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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SACERDOTI PARTECIPANTI AL SEMINARIO SU
«LA PROCREAZIONE RESPONSABILE»

Giovedì, 1° marzo 1984

 

Carissimi sacerdoti!

1. Sono lieto di accogliervi in questa speciale udienza che mi consente di esprimervi il profondo affetto che ho per voi, partecipi con me dell’unico sacerdozio di Cristo e di manifestarvi al tempo stesso la grande considerazione in cui tengo il lavoro pastorale a cui dedicate le vostre migliori energie.

Voi svolgete il vostro apostolato in particolar modo a servizio della famiglia, nella giusta convinzione che ogni aiuto offerto a questa cellula fondamentale dell’umano consorzio sviluppa un’efficacia moltiplicata, rifrangendosi sui diversi componenti del nucleo familiare e insieme perpetuandosi nel tempo, grazie all’opera educatrice che dai genitori si riverbera nei figli e, tramite questi, nei figli dei figli.

Desidero confermarvi in questa convinzione e incoraggiarvi a proseguire nell’opera intrapresa, nella quale non può mancarvi la benedizione di Dio, primo ideatore della comunità familiare e, “quando venne la pienezza del tempo” (Gal 4, 4), suo provvido redentore.

2. Questo incontro avviene in occasione della vostra partecipazione al congresso che il Centro studi e ricerche sulla regolazione naturale della fertilità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Istituto di studi su matrimonio e famiglia della Pontificia Università Lateranense hanno opportunamente promosso sull’importante tema della procreazione responsabile. Vorrei, in questa circostanza, dire qualcosa sull’argomento da un punto di vista soprattutto pastorale.

Nella recente celebrazione del Giubileo dei sacerdoti ammonivo: “Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell’anima - per capire meglio che cosa significa rimettere i peccati e riconciliare le coscienze umane col Dio infinitamente santo, col Dio della Verità e dell’Amore” (Ioannis Pauli PP. II, Homilia, die 23 febr. 1984). Riconciliare la coscienza umana col Dio della Verità e dell’Amore; è questo il vostro ministero, sempre, ma in un modo del tutto speciale quando ponete il vostro sacerdozio al servizio degli sposi.

Avete voluto, in questi giorni, scoprire e approfondire i fondamenti scientifici, filosofici e teologici della procreazione responsabile; dell’insegnamento, più precisamente, dell’enciclica Humanae Vitae e dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio, al fine di riconciliare la coscienza umana degli sposi col Dio della verità e dell’amore. Quando, infatti, la coscienza umana è “riconciliata”, quando è nella pace profonda? Quando essa è nella Verità. E i due documenti sopra citati, nella fedeltà alla tradizione della Chiesa, hanno insegnato la verità dell’amore coniugale, in quanto esso è comunione di persone.

Che cosa significa “riconciliare la coscienza degli sposi con la verità del loro amore coniugale”? Quando i suoi contemporanei chiesero a Cristo se fosse lecito al marito ripudiare la moglie, Egli rispose richiamandosi “al principio”, cioè all’originario progetto del Creatore sul matrimonio. Anche voi, che in quanto sacerdoti operate nel nome di Cristo, dovete mostrare agli sposi che quanto è insegnato dalla Chiesa sulla procreazione responsabile non è altro che quell’originario progetto che il Creatore ha impresso nell’umanità dell’uomo e della donna che si sposano, e che il Redentore è venuto a ristabilire. La norma morale insegnata dall’Humanae vitae e dalla Familiaris Consortio è la difesa della verità intera dell’amore coniugale, poiché di questo amore esprime le imprescindibili esigenze.

Siatene certi: quando il vostro insegnamento è fedele al magistero della Chiesa, voi non insegnate qualcosa che l’uomo e la donna non possano capire. Anche l’uomo e la donna di oggi. Questo insegnamento, infatti, che voi fate risuonare alle loro orecchie è già scritto nel loro cuore. L’uomo e la donna devono essere aiutati a leggere profondamente questa “scrittura nel cuore”. E il fatto che in questi tre giorni di studio voi avete voluto scoprire le ragioni del Magistero della Chiesa, non significa forse che volete avere sempre più chiare le vie su cui condurre gli sposi alla verità profonda di se stessi e del loro amore coniugale?

3. Riconciliare la coscienza umana degli sposi col Dio della verità e dell’amore: la coscienza umana degli sposi è veramente riconciliata quando essi hanno scoperto e hanno accolto la verità sul loro amore coniugale. Infatti, come scrive sant’Agostino, “beata quippe vita est gaudium de veritate. Hoc est enim gaudium de te, qui veritas es” (S. Augustini, Confessiones, 10, 23, 33: CSEL 33/1, 252).

Voi ben sapete che spesso la fedeltà da parte dei sacerdoti - diciamo, anzi, della Chiesa - a questa verità e alle norme morali conseguenti, quelle, voglio dire, insegnate dall’Humanae vitae e dalla Familiaris consortio, deve essere spesso pagata ad un prezzo alto. Si è spesso derisi, accusati di incomprensione e di durezza, e di altro ancora. È la sorte di ogni testimone della verità, come ben sappiamo. Ascoltiamo ancora una pagina di sant’Agostino; “Ma perché la verità genera odio?”, si chiede il santo dottore. “In realtà” egli risponde “l’amore della verità è tale, che quanti amano un oggetto diverso pretendono che l’oggetto del loro amore sia la verità; e poiché detestano di essere ingannati, detestano di essere convinti che s’ingannano. Perciò odiano la verità; per amore di ciò che credono verità. L’amano quando splende, l’odiano quando riprende” (S. Augustini, Confessiones, 10, 23, 33: CSEL, 23,34: CSEL 33/1, 253).

Con semplice e umile fermezza, siate fedeli al magistero della Chiesa su un punto di così decisiva importanza per i destini dell’uomo.

4. Esiste una difficoltà vera alla riconciliazione della coscienza umana degli sposi col Dio della verità e dell’amore; essa è di ben altro genere di quella appena indicata.

La riconciliazione non accade se gli sposi sanno solamente percepire la verità del loro amore coniugale: è necessario che la loro libertà realizzi, faccia la verità. La difficoltà vera è che il cuore dell’uomo e della donna è abitato dalla concupiscenza; e la concupiscenza spinge la libertà a non acconsentire alle esigenze autentiche dell’amore coniugale. Sarebbe un errore gravissimo concludere da ciò che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un “ideale” che deve poi essere adattato, proporzionato, graduato alle, si dice, concrete possibilità dell’uomo: secondo un “bilanciamento dei vari beni in questione”. Ma quali sono le “concrete possibilità dell’uomo”? E di quale uomo si parla? Dell’uomo dominato dalla concupiscenza o dell’uomo redento da Cristo? Poiché è di questo che si tratta: della realtà della redenzione di Cristo.

Cristo ci ha redenti! Ciò significa: egli ci ha donato la possibilità di realizzare l’intera verità del nostro essere; egli ha liberato la nostra libertà dal dominio della concupiscenza. E se l’uomo redento ancora pecca, ciò non è dovuto all’imperfezione dell’atto redentore di Cristo, ma alla volontà dell’uomo di sottrarsi alla grazia che sgorga da quell’atto. Il comandamento di Dio è certo proporzionato alle capacità dell’uomo: ma alle capacità dell’uomo a cui è donato lo Spirito Santo, dell’uomo che, se caduto nel peccato, può sempre ottenere il perdono e godere della presenza dello Spirito.

La riconciliazione della coscienza umana degli sposi col Dio della Verità e dell’Amore passa attraverso la remissione dei peccati: attraverso l’umile riconoscimento che noi non ci siamo adeguati, per così dire, commisurati alla verità e alle sue esigenze e non attraverso l’orgogliosa riconduzione della verità e delle sue esigenze a ciò che noi decidiamo sia vero e buono. La nostra libertà è nell’essere servi della verità. Come abbiamo letto nella liturgia delle Ore di ieri: “Si dimostra tuo servo migliore non colui che pretende di sentire da te quello che egli vuole, ma che piuttosto vuole quello che ha udito da te” (S. Augustini, Confessiones, 10, 26,37: CSEL 33/1, 255).

La nostra carità pastorale verso gli sposi consiste nell’essere sempre disponibili a offrire loro il perdono dei peccati, attraverso il sacramento della Penitenza, non nello sminuire ai loro occhi la grandezza e la dignità del loro amore coniugale.

5. “Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell’anima - per capire meglio cosa significa rimettere i peccati e riconciliare le coscienze umane col Dio infinitamente santo, col Dio della verità e dell’amore”.

Di questo sguardo più profondo della nostra anima sacerdotale hanno bisogno gli sposi, ha bisogno tutta la Chiesa. Perché gli sposi, perché la Chiesa tutta lodi il Padre del Signore nostro Gesù Cristo: stupita e mal sazia nella contemplazione di quell’amore e di quella verità con cui voi riconciliate la coscienza umana degli sposi.

Nell’invocare sul vostro ministero la confortatrice effusione di copiosi doni di sapienza e di carità, di cuore vi imparto la mia apostolica benedizione.

 

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