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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI ARGENTINI IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 18 gennaio 1991

 

Carissimi confratelli nell’Episcopato,

1. Con intima gioia ricevo oggi voi, vescovi dell’Argentina, in questo incontro collegiale, culmine della vostra visita “ad limina Apostolorum”. Desidero esprimere il mio ringraziamento a monsignor Estanislao Karlic, arcivescovo di Paranà, primo vicepresidente della Conferenza Episcopale Argentina, per il saluto che mi ha appena rivolto, facendosi portavoce di tutti voi e dei fedeli delle vostre diocesi.

Nei colloqui personali che abbiamo avuto in questi giorni, ho potuto apprezzare nuovamente la vitalità di quelle Chiese particolari, la vostra sollecitudine di pastori, la dedizione dei vostri collaboratori nel ministero apostolico e la fedeltà a questo centro di unità che è la Sede di Pietro. Come è accaduto per il mio incontro con il primo gruppo di vescovi argentini, la riunione di oggi evoca spontaneamente in me il ricordo dei viaggi pastorali nel vostro paese, benedetto fin dalle sue origini dalla predicazione del Vangelo e dal dono del Battesimo, e che continua ad essere l’immenso campo di attività in cui siete inviati e in cui svolgete con dedizione il vostro ministero episcopale.

Mi tornano adesso alla mente le parole che ho pronunciato a Buenos Aires nella celebrazione eucaristica con le persone consacrate e gli agenti di pastorale: “Chiesa in Argentina: alzati e risplendi!”. So che questa esortazione del Papa a partecipare al compito di una nuova evangelizzazione, in coincidenza con la celebrazione del quinto centenario dall’inizio dell’evangelizzazione dell’America, è stata accolta con spirito pronto e generoso e che la risposta si sta concretizzando nell’elaborazione di un progetto di pastorale comune per le diocesi dell’Argentina, allo scopo di rivitalizzare tutte le comunità della Chiesa e poter adempiere più pienamente al mandato evangelizzatore di Cristo. Perché, come insegnava il mio predecessore Paolo VI, la vita intima della Chiesa “non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza, provoca l’ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio della buona novella” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 15).

2. Infatti, “la chiesa peregrinante per sua natura è missionaria” (Ad Gentes, 2) e perciò occorre rinnovare incessantemente lo spirito della missione in tutti i suoi membri, a partire dalla progressiva maturazione di ciascuno nella propria fede battesimale. Nel caso della Chiesa pellegrina in Argentina, il suo dinamismo missionario deve tendere, senza dubbio, a promuovere la salvezza di tutti i suoi abitanti, mediante la sua adesione di fede e di amore a Gesù Cristo, nostro unico Redentore.

Ma, per conseguire una partecipazione attiva di ognuno dei membri della Chiesa nella missione che, benché a titolo diverso, è competenza di tutti, è necessario dedicare un’attenzione prioritaria e sviluppare un intenso sforzo per portare intere moltitudini di battezzati -allontanatisi dalla pratica religiosa o che forse non sono neppure stati educati ad essa -ad una coscienza più chiara ed esplicita della propria identità cattolica e della propria appartenenza alla Chiesa, alla pratica assidua della vita sacramentale e alla loro integrazione nelle proprie comunità cristiane. Con pazienza, con paterna pedagogia, attraverso un itinerario catechistico permanente, attraverso missioni popolari e altri mezzi di apostolato, aiutate quei fedeli a maturare nella loro coscienza di appartenere alla Chiesa e a scoprirla come la loro famiglia, la loro casa, il luogo privilegiato del loro incontro con Dio.

Sono proprio quelle moltitudini che conservano la fede del loro battesimo, ma probabilmente indebolita dal disconoscimento delle verità religiose e da una certa “emarginazione” ecclesiale, le più vulnerabili dinanzi all’impatto del secolarismo e del proselitismo delle sette. Senza una piena integrazione nella vita ecclesiale e nelle sue strutture visibili, senza una partecipazione viva alla Parola e ai Sacramenti, la fede tende ad illanguidire e difficilmente potrà resistere nel clima dissacratorio che regna -soprattutto nei grandi centri urbani -e che esorta a lasciare da parte Dio e a disconoscere l’importanza della religione per l’esistenza quotidiana degli uomini. La presenza delle sette, che agiscono specialmente su questi battezzati insufficientemente evangelizzati e allontanatisi dalla pratica sacramentale, ma che conservano inquietudini religiose, deve costituire per voi una sfida pastorale cui occorre rispondere con un rinnovato dinamismo missionario.

3. Quei cristiani, che si è soliti qualificare come non praticanti, conservano tuttavia molte espressioni della pietà, che è un ricco patrimonio del vostro popolo, così come delle nazioni sorelle dell’America Latina. Attraverso quella pietà, soprattutto alla Vergine Maria e ai Santi, essi manifestano la loro appartenenza alla Chiesa. Queste espressioni di religiosità devono essere oggetto e punto di partenza di un’intensa “pedagogia dell’evangelizzazione” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, cf. 48), per evitare che siano contaminati da elementi superstiziosi e possano, invece, giungere ad un pieno rinnovamento della fede e ad un sincero impegno di vita secondo il Vangelo.

So già che da un po’ di tempo si sta intensificando l’azione di gruppi missionari che, con generosità e sacrificio, diffondono la Parola di Dio e promuovono la vita sacramentale, oltre all’aiuto caritatevole e alla promozione umana, fra le popolazioni più bisognose di assistenza pastorale. Desidero incoraggiare, quindi, tutti coloro che compiono questa meritoria opera ecclesiale a continuare ad intensificare questi gesti di comunione tra le diverse diocesi. Sono anche lieto di apprendere che molti giovani si sentono chiamati ad essere protagonisti della missione. Prego ardentemente il Signore affinché ogni comunità ecclesiale in Argentina possa essere veramente evangelizzata ed evangelizzatrice.

Cari confratelli: procurate che le vostre diocesi ed ognuna delle loro comunità siano veri centri missionari; rinnovate il vostro impegno ad accrescere e ad approfondire la formazione degli agenti di pastorale a questo scopo. Possa la vostra sollecitudine e dedizione trascinare i vostri sacerdoti, religiosi, religiose e i membri delle istituzioni e movimenti di apostolato laico. Che ciascuno possa sperimentare quel “dovere” imperioso di cui parla san Paolo e fare sue le parole dell’Apostolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9, 16).

4. In anni recenti avete dedicato una speciale attenzione alle priorità pastorali “Famiglia” e “Gioventù”. Mi congratulo per questo e vi suggerisco che quelle due tematiche, intimamente vincolate, siano oggetto continuo delle vostre iniziative apostoliche.

Il futuro della Chiesa in Argentina e il bene della stessa comunità nazionale dipendono in larga misura dal consolidamento dell’istituzione familiare -fondata sul matrimonio indissolubile -e dall’educazione della gioventù, radicata nei valori e negli ideali che la tradizione cattolica ha portato alla vostra patria.

Sebbene sia vero che nel vostro popolo persiste felicemente un solido senso della famiglia, ovvero la coscienza e la stima del suo valore, tuttavia non ignorate che, nell’attuale situazione, possiamo scorgere alcune delle “ombre” che ho descritto nell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio, e che sono segni negativi della cultura contemporanea: “Il numero crescente dei divorzi; la piaga dell’aborto; il ricorso sempre più frequente alla sterilizzazione; l’instaurarsi di una vera e propria mentalità contraccettiva” (Ioannis Pauli PP. II, Familiaris Consortio, n. 6). Più ancora, le frequenti separazioni e la mentalità divorzista che aumentano con i cattivi esempi e con l’influsso negativo dei mezzi di comunicazione sociale, stanno indebolendo nei giovani la convinzione che il matrimonio è, per sua stessa natura e per volontà di Cristo, un’alleanza nella fedeltà e per sempre. In questo modo si mette in pericolo il futuro dell’istituzione familiare e la stessa sopravvivenza di una società sana, armonica ed autenticamente umana.

È risaputo che la frattura della vita familiare produce effetti deleteri sui figli, che sono le prime vittime. Il fenomeno dell’abbandono affettivo e spirituale dei giovani, che si sentono di fatto “senza famiglia”, è la causa di mali più gravi che compromettono lo sviluppo integrale della gioventù di un paese: mancanza di valori e di mete nella vita, disorientamento, disaffezione al lavoro, vulnerabilità dinanzi all’ambiente di edonismo e corruzione morale, alcolismo, tossicodipendenza, delinquenza.

La salvaguardia della famiglia deve essere un obbiettivo pastorale permanente per voi. In questo senso, desidero esortarvi a continuare con il massimo impegno la missione già intrapresa e a plasmarla in concrete realizzazioni. Si tratta di dare vita ad una pastorale famigliare organica e permanente, destinando a questo scopo i mezzi che siano necessari e preparando al riguardo agenti di pastorale adeguati tra i vostri sacerdoti, religiosi e membri del laicato che, con una formazione specifica nelle materie che attengono a questo ambito, vi aiutino ad affrontare con creatività ed efficacia questa sfida.

Non è meno importante, per raggiungere questo obbiettivo pastorale, promuovere la spiritualità familiare tra gli sposi e nelle famiglie. Ciò farà sì che la famiglia non solo sia evangelizzata, ma anche evangelizzatrice e in grado di assumere l’eccelsa missione di educare i figli in uno stile di vita pienamente umano ed evangelico.

5. Un ricordo incancellabile del mio viaggio apostolico in Argentina continua ad essere quel commovente incontro con i giovani nella celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù, la Domenica delle Palme del 1987. In quell’occasione, come negli altri luoghi visitati, la presenza fervida e massiccia dei giovani ha mostrato con eloquenza il frutto del piano pastorale che avete chiamato “Priorità Gioventù”. Sono anche a conoscenza dell’avvenimento religioso, tanto degno di ammirazione, costituito dall’annuale pellegrinaggio di centinaia di migliaia di giovani al Santuario di Nostra Signora di Luján. E mi rallegro che siano molti anche i giovani che prendono parte alle attività e che si integrano in istituzioni e movimenti ecclesiali. È questo un segno di speranza per la Chiesa in Argentina, ma anche una grave responsabilità e una sfida permanente per voi, al fine di dare nuovo vigore alle diverse iniziative in quest’ambito, come avete sottolineato al recente “Incontro Nazionale dei Responsabili di Pastorale della Gioventù”.

A questo riguardo, vorrei far notare che non basta una risposta massiccia ed entusiasta dei giovani. Bisogna anche offrire loro una formazione solida ed esigente, sia a livello spirituale, che umano; una formazione che li aiuti a crescere nella fede e ad aderire in modo sempre più vivo e consapevole a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. Solo così essi potranno assumere il loro ruolo di “soggetti attivi, protagonisti dell’evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale” (Ioannis Pauli PP. II, Christifideles Laici, 46). Affrontando questo aspetto, delicato e fondamentale, della pastorale giovanile, offrirete un inestimabile contributo al futuro della Chiesa e della società argentina.

6. La coscienza del dovere apostolico ha portato, più di una volta, tutto l’Episcopato, ad orientare con opportune direttive il cammino tutt’altro che facile della comunità nazionale verso una convivenza più giusta e verso il rafforzamento di un’autentica pace sociale.

Il vostro paese si vede colpito dalle conseguenze di una prolungata crisi, i cui aspetti si fanno sentire in tutti i settori della vita nazionale. Vi chiedo di trasmettere ai vostri fedeli la mia preoccupazione e la mia solidale vicinanza; dite loro che li ho sempre presenti nella mia preghiera.

Cari confratelli: le difficoltà dell’ora attuale non vi devono scoraggiare ma, al contrario, devono suscitare in voi una rinnovata speranza ed un’intrepida fortezza. È stato detto spesso -e lo riconoscono quanti cercano di fare una diagnosi obiettiva e sincera dei gravi problemi politici, economici e sociali -che la crisi è di natura morale. La stabilità di un ordine nella convivenza sociale, la vigenza di rapporti di giustizia e di equità, il rispetto dei diritti e l’osservanza dei doveri che la legge impone, la solidarietà, senza cui una comunità non può assicurare il suo autentico bene, sono valori che, in definitiva, devono essere forgiati nello spirito e nel cuore degli uomini.

Voi vescovi argentini avete dato prova della speranza che sostiene la vostra azione pastorale. Non avete taciuto dinanzi ai problemi e alle difficoltà, ma avete orientato tutti durante questa prolungata prova che il paese attraversa. Costituite quindi un punto di riferimento, un’autorità morale che contribuisce ad evitare ulteriori disgrazie alla comunità nazionale. “Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum” (Rm 8, 28). Questa convinzione di San Paolo acquista attraverso voi una singolare eloquenza. Sono grandi le sfide pastorali che state affrontando in Argentina. Per questo avete descritto con precisione il momento attuale definendolo come una crisi morale. Infatti, le crisi portano con sé sbandamenti e lacerazioni; ma sono anche processi aperti che non devono necessariamente sfociare in qualcosa di veramente negativo. Esse possono e devono essere orientate dall’interno, affinché maturi e si manifesti tutto il bene che possono comportare.

I cattolici argentini avvertono che le sfide attuali richiedono un maggiore radicamento nella fede, una città più profonda e solidale. La nuova evangelizzazione è tempo propizio; e la Vergine di Luján continuerà, di sicuro, a guidare i vostri passi. Ma, non cessate di esortare i vostri fedeli e di spingerli a collaborare -insieme a tutti i cittadini di buona volontà -alla ricostruzione del tessuto etico della società argentina, con magnanimità e spirito di sacrificio, come risposta obbligata agli abbondanti doni con cui la Divina Provvidenza ha benedetto la vostra terra e come si addice alla nobiltà delle vostre tradizioni patrie e alla vocazione di un popolo forgiatosi sotto la protezione della Croce di Cristo e in seno alla sua Chiesa. Continuate inoltre a suscitare e sostenere la vocazione di dirigenti laici che nell’attività lavorativa, imprenditoriale, politica e in tutti gli ambiti della vita nazionale, si propongono di mettere in pratica i postulati della dottrina sociale della Chiesa, ispirandosi ad essa per elaborare le soluzioni e i programmi che il paese richiede. È importantissima inoltre la formazione dei fedeli alle virtù proprie della vita sociale; queste devono essere espressione dell’amore dei cristiani per la loro patria, della carità e della pietà che come figli le devono.

7. Per concludere questo graditissimo incontro, ripeto la preghiera che ho formulato in una delle celebrazioni eucaristiche nella vostra amata patria: “Oh, quanto chiedo a Dio che l’Argentina cammini nella luce di Cristo!” (Ioannis Pauli PP. II, Messa per i consacrati e gli operatori della pastorale a Buenos Aires, 9, die 10 apr. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 1 (1987) 1210). Nell’elevare adesso questa supplica al Signore, il mio pensiero si rivolge a tutti gli abitanti della terra argentina e in modo particolare ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai membri delle istituzioni e dei movimenti dei laici e a tutti i fedeli. A tutti dico con l’Apostolo san Paolo: “Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza” (Ef 6, 10). Non scoraggiatevi, quindi, nel vostro lavoro e nella vostra testimonianza, piuttosto, con piena fiducia nella grazia di Dio, rendete presente Cristo in tutte le circostanze, della vostra vita. Questo è il mio desiderio: che “lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene” (2 Ts 2, 16-17).

Carissimi confratelli, tornando adesso alle vostre diocesi, sappiate che vi accompagna la mia più viva riconoscenza per la vostra opera, il mio affetto e la mia preghiera costante e la benedizione apostolica che vi imparto di cuore. A Maria, la Madre del Redentore, che con il titolo di Luján invocate come Madre e Patrona degli argentini, affido con fervore le vostre persone, le vostre Chiese particolari e tutta la vostra nazione.

 

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