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CANONIZZAZIONE DI AGNESE DI BOEMIA E DI ALBERTO ADAMO CHMIELOWSKI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 12 novembre 1989

 

1. “Imparate da me” (Mt 11, 29).

Oggi, domenica 12 novembre 1989, noi qui riuniti abbiamo ascoltato queste parole di Gesù nostro maestro e Signore, contenute nel Vangelo di Matteo:

“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore”.

“Imparate da me . . . il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.

“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me” (Mt 11, 29).

Meditando su queste parole, la Chiesa guarda oggi verso due persone che, con tutta la loro vita, hanno accolto questo invito del Maestro divino: la beata Agnese di Boemia e il beato fratel Albert Chmielowski di Cracovia. Molti secoli li separano l’una dall’altra: dal XIII al XX secolo. Li unisce però una particolare affinità spirituale: l’eredità di san Francesco d’Assisi e di santa Chiara: come pure la vicinanza delle nazioni da cui provengono: la Boemia e la Polonia.

2. Oggi li unisce la comune canonizzazione, con la quale la Chiesa iscrive nell’albo dei suoi santi questa figlia del popolo boemo e questo figlio del popolo polacco.

E ciò accade nel mese di novembre, quando nei nostri cuori risuonano ancora con viva eco le parole dell’Apocalisse di san Giovanni: “Vidi . . . una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono . . . e gridavano a gran voce . . . Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazia, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli” (Ap 7, 9-12).

Ecco, “essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14).

La verità della loro vita è stata questa: essi “hanno imparato” da Cristo, il quale è “mite e umile di cuore”; essi “hanno preso il suo giogo sopra di sé”. Ed ecco, hanno trovato un ristoro per le loro anime: la santità, e cioè la perfezione eterna in Dio.

3. La beata Agnese di Boemia, pur essendo vissuta in un periodo tanto lontano dal nostro, rimane anche oggi un fulgido esempio di fede cristiana e di carità eroica, che invita alla riflessione ed alla imitazione.

Ben si addicono alla sua vita ed alla sua spiritualità le parole della prima lettera di Pietro: “Siate moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera”. Così scriveva il capo degli apostoli ai cristiani del suo tempo; e soggiungeva: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità . . . Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare” (1 Pt 4, 7-9). Proprio questo è stato il programma di vita di sant’Agnese: fin dalla più tenera età ella orientò la propria esistenza alla ricerca dei beni celesti. Rifiutate alcune proposte di matrimonio, decise di dedicarsi totalmente a Dio, perché nella sua vita egli venisse glorificato per mezzo di Gesù Cristo (cf. 1 Pt 4, 11).

Essendo venuta a conoscere dai Frati Minori, allora giunti a Praga, l’esperienza spirituale di Chiara di Assisi, volle seguirne l’esempio di francescana povertà: con i propri beni dinastici fondò a Praga l’ospedale di san Francesco e un monastero per le “Sorelle Povere” o “Damianite”, dove lei stessa fece il suo ingresso il giorno di Pentecoste del 1234, professando i voti solenni di castità, povertà e obbedienza.

Sono rimaste famose le lettere che santa Chiara d’Assisi le indirizzò per esortarla a proseguire nel cammino intrapreso. Sorse così un’amicizia spirituale, che durò per quasi vent’anni, senza che le due sante donne si incontrassero mai.

4. “Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare” (1 Pt 4, 9). Fu la norma a cui santa Angnese ispirò costantemente la propria azione, accettando sempre con piena fiducia gli avvenimenti che la Provvidenza permetteva, nella certezza che tutto passa, ma la Verità rimane in eterno!

È, questo, l’insegnamento che la nuova santa dona anche a voi, cari suoi connazionali, e dona a tutti. La storia umana è in continuo movimento; i tempi cambiano con le varie generazioni e con le scoperte scientifiche; nuove tecniche ma anche nuovi affanni si affacciano all’orizzonte dell’umanità, sempre in cammino: ma la verità di Cristo, che illumina e salva, perdura nel mutare degli eventi. Tutto ciò che avviene sulla terra è voluto o permesso dall’Altissimo perché gli uomini sentano la sete o la nostalgia della Verità, tendano ad essa, la ricerchino e la raggiungano!

“Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri”, così scriveva ancora san Pietro, e concludeva: “Chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 4, 10-11). Nella sua lunga vita, travagliata anche da malattie e sofferenze, sant’Agnese ha davvero compiuto con energia il suo servizio di carità, per amore di Dio, contemplando come in uno specchio Gesù Cristo, come le aveva suggerito santa Chiara: “In questo specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità” (Lettera IV: “Fonti Francescane”, ed. 1986, n. 2903).

E così Agnese di Boemia, che oggi abbiamo la gioia di invocare “Santa”, pur vissuta in secoli tanto lontani da noi, ha avuto un notevole ruolo nello sviluppo civile e culturale della sua Nazione e resta nostra contemporanea per la sua fede cristiana e per la sua carità: è esempio di coraggio ed è aiuto spirituale per le giovani che generosamente si consacrano alla vita religiosa; e ideale di santità per tutti coloro che seguono Cristo; è stimolo alla carità, esercitata con totale dedizione verso tutti, superando ogni barriera di razza, di popolo e di mentalità; e celeste protettrice del nostro faticoso cammino quotidiano. A lei possiamo dunque rivolgerci con grande fiducia e speranza.

5. Ed ecco fratel Alberto: è un personaggio che ha lasciato un’orma profonda nella storia di Cracovia e del popolo polacco, come nella storia della salvezza. Bisogna “dare l’anima”): sembra questo il filo conduttore della vita di Adam Chmielowski, fin dai suoi giovani anni. Come studente diciassettenne della scuola di agricoltura partecipò alla lotta insurrezionale per la libertà della sua Patria dal giogo straniero – e in essa riportò la mutilazione di una gamba. Cercò il significato della sua vocazione attraverso l’attività artistica, lasciando opere che ancora oggi impressionano per una loro particolare capacità espressiva.

Mentre si dedicava sempre più intensamente alla pittura, Cristo gli fece sentire la chiamata per un’altra vocazione e lo invitò a cercare sempre più oltre: “Impara da me . . . che sono mite e umile di cuore . . . Impara”.

Adam Chmielowski fu discepolo pronto a ogni chiamata del suo maestro e Signore.

6. Di questa chiamata decisiva, che tracciò la sua strada verso la santità in Cristo, parla il testo della prima lettura della liturgia della odierna canonizzazione, tratto dal profeta Isaia: “. . . sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo” (Is 58, 6). È questa la teologia della liberazione messianica, che contiene quella che oggi siamo abituati a definire “opzione per i poveri”: “dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente” (Is 58, 7).

Proprio così fece fratel Alberto. In questo instancabile, eroico servizio a favore dei diseredati egli trovò finalmente il suo cammino. Trovò Cristo. Prese su di sé il suo giogo e il suo carico; e non fu soltanto “uno che fa la carità”, ma divenne fratello di coloro che egli serviva. Il loro fratello. Il “fratello grigio”, come era chiamato.

Altri lo seguirono: i “Fratelli grigi” e le “Sorelle grigie”, per i quali oggi è una grande festa comune. Ecco, infatti: si sono compiute le ulteriori parole della profezia di Isaia: “Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà: implorerai aiuto ed egli dirà: Eccomi!” (Is 58, 8-9).

7. “Eccomi”.

Nel Vangelo che abbiamo ora ascoltato Cristo dice: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio” (Mt 11, 27).

“Eccomi”: soltanto il Figlio! e “colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).

E a chi il Figlio rivela? A chi si rivela il Padre nel Figlio?

“Ti benedico, o Padre . . . perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelati ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 25-26).

Ti benedico, o Padre, perché / hai rivelato il mistero del tuo amore / a suor Agnese di Boemia e a fratel Alberto di Cracovia / “Perché così è piaciuto a te”. / Per questo ti rendiamo grazie.

Ti benediciamo, o Padre, insieme con il Figlio e con lo Spirito Santo. Benediciamo te, che sei l’amore.

 

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