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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI SINDACALISTI CRISTIANI SVIZZERI

Sabato, 14 maggio 1983

 

Signore, Signori.

1. Siate i benvenuti in questa Casa, in cui i vostri compatrioti hanno l’onore di assicurare la guardia e l’accoglienza, e in cui molti altri svizzeri sono venuti in visita una settimana fa. Ma il vostro gruppo ha una particolare caratteristica: rappresenta numerose migliaia di lavoratori del Cantone Vallese, sindacalisti cristiani confederati.

Il sindacalismo presenta una sua tipica fisionomia secondo la storia e le tradizioni di ogni Paese, e soprattutto in funzione delle condizioni di vita e dei sistemi sociali in vigore. Comprendete che non posso definire esattamente i vari aspetti delle vostre attività sindacali nel vostro Cantone Vallese. Ma esistono elementi comuni a tutti i sindacati, norme e condizioni che ci si augura di trovare ovunque. Su questo tema mi sono espresso nella mia enciclica Laborem Exercens (cf. Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 20), e davanti all’Organizzazione internazionale del lavoro a Ginevra, il 15 giugno dell’anno scorso (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio Genavae, ad eos qui LXVIII conventui Conferentiae ab omnibus nationibus de humano labore interfuere habita, 13, 15 giugno 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/2 [1982] 2265-2266). Nelle città industriali o nei Paesi che io visito, desidero intrattenermi con i lavoratori e i loro rappresentanti sindacali. Qui mi accontento di ricordare alcuni aspetti.

2. Rendo innanzitutto omaggio ai lavoratori che voi rappresentate, sicuramente di diverse professioni e ambienti sociali. Senza ignorare il carattere talvolta faticoso del lavoro - che il cristiano considera nel quadro della vita di lavoro di Gesù e della Redenzione -, la Chiesa si augura che gli uomini siano fieri e felici del loro lavoro. Quest’ultimo non ha forse come fine la piena realizzazione degli uomini come soggetti del lavoro, di unirli, di procurare alle loro famiglie, alla società, all’umanità, sussistenza e progresso sotto tutti gli aspetti, dominando la terra, governandola e arricchendola?

3. Apprezzo anche il vostro impegno sindacale, perché mostra la vostra volontà di essere solidali per assicurare condizioni giuste e degne a tutti i vostri compagni di lavoro, non solamente nella stessa impresa o nella medesima professione, ma a tutti i lavoratori della vostra regione, almeno a livello di Federazione. Bisogna infatti difendere gli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori in cui i loro diritti sono in causa. Questo suppone l’esistenza di sindacati autonomi in rapporto al potere politico, in cui i lavoratori si associno liberamente, ricerchino soluzioni eque, senza violenza, in un dialogo fermo e reciproco, con acuto senso della loro responsabilità che non ignora le condizioni economiche del loro Paese e le esigenze del bene comune.

4. Ma c’è nel vostro impegno una nota che sono molto felice di rilevare: voi avete voluto formare sindacati cristiani. Cosa significa questo, se non che la vostra lotta è una lotta per la giustizia sociale, per la dignità e il bene integrale dei lavoratori, e che rifiuta di essere una lotta contro gli altri (cf. Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 20), di mantenere un clima di lotta di classe, di favorire un egoismo di gruppo, di legarsi ad una lotta politica di parte, di impiegare mezzi di violenza? Ancor più, la vostra azione deve contribuire, come dicevo il 15 gennaio 1981 ai delegati di “Solidarnosc”, ad “elevare la morale della società”, in ciò che concerne certamente le relazioni tra i lavoratori e gli imprenditori, ma anche sotto gli altri aspetti, che si riferiscono in particolare alla coscienza professionale, all’attenzione ai più sfortunati, alle condizioni della vita familiare.

5. Infine, non dimentico che voi siete venuti in pellegrinaggio e mi congratulo con voi di questa partecipazione comune al cammino proposto in questo Anno Giubilare della Redenzione a tutti i figli della Chiesa cattolica e ai loro fratelli cristiani che vogliono unirsi ad essi. Dobbiamo operare una conversione affinché la vita personale, familiare, sociale si purifichi e si rinnovi, si lasci penetrare da una fede profonda e da una reale carità, fruttifichi in gesti di riconciliazione e di pace. Ma sapete che questo sarebbe un’utopia se fossimo affidati alle sole nostre forze umane. Il rinnovamento deve operarsi nelle coscienze, vivendo la riconciliazione con Dio, accogliendo il suo Spirito Santo, come il tempo liturgico attuale ci invita a fare in modo particolare. Il pellegrinaggio alle tombe degli apostoli e dei martiri, la preghiera in comune, in unità con il successore di Pietro e le sue intenzioni, vi aiutano e vi dispongono ad edificare la Chiesa nei vostri ambienti, attorno al vostro Vescovo, con lo specifico apporto di tutti i membri delle vostre comunità cristiane.

Formulo i migliori voti per ciascuno di voi, per la felicità e le santità delle vostre famiglie, per il buon andamento delle vostre associazioni sindacali, per i vostri compagni di lavoro che sono in difficoltà e in particolare per coloro che sono disoccupati - siano essi svizzeri o lavoratori immigrati - e per tutto il vostro Paese che spero di visitare presto. Prego lo Spirito Santo di accordarvi la sua luce e la sua forza e, di tutto cuore, vi imparto la mia benedizione apostolica.

© Copyright 1983 - Libreria Editrice Vaticana

 


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