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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA CONSEGNA
DELL'ANELLO CARDINALIZIO AI NUOVI PORPORATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 27 novembre 1994

 

1. “Dominum, qui venturus est, venite adoremus . . .”.

Così prega la Chiesa nel periodo di Avvento. “Avvento” significa “venuta”, ed evoca al tempo stesso l’attesa: attesa del Messia promesso nell’Antico Testamento, attesa che ha avuto il suo compimento nella notte di Natale; ma anche attesa della nuova venuta del Figlio dell’uomo, “con potenza e gloria grande” (Lc 21, 27). Nella notte di Betlemme è venuto come un fragile bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia; alla fine dei tempi verrà come Giudice, come Signore delle coscienze umane, come Figlio dell’uomo che compie fino in fondo l’opera della storia.

Nel brano del Vangelo di Luca oggi proclamato, Gesù preannuncia che la sua ultima venuta sarà accompagnata da segni in tutto il cosmo, e sulla terra dallo sgomento delle nazioni di fronte agli avvenimenti incombenti. Avverrà che “le potenze dei cieli saranno sconvolte” (Lc 21, 26). Tuttavia la parola di Dio esorta ad avere speranza e coraggio: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21, 28).

2. Nella prima Domenica di Avvento, insieme con me, si presentano all’altare della Basilica di S. Pietro i nuovi Cardinali. Provengono da Chiese di ogni parte del mondo. A voi tutti, venerati Fratelli, rivolgo le parole dell’apostolo Paolo nella lettera ai Tessalonicesi: se il numero dei membri del Collegio cardinalizio è stato moltiplicato, ciò valga a “far crescere l’amore vicendevole” (cf. 1 Ts 3, 12) per tutti, affinché i vostri cuori, cari Fratelli, vengano consolidati come “irreprensibili . . . nella santità, davanti a Dio, Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi Santi” (1 Ts 3, 13).

La creazione di nuovi Cardinali assume quest’anno carattere di avvento. La Chiesa infatti vive dell’avvento: sia del primo che del secondo. La Chiesa vive nel ritmo dell’anno liturgico e così si prepara per la notte del santo Natale; e al tempo stesso vive nel ritmo della storia della salvezza preparandosi alla venuta definitiva di Cristo. Alla prima e alla seconda venuta si riferisce il Giubileo dell’Anno 2000. Nei giorni scorsi ho pubblicato, a questo proposito, la Lettera Apostolica “Tertio millennio adveniente”, che ho elaborato insieme con il Collegio Cardinalizio, avvalendomi anche dei suggerimenti dell’Episcopato di tutta la Chiesa.

3. Saluto di tutto cuore i miei Fratelli Cardinali presso l’altare della Confessione di San Pietro, e porgo loro gli auguri con le parole della medesima lettera paolina, parole di preghiera e di supplica. Scrive l’Apostolo: “Avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più” (1 Ts 4, 1). Il divino Maestro, infatti, insegna ai suoi discepoli ad essere “perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48).

Quando udiamo queste espressioni, che in forma di augurio ripeto oggi con l’Apostolo, nei cuori di tutti, e specialmente nei vostri, cari Fratelli Cardinali, risuona viva l’eco del Salmo responsoriale: “A te, Signore, innalzo l’anima mia” e ancora: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua verità e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza, in te ho sempre sperato” (Sal 25, 2-5). Sì, è questo il momento opportuno per lodare la bontà di Dio, che “la via giusta addita ai peccatori; guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie . . . si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza” (Sal 25 8-9 .14).

4. Soffermiamoci ancora sulle letture dell’odierna liturgia d’Avvento. Il profeta Geremia dice: “In quei giorni . . . farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra” (Ger 33, 15). Nella notte di Betlemme il Figlio di Dio si fa uomo, venendo al mondo per opera dello Spirito Santo e nascendo dalla Vergine di Nazaret, Maria. Viene affidato alle cure di Giuseppe, falegname di Nazaret, sposo dell’Immacolata Vergine. In questo modo, insieme alla venuta del Figlio di Dio nella carne umana, si attua il mistero della Santa Famiglia di Nazaret. Dio viene al mondo, come ogni uomo, nel contesto di una famiglia.

Ciò ha una particolare eloquenza al termine di quest’anno, celebrato in tutta la Chiesa come l’Anno della Famiglia. È difficile esprimere quanto quest’anno ci abbia arricchito, quanto abbia approfondito il senso della famiglia nel mondo intero. E noi sappiamo che la manifestazione della santità della famiglia come comunità d’amore e di vita si è realizzata anche nel confronto con alcune minacce verso la famiglia stessa e i fondamentali valori che essa custodisce e propone.

Non possiamo dimenticare l’importante Conferenza de Il Cairo, convocata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite; non possiamo dimenticare i pericoli a cui la Chiesa e, in particolare, la Sede Apostolica hanno dovuto far fronte per svegliare le coscienze, riuscendovi in molti casi con efficacia. Oggi, presso questo altare, dobbiamo rendere grazie per tutto il bene che in tal modo si è svelato nella vita delle singole famiglie, ed anche delle Nazioni intere e degli Stati.

Per voi, cari Fratelli Cardinali, e per tutti i Pastori della Chiesa, sia questa un’ulteriore conferma del fatto che il servizio al “vangelo della vita e dell’amore”, il servizio alla verità recata da Cristo sulla famiglia esige anche un grande coraggio. Esso è inscritto in modo particolare nella tradizione del cardinalato nella Chiesa. È la fortezza degli Apostoli che versavano il sangue per la verità di Cristo; è la fortezza di tanti loro successori, Pastori della Chiesa, che per la stessa causa sono stati pronti a sacrificare la vita e molte volte l’hanno sacrificata di fatto.

5. Quanto sono eloquenti, su questo sfondo, le parole del Vangelo di Luca: “Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21, 36)! Tutta la Chiesa è chiamata a vegliare. Nella Chiesa anche il cardinalato è un segno particolare di questo vegliare. Siete chiamati, cari Fratelli, a vegliare in attesa della venuta del Signore, così come vegliavano i pastori nella notte di Betlemme. E così come dovevano vegliare gli Apostoli che Cristo portò con sé al Getsemani, la notte prima della sua passione. Siete chiamati a vegliare accanto al mistero del Natale e al contempo nella prospettiva del mistero pasquale, quando giungerà al supremo compimento la salvifica venuta del Redentore del mondo.

Se oggi il Vescovo di Roma chiama voi, Pastori della Chiesa, a questa eminente dignità, egli desidera in tal modo chiamare tutta la Chiesa a quella vigilanza alla quale Cristo esortava i suoi Apostoli.

6. Nella Chiesa la dignità cardinalizia corrisponde ad una duplice tradizione. Prima di tutto alla tradizione dei martiri, cioè di coloro che per Cristo non hanno esitato a versare il sangue. Ciò si riflette persino nel vostro abito: la porpora, infatti, ha il colore del sangue. E ricevendo la porpora cardinalizia, ognuno di voi ode il richiamo ad essere pronto a versare il sangue, se Cristo lo chiederà.

Contemporaneamente la dignità cardinalizia corrisponde alla tradizione della Chiesa di Roma. In essa, accanto al Successore di Pietro, vi erano altri Vescovi delle diocesi suburbicarie, vi erano i presbiteri, parroci della Città Eterna, ed accanto a loro vi erano anche i diaconi. Successivamente le nomine cardinalizie sono state allargate ad altre diocesi. Se nel primo millennio vescovi, presbiteri e diaconi della Chiesa di Roma eleggevano il Successore di Pietro, sin dall’inizio del secondo millennio tale compito passò al Collegio cardinalizio, il quale è pure composto di tre gruppi: cardinali-vescovi, cardinali-presbiteri e cardinali-diaconi. Ad ognuno dei membri del Sacro Collegio è attribuito il “Titolo” di una delle chiese della Città Eterna. In questo modo Roma, in un certo senso, si prolunga nella Chiesa universale e la Chiesa universale si rende presente in Roma. Ciò costituisce un segno molto eloquente. Merito storico del Collegio Cardinalizio è il fatto di aver mantenuto, lungo tanti secoli, la continuità della successione nella Sede di Pietro, continuità che riveste un’importanza essenziale per la Chiesa universale.

Guardiamo oggi a voi, cari Fratelli, come a coloro ai quali la Divina Provvidenza ha affidato in modo particolare la sollecitudine per la Chiesa che è in Roma, per la successione nella Sede Petrina e, mediante ciò, per la Chiesa universale. Questa sollecitudine sin da ora vi viene affidata in modo peculiare.

Con tale pensiero ripeto ancora una volta l’esortazione di Paolo, insieme con l’esortazione della prima Domenica di Avvento, particolarmente eloquente per il Collegio cardinalizio: “Vegliate e pregate in ogni momento-” (Lc 21, 36).

Dominum, qui venturus est, venite adoremus”!

 

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