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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GENITORI E AI FAMILIARI DEGLI ALUNNI
DEL SEMINARIO MAGGIORE ROMANO

Domenica, 20 marzo 1983

 

Cari genitori e familiari dei seminaristi romani.

1. La vostra gradita visita, nell’approssimarsi di giorni tanto pieni di significato liturgico e spirituale, sia per la celebrazione del Mistero pasquale, che per l’inizio dell’Anno Santo, porta al mio animo e - ne sono sicuro - anche al vostro, una gioia speciale.

Infatti il Signore, nel mistero del suo piano d’Amore, ha chiamato un membro della vostra famiglia a prepararsi ad essere un giorno ministro di quella santa Liturgia, nella quale, soprattutto col Sacrificio eucaristico, viene simboleggiata e realizzata la forma più profonda di unione di Dio con l’uomo e degli uomini tra loro, sorgente, come tale, delle gioie più belle e più pure dello spirito.

Se poi riflettiamo sul fatto che i giorni che ci apprestiamo a vivere sono tra i più suggestivi e intensi di tutto l’anno liturgico, comprendiamo bene, in questa luce, il significato di questo nostro incontro.

2. Non è necessario, credo, o miei cari, che sottolinei quanto, come Vescovo di Roma, io porti nel pensiero e nel cuore con tenerissimo affetto questi membri eletti delle vostre famiglie. Con san Paolo, allorché egli si rivolgeva al suo discepolo Timoteo, non esito a chiamarli “miei veri figli nella fede (cf. 1 Tm 1, 2). E voi, cari genitori, certo non vi adombrerete, se io mi sento di condividere la vostra paternità e maternità nei confronti di questi vostri figlioli, giacché la “paternità in Gesù Cristo”, di cui parla l’Apostolo (cf. 1 Cor 4, 15), è una generazione soprannaturale, “secondo lo Spirito”, che presuppone e nobilita quella naturale, “secondo la carne”. E anche voi, genitori cristiani, siete stati e siete partecipi di questa generazione spirituale, essendo stati, per i vostri figli, i primi testimoni della fede: i “sacerdoti” - vorrei dire - di quella “Chiesa domestica” che è la comunità familiare cristiana, nella quale l’uomo, venendo al mondo, fa la prima esperienza di Chiesa e assimila, in modo più esistenziale che riflesso, attraverso l’esempio dei genitori, quei concetti di “padre” e di “madre”, che aiuteranno successivamente a intendere meglio le grandi nozioni di “paternità divina” e “maternità di Maria santissima e della Chiesa”.

Cari genitori, certo sono state queste nozioni elementari dell’esistenza umana - cioè quella di “padre” e di “madre” -, trasfigurate dalla luce della vostra fede vissuta, a depositare nel cuore dei vostri figli, con la straordinaria potenza evocativa che esse posseggono, i germi della vocazione sacerdotale, che è vocazione ad essere segno e strumento di una paternità generosa e universale, forte e misericordiosa, nella quale si riflette come in nessun’altra la paternità stessa di Dio.

3. Cari genitori e familiari, proprio ieri abbiamo festeggiato san Giuseppe e, con lui, la Famiglia di Nazaret, modello di ogni famiglia cristiana. Dai pochi accenni che ho fatto, vediamo quanto la realtà familiare sia importante per il sorgere di sante vocazioni al Sacerdozio, come del resto a qualunque altro stato di vita! È qui che noi abbiamo una delle prove più chiare di quello strettissimo legame e di quella mutua complementarità che uniscono matrimonio e famiglia al celibato “per il Regno dei cieli”, argomenti, questi, sui quali mi soffermai in alcune udienze generali dell’anno scorso. Il celibato consacrato, nel Sacerdozio come nella vita religiosa, con la sua testimonianza dell’assoluto di Dio e di un’universale fraternità, paternità e maternità spirituali, aiuta coniugi e familiari a mantenere viva la coscienza e la pratica degli ideali più elevati della loro unione; e d’altra parte, gli affetti familiari veramente cristiani, con la loro pratica di un amore generoso verso i componenti della famiglia e anche verso gli altri, non fanno che preparare nel cuore dei figli il terreno più adatto perché il divino Seminatore possa gettarvi con frutto - se e quando egli vuole - il seme della sua chiamata a seguirlo nel Sacerdozio.

Oh, certamente Dio gode di una libertà sovrana nel servirsi dei mezzi e dei canali più diversi e anche più impensati per chiamare a sé le anime e indirizzarle alle più alte missioni. Carenze anche gravi a livello familiare non pongono certamente un limite o un vincolo all’azione che la grazia compie nelle anime per renderle coscienti della divina chiamata; anzi, come a volte constatiamo, questa può farsi sentire anche in ambienti familiari non ancora capaci di apprezzare tale immenso dono di Dio, e talora addirittura ad esso contrari. Le difficoltà che sorgono costituiscono allora una “prova” della vocazione, la quale, se è autentica, finisce per uscirne irrobustita; e non di rado tali difficoltà portano anche gli stessi familiari a una maturazione spirituale, per la quale essi giungono ad apprezzare quella scelta del figlio o del fratello che prima avversavano o disprezzavano.

4. Miei cari genitori e familiari, nel considerare il dono che il Signore ha fatto ad un membro delle vostre famiglie, chiamandolo al Sacerdozio, potete certamente esprimere per questo un’umile e santa fierezza: anche voi, per l’affetto che a lui vi lega, siete chiamati, in qualche modo, a partecipare della sua speciale vicinanza, come Sacerdote, a Dio, onde “abitare nella sua santa dimora” (cf. Sal 22, 4) e “nel luogo dove abita la sua gloria” (cf. Sal 26, 8). Siate grati di tutto ciò al Signore!

E soprattutto siate vicini con la preghiera al vostro familiare che si prepara ad essere sacerdote. La meta del Sacerdozio è bellissima e non delude, ma non è sempre facile raggiungerla: occorrono tenacia, convinzione, spirito di sacrificio, grande docilità allo Spirito Santo e alla Chiesa, per poter divenire - come diceva santa Caterina da Siena - “ministri del Sangue”, padri delle anime, santi e santificatori. Perciò, questi vostri figlioli o fratelli devono essere sostenuti con molta, molta preghiera. In particolare, la preghiera di voi, care mamme. Sì, come Maria santissima, la madre dei sacerdoti, voi avete una missione tutta speciale nella preparazione dei vostri figli al Sacerdozio, Come mamme terrene e naturali, voi avete aperto loro le vie della vita in questo mondo; sul modello di Maria e per intercessione di Maria, la Mamma celeste, voi ora potete e dovete aiutarli, come vere madri cristiane, a scoprire nuovi e sconfinati orizzonti: quelli di un Amore “che occhio umano non ha mai visto, né orecchio ha udito, e che in cuore umano non è mai entrato” (cf. 1 Cor 2, 9).

A tutti voi, cari genitori e familiari dei seminaristi romani, la mia paterna ed affettuosa benedizione.

 

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