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DISCORSO DEL SANTO PADRE
 GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELL’ISTITUTO CENTRALE
PER LE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO (ICCREA) 

26 giugno 1998

 

Signor Presidente,
Gentili Signore e Signori!

1. Sono lieto di porgere a tutti voi un cordiale benvenuto. Saluto e ringrazio particolarmente il Signor Presidente per le gentili parole che, anche a nome dei convenuti, mi ha appena indirizzato. Saluto con sensi di stima i componenti del Consiglio di Amministrazione, del Collegio Sindacale e i Dirigenti dell’Istituto Centrale delle Banche di Credito Cooperativo qui presenti.

Con questa visita, voi intendete riaffermare la vostra adesione ai principi che la dottrina sociale della Chiesa ha enucleato circa la cooperazione e le leggi che regolano l’attività economica e produttiva. Da questi orientamenti hanno attinto a piene mani generazioni di imprenditori che, pur promuovendo il progresso economico, non hanno mai perso di vista la ricerca della solidarietà e della tutela dei diritti delle fasce umane più deboli.

L’istituzione da voi rappresentata trae ispirazione proprio dal fecondo magistero ecclesiale e ne costituisce una delle realizzazioni concrete più significative. Infatti, la forma della cooperazione e della tradizione di solidarietà nell’ambito del credito bancario, ben radicata nella società italiana da oltre un secolo, costituisce una stimolante esperienza di partecipazione e, insieme, uno strumento efficace per il raggiungimento di un livello più alto di giustizia. Nel rispetto delle esigenze dell’imprenditorialità, la vostra attività cerca di promuovere una reale democrazia economica con l’offerta di un credito a misura d’uomo.

2. E’ nota la vivacità con cui i cattolici in Italia, fin dall’ultimo ventennio dell’800, si sono concretamente interessati al problema di sovvenire alle necessità delle fasce più deboli della società, creando una rete di Casse Rurali al servizio delle comunità locali, con lo scopo di difendere il risparmio familiare, di allontanare la piaga dell’usura e di sostenere le piccole e medie attività imprenditoriali. Il mio venerato Predecessore, il Papa Leone XIII, a questo proposito, incoraggiò grandemente l’associazionismo cattolico nell’enciclica Rerum novarum, auspicando che, mediante tali istituzioni, ciascuno potesse trarre «il maggior aumento possibile di benessere fisico, economico e morale» (n. 42).

Come non ricordare qui, tra i tanti, il sacerdote romagnolo Don Luigi Cerruti che, attraverso la diffusione delle Istituzioni di Credito Cooperativo, ha permesso a tante persone e a tante attività produttive di poter nascere e svilupparsi a beneficio dell’intero tessuto sociale? Il suo esempio è stato di valido stimolo per altre analoghe iniziative. In effetti, l'associarsi dei lavoratori in strutture di cooperazione, pur scaturendo dalla necessità di combattere gli effetti negativi di una società industriale ed economica protesa in modo preminente al profitto, ha sempre avuto anche lo scopo di manifestare un'esigenza di unità e di solidarietà. Si avverte il bisogno di andare oltre le mere dimensioni economiche dell’attività umana ed oltre la conflittualità tra le ferree leggi del capitale e le imprescindibili esigenze di difesa della dignità della persona umana. Questi valori vanno pur salvaguardati di fronte ad un “mercato” che può sempre incorrere nel pericolo di dimenticare che «i beni della creazione sono destinati a tutti: ciò che l’industria umana produce [...] col contributo del lavoro, deve servire egualmente al bene di tutti» (Sollicitudo rei socialis, 39).

3. La cooperazione, intesa in questo modo, suppone la valorizzazione del ruolo di ciascuno nella comunità, salvaguardando i legittimi interessi della persona. In questa prospettiva, rinnovo l’auspicio, formulato nell’Enciclica Laborem exercens, che i corpi sociali intermedi possano continuare a godere «di una effettiva autonomia nei confronti dei pubblici poteri, che perseguano i loro specifici obiettivi in rapporti di leale collaborazione vicendevole, subordinatamente alle esigenze del bene comune, e che presentino forma e sostanza di una viva comunità, cioè che in essi i rispettivi membri siano considerati e trattati come persone e stimolati a prendere parte attiva alla loro vita» (n. 14).

La struttura stessa delle Banche di Credito Cooperativo, che si fonda su società di persone e non di capitali, lascia intendere che obiettivo primario non è il lucro, ma il soddisfacimento di esigenze di utilità sociale. Il capillare radicamento nel territorio, poi, permette ai soci di conoscere le reciproche possibilità e capacità, come anche di intervenire efficacemente nell’ambito della realtà locale. Un significativo servizio viene così reso all’armonia e al benessere dell’intera società che può avvalersi di qualità e risorse personali, altrimenti esposte ad essere trascurate.

Gentili Signore e Signori! Mentre auguro che l’intensa azione sociale dei circa seicento Istituti che aderiscono all’ICCREA continui ad ispirarsi alle sorgenti dell’insegnamento sociale della Chiesa per un sempre proficuo servizio all’uomo e alla società, invoco su di voi e sulle vostre benefiche iniziative la divina assistenza, in pegno della quale a tutti imparto la mia Benedizione.

    

© Copyright 1998 - Libreria Editrice Vaticana



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