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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
PER L'APERTURA DELL'ASSEMBLEA SPECIALE
PER L'AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

San Pietro - Domenica, 10 aprile 1994

 

1. “Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso! . . .” (Sal 118, 24).

Così canta la Chiesa per tutta l’Ottava di Pasqua, mentre gioisce del Cristo che è la “pietra angolare” della sua costruzione eterna (cf. Ef 2, 20).

Questo è il giorno fatto dal Signore “Questo è il giorno fatto dal Signore . . .”. Così canta oggi in modo particolare la Chiesa che è nel continente africano, la Chiesa che condivide le sorti dei popoli e delle nazioni di questo antico continente. Lì essa ha radici così antiche, come in poche altre parti del mondo. Guardando indietro, verso l’Antico Testamento, troviamo che lì, attraverso l’Egitto, già passava la strada di Abramo, padre della nostra fede, e poi la strada di Israele. Lì ha inizio la Pasqua dell’Antica Alleanza, la liberazione dalla schiavitù, lì sta il Monte Sinai dove Mosè ricevette i Dieci Comandamenti, lì si svolsero i quarant’anni del popolo eletto nel deserto. Tutto sta lì.

L’Africa è anche in un certo senso la seconda patria di Gesù. Piccolo bimbo, fu lì che cercò rifugio contro la crudeltà di Erode.

Vengono, poi, i tempi apostolici. E la Chiesa torna nuovamente in Africa per mezzo del diacono Filippo, che battezza un funzionario della regina d’Etiopia. In questo modo nasce la Chiesa in quell’antica, venerata parte del continente africano.

Seguono, poi, i tempi dei martiri. Il periodo del primo Concilio, l’indimenticabile attività della Chiesa alessandrina, sant’Atanasio, un po’ più tardi sant’Agostino, sant’Antonio Eremita e la grande tradizione ascetica dei Padri del Deserto. Tutto questo è l’Africa! Come si vede, il giorno dell’Africa nella Chiesa dura ormai da quasi 2000 anni.

Tutta l’Africa è presente oggi nella Basilica di San Pietro

2. Dobbiamo ricordarlo oggi, iniziando questo Sinodo della Chiesa nel continente africano, primo nella storia.

Naturalmente, ricordiamo i Sinodi africani dei primi secoli, l’attività di Origene, di san Cipriano, le controversie ecclesiologiche, che dividevano allora il cristianesimo. Ma tutto ciò si concentrava prima di tutto lungo le coste settentrionali del continente. Oggi per la prima volta si svolge un Sinodo della Chiesa africana che interessa l’intero continente: da Alessandria fino al Capo di Buona Speranza, dal Golfo Persico sino a Gorée e alle isole atlantiche di Capo Verde.

Tutta l’Africa è presente oggi nella Basilica di San Pietro. Con un profondo fremito del cuore il Vescovo di Roma saluta l’Africa. La saluta nelle persone dei Vescovi riuniti per il Sinodo, i quali nella stragrande maggioranza sono ormai figli dei popoli africani: scelti fra quei popoli e per essi costituiti (cf. Eb 5, 1). Lo Spirito Santo li ha posti come Vescovi tra le Chiese africane. Il Vescovo di Roma saluta tutti i popoli del vostro Continente, carissimi Fratelli rappresentanti di tutte le razze e culture, di tutte le lingue, le tradizioni e le usanze, nelle quali queste culture si esprimono da secoli. Roma si è sentita legata all’Africa sin dall’inizio della nostra era, ed anche da prima. Figli e figlie dell’Africa giungevano in Italia già ai tempi dell’antico impero romano, come giungono anche oggi. Non è possibile richiamare tutti i particolari storici dai tempi prima di Cristo, ma è doveroso ricordare che sin dall’inizio dell’era nuova i figli dell’Africa furono presenti nella Chiesa, ed esercitarono in essa vari ministeri. Vi furono degli africani anche tra i Papi.

I figli e le figlie dell’Africa amano la vita

3. Il Vescovo di Roma saluta oggi la Chiesa che è in Africa, in tutte le regioni di quel grande Continente: sia nell’immenso Sahara, come nel profondo delle savane africane e delle ricche foreste tropicali, dove vivono popoli molto antichi. La Chiesa Romana saluta questi popoli, saluta specialmente le loro tradizioni religiose, nelle quali si esprime l’ardente ricerca dell’unico Dio attraverso la venerazione degli avi.

Queste antiche tradizioni sono ancora la parte della maggioranza degli abitanti dell’Africa. Sono tradizioni aperte al Vangelo, aperte alla verità, espressa oggi da san Giovanni, il quale afferma che Gesù è il Messia: “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato” (1 Gv 5, 1).

I figli e le figlie dell’Africa amano la vita. È proprio l’amore per la vita a comandare loro di attribuire così grande importanza alla venerazione degli avi. Credono istintivamente che quei morti continuino a vivere e rimangano in comunione con loro. Non è questo in qualche modo una preparazione alla fede nella Comunione dei Santi? I popoli dell’Africa rispettano la vita che viene concepita e nasce. Gioiscono di questa vita. Rifiutano l’idea che possa essere annientata, anche quando a ciò vorrebbero indurli le cosiddette “civiltà progressiste”. E le pratiche ostili alla vita vengono loro imposte per mezzo di sistemi economici al servizio dell’egoismo dei ricchi.

La Chiesa che parla in questo momento con le mie labbra, gioisce per il fatto che i popoli dell’Africa con le loro culture e i loro costumi vivono oggi in propri stati e sistemi, sono sovrani sul proprio Continente. Tale sovranità permette loro, da un lato, di valutare tutto ciò che di positivo gli europei hanno portato per lo sviluppo del loro Continente e, dall’altro, di giudicare criticamente tutte le ingiustizie subite nel corso dell’epoca coloniale e, prima ancora, in conseguenza della pratica crudele, durata tanto a lungo, di ridurre in schiavitù molti figli dell’Africa per deportarli nel Nuovo Mondo.

Il Continente è anche tormentato da annose tensioni e sanguinose lotte

4. Ma se, da un lato, constatiamo con soddisfazione che l’apertura alla vita costituisce una delle caratteristiche più belle e tipiche del Continente africano, con profondo dolore e preoccupazione vediamo, dall’altro, che esso è tormentato da annose tensioni e sanguinose lotte. Non si può non rimanere profondamente colpiti e turbati da questo drammatico contrasto tra amore e odio, tra gioia di vivere e terrore, tra solidarietà e fratricidio, tra vita e morte.

Sacerdoti, religiose e catechisti: vittime di un odio assurdo In questo contesto, che tocca purtroppo numerosi Paesi, desidero ora ricordare, in maniera particolare, il popolo e la Chiesa rwandesi, provati in questi giorni da una impressionante tragedia, legata anche alla drammatica uccisione dei Presidenti del Rwanda e del Burundi. Con voi, Vescovi, condivido la sofferenza di fronte a questa nuova catastrofica ondata di violenza e di morte, che, investendo questo diletto Paese, ha fatto scorrere in proporzioni impressionanti anche il sangue di sacerdoti, religiose e catechisti: vittime di un odio assurdo.

Assieme a voi, riuniti in questo Sinodo Africano, e in spirituale comunione con i Vescovi del Rwanda che non hanno potuto essere oggi qui con noi, sento il dovere di rivolgere un appello affinché sia fermata la mano omicida dei violenti. Con voi elevo la mia voce per dire a tutti: Basta con queste violenze! Basta con queste tragedie! Basta con queste stragi fratricide!

In Rwanda e in Burundi, duramente provati in questi ultimi tempi, come anche in tutta l’Africa, la Chiesa è chiamata a dare il suo prezioso e insostituibile contributo nel promuovere una urgente e radicale opera di riconciliazione, che faccia del Continente africano una terra dove regni la pace e l’amore per la vita.

Il Concilio Vaticano II è la principale fonte d’ispirazione per il Sinodo Africano

5. Il Concilio Vaticano II, che è la principale fonte d’ispirazione per il Sinodo Africano, ha aperto un fecondo dialogo non solo con i cristiani, ma anche con le religioni non cristiane. In Africa questo dialogo ha un suo grande campo d’azione. Ciò vale specialmente nei confronti di coloro che si ritengono discendenza spirituale di Abramo, cioè i musulmani. La Chiesa di Roma saluta tutti i seguaci dell’Islam che vivono nel continente africano, specialmente nella sua parte settentrionale. Augura a loro la benedizione di Dio onnipotente e misericordioso.

Contemporaneamente questa Chiesa, che è in tutta la terra e che oggi si esprime in modo particolare attraverso la presenza dei Vescovi africani, crede fermamente che l’onnipotenza e la misericordia dell’unico Dio si sono realizzate prima di tutto per mezzo dell’Incarnazione del Figlio di Dio - Figlio che è consustanziale col Padre e che opera insieme al Padre nello Spirito Santo e in tale unità trinitaria riceve piena gloria e onore. L’uomo e l’umanità intera sono chiamati a rendere onore a questo Dio in Spirito e verità. Gesù Cristo è colui che è venuto, come dice S. Giovanni, “con acqua e sangue [ . . .] non con acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità” (1 Gv 5, 6). Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa, questa è la fede di tutte le Chiese particolari che peregrinano nel continente africano verso la casa del Padre. Questa fede vince il mondo. Vince il mondo colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio. Vince il mondo ciò che è nato da Dio (cf. 1 Gv 5, 4-5).

Cristo crocifisso e risorto è la speranza dell’Africa

6. Davanti a voi, credenti che professate un solo Dio, diamo testimonianza di questo ineffabile mistero, che Dio volle rivelare all’uomo in Gesù Cristo, portandogli la giustificazione mediante la fede e la remissione dei peccati. Gesù è Figlio di Maria Vergine di Nazaret, come anche voi riconoscete. Proprio questo Gesù, Dio-Uomo crocifisso e risorto, è la speranza di tutta l’umanità. Egli è anche la speranza dell’Africa!

Inaugurando il Sinodo dei Vescovi per l’Africa vi chiediamo la preghiera all’unico Dio, per mezzo di Abramo, padre della nostra fede, affinché possiamo adempiere bene alla vocazione, che i popoli dell’Africa da 2000 anni ricevettero da Dio per mezzo di Cristo, nella sua santa Chiesa.

La liturgia odierna della seconda Domenica di Pasqua ci riporta agli antichissimi tempi della Chiesa, quando “la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola [ . . .], gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande stima” (At 4, 32.33). Chiediamo allo Spirito Santo che questa “grande stima” animi la nostra assemblea sinodale. Essa è frutto di un lungo lavoro. Prima la Chiesa, che è in tutta l’Africa ha cercato una forma adeguata a questo incontro. Dopo si è scoperto che quella forma esisteva già da tanto tempo in tanti Sinodi africani. Oggi tale forma si esprime attraverso il Sinodo dei Vescovi della Chiesa che è nel continente africano in comunione con il Vescovo di Roma. In questo modo il presente Sinodo ha un carattere totalmente africano e, allo stesso tempo, partecipa alla piena universalità della Chiesa, che s’esprime nel ministero del Successore di Pietro.

Il Sinodo africano deve scaturire da tutto il patrimonio del Magistero della Chiesa

7. Desideriamo dunque che questo sia un Sinodo africano fino in fondo, che vada alle radici stesse, mediante ciò per cui la Chiesa in Africa è africana e allo stesso tempo universale. Desideriamo che esso confronti la vita di tutte le Chiese dell’Africa con il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo e con tutto il ricco messaggio cristiano della verità morale, che ha la sua dimensione personale, familiare, sociale, nazionale ed internazionale. Desideriamo che questo Sinodo studi l’applicazione alle necessità dell’Africa dei principi della dottrina sociale cattolica, ravvivando al tempo stesso il bisogno di giustizia e di pace nella dimensione internazionale e continentale. Se l’Africa subì dagli altri molti torti nel corso della storia, dobbiamo porci la domanda: che cosa occorre fare perché questo stato di cose muti? A chi bisogna rivolgersi e con quale messaggio, convincendo e pretendendo, esortando nel nome di Dio, ed anche nel nome dei diritti dell’uomo e del bene comune di tutta la famiglia umana, della quale i figli e le figlie dell’Africa sono una parte importante?

Così dunque il Sinodo africano deve scaturire da tutto il patrimonio del Magistero della Chiesa, deve anche leggere in profondità dalla propria specifica angolatura tutte le verità del recente Catechismo della Chiesa Cattolica. Dopo la fase romana dei lavori, il Sinodo si trasferirà con il proprio patrimonio in Africa, e là, nei luoghi opportuni, darà testimonianza di quanto esso sia un Sinodo nato in Africa e destinato all’Africa. .

Il movimento ecumenico contemporaneo ha preso inizio tra le missioni africane

8. L’odierno Vangelo ricorda come Gesù, otto giorni dopo la risurrezione, venne per la seconda volta al cenacolo e si rivolse a Tommaso il quale prima era assente. Gesù gli disse: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente” (Gv 20, 27). Tommaso gli rispose: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20, 28).

La confessione di fede con cui Tommaso si rivolge a Gesù Cristo, Dio-Uomo, unisce tutti noi che oggi iniziamo i lavori del Sinodo africano. Questa confessione ci unisce anche ai nostri fratelli cristiani, che non permangono con noi nella piena unità della Chiesa universale. Oggi in modo particolare diamo anche a loro il benvenuto. Salutiamo sia i rappresentanti delle Chiese ortodosse, specialmente dell’antichissima Chiesa copta in Egitto e in Abissinia, sia quelli delle Chiese e delle comunità nate dopo la Riforma: anglicani, luterani e riformati. Salutiamo quanti confessano che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, sia che appartengano alla popolazione indigena o siano venuti da altri Paesi come missionari. È proprio a loro che dobbiamo in modo particolare il rilancio dell’impegno per l’unità dei cristiani nell’epoca moderna. Annunziando Cristo e il Vangelo, essi sperimentarono ben presto quanto le divisioni confessionali ostacolassero la loro missione evangelizzatrice nel Continente africano. Si fecero perciò promotori dell’attività ecumenica per il superamento di tale divisione e la ricomposizione dell’unità dei cristiani. Si può dunque dire che il movimento ecumenico contemporaneo ha preso inizio tra le missioni africane.

Salutiamo tutti questi nostri fratelli e sorelle nella fede in Cristo risorto e li invitiamo a partecipare al Sinodo africano che si svolge nel tempo pasquale. In questo periodo, tutti confessiamo insieme a Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!” e tutti, come Tommaso, udiamo dalla bocca di Gesù il monito: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (Gv 20, 29). Davvero beati, beati tutti coloro che nel Continente africano, senza vedere il Cristo con i propri occhi, hanno creduto in Lui. Beati i santi martiri ugandesi, beata suor Giuseppina Bakita del Sudan, beata suor Anuarite dello Zaire, beato Joseph Gérald O. M. I. missionario del Lesoto - beati tutti i Servi di Dio, come Isidoro Bakanja ed altri, la cui elevazione agli altari attendiamo.

Africa, gioisci nel Signore!

Questo è il giorno fatto dal Signore!”. Gioisci, Africa, di tutti i tuoi figli e figlie che, anche se non hanno visto, hanno creduto! Allietati dei tuoi uomini di Stato, degli uomini di cultura. Gioisci di tutti coloro che sviluppano le ricchezze della vita e del pensiero africani, di coloro che sono fedeli, allo stesso tempo, agli autentici valori del Continente nero e a Cristo - quel Cristo che all’uomo ha rivelato l’uomo e la sua altissima vocazione.

Africa, gioisci nel Signore!

Amen, Alleluia!

 

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