa vuol dire questo nei nostri tempi, nei nostri secoli? Che cosa vuol dire la presenza di san Giovanni Bosco, san Giuseppe Cafasso, san Leonardo Murialdo e tanti altri santi e sante qui a Torino? Certamente vuol dire la stessa cosa: la divina chiamata alla conversione.

Ti vogliamo bene Torino! Ti vogliamo bene, Torino, specialmente in questa solenne giornata commemorativa del tuo concittadino, di questo don Bosco. E appunto ti invitiamo alla riflessione: questo invio, questo segno vivo del Dio vivente, i tuoi santi, cominciando da san Giovanni Bosco, i tuoi santi recenti, moderni, ha portato e porta ancora oggi la conversione? Lascio la risposta a voi stessi. A voi stessi, a voi tutti: non solamente a questi che mi ascoltano qui presenti, ma a voi tutti, oltre due milioni di torinesi, lascio la risposta e vi invito a rileggere il Vangelo attraverso questa testimonianza che oggi abbiamo vissuto insieme: don Bosco, torinese, figlio di questa terra.

Carissimi, ancora una volta vi ringrazio per la vostra grande ospitalità. Sia lodato Gesù Cristo.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana