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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI FRANCESI DELL'OVEST
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 13 febbraio 1987

 

Cari fratelli nell’episcopato,

1. Il vostro rapporto dall’analisi molto sviscerata, come l’indirizzo del vostro presidente di regione e le conversazioni che abbiamo avuto personalmente, manifestano uno sguardo realista sulle difficoltà umane e spirituali che si sono aggravate nelle vostre diocesi, ma anche una volontà di sviluppare incessantemente gli sforzi promettenti che sono stati intrapresi e che incoraggio: il rafforzamento delle istituzioni di accordo, come i consigli pastorali e presbiterali; la partecipazione più attiva dei laici, la collaborazione più serena tra sacerdoti e laici, tra movimenti; la coscienza di Chiesa ravvivata dai raduni diocesani, le cure apportate alla preparazione della liturgia, alla formazione dei catechisti l’approfondimento della fede degli adulti; volontà di essere presentate in modo apostolico ovunque si esercitano delle influenze decisive sulla popolazione (economia, turismo, media), ad accompagnare in modo catecumenale coloro che devono riscoprire la fede; carità e senso missionario elargiti; importanza sempre più riconosciuta del rinnovamento della preghiera, dell’accoglienza della grazia; legame meglio percepito tra la formazione religiosa, la preghiera e la missione. Siete molto più coscienti delle ombre e delle sfide: anche nelle popolazioni di tradizione cristiana, la disaffezione si è accentuata in rapporto alla pratica religiosa e all’impegno cristiano, con una tentazione di fatalismo o di ripiego individualista di ricerca del benessere immediato, del relativismo morale che approda a scelte soggettive. Voi volete affrontare queste sfide, nella pazienza e nella speranza.

Con voi vorrei soprattutto considerare numerosi aspetti che ritornano con insistenza nella vostra analisi: la pastorale nei riguardi di tutti i giovani, l’educazione nelle scuole cattoliche, le vocazioni al sacerdozio.

2. La pastorale dei giovani, voi dite, è una delle preoccupazioni maggiori nelle vostre diocesi dell’Ovest. I minori di 25 anni sono numerosi e visto il protrarsi del tempo dell’adolescenza e degli studi, la maggior parte di essi non è ancora integrata nei gruppi degli adulti. Questo tema è stato l’argomento della vostra sessione regionale del 1984. Vi incoraggio nei vostri sforzi di contatto e di formazione che spiegate per loro; io stesso vi consacro una parte notevole del mio ministero, a Roma e nei viaggi pastorali.

Si constata tra i giovani un grande smarrimento e una inquietudine davanti al loro avvenire, poiché essi più di altri sono colpiti dalla disoccupazione. Ma il loro malessere ha anche una dimensione spirituale e morale: essi distinguono male i punti di riferimento etico, i fondamenti della fede, le ragioni per fare affidamento alla Chiesa; si sono fatti rari all’Eucaristia domenicale. Dite giustamente: “Essi sono in modo massiccio lontani dalla Chiesa”. Alcuni di voi notano come quelli che vogliono rimanere fedeli si vedono imporre delle scelte difficili, di fronte a una organizzazione della vita in società che non tiene conto del religioso; talvolta subiscono anche l’intolleranza, lo scherno dei loro compagni.

E tuttavia come ho già constatato a Lione, voi siete i felici testimoni, nelle assemblee o nei pellegrinaggi, della generosità di un certo numero di giovani. Essi vogliono qualificarsi per il loro avvenire. Essi hanno sete di vivere in Cristo, con la Chiesa. Cercano di migliorare la vita del loro ambiente e del loro mondo (cf. Incontro con i giovani nello stadio Gerland, 5 ott. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2 [1986] 850ss.). Sono allora audaci ed esigenti. Essi si aspettano molto da noi e da tutti gli adulti.

3. Come sostenere questi giovani che desiderano seguire Cristo e impegnarsi nella Chiesa? Come raggiungere gli altri, essere ascoltati, proporre loro un’evangelizzazione nuova?

La pastorale dei giovani ha una lunga tradizione in Francia: i cristiani hanno fatto sforzi considerevoli per la scuola cattolica, per i patronati, per i movimenti di giovani, per le cappellanie dei collegi e dei licei, per la stampa dei giovani. È necessario proseguire e rinnovare tali sforzi, ripensando ad alcuni punti di applicazione. La pastorale della gioventù deve restare una priorità. Ha bisogno di mezzi accresciuti in uomini e donne, in locali, in possibilità di formazione; deve permettere di assicurare una preparazione a coloro che vogliono mettersi a servizio dei giovani, per capire le loro esigenze e aprire il Vangelo alla pagina che tocca loro il cuore.

È giusto riconoscere qui un posto primordiale alla famiglia. Ho parlato ai vostri confratelli del Sud-Ovest delle gravi minacce che pesano su di essa e della pastorale da seguire in questo campo. Davanti alla mentalità e alla legge favorevole all’aborto, la Chiesa non deve smettere di difendere la vita di ogni essere umano dal suo concepimento, suscitando un movimento per la vita. Le diverse associazioni e iniziative che vi contribuiscono in modo persuasivo e pedagogico meritano di essere fortemente sostenute e coordinate dalle vostre cure. Un popolo generoso nel trasmettere la vita ama maggiormente la propria gioventù. La pastorale familiare si inscrive in tutta un’educazione sull’amore umano e la procreazione secondo il disegno di Dio con un insegnamento forte e liberatore sull’affettività, la sessualità e la famiglia, che riguarda gli adulti e i giovani. Le famiglie hanno bisogno di essere aiutate a educare i propri figli in modo equilibrato; ad affrontare i problemi difficili degli adolescenti, e a indirizzarli attraverso la testimonianza della loro vita. I bambini e i giovani, feriti da drammi familiari, privati da un vero modello di famiglia cristiana, richiedono un accompagnamento speciale. Sono felice di ridirvi tutto ciò davanti al presidente della commissione della pastorale familiare, per incoraggiare la sua missione e gli sforzi di tutti quelli che vi partecipano coraggiosamente con competenza e fedeltà alla Chiesa.

4. La pastorale dei giovani presuppone, da parte dei loro accompagnatori, una prossimità e una fiducia, con la preoccupazione di dire la verità. Da un lato i giovani aspirano a essere riconosciuti come compagni in un clima di fraternità che non impedisce l’autorità necessaria. I recenti movimenti di studenti e dei liceali hanno mostrato, tra l’altro, che essi rifiutano le limitazioni delle loro scelte quando esse sembrano imposte dall’esterno, senza necessità né accordo. Bisogna che la Chiesa continui ad avere ampia fiducia nei giovani e affidare loro le responsabilità corrispondenti alle loro capacità. Battezzati e cresimati, essi sono già la Chiesa di oggi. Ne hanno dato testimonianza alla stadio Gerland.

Ma se i giovani apprezzano la fiducia che viene loro data, essi non hanno meno bisogno di un linguaggio forte, di una presentazione chiara e dinamica della Buona Novella. In un clima di verità essi approvano le esigenze che fanno appello alla loro coscienza. La giovinezza è l’età dell’incontro cosciente e voluto con Cristo. Gli educatori devono credere alla potenza della parola di Dio e credere al lavoro dello Spirito Santo che supera ogni pedagogia.

Mi permetto di attirare la vostra attenzione su un punto delicato. I cristiani devono essere vigilati nei confronti di una parte della stampa di alcuni fumetti, film, programmi che alimentano i vizi, esaltano alla violenza, la rivolta, la disperazione; non esitano anche a ridicolizzare i valori morali e i segni sacri, a deformare le parole della Bibbia, a scalzare i fondamenti della fede e la credibilità della Chiesa. Nonostante i pretesti di comicità, di fantascienza, di rispetto dei non-credenti e di altre culture, questi metodi non sono innocenti: essi trasmettono dei microbi di morte dai quali i nostri giovani usciranno anemizzati, disillusi o scoraggiati. Il Consiglio d’Europa si preoccupa giustamente di elaborare una convenzione europea sulla protezione dei giovani di fronte a simili media. Da parte nostra proteggere i giovani consisterà nel rivendicare per essi il rispetto della fede e della cultura cristiana, nel mostrare loro le manipolazioni di cui sono oggetto, ma soprattutto nel proporre loro, in modo diretto integrale e accessibile, la verità del Vangelo e le risposte pertinenti della Chiesa alle grandi domande dell’uomo. Per questo è auspicabile che i cristiani imparino a investire nei media, per esporre ciò che riguarda la religione, la fede, la vita, il bello, il bene. In una società dai rapidi mutamenti e dalle molteplici tentazioni, i giovani devono essere preparati a fare le scelte che corrispondono alla loro fede.

5. Posso solo elencare tutti gli altri luoghi di formazione che voi promuovete e dei quali riparlerò: la catechesi, la preparazione ai sacramenti, con un’impronta spesso “catecumenale”; penso al battesimo, alla riconciliazione, all’Eucaristia, alla confermazione che appaiono frequentemente come i tempi forti della loro adolescenza; sono pure importanti i movimenti di apostolato, di educazione, di spiritualità, di carità, la pratica di un’azione solidale a favore dei poveri, di coloro che soffrono, delle missioni e delle grandi cause del mondo. Poiché i giovani si formano agendo per gli altri e con gli altri.

Prima di tutto bisogna creare un clima di preghiera. Osiamo invitare i giovani a pregare. Ne sono capaci. È l’inizio di una trasformazione della loro vita, che tutti i discorsi e gli impegni non sono in grado da soli di far scattare. Lo testimoniano i vostri numerosi gruppi di preghiera.

6. Pastori, avete la responsabilità spirituale di tutti i giovani delle vostre diocesi. È bene che abbiate sviluppato le cappellanie dei licei e dei collegi.

Un vasto numero di bambini e di giovani beneficia da voi dell’educazione in una scuola o in collegio cattolico. Voi avete difeso il principio e l’esistenza concreta degli istituti cattolici d’insegnamento e questo chiede sempre vigilanza. Avete delle ragioni fondate per agire così, non è necessario che io le riprenda. È importante migliorare sempre questo “potente strumento apostolico” realizzare delle vere comunità educative, adatte, per la loro competenza a rispondere ai nuovi bisogni dei giovani e della società.

La scuola cristiana deve sforzarsi di mantenere il suo specifico carattere. Senza essere riservata ai soli cattolici, essa accoglie con rispetto coloro che accettano, con buona volontà, che i principi del Vangelo sulla dignità della persona umana, ispirino l’educazione. Per quanto riguarda la proposta di fede, essa deve essere allo stesso tempo chiaramente manifestata, rispettosa delle coscienze e adeguata alle età dei giovani. La natura di un istituto cattolico, dipende dalle persone che condividono la fede. La catechesi trova una base solida (cf. Ioannis Pauli PP. II, Discorso al Congresso dell’Ufficio internazionale dell’insegnamento cattolico, 4, 5 nov. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/2 [1985] 1200s.). La cultura religiosa e morale, perlomeno, deve sempre avere il suo posto, specialmente in un momento in cui la società francese sembra più sensibile alle sue radici cristiane nella storia o nella letteratura. Spero che i vostri sforzi per la formazione cristiana dei maestri e per la partecipazione più attiva dei genitori cristiani, porteranno tutti i loro frutti. Possano i cattolici - alunni, genitori, professori, educatori - dare in ogni istituto il segno visibile di una comunità di Chiesa! E al suo servizio, gli animatori della pastorale scolastica potranno avere un ruolo decisivo.

Una scuola è detta cattolica quando è riconosciuta come tale dalle autorità competenti. Essa deve quindi manifestare il suo rapporto con la Chiesa sul piano della fede e della morale e nel suo progetto educativo. Gli orientamenti del vescovo diocesano sono ugualmente necessari per aiutare i vari istituti cattolici a elaborare una carta sulle loro complementarietà. In ogni modo una scuola cattolica dovrà avere delle relazioni efficaci con altri istituti cristiani che contribuiscono all’educazione.

7. In margine al problema dell’educazione cristiana, abbordo ora quello delle vocazioni sacerdotali dei giovani. È per voi una preoccupazione maggiore, poiché il numero dei vostri seminaristi e delle ordinazioni, nelle vostre diocesi un tempo feconde di vocazioni, rimane debole. Voi dite tuttavia che i sacerdoti sono meno esitanti nel chiamare. E avete organizzato dei servizi di vocazione molto attivi, che comprendono delle iniziative diverse come la “festa delle vocazioni” o anche un anno dedicato a questo tema. Non c’è facile soluzione per una messe a breve scadenza. È il momento di seminare con coraggio e vi invito a mobilitare tutto il popolo cristiano per questo obiettivo.

La prima condizione è senza dubbio il clima di preghiera da tenere. Le vocazioni sono un dono di Dio. L’idea del servizio esclusivo al Signore può germogliare solo in un cuore che prega.

E il primo ambiente da promuovere nel risveglio delle vocazioni è evidentemente la famiglia. La partenza per una vita consacrata alla Chiesa è grandemente facilitata là dove la famiglia testimone di una fede vivente è stata abbastanza generosa per trasmettere la vita a più bambini.

Perché una vocazione sia accolta da un giovane bisogna che l’immagine che si dà della Chiesa e, più particolarmente, del ministro sacerdotale sia positiva. Quest’immagine dipende, da parte nostra, dalla santità di vita dei ministri della Chiesa e del loro ascendente apostolico. È a partire dalle comunità che hanno una grande vitalità apostolica e missionaria che dei giovani cristiani, specialmente i più dinamici, possono considerare il sacerdozio.

8. Concretamente, dobbiamo senza dubbio noi vescovi e sacerdoti, esprimere ancora più direttamente ai giovani la chiamata al sacerdozio. È necessario che a nessun costo i pastori diano l’impressione di rassegnarsi per il numero ristretto delle vocazioni. Forse si è confusa troppo la necessità di fare fronte a una situazione di penuria con l’accettazione della penuria come regime normale; ma so che voi vegliate affinché i laici che partecipano sempre più alla vita della Chiesa riscoprano l’identità specifica e il ruolo indispensabile del sacerdote.

Nella misura in cui le prime domande sulla vocazione risalgono dall’infanzia e dal catechismo, la qualità dell’educazione cristiana dei bambini e la densità della loro esperienza spirituale ecclesiale sono anche delle strade privilegiate per estendere la chiamata. Il periodo dell’adolescenza, affrontato in un ambiente spesso poco cristiano, necessita di gruppi di sostegno, e i movimenti apostolici permettono ai giovani di vivere meglio la loro condizione di testimoni di Cristo, nel servizio e della carità. Avete notato tra i giovani che lo scoutismo e il movimento eucaristico dei giovani hanno favorito molto le vocazioni.

I giovani che si interrogano sulla loro vocazione e che lo esprimono devono essere il più possibile accompagnati riunendosi attorno a dei sacerdoti che li aiutino, in un clima di discrezione, a formulare il loro desiderio e a condurre una vita spirituale più intensa.

9. Le condizioni di primo discernimento e di decisione devono offrire sufficienti garanzie al giovane candidato che vuole impegnare la sua vita in un seminario. Spetta a voi, quando accogliete questa vocazione, mettere a loro disposizione gli elementi fondamentali della vita spirituale come in un anno propedeutico.

È utile avvicinare il più possibile alle realtà diocesane la formazione dei futuri sacerdoti diocesani. Troppi giovani che vogliono il sacerdozio hanno un’esperienza e una coscienza ecclesiale relativamente deboli. La vicinanza della diocesi almeno durante il primo ciclo, permette di strutturare la relazione essenziale con il vescovo, che sarà un elemento determinante per il discernimento e la chiamata agli ordini. E la presenza dei seminaristi nella Chiesa locale dà una visibilità alla formazione al sacerdozio che permette ad altri giovani di optare più facilmente per la vocazione.

Infine molti giovani sembrano inquieti circa le condizioni del ministero e della vita spirituale che li attendono. La disparità di età con dei ragazzi di età maggiore che essi conoscono poco o comprendono male non li rassicura. Possano le comunità di sacerdoti mostrarsi accoglienti nei loro riguardi, vivere il ministero pastorale in tutte le sue dimensioni apostoliche e sacramentali e praticare con i più giovani la condizione spirituale alla quale essi aspirano!

Ad Ars ho ricordato sufficientemente le condizioni della formazione nei seminari. La scelta dell’équipe educativa, degli educatori che vivono con i seminaristi, è evidentemente fondamentale. Non dubito che i vostri seminari, così strutturati e rinnovati, non siano capaci di attirare, di soddisfare e di formare bene l’insieme di coloro che, nelle vostre diocesi, si orientano verso il ministero dei sacerdoti secolari, con l’accettazione del vostro insegnamento.

Questo incontro non mi permette oggi di parlare della preparazione alla vita consacrata per i giovani, uomini e donne. Anch’essa riveste un’importanza capitale e le vostre diocesi dell’Ovest ne hanno un’esperienza considerevole.

Con voi benedico con affetto i vostri preti, i vostri religiosi e religiose e quelli che si preparano a questi servizi; benedico i vostri diaconi, gli educatori e tutti i laici che collaborano con voi.

 

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