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VIAGGIO PASTORALE IN ANGOLA, SÃO TOMÉ E PRÍNCIPE

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON SACERDOTI, RELIGIOSI E ALTRI OPERATORI
DELLA PASTORALE NELLA CHIESA «SAGRADA FAMILIA»

Luanda (Angola) - Giovedì, 4 giugno 1992

 

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

1. Grande è la mia gioia perché i passi del mio pellegrinaggio per le vie dell’Angola hanno felicemente inizio con questo incontro con voi, che rappresentate una parte scelta e qualificata della Chiesa che cresce in questa Nazione. Vi saluto cordialmente nell’amore di Gesù Cristo, cari sacerdoti, religiosi e suore, e gli altri agenti della pastorale; saluto voi qui presenti e quanti vedo in voi rappresentati.

Ringrazio il caro fratello Dom Pedro Luís Scarpa, Presidente della Commissione Episcopale per il Clero, per le cortesi parole di benvenuto, espresse a vostro nome. Vedo in voi i continuatori di quei primi evangelizzatori e di tanti altri missionari e missionarie, autoctoni e stranieri, che, nel corso di questi cinquecento anni, hanno gettato qui il seme della fede cristiana nel cuore di questo popolo, e hanno gettato, soprattutto da centocinquanta anni a questa parte, le solide fondamenta di una Chiesa forte e viva. Il ricordo di quegli uomini e di quelle donne dalla fede salda e dall’amore ardente ci richiama alla mente le parole del profeta Isaia: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza” (Is 52, 7). A tutti loro, uomini e donne di Dio, rendiamo oggi uno speciale omaggio. Gli sforzi di quanti vi hanno preceduto e le loro speranze di evangelizzazione sono ora nelle vostre mani. Come loro, siete stati inviati quali messaggeri di pace del nostro Salvatore, che è venuto proprio per “riconciliare a sé tutte le cose, riappacificando con il sangue della sua croce, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1, 20). Voi siete gli araldi del Vangelo e gli artefici dell’unità in questa grande Nazione.

2. Come insegna il Concilio Vaticano II, “l’opera dell’impianto della Chiesa in un determinato raggruppamento umano raggiunge una meta precisa, allorché la comunità dei fedeli, inserita ormai nella vita sociale e in qualche modo adeguata alla cultura locale, gode di una certa stabilità e solidità: fornita cioè di una sua schiera, anche se insufficiente, di sacerdoti, di religiosi e di laici del luogo” (AG 19). Adesso la Chiesa in Angola sembra aver già raggiunto questo obiettivo con la grazia di Dio e con gli sforzi di molti missionari e missionarie, di sacerdoti nativi, e di molti e generosi catechisti. Lodiamo la Santissima Trinità per questa maturità cristiana, che dimostra la disponibilità della Chiesa locale a una nuova epoca di crescita in Cristo. Questa nuova epoca di crescita è quella dell’inculturazione della Buona Novella cristiana e dell’evangelizzazione della cultura: in altre parole, fare sì che il Vangelo affondi le proprie radici nella vita e nella cultura angolana, affinché si rinnovi la vita della società.

3. Per evangelizzare quindi una cultura, dobbiamo cominciare con l’evangelizzare il popolo che l’ha prodotta; infatti l’esperienza insegna che questa evangelizzazione non è realmente possibile, se il Vangelo non risponde ai desideri profondi del popolo e se l’annuncio del messaggio non assume i concetti e i valori culturali che gli appartengono e che non siano in contraddizione con il Vangelo. In questo contesto, mi rivolgo ai missionari e alle missionarie che sono venuti da fuori – e che desidero che continuino ad essere amati in questa loro patria adottiva –, per ringraziarli e incoraggiarli, insieme ai consacrati angolani, a uno sforzo sempre nuovo per conoscere e rispettare l’anima culturale di questo popolo, la sua lingua e le sue tradizioni, le sue qualità e i suoi valori, che sono caratterizzati dalla qualità del loro rapporto reciproco e con Dio. Ma, d’altra parte, il compito dell’inculturazione non può perdere di vista l’obiettivo di salvezza, a cui siete stati chiamati: mettere il popolo e i valori culturali a confronto col Vangelo, facendo appello alla conversione a Cristo, che divinizza l’umano e lo salva. Questo passa attraverso la testimonianza dell’evangelizzatore, che si deve “acculturare” prima nello spirito del Vangelo, attraverso un processo di contemplazione e di conversione personale, per poi poter innestare il Vangelo stesso, così com’è, senza riduzionismi, in una determinata cultura. In tal modo si potrà “evangelizzare in modo vitale, in profondità e fino alle radici” (Evangelii nuntiandi, 20), rendendo così possibile il discernimento di valori autentici, la loro purificazione, la trasformazione e l’elevazione attraverso la grazia di Gesù Cristo. In tal senso, vi esorto, cari fratelli e sorelle, a rendere una coraggiosa e luminosa testimonianza del Regno di Dio in tutta la sua grandezza, in queste amate terre africane. Quel giorno, poiché non sarete più voi a vivere, ma Cristo in voi (cf. Gal 2, 20), si potrà dire che Gesù Cristo è diventato realmente angolano, e allora avrete inculturato il suo Vangelo in questa terra.

4. Un segno importante di questo momento evangelizzatore (kairós), che viene offerto alla Chiesa in Angola, è presente nel desiderio di formazione che si manifesta nei fedeli laici: essi esigono una comprensione più profonda della loro grazia battesimale e del loro ruolo nella Chiesa e nel mondo. Si dimostrano sempre più assetati della Parola di Dio e guardano alla dottrina spirituale, teologica e sociale della Chiesa, come alla luce della loro vita quotidiana. Mettendo alla prova la vostra autorità spirituale, si affidano al vostro insegnamento e al vostro consiglio, sperando di ricevere con chiarezza la risposta della Chiesa ai problemi personali e sociali che li affliggono e alle crescenti e complesse questioni che sorgono nella vita moderna. Dovete dare al popolo cattolico la formazione necessaria a garantire che la sua accettazione di Cristo, alimentata in seno alla Chiesa, diventi parte integrante della loro vita, senza abbandonarsi alla mediocrità o al compromesso. Occorre formare dei laici energici e responsabili, che riconoscano che la fede abbraccia tutti gli aspetti della vita, e che partecipino in modo consapevole alla missione della Chiesa in seno alla famiglia, nel lavoro, nella vita pubblica e sociale. Necessaria e utile a questa formazione, è una presentazione chiara e autentica della dottrina sociale della Chiesa, che rivendica il suo “carattere di applicazione della Parola di Dio alla vita degli uomini e della società così come alle realtà terrene, che ad esse si connettono, offrendo “principi di riflessione”, “criteri di giudizio” e «direttrici di azione»” (Sollicitudo rei socialis, 8). Ispirati dai criteri e dai metodi del Vangelo, dovete mettervi al servizio dei fratelli per mostrar loro la carità di Cristo.

5. Mi rivolgo adesso, con affetto, ai miei fratelli sacerdoti, sia del clero diocesano che di quello religioso, a cui, insieme al loro Vescovo è affidata la cura delle comunità cristiane. La vostra vocazione sacerdotale rimarrà sempre giovane, sempre attuale, se si nutrirà costantemente della linfa sempre nuova della grazia di Dio; ecco perché la vostra risposta deve ringiovanirsi costantemente nel corso della vostra vita. “Per questo – prendendo le parole della Lettera a Timoteo – vi ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in voi per l’imposizione delle mie mani” (cf. 2 Tm 1, 6). Nella recente Esortazione apostolica sulla formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali, viene esplicitamente riaffermata la determinazione della Chiesa a mantenere la legge del celibato per i suoi sacerdoti (cf. Pastores dabo vobis, 29). Attraverso la consacrazione operata dallo Spirito nell’effusione sacramentale dell’Ordine, il sacerdote è in condizione di “amare la Chiesa universale e quella porzione di essa, che gli è affidata, con tutto lo slancio di uno sposo verso la sposa” (Ivi, 23). La Chiesa, infatti, come Sposa di Cristo, vuole essere amata dal sacerdote in modo totale ed esclusivo come Gesù Cristo Capo e Sposo l’ha amata e ha dato la vita per lei. Certamente, il sacerdote, come cristiano, continua a far parte della comunità, ma in virtù della sua incorporazione a Cristo Capo e Pastore, si trova in questa posizione di sposo dinanzi alla comunità. Di conseguenza “la sua vita dev’essere illuminata e orientata anche da questo tratto sponsale, che gli chiede di essere testimone dell’amore sponsale di Cristo, di essere quindi capace di amare la gente con cuore nuovo, grande e puro, con autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele... finché “Cristo non sia formato” nei fedeli (cf. Gal 4, 19)” (Pastores dabo vobis, 22). La ricerca di una autentica vita di preghiera, l’ascesi personale, la dedizione consacrata al servizio pastorale del popolo di Dio, come padri della comunità, e una sincera comunione e partecipazione alla vita del presbiterio diocesano, vi aiuterà a rimanere fedeli a questo amore totale a Cristo e alla Chiesa.

6. Quanto ho appena detto ai sacerdoti, lo affido anche alla fede e alla sollecitudine ecclesiale dei religiosi e dei laici, non solo affinché sappiate essere per loro la memoria e l’urgenza di un amore senza limiti, ma soprattutto per ricordarvi che “per tutti i cristiani, nessuno escluso, il radicalismo evangelico è un’esigenza fondamentale e irrinunciabile, che scaturisce dall’appello di Cristo a seguirlo e a imitarlo” (Pastores dabo vobis, 27). Ai religiosi e alle religiose ricordo che seguire Cristo nella castità, nella povertà e nell’obbedienza è molto più che ammirare un modello; seguire Cristo è qualcosa di esistenziale, è cercare di imitarlo fino a immedesimarsi con Lui, fino a identificarsi con la sua persona mediante la pratica fedele dei consigli evangelici. Questa realtà supera la comprensione e supera le forze umane. Per questo è realizzabile solo grazie a una vita sacramentale seria, con momenti forti di preghiera e di contemplazione silenziosa e costante. Ricordatevi sempre che la cosa più importante non è quel che fate, ma quel che siete come persone scelte e consacrate al Signore. Ciò significa che dovete essere contemplativi nell’azione. A questo proposito, non posso fare a meno di rivolgere un saluto di particolare stima e affetto ai religiosi e alle religiose contemplative. Vi ringrazio per la vostra consacrazione a Cristo, per la vostra preghiera di intercessione per la Chiesa, per la radicalità della vostra testimonianza, che sono garanzia di benedizioni per la vitalità cristiana dell’Angola e della Chiesa universale. Infatti, il vostro “posto eminente nel Corpo Mistico di Cristo” è caratterizzato da una “misteriosa fecondità apostolica” (Perfectae caritatis, 7). Rendo grazie a Dio per le vocazioni contemplative, che risplendono già nella Chiesa dell’Angola, e Gli chiedo di moltiplicarle.

7. Dato che è qui presente anche un gruppo di giovani che si stanno preparando alla vita sacerdotale o a seguire il Vangelo nella vita religiosa, desidero, prima di concludere, rivolgere loro alcune parole. Voi siete il futuro e la speranza della Chiesa. La Chiesa del futuro sarà migliore se sarete migliori; la Chiesa in Angola sarà una Chiesa evangelizzatrice dei poveri, se sin da ora condividerete la vita con Cristo povero, obbediente e casto; la Chiesa angolana nel suo quinto centenario dell’evangelizzazione e nell’anno duemila sarà una Chiesa missionaria, se crescerete in uno spirito missionario universale: uno spirito senza frontiere perché è libero e generoso nel suo donarsi a Cristo, che spera nei fratelli bisognosi. Tutto ciò lo scoprirete nel “dialogo quotidiano” con Cristo Amico, presente nell’Eucaristia e che continua a parlarvi, ad amarvi e a chiamarvi sulla base della parola viva e sempre nuova del Vangelo.

8. Cari sacerdoti, suore, religiosi e laici, il prezzo del discepolato non è mai basso. Durante gli ultimi due anni di violenza e distruzioni fratricide, tanti sacerdoti, suore e catechisti hanno pagato con la vita la loro dedizione e il servizio evangelico a questo popolo! Che il loro sacrificio ispiri tutta la Chiesa, in questa terra, a proseguire “‘il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga” (LG 8)! Posso assicurarvi che il mio cuore vive, ogni giorno, le vostre inquietudini spirituali e le vostre preoccupazioni apostoliche. Esorto tutti voi ad approfondire la vostra identificazione con Cristo, la cui unzione per mezzo dello Spirito Santo si operò in Maria, quando il Verbo si fece carne nel suo seno verginale. Nostra Signora, Madre dei consacrati a titolo particolare, vi sia di modello e di sicuro aiuto perché la vostra vita si orienti completamente secondo la carità di Cristo, Buon Pastore.

A tutti voi, che proclamate il Vangelo di Cristo attraverso la vostra perseveranza nella fede, nella speranza e nella carità, imparto di tutto cuore la mia benedizione apostolica, e la estendo alle vostre famiglie e comunità cristiane.

 



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