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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE
NEL CINQUANTESIMO DELLA RIFONDAZIONE

Martedì, 28 ottobre 1986

 

Signori cardinali,
signor direttore generale dell’Unesco,
signor ministro italiano per la ricerca scientifica,
eccellenze, signore e Signori.

È con grande gioia che celebro con voi il cinquantenario dell’atto per mezzo del quale il papa Pio XI ha rinnovato l’Accademia Pontificia dei “nuovi Lincei” per farne la Pontificia Accademia delle Scienze con il motu proprio “In multis solaciis”, del 28 ottobre 1936.

1. La parola “Linceo” appartiene alla vostra storia e al vostro stesso essere, cari accademici, poiché voi traete la vostra origine e la vostra fondamentale ispirazione da questo gruppo di giovani scienziati, che riuniti attorno al principe Federico Cesi, diedero origine, nel 1603, all’Accademia dei “Lincei” della quale fece parte, nel 1610 Galileo Galilei e che da allora firma tutte le sue opere con il titolo di “Linceo”.

I legami tra la Chiesa e l’Accademia sono divenuti particolarmente intensi con Pio IX che le affidò compiti di ricerca scientifica al servizio degli Stati Pontifici, e si approfondirono maggiormente con i suoi successori, specialmente con Pio XI che le conferì il titolo e la funzione di Senato scientifico della Chiesa, costituito da settanta membri ai quali il Sommo Pontefice chiede di “favorire sempre più e sempre meglio i progressi delle scienze” aggiungendo: “Noi non chiediamo loro altro poiché questo nobile scopo e questo compito elevato costituiscono il servizio che noi ci aspettiamo da uomini strettamente legati alla verità”.

I miei venerati predecessori, Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI hanno incoraggiato l’Accademia Pontificia, pienamente convinti del ruolo indispensabile della scienza al servizio della verità creata, e infine al servizio della Verità prima che Dio, seguendone il cammino dal finito all’infinito che è inscritto nello spirito umano. I Sommi Pontefici sono stati attivamente assecondati dai presidenti che si sono succeduti, il padre Agostino Gemelli, mons. Georges Lemaître, il padre Daniel O’Connel, fino al professor Carlos Chagas, al quale rivolgo i miei ringraziamenti calorosi per l’opera importante che ha compiuto. Grazie a questi presidenti, grazie anche alla collaborazione di tutti i membri della Cancelleria, questa Accademia ha acquisito un prestigio insigne e un ruolo scientifico di altissimo livello, suscitando inoltre la partecipazioni a importanti lavori di numerosi rappresentanti della comunità scientifica mondiale.

2. Nel corso dei vostri cinquant’anni di storia, signore e Signori accademici, avete accordato giustamente la priorità alla scienza pura, rivendicando la sua legittima autonomia. Rivolgendovi il mio primo discorso il 10 novembre 1979, ho proclamato la dignità e l’alto valore della scienza per ciò che concerne il suo versante teorico: “La ricerca fondamentale deve essere libera dai poteri politico ed economico, che devono cooperare al suo sviluppo senza ostacolarla . . . Come ogni altra verità scientifica deve rendere conto solo a se stessa e alla verità suprema che è Dio, creatore dell’uomo e di ogni cosa”.

Oltre alla scienza pura, voi siete stati consacrati allo studio delle sue conseguenze sulla scienza applicata che, come dicevo in quello stesso discorso, “ha reso e renderà immensi servizi all’uomo, per poco che sia ispirata dall’amore, regolata dalla saggezza, accompagnata dal coraggio che la difende contro l’ingerenza indotta di tutti i poteri tirannici”. La vostra Accademia si è attivamente occupata delle scienze applicate per quanto riguarda i bisogni dell’umanità intera avendo sempre coscienza delle esigenze della legge morale.

3. L’esistenza e l’attività di questa Accademia, fondata dalla Santa Sede, in unione costante con essa, composta da membri da essa nominati illustra innanzitutto questo fatto: non c’è contraddizione tra la scienza e la religione. La Chiesa stima la scienza, essa riconosce anche una certa connaturalità con coloro che vi consacrano i propri sforzi, come con tutti coloro che cercano di aprirsi alla famiglia umana ai più nobili valori del vero, del bene e del bello, a un’intelligenza delle cose che ha valore universali (cf. Gaudium et Spes, 57 § 3). L’Accademia Pontificia mostra, dal canto suo, che la scienza ha bisogno di accordarsi con la saggezza e con l’etica, al fine di soddisfare le esigenze più profonde dello spirito e del cuore dell’uomo, al fine di salvaguardare la sua dignità.

Un nuovo tipo di dialogo si è ormai instaurato tra la Chiesa e il mondo scientifico. Nel mio discorso agli uomini di scienza e agli studiosi, il 15 novembre 1980 a Colonia, dicevo proprio: “La Chiesa prende le difese della ragione della scienza alla quale essa conferisce la dignità di raggiungere la verità . . . della libertà della scienza per mezzo della quale possiede la sua dignità di bene umano e personale . . .”. Se appaiono delle divergenze tra la Chiesa e la scienza, “il motivo va ricercato nel limite della nostra ragione, ristretta nella sua estensione e quindi esposta all’errore”.

4. Noi abbiamo oggi la fortuna di vivere l’esito di una storia nella quale l’armonia tra la cultura scientifica e il cristianesimo non è sempre stata facile. Ho ricordato all’inizio l’istituzione che, intorno al 1600 prefigurava l’Accademia. Ma è importante soprattutto considerare il modo in cui si sono posti allora i rapporti tra la teologia e le scienze naturali, alla vigilia dei tempi moderni.

Isaac Newton sintetizzò e portò al loro compimento le scoperte di Keplero, di Copernico, di Galileo, di Cartesio; egli fu il testimone e l’attore decisivo della rivoluzione scientifica del XVII secolo. Allora la scienza moderna rinfrancò le sue frontiere tradizionali che erano precedentemente determinate da una visione geocentrica dell’universo e da una concezione più qualitativa che quantitativa della natura. Questi grandi sapienti versati in uno studio sperimentale dell’universo, con sempre maggiore precisione e specializzazione, non rimanevano in un atteggiamento di ricerca sul senso globale della natura; lo testimoniavano le loro speculazioni di pensatori sul cosmo. Le loro ricerche audaci hanno aiutato a definire meglio le frontiere negli orizzonti del sapere. Non sono sempre stati accettati su questo punto, e la Chiesa stessa ha impiegato molto tempo a riconciliarsi con i loro punti di vista.

L’esperienza di Galileo ne è una tipica dimostrazione. Per quanto fosse dolorosa essa ha reso un servizio inestimabile al mondo scientifico e alla Chiesa, portandoci a capire meglio i rapporti tra la Verità rivelata e le verità scoperte empiricamente. Egli stesso escludeva una reale contraddizione tra la scienza e la fede; entrambe provengono dalla stessa fonte, e devono essere riferite alla Verità prima.

I cristiani sono stati invitati a rileggere la Bibbia senza cercare in essa un sistema cosmologico scientifico. E gli scienziati stessi sono stati invitati a restare aperti all’assoluto di Dio e al senso della creazione. Ogni aspetto può essere scientificamente sondato proprio perché esso rispetta l’essere umano; sono piuttosto le metodologie che costringono gli scienziati ad alcune astrazioni e delimitazioni.

5. Si potrebbero evocare altre tensioni molto vive che appartengono, speriamolo, a un passato remoto. Nel secolo scorso in nome delle nuove scienze e delle nuove filosofie, il positivismo se la prendeva con le posizioni tradizionali della Chiesa, accusandola di essere in contrasto con la scienza e con la ricerca. Leone XIII colse la sfida mostrando che la Chiesa accoglie con gioia tutto ciò che permette di esplorare meglio la natura e di migliorare la condizione umana. Egli diede anche un vigoroso impulso al rinnovamento delle scienze ecclesiastiche.

Ai nostri giorni la distinzione e la complementarietà degli ordini del sapere, l’ordine della fede e l’ordine della ragione, sono stati espressi con una chiarezza decisiva nell’insegnamento del Concilio Vaticano II: “La Chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e particolarmente quella delle scienze . . . È in virtù della creazione stessa che tutte le cose sono stabilite secondo la loro consistenza, la loro verità e la loro eccellenza proprie, con il loro ordine e le loro leggi specifiche” (Gaudium et Spes, 59 § 3). Bisogna riconoscere i metodi particolari di ogni scienza. “È perché la ricerca metodica, in tutti i campi del sapere, se è condotta in modo veramente scientifico e se segue le norme della morale, non sarà mai veramente opposta alla fede: le realtà profane e quelle della fede trovano la loro origine in Dio stesso”. Ma sarebbe falso comprendere questa autonomia delle realtà terrestri come se esse non dipendessero da Dio e che l’uomo potesse disporne senza fare riferimento al Creatore. Se i principi sono chiari dovrebbero allontanare ogni atteggiamento di paura o di sfiducia, anche se ciò non significa che ogni difficoltà sia appianata; nuove ricerche e nuove scoperte scientifiche sollevano nuove questioni che costituiranno altrettante esigenze per i teologi, nel modo di presentare le verità di fede salvaguardandone sempre il senso e il significato (cf. Gaudium et Spes, 36 § 2 e 62 § 2). Ma gli scienziati stessi procedono, dal canto loro, ad una critica dei loro metodi e dei loro obiettivi.

Oggi la Chiesa, lungi dal rifugiarsi in una mira apologetica o difensiva, si fa piuttosto interprete della scienza e della ragione, della libertà di ricerca, per legittimare la scienza autentica. La vostra Accademia lo può testimoniare. Oltre alle vostre persone, mi rivolgo qui alla comunità scientifica mondiale.

6. Si tratta infatti di situare lo sforzo scientifico nel contesto generale della cultura. L’uomo non potrebbe dimenticare di interrogarsi sul significato profondo della cultura e della scienza per la persona umana.

L’uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura, cioè coltivando i beni e i valori della natura, affermando e sviluppando le molteplici capacità del suo spirito e del suo corpo. Sottomettere l’universo attraverso la conoscenza è una prerogativa fondamentale della cultura. L’ampliamento e la diffusione del sapere scientifico costituiscono quindi un progresso innegabile per l’uomo, perché si tratta di un approccio sempre più preciso della verità.

Questa libera ricerca della verità per se stessa è una delle più nobili caratteristiche dell’uomo. La scienza devia se cessa di seguire la sua finalità ultima che è il servizio della cultura e quindi dell’uomo; essa va in crisi quando la si riduce a un modello puramente utilitario; si corrompe quando diventa uno strumento tecnico di dominio e di manipolazione per dei fini economici o politici. Esiste allora quella che si può chiamare una crisi di legittimazione della scienza. C’è quindi l’urgenza di difendere una scienza autentica, aperta alla domanda del senso dell’uomo e alla ricerca della verità integrale, una scienza libera, e dipendente unicamente dalla verità. Dal punto di vista della Chiesa, scienza e cultura non potrebbero essere dissociate.

Poiché l’uomo non è solo l’oggetto, ma il soggetto della cultura, la Chiesa incoraggia il lavoro dell’uomo di scienza: apprezza negli scienziati non solo il successo dell’intelligenza, ma il merito professionale e morale, la loro obiettività, la loro ricerca del vero, la loro autodisciplina, la loro cooperazione, il loro impegno a servire l’uomo, il loro rispetto davanti ai misteri dell’universo. Sono valori umani che manifestano la vocazione spirituale dell’uomo.

7. Inoltre l’uomo di scienza è chiamato in modo nuovo a una apertura. Rispettando le esigenze metodologiche dell’astrazione e dell’analisi specializzata, non bisogna mai trascurare l’orientamento unitario del sapere. Le condizioni moderne hanno fatto apparire un rischio di spezzettamento e il rischio di limitarsi all’oggetto immediato della ricerca. La scienza non può trascurare le questioni fondamentali sul suo ruolo e sulla sua finalità; essa non può fermarsi all’universale né alla conoscenza degli insiemi, né all’Assoluto, anche se essa non è in grado di rispondere alla questione del senso. Mi sembra che oggi la comunità scientifica, dopo un periodo di estrema specializzazione necessaria sul piano sperimentale, stia ritrovando l’interessi degli insiemi, la questione del senso dell’universo, il mistero meraviglioso della natura e dell’essere umano. Molti scienziati vi si avventurano; lo fanno forse timidamente a causa di un certo agnosticismo o per paura di superare ciò che la loro ricerca gli permette di dire. Ma il fatto che alcuni siano più sensibili ai valori dello spirito e della morale porta alle loro discipline una dimensione nuova. Lo scienziato non resta un uomo aperto a tutte le questioni umane, a tutto ciò che deve servire l’uomo, alla ricerca della Verità in tutta la sua profondità.

Forse è difficile chiedere a tutti gli specialisti di oggi di farsi filosofi, ma i bisogni della cultura contemporanea sollecitano fortemente a portare un’indispensabile partecipazione alle ricerche interdisciplinari, nelle quali gli scienziati, i pensatori e i teologi devono collaborare. Gli studi filosofici e teologici sull’uomo e la natura hanno bisogno del vostro contributo per far avanzare la nostra comune conoscenza del mondo inanimato, dell’universo vivente, dell’essere umano.

8. Se si considerano ora, al di là del progresso della conoscenza pura, le applicazioni tecniche multiformi delle ricerche e scoperte della scienza, possiamo dire che la comunità scientifica mondiale ha delle responsabilità morali considerevoli delle quali prende più vivamente coscienza.

Davanti a questa Accademia, nel 1983, avevo sottolineato come la collaborazione degli scienziati del mondo intero aveva permesso delle scoperte grandemente benefiche per il progresso di tutta l’umanità. È chiaro. Ma come non essere chiari anche sui pericoli nei quali l’umanità può incorrere se usa inconsideratamente la potenza che le viene dalla scienza? E per quanto ciò superi la competenza del ricercatore, questi non può rimanere indifferente: ci si rivolge sempre più alla comunità degli scienziati per le questioni di etica collettiva. Come dicevo il 3 novembre 1982 agli universitari di Madrid: “Uomini e donne che rappresentate la scienza e la cultura, il vostro potere morale è considerevole. Potete insieme, grazie al vostro prestigio, ottenere che il settore scientifico serva innanzitutto la cultura dell’uomo e che egli non sia mai utilizzato per la sua distruzione”.

Si pensa spontaneamente ai pericoli dell’energia nucleare. Scatenando la potenza atomica, i ricercatori sono stati da parte loro all’origine di una crisi morale senza pari nella storia, come ho sottolineato ad Hiroshima. All’Unesco, ho insistito sul fatto che l’avvenire dell’uomo e del mondo era minacciato radicalmente, a scapito delle intenzioni degli uomini di scienza, se si utilizzassero le loro scoperte per dei fini distruttivi. Da questo alto luogo di cultura, ho lanciato anche un appello solenne agli scienziati perché aiutassero l’umanità alleando la coscienza alla scienza, facendo rispettare il primato dell’etica badando che la scienza sia al servizio della vita e dell’uomo (cf. Discorso all’Unesco, 2 giugno 1980, nn. 20-22).

La tutela della pace tra i popoli è primordiale, e noi speriamo che la testimonianza di numerosi capi religiosi, che hanno pregato ieri ad Assisi per la pace, contribuisca da parte sua a instaurare questa pace che è anche un dono di Dio.

Il rapporto armonioso tra l’uomo e la natura è un elemento fondamentale della civiltà e possiamo ben immaginare il contributo che la scienza può portare in questo settore dell’ecologia, per la difesa, contro le alterazioni violente dell’ambiente e per l’accrescimento della qualità della vita attraverso l’umanizzazione della natura. Ma come non pensare al campo ormai immenso della genetica? La tentazione di manipolarvi radicalmente l’uomo, disponendo delle condizioni della sua generazione rischiando di attentare alla vita dell’essere umano anche allo stato di embrione o di feto, alla sua integrità, al suo equilibrio, pone delle questioni così gravi che gli scienziati stessi si interrogano sul proseguimento delle loro esperienze. Insomma, si chiede agli scienziati di tenere presente tutte le esigenze dell’etica che assicurano la dignità trascendete dell’essere umano. La questione decisiva è proprio questa: come la scienza può servire l’uomo? Come può rispettare i diritti oggettivi fondamentali della persona?

9. Il contributo specifico della Pontificia Accademia delle scienze è l’oggettività dei dati scientifici raccolti da parte degli scienziati che eccellono nei campi altamente specializzati loro propri, attraverso il rigore della analisi dei fatti, la profondità delle intuizioni scientifiche, attraverso il loro disinteressamento al servizio della verità, l’importanza che essi danno ai valori morali. È da queste analisi e sintesi oggettive che gli uomini politici potrebbero trarre profitto per misurare, per esempio, i rischi dell’utilizzo di alcune fonti di energia o di alcune armi, o delle conseguenze ecologiche di alcune iniziative. Anche i sociologi e gli economisti potrebbero trarne profitto; gli specialisti di medicina e di chirurgia per valutare il senso e gli effetti dei loro esperimenti e interventi; i moralisti che hanno bisogno di conoscere con precisione le leggi della natura; i filosofi che ricercano il senso dell’essere e la verità trascendente; i teologi particolarmente interessati dai rapporti tra la fede e la scienza. Il vostro contributo scientifico è quindi fondamentale per tutti questi settori, anche se esso non è direttamente né politico né teologico; esso costituisce una base indispensabile per il lavoro dei responsabili e degli specialisti che ho appena nominato. Da parte sua la Santa Sede ha ricevuto in diverse occasioni l’apprezzato servizio della competenza scientifica di questa Accademia, per delle questioni che toccano direttamente la morale naturale ed evangelica, ed essa continua a contare su di voi.

In quanto Corpo costituito presso la Santa Sede, la Pontificia Accademia delle scienze testimonia l’armonia tra la Chiesa e gli uomini di scienza, il loro sostegno reciproco ed è un richiamo ai valori della coscienza nel mondo scientifico.

10. Ci si augura che i vostri lavori siano meglio conosciuti nella Chiesa e nel mondo. Sembra opportuno che la vostra ricerca intellettuale, i vostri studi, le vostre pubblicazioni continuino ad aiutare sempre più l’opera universitaria e culturale della Santa Sede e della Chiesa, in unione con la Congregazione per l’educazione cattolica, il Pontificio Consiglio per la cultura, la Commissione teologica internazionale, con le altre Accademie e con le Università. Non si tratta di esplorare alcuni progetti comuni nei quali appaia visibilmente il legame tra la scienza e la cultura? L’Accademia che raggruppa diverse discipline ha anche una vocazione interdisciplinare per realizzare questo “ecumenismo culturale” di cui vi ho già parlato.

All’inizio del mio pontificato avevo pensato a un’Accademia delle scienze umane e della cultura. Ho optato dopo delle consultazioni per un Consiglio Pontificio per la cultura. Questo per dirvi la mia preoccupazione di promuovere e di difendere la cultura dell’uomo sulla quale poggia la sua dignità. Sono convinto che la Pontificia Accademia delle scienze partecipi efficacemente a questo obiettivo e vi incoraggio vivamente a sottolineare sempre più la linea culturale dei vostri lavori, il cui valore intrinseco è già un apporto prezioso di progresso del sapere.

11. Signori cardinali, eccellenze, signore e signori, durante questo mezzo secolo la Pontificia Accademia delle scienze ha compiuto un ruolo di importanza storica poiché ha collocato i frutti oggettivi della ricerca scientifica nella prospettiva della verità, della libertà, della morale, del servizio dell’umanità e della pace, dell’elevazione verso la Verità prima che sola può rispondere alle domande fondamentali sul perché dell’esistenza, sul senso della vita umana e del mondo. Ringrazio, oltre al presidente, tutti e ciascuno dei suoi membri che hanno prestato la loro collaborazione con una grande competenza e una dedizione lodevole.

Da parte mia, non ho cessato di accordare un grande interesse al sostegno e allo sviluppo di questa Accademia, nella linea della considerevole intuizione del mio predecessore Pio XI che l’ha fondata, ma con un’accresciuta insistenza riguardo i problemi umani, morali e spirituali del nostro tempo. In quest’anno giubilare, formulo ferventi voti per il suo avvenire: per il valore dei suoi lavori; per l’arricchimento che i suoi membri, così diversi per origine e convinzioni personali, possono dare all’umanità e a se stessi; per il servizio senza pari che l’Accademia può rendere a coloro che assumono un gravoso incarico nella comunità mondiale o nella Chiesa e particolarmente nella Santa Sede, offrendo le loro riflessioni e le loro decisioni sulle questioni di valore, illuminando l’oggetto della loro responsabilità morale. Soprattutto possa questo senato di sapienti, che sono stati chiamati a fare la Pontificia Accademia e che hanno accettato legalmente questo onore e questo incarico, testimoniare sempre più al mondo la stima che la Chiesa ha per la scienza degna di questo nome, della fiducia che essa dà a coloro che vi si dedicano con competenza e onestà, dall’invito di dialogare e cooperare oltre le frontiere, che essa offre loro, che essa riconosce loro per il bene dell’umanità!

Sono commosso nel vedere che molte Accademie delle scienze del mondo intero hanno accettato l’invito di associarsi a questa celebrazione giubilare che era stato loro rivolto. Saluto e ringrazio calorosamente le loro delegazioni. Anche a queste Accademie rivolgo i miei migliori voti perché incoraggino i loro membri a far progredire in tutta libertà la conoscenza scientifica, in un’apertura alla verità fondamentale sull’uomo e sul cosmo, perché possano avere tra loro delle relazioni fruttuose, e che formino insieme un’istanza significativa della comunità mondiale, che utilizza il prestigio della sua autorità morale affinché la scienza rimanga al servizio dell’uomo, al servizio della sua vita, della sua cultura della sua elevazione morale e spirituale in tutte le sue applicazioni.

Sono stato molto felice di poter rendere omaggio a tutti gli uomini di scienza qui presenti, in presenza dei cardinali e del corpo diplomatico, e invoco su voi, sulle vostre famiglie e sui vostri collaboratori, le benedizioni del Signore “nel quale abbiamo la vita, il movimento e l’essere” (At 17, 28).

 

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