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MESSA PER I GIOVANI UNIVERSITARI DI ROMA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 14 dicembre 1989

 

1. “Compi la tua opera di annunciatore del Vangelo” (2 Tm 4, 5).

È Paolo che parla. Egli si rivolge al discepolo Timoteo per ricordargli il compito principale del suo ministero di Vescovo: annunciare il Vangelo. Quella è l’“opera sua”, la ragione d’essere del posto che egli occupa nella Chiesa. Il Vescovo o è annunciatore del Vangelo o non è.

L’imperativo missionario, tuttavia, non riguarda lui solo. Ogni cristiano ne è personalmente toccato. Lo è in forza del Battesimo, che lo inserisce in Cristo, il missionario del Padre per eccellenza. In quanto battezzato, il cristiano è chiamato a portare il seme del Vangelo dovunque si trovano uomini a vivere e a lavorare, specialmente là dove si preparano, come nell’università, i quadri direttivi della società di domani.

“Compi la tua opera di annunciatore del Vangelo”. Penso in questo momento alle centinaia di migliaia di giovani che mi hanno accompagnato nello scorso mese di agosto nel pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Molti di loro erano universitari; sicuramente a Santiago c’era anche qualcuno di voi. Da tutta l’Europa i giovani si sono raccolti nel santuario dell’Apostolo per vivere una singolare esperienza di Chiesa e ritornare poi nelle rispettive città e paesi col proposito di ravvivare “l’impegno nella fede”, “l’operosità nella carità” e “la costante speranza nel Signore Gesù” (cf. 1 Ts 1, 3).

Carissimi giovani universitari, noi siamo qui raccolti stasera per rivivere un momento forte di comunione, come è stato quello di Compostela. Secondo una consuetudine ormai lunga, in questa sera di Avvento che prepara il santo Natale, mi rivolgo a voi e ai docenti che vi precedono sulla strada, che conduce alle mete prescelte, quasi guide che - secondo le parole di Platone - vi tirano un poco per mano, per lasciarvi poi correre sui vostri piedi (cf. Epistula VII, 340 c). Mi rivolgo a voi tutti per dirvi, mentre siete ancora agli inizi dell’anno scolastico: “Compi la tua opera di annunciatore del Vangelo”.

2. Il mondo dell’università e della scuola presenta oggi nuove domande ed offre nuovi spazi agli annunciatori del Vangelo.

Gli eventi che stiamo vivendo confermano quanto siano insoddisfacenti certi modi di pensare e di concepire la cultura umana e il suo rapporto con la religione e la fede. Sorgono nuove domande che vanno oltre l’orizzonte della cultura puramente tecnicistica e si spingono verso il mondo dello spirito. Oggi si pongono con insistenza crescente interrogativi sul significato ultimo dell’uomo e sugli elementi costitutivi di un vero umanesimo. Si cerca un modo di vivere che risponda pienamente alla dignità dell’uomo tanto come singolo quanto come soggetto sociale.

“Tu vigila attentamente, scrive san Paolo a Timoteo, sappi sopportare le sofferenze”. Il cristiano sa essere partecipe delle sofferenze dei suoi simili, e si mette al loro fianco per camminare con loro sulla strada indicata dal Messia Gesù. Egli ci ha visitati “oriens ex alto, illuminare his qui in tenebris et in umbra mortis sedent ad dirigendos pedes nostros in viam pacis”: “come un sole che sorge dall’oriente per illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1, 78-79).

“Per dirigere i nostri passi”. Carissimi, questo discorso è rivolto concretamente a noi, questa sera. Penso in questo momento con affetto al fervido mondo delle vostre università, qui a Roma. Fra le altre, consentitemi di ricordare in particolare l’istituto universitario pareggiato di magistero “Maria SS. Assunta”, che celebra quest’anno i cinquanta anni di fondazione. Nelle varie sedi universitarie si raccolgono giovani che provengono da tutti i quartieri della città, da tante regioni d’Italia, e da varie nazioni del mondo. Penso ai tanti problemi di sussistenza, di accoglienza, di orientamento, di scelta delle discipline di studio, di avviamento alla metodologia scientifica, di impatto con nuovi orizzonti e con diverse concezioni di vita. E condivido i vostri desideri di una crescita personale che vada oltre l’apprendimento di singole discipline; condivido i desideri di libertà e di riuscita, ma anche il bisogno di guida e di orientamento nelle nuove esperienze alle quali vi apre la vita universitaria. Condivido la vostra ricerca di un rapporto vero e personale con i docenti che eviti il rischio di anonimato al quale espone una popolazione universitaria numerosa come quella di Roma. Per questo si fa pressante l’esigenza di un rinnovato impegno, di una tempestiva e sapiente testimonianza del Vangelo nell’ambiente universitario.

3. Momento favorevole per questo impegno è la celebrazione del Sinodo nella Chiesa di Roma, la Chiesa nella quale è inserita la vostra realtà universitaria. La Chiesa di Roma si trova nel mezzo del suo cammino sinodale. Nel linguaggio della tradizione cristiana, “sinodo” è una chiamata a raccolta dei cristiani per rivedere insieme il proprio impegno e camminare creativamente nella luce del Signore.

Per natura e vocazione, la Chiesa è in cammino. Sotto vari aspetti è in cammino con gli uomini, per condividerne le trepidazioni e le speranze, le gioie e le sofferenze (uti legitur in Gaudium et Spes, 1) e per comunicare a tutti il “Vangelo eterno” (Ap 14, 6) che è “forza (“dynamis”) di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 16).

Ora, in questo creativo cammino sinodale, la Chiesa di Roma vuole incontrare l’università, dove docenti illustri per dottrina introducono i giovani nelle vie del sapere e della ricerca, e dove tutte le maggiori espressioni della cultura umana si incontrano come in un crocevia. La Chiesa mancherebbe gravemente alla sua missione, se non incontrasse l’università. Tanto l’una quanto l’altra, infatti, hanno in comune il grande fine di formare un uomo maturo, anche se la Chiesa va oltre, giacché per essa “uomo perfetto” è solo colui che è giunto alla piena conoscenza di Cristo (cf. Ef 4, 13; Col 1, 28).

“Formare l’uomo”: è un compito grande che ogni generazione si pone, e la Chiesa ha in ciò un suo specifico contributo da portare, perché “esperta in umanità”, secondo l’espressione di Paolo VI, e perché il suo Signore e Maestro è il “Redentore dell’uomo”.

“Su questa via, sulla quale Cristo si unisce ad ogni uomo, la Chiesa non può essere fermata da nessuno”, come ho scritto nella mia prima lettera enciclica “Redemptor Hominis” (Redemptor Hominis, 13).

4. Depositaria della verità del Vangelo, la Chiesa indica all’uomo i fini ultimi, i quali si coniugano necessariamente con quelli più immediati e storici, personali e sociali, che si coltivano nell’università. D’altra parte, gli orizzonti scientifici ed umanistici, ai quali prepara l’università, richiedono di essere coordinati in una visione unitaria, che accolga tutto l’uomo e gli indichi il senso del suo cercare e lavorare sopra la terra. Vale qui il luminoso assioma di Sant’Ireneo: “Gloria Dei vivens homo: l’uomo vivente è la gloria di Dio, e la vita dell’uomo è la visione di Dio”. (Adv. haer, IV, 20, 7). Dio vuole la gloria dell’uomo e l’uomo trova la sua gloria in Dio. Nulla gli è pari, nulla gli basta sopra la terra. Chiesa e università sono impegnate a promuovere questa vita specifica dell’uomo, che lo porta alla visione di Dio.

Per questo alle origini dell’università si trova la presenza della Chiesa, la quale ha sempre guardato con stima e simpatia quel laboratorio del sapere, della ricerca e del servizio alla società che è l’università.

Sono passati i tempi dell’inutile e spesso artificioso contrasto tra la scienza e la fede. Oggi gli uomini di scienza si interrogano con sgomento sui possibili abusi della scienza e temono per la sorte dell’uomo e del cosmo. Giunta sull’orlo dell’abisso, l’umanità avverte con acutezza il ruolo della coscienza nella stessa ricerca scientifica e nell’utilizzo dei suoi risultati. Vecchie problematiche appaiono ormai superate. Scienza e cultura sentono di doversi mettere insieme a servizio dell’uomo; in questo servizio incontrano la Chiesa che è depositaria della Parola di Cristo e della sua legge. Un nuovo grande confronto si delinea, quello del sapere e della scienza con la morale e con i fini ultimi e veri dell’uomo.

5. Nel suo cammino sinodale la Chiesa di Roma incontra l’università e vuole stabilire punti di contatto per confrontare discorsi, misurare metodologie e raccogliere risultati. Nessuno può presumere di parlare in maniera compiuta del “sistema uomo”: per questo la Chiesa guarda con stima ed attenzione a ciò che avviene nell’università ed offre con semplicità e franchezza le parole di cui è depositaria. Occorrerà quindi, nel cammino sinodale, offrire opportunità e forse anche creare strutture nuove, che favoriscano la comunicazione con il mondo universitario e facciano crescere la comunione tra le varie componenti dell’università, tra docenti e studenti. Occorre per questo una più sentita e consapevole comunione tra le forze e i movimenti ecclesiali, che assumono in proprio la missione della Chiesa di immettere il Vangelo nella vasta e complessa realtà universitaria. Comunione e missione sono i grandi obiettivi del Sinodo. So che sono già stati fatti dei passi in questa direzione per accrescere la comunione nella Chiesa di Roma al servizio della sua missione anche nell’università. Il cammino sinodale ci conforta e addita nuove mete da raggiungere nella qualificazione cristiana della cultura.

Il mio augurio, che estendo a tutti i componenti della famiglia universitaria, è che l’evento del Natale corrobori nei vostri cuori l’impegno di costruire nel campo universitario l’uomo nuovo e la nuova società, gettando le fondamenta non “sulla sabbia”, ma “sopra la roccia” (cf. Mt 7, 24-27) che è Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo.

Con questo augurio proprio dei periodo natalizio, voglio ricordare qui, in un certo senso, tutti gli studenti del nostro Paese, dell’Europa, del mondo, ma soprattutto un gruppo di vostri coetanei particolarmente provati: sono gli studenti del Libano. Questo appuntamento dell’Avvento 1989 invita tutti loro: sentiamo la loro presenza, la loro sofferenza, le loro ansie. Cerchiamo di portare tutto questo all’altare. In tal modo facciamo nostre questa ansia, questa sofferenza, queste giuste aspirazioni alla pace, alla vera indipendenza del loro Paese. E, se alla fine desidero ripetere le parole iniziali, “compi la tua opera di annunciatore del Vangelo”, nello stesso tempo voglio trasmettere le stesse parole ai vostri colleghi e coetanei del Libano; e se desidero augurarvi che ci accompagni con la sua protezione materna la Madre del Redentore, voglio ripetere di gran cuore le stesse parole agli studenti libanesi: vi accompagni con la sua protezione materna la Madre del Redentore, la Madre del Libano.

Amen.

 

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