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VIAGGIO APOSTOLICO IN SPAGNA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I LAVORATORI E GLI IMPRENDITORI

Barcellona - Domenica, 7 novembre 1982

 

Cari lavoratori ed imprenditori.

1. Sono lieto di incontrarmi oggi con voi in questa bella città di Barcellona. Vi saluto con particolare affetto, e vi ringrazio per la vostra affettuosa accoglienza, che mi fa sentire tanto a mio agio tra voi, come un amico e un fratello. Vi chiedo subito che portiate il mio saluto ai vostri figli e alle vostre famiglie.

A voi, carissimi lavoratori e lavoratrici, ai presenti e agli assenti, ai nativi di questa terra e a quelli provenienti da altre regioni, così come a quelli di tutta la Spagna, vengo ad annunciare il “Vangelo del lavoro”.

2. La Chiesa considera un suo imprescindibile dovere, nel campo sociale, aiutare “a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina” (Gaudium et Spes, 42), ricordando la dignità ed i diritti dei lavoratori, stigmatizzando le situazioni in cui questi diritti sono violati e favorendo i cambi che conducono all’autentico progresso dell’uomo e della società.

Il lavoro risponde al disegno e alla volontà di Dio. Le prime pagine della Genesi ci presentano la creazione come opera di Dio, “il lavoro di Dio”. Per questo, Dio chiama l’uomo a lavorare, affinché diventi simile a lui. Il lavoro non costituisce, pertanto, un fatto accessorio né tanto meno una maledizione del cielo. È, al contrario, una benedizione originaria del Creatore, un’attività che permette all’individuo di realizzarsi ed offrire un servizio alla società. E che inoltre otterrà un premio superiore, perché “la vostra fatica non è vana nel Signore” (1 Cor 15, 58).

Ma la proclamazione più esauriente del “Vangelo del lavoro” la fece Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo - e uomo del lavoro manuale - sottomesso al duro sforzo. Egli dedicò gran parte della sua vita terrena al lavoro di artigiano ed assunse lo stesso lavoro alla sua opera di salvezza.

3. Da parte mia, in questi quattro anni di pontificato non ho cessato di proclamare, nelle mie encicliche e nella mia catechesi, la centralità dell’uomo, il suo primato sulle cose e l’importanza della dimensione soggettiva del lavoro, fondata sulla dignità della persona umana. Infatti, l’uomo, in quanto persona, è il centro della creazione, perché solo lui è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Chiamato a “dominare” la terra (Gen 1, 28) con la perspicacia della sua intelligenza e con l’attività delle sue mani, egli si trasforma in artefice di lavoro - sia manuale che intellettuale - comunicando la propria dignità al suo lavoro.

Il concetto cristiano del lavoro, amici e fratelli lavoratori, vede in ciò una chiamata a collaborare con il potere e l’amore di Dio, per mantenere la vita dell’uomo e renderla più corrispondente al suo disegno. Così inteso, il lavoro non è una necessità biologica di sussistenza, ma un dovere morale, è un atto di amore e si converte in gioia: la gioia profonda di darsi, attraverso il lavoro, alla propria famiglia e agli altri, la gioia intima di dedicarsi a Dio, e di servirlo nei fratelli, sebbene tale donazione comporti sacrificio. Per questo il lavoro cristiano possiede un significato pasquale.

La conseguenza logica è che tutti abbiamo il dovere di far bene il nostro lavoro. Se vogliamo realizzarci debitamente, non possiamo rifuggire dal nostro dovere né adattarci a lavorare mediocremente, senza interesse, limitandoci a portarlo a termine.

4. La vostra laboriosità tenace e il vostro senso di responsabilità vi fanno comprendere, cari fratelli e sorelle, quanto sono lontani dal concetto cristiano del lavoro - e perfino da una retta visione dell’ordine sociale - determinati atteggiamenti di disinteresse, spreco di tempo e di mezzi che si stanno diffondendo ai nostri giorni, tanto nel settore pubblico come in quello privato. Per non parlare del fenomeno dell’assenteismo, un male sociale che riguarda non solo la produttività, ma che offende le speranze e le sofferenze di chi cerca e reclama disperatamente una occupazione.

All’interno dello sforzo che spinge i credenti e gli uomini di buona volontà verso il raggiungimento di una società veramente umana, la Chiesa vuole essere presente per fedeltà al Vangelo - “Buona Novella” di salvezza per tutti, però specialmente per i poveri e per gli oppressi - ricordando gli insegnamenti provenienti dalla parola del Signore:

- Il lavoro è certamente un bene dell’uomo e per l’uomo. A questo riguardo, nell’enciclica Laborem Exercens, ho sottolineato che “il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 6). Il nucleo centrale della dottrina sociale cristiana sul lavoro si fonda su questo: non si giunge al retto concetto di lavoro se non lo si formula in stretta dipendenza con il retto concetto di uomo.

- Il lavoro e la laboriosità costituiscono un dovere e un servizio alla cellula familiare, alla sua vita, unità, sviluppo e perfezionamento. Per questo, “la ragion d’essere della famiglia - dicevo circa tre anni fa agli operai polacchi - è uno dei fattori fondamentali che determinano l’economia e la politica del lavoro”.

- La natura rettamente intesa del lavoro non solo rispetta le esigenze del bene comune, ma anzi dirige e trasforma tutta l’attività lavorativa in cooperazione efficace al bene di tutti, arricchendo così il patrimonio della famiglia umana.

5. Quanto ho detto prima mi porta ad affrontare brevemente un problema che non è esclusivo della Spagna, ma che la riguarda molto da vicino: mi riferisco alla disoccupazione.

La mancanza di lavoro va contro il “diritto al lavoro”, inteso - nel contesto globale degli altri diritti fondamentali - come una necessità primaria, non un privilegio, di soddisfare le esigenze vitali dell’esistenza umana attraverso l’attività lavorativa.

È un problema urgente e che deve spingere ogni cristiano ad assumere le sue responsabilità in nome del Vangelo, e del suo messaggio di giustizia, di solidarietà e di amore.

Da una disoccupazione prolungata nasce l’insicurezza, la mancanza di iniziativa, la frustrazione, l’irresponsabilità, la sfiducia nella società ed in se stesso; si atrofizzano così le capacità di sviluppo personale; si perde l’entusiasmo, l’amore al bene; sorgono le crisi familiari, le situazioni personali disperate, e allora si cade facilmente - soprattutto se giovani - nella droga, nell’alcolismo e nella criminalità.

Sarebbe falso ed ingannevole considerare questo angoscioso problema, ormai diventato endemico nel mondo, come prodotto di circostanze passeggere o come problema meramente economico o socio-politico. In realtà costituisce un problema etico, spirituale, perché è sintomo della presenza di un disordine morale esistente nella società, quando si infrange la gerarchia dei valori.

6. La Chiesa, attraverso il suo Magistero sociale, ricorda che le vie per una soluzione giusta di questo grave problema esigono oggi una revisione dell’ordine economico nel suo insieme. È necessaria una pianificazione globale e non semplicemente settoriale della produzione economica: è necessaria una corretta e razionale organizzazione del lavoro, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale; è necessaria la solidarietà di tutti gli uomini del lavoro.

Lo Stato non può rassegnarsi a sopportare cronicamente una forte disoccupazione: la creazione di nuovi posti di lavoro deve costituire per esso una priorità tanto economica quanto politica. Però anche gli imprenditori ed i lavoratori devono favorire il superamento della mancanza di posti di lavoro: mantenendo gli uni il ritmo di produzione nelle loro imprese e rendendo, gli altri, con la dovuta efficienza nel loro lavoro, disposti a rinunciare, per solidarietà, al “doppio” impiego e al ricorso sistematico al lavoro “straordinario”, che riducono di fatto le possibilità di ammissione per i disoccupati.

Occorre creare con tutti i mezzi possibili un’economia che sia al servizio dell’uomo. Per superare i contrasti di interessi privati e collettivi; per vincere gli egoismi nella lotta per la sussistenza, si impone in tutti un vero “cambio di atteggiamento”, di stile di vita, di valori; si impone un’autentica conversione dei cuori, delle menti e delle volontà: la conversione all’uomo, alla verità per l’uomo.

Mi sono soffermato specialmente su questo argomento tanto attuale. So che vi preoccupano molti altri problemi che si riferiscono al salario, alle condizioni igienico-sanitarie nel lavoro, alla protezione contro gli infortuni del lavoro, al ruolo del sindacato, alla partecipazione alla gestione e ai benefici dell’impresa, e all’adeguata protezione per i lavoratori provenienti da altre parti.

Si tratta per voi di una problematica complessa e vitale; però voglio ripetervi ancora una volta: non dimenticate che il lavoro ha come caratteristica fondamentale quella di unire gli uomini: “In questo consiste la sua forza sociale: la forza di costruire una comunità” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 20). Fate perno su di essa e sui grandi valori cristiani che vi animano. Portate la vostra serenità e la vostra fiducia al luogo di lavoro. Illuminate i vostri ambienti di carità e di speranza: così vi risulterà più facile trovare soluzioni giuste.

7. Permettetemi ora, cari lavoratori e lavoratrici, di dirigere la mia parola ad un’altra categoria di lavoratori di Spagna: gli imprenditori, industriali, alti dirigenti, consiglieri qualificati della vita socio-economica e promotori di complessi industriali.

Saluto e rendo onore in voi ai creatori di posti di lavoro, di impiego, di servizi e di insegnamento professionale; a tutti quelli che in questa amata Spagna offrono lavoro e sostentamento ad un gran numero di lavoratori e lavoratrici. Il Papa vi manifesta la propria stima e la propria gratitudine per l’alta funzione che compite al servizio dell’uomo e della società. Anche a voi, annunzio il “Vangelo del lavoro”.

E nell’invitarvi a riflettere sulla concezione cristiana dell’impresa, vorrei anzitutto ricordarvi, che al di sopra dei suoi aspetti tecnici ed economici - nei quali siete maestri - ve n’è uno più profondo: quello della sua dimensione morale. Economia e tecnica, infatti, non hanno senso se non sono riferite all’uomo che dobbiamo servire.

Difatti, il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro; di conseguenza, anche l’impresa è per l’uomo e non l’uomo per l’impresa. Superare l’innaturale ed illogica antinomia fra capitale e lavoro - esasperata spesso artificialmente da una lotta di classe programmata - è, per una società che vuole essere giusta, un’esigenza indispensabile, fondata sul primato dell’uomo sulle cose. Solamente l’uomo - imprenditore oppure operaio - è soggetto del lavoro ed è persona; il capitale non è altro che un “insieme di cose” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 12).

8. Il mondo economico - lo sapete bene - sta soffrendo da tempo una grande crisi. La questione sociale, da un problema “di classe” si è trasformato in un problema “mondiale”. L’evoluzione delle fonti di energia e l’incidenza di forti interessi politici in questo campo, hanno creato nuovi problemi, provocando la messa in dubbio di certe strutture economiche fino ad ora considerate indispensabili ed intoccabili, e rendendo sempre più difficile la loro direzione.

Davanti a queste difficoltà non vacillate; non dubitate di voi stessi; non cadete nella tentazione di abbandonare l’impresa, per dedicarvi ad attività professionali egoisticamente più tranquille e meno impegnative. Superate queste tentazioni di evasione e continuate coraggiosamente al vostro posto; sforzandovi di dare un volto sempre più umano all’impresa, pensando al grande contributo che offrite al bene comune quando aprite nuove possibilità di lavoro.

Nello sviluppo della rivoluzione industriale si commisero in passato, da parte degli imprenditori, errori non piccoli. Non per questo si può omettere di riconoscere e lodare pubblicamente, cari industriali, il vostro dinamismo, il vostro spirito d’iniziativa, la vostra ferrea volontà, la vostra capacità di creazione e di rischio, che hanno fatto di voi una figura chiave nella storia economica e in prospettiva del futuro.

9. L’impresa, per la sua stessa dinamica intrinseca, è chiamata a realizzare, sotto il vostro impulso, una funzione sociale - che è profondamente etica -: quella di contribuire al perfezionamento dell’uomo, di ciascun uomo, senza nessuna discriminazione; creando le condizioni che rendono possibile un lavoro ove, mentre si sviluppano le capacità personali, si ottiene una produzione efficace e ragionevole di beni e di servizio, e si rende l’operaio consapevole di lavorare realmente “in qualcosa di proprio”.

L’impresa è, pertanto, non solo un organismo, una struttura di produzione, ma deve trasformarsi in comunità di vita, in un luogo dove l’uomo convive e si pone in relazione con i simili; e dove lo sviluppo personale non solo è permesso ma anche suscitato. Il nemico principale della concezione cristiana dell’impresa, non è forse un certo funzionalismo che fa dell’efficienza il postulato unico ed immediato della produzione e del lavoro?

Le relazioni di lavoro sono, anzitutto, relazioni tra esseri umani e non possono essere misurate unicamente col metodo dell’efficienza. Voi stessi, cari imprenditori presenti, se volete che la vostra attività personale sia coerente con la vostra fede, non vi accontentate che “le cose procedano”, che siano funzionali, produttive ed efficienti; ma cercate piuttosto che i frutti dell’impresa vadano a beneficio di tutti come mezzo di promozione umana globale e di perfezionamento personale di quelli che lavorano al vostro fianco e collaborano con voi.

So che la realtà socio-economica è per sua natura abbastanza complessa, fino al punto da sembrare difficilmente governabile nei momenti di crisi, soprattutto quando acquista proporzioni planetarie. Tuttavia è proprio in tali situazioni che conviene lasciarsi guidare da un gran senso di giustizia e da una totale fiducia in Dio. Nei tempi difficili e duri per tutti - come sono quelli delle crisi economiche - non si possono abbandonare gli operai alla loro sorte, soprattutto quelli che - come i poveri, gli immigrati - hanno solo le loro braccia per mantenersi. Conviene ricordare sempre un principio importante della dottrina sociale cristiana: “La gerarchia dei valori, il senso profondo del lavoro stesso esigono che sia il capitale in funzione del lavoro, e non il lavoro in funzione del capitale” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 23).

10. Ed ora, al termine del nostro incontro, voglio dirvi un’ultima parola, cari fratelli operai e cari imprenditori di Spagna:

Siate solidali!

Il tempo nel quale viviamo esige con urgenza che nella convivenza umana, nazionale e internazionale, ogni persona e gruppo superino le loro inamovibili posizioni e punti di vista unilaterali che tendono a rendere più difficile il dialogo, e inefficace lo sforzo di collaborazione.

La Chiesa non ignora la presenza di tensioni e persino di conflitti nel mondo del lavoro. Ma non è con gli antagonismi o con la violenza che si risolvono le difficoltà! Perché non cercare vie di soluzione tra le parti? Perché respingere il dialogo paziente e sincero? Perché non ricorrere alla buona volontà di ascolto, al rispetto reciproco, allo sforzo di ricerca leale e perseverante, accettando accordi anche parziali, ma sempre forieri di nuove speranze?

Il lavoro ha in sé una forza, che può dar vita a una comunità: la solidarietà. La solidarietà del lavoro, che spontaneamente si sviluppa tra quelli che svolgono lo stesso tipo di attività o di professione, per abbracciare con gli interessi degli individui e dei gruppi il bene comune di tutta la società. La solidarietà con il lavoro, e cioè, con ogni uomo che lavora, la quale - superando ogni sorta di egoismi di classe e di interessi politici unilaterali - si fa carico del dramma di chi è disoccupato o si trova in una difficile situazione di lavoro. Infine, la solidarietà nel lavoro; una solidarietà senza frontiere, perché è basata sulla natura del lavoro umano, cioè, sulla priorità della persona umana al di sopra delle cose.

Tale solidarietà, aperta, dinamica, universale per natura, non sarà mai negativa; una “solidarietà contro”, ma positiva e costruttiva, una “solidarietà per”: per il lavoro, per la giustizia, per la pace, per il benessere e per la verità nella vita sociale.

11. Amatissimi fratelli e sorelle!

La vostra sensibilità di credenti, la vostra fede di cristiani vi aiuti a vivere la Buona Novella, il “Vangelo del lavoro”. Siate coscienti della vostra dignità di lavoratori manuali e intellettuali. Collaborate con spirito di solidarietà alla soluzione dei problemi sociali che vi affliggono. Siate lievito e presenza cristiana in qualsiasi parte della Spagna.

La Chiesa confida in voi, vi segue, vi appoggia, vi ama: siate sempre degni delle vostre tradizioni religiose e familiari.

Permettetemi di ricordarvi in maniera particolare che, a motivo del lavoro, non abbiate a trascurare la vostra famiglia e i vostri figli. E impiegate il riposo festivo per l’incontro rinnovato con Dio e per il sano divertimento.

Affido alla Madre di Montserrat le vostre persone, i vostri figli e le vostre famiglie.

Cari lavoratori e imprenditori: che Dio vi aiuti a interessarvi del bene di ogni uomo, vostro fratello.

 

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