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 LETTERA ENCICLICA
GRATA RECORDATIO
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PP. XXIII
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE SONO IN PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA,

SULLA RECITA DEL ROSARIO
PER LE MISSIONI E PER LA PACE
(1)

 

 

Fin dagli anni della Nostra giovinezza spesso si affaccia al Nostro animo il grato ricordo di quelle lettere encicliche (2) che il Nostro predecessore di imm. mem. Leone XIII, nell'imminenza del mese di ottobre, più volte indirizzò al mondo cattolico, per esortare i fedeli, specialmente durante quel mese, alla pia pratica del santo rosario. Si tratta di encicliche varie per il loro contenuto, ricche di sapienza, vibranti di sempre nuova ispirazione e opportune quanto mai alla vita cristiana. Era, quello, un forte e suadente richiamo a rivolgere fiduciose suppliche a Dio, mediante la potentissima intercessione della vergine Madre di Dio, con la recita del santo rosario. Questo, infatti, come è a tutti noto, è un modo eccellentissimo di preghiera meditata, costituito a guisa di mistica corona, in cui le orazioni del «Padre nostro», dell' «Ave Maria» e del «Gloria al Padre», si intrecciano alla considerazione dei più alti misteri della nostra fede, per cui viene presentato alla mente come in tanti quadri il dramma dell'incarnazione e della redenzione di Nostro Signore.

Questo soave ricordo della Nostra età giovanile, col passare degli anni, non Ci ha mai abbandonato, e neppure si è affievolito; anzi - lo diciamo con paterna confidenza - esso valse a rendere caro assai al Nostro spirito il santo rosario che non tralasciamo mai di recitare intero in ogni giorno dell'anno: atto di pietà mariana che soprattutto desideriamo compiere con particolare fervore nel mese di ottobre.

Durante il corso di questo primo anno - che volge alla fine - del Nostro pontificato, non Ci mancò l'occasione di esortare più volte il clero e il popolo cristiano a preghiere pubbliche e private; ma ora intendiamo farlo con un'esortazione più viva, diremo, e commossa, per motivi che brevemente esporremo in questa Nostra enciclica.

I

Col prossimo ottobre si compie il primo anniversario del piissimo transito del Nostro predecessore Pio XII di v.m., la cui esistenza rifulse di tanti e così grandi meriti. Venti giorni dopo, senza Nostro alcun merito, per arcano disegno di Dio, siamo stati elevati al supremo pontificato. Due sommi pontefici si tendono la mano, come a trasmettersi la sacra eredità del mistico gregge e a conclamare la continuità della loro ansiosa sollecitudine pastorale e del loro amore per tutte le genti.

Non sono forse queste due date, l'una di mestizia, l'altra di giubilo, la chiara dimostrazione davanti a tutti, che, nel perpetuo susseguirsi delle umane vicende, il romano pontificato sopravvive lungo il corso dei secoli, anche se ogni capo visibile della chiesa cattolica, scaduto il tempo stabilito dalla Provvidenza, è chiamato a lasciare questo esilio terrestre?

Volgendo lo sguardo sia a Pio XII, sia al suo umile successore, nei quali si perpetua l'ufficio di supremo pastore affidato a san Pietro, i fedeli elevino a Dio la stessa preghiera: «Proteggi il papa, i vescovi e tutti i ministri dell'evangelo, noi ti preghiamo, ascoltaci, Signore!».(3)

E Ci piace inoltre qui ricordare, che anche il Nostro immediato predecessore con l'enciclica Ingruentium malorum(4) già una volta esortò i fedeli di tutto il mondo, come Noi ora facciamo, alla pia pratica del santo rosario specialmente nel mese di ottobre. In quell'enciclica vi è un ammonimento che qui ben volentieri ripetiamo: «Volgetevi con sempre maggior fiducia alla vergine Madre di Dio a cui i cristiani sempre e principalmente sono ricorsi nelle avversità, in quanto essa ‹è stata costituita fonte di salvezza per tutto il genere umano›».(5)

II

L'11 ottobre avremo la grande gioia di consegnare il crocifisso a una folta schiera di giovani missionari, che, abbandonando la patria, si assumeranno l'arduo compito di portare la luce dell'evangelo a lontani popoli. Nello stesso giorno, nel pomeriggio, è Nostro desiderio di salire sul Gianicolo per celebrare con lieti auspici il primo centenario di fondazione del Collegio Americano del Nord unitamente ai superiori e agli alunni.

Le due cerimonie, sebbene stabilite non intenzionalmente per lo stesso giorno, hanno il medesimo significato: di affermazione, cioè, netta e decisa dei principi soprannaturali che muovono ogni attività della chiesa cattolica; e della volonterosa e generosa dedizione dei suoi figli alla causa del mutuo rispetto, della fraternità e della pace fra i popoli.

Il meraviglioso spettacolo di queste giovinezze, che, superate innumerevoli difficoltà e disagi, si offrono a Dio, perché anche gli altri vengano in possesso di Cristo (cf. Fil 3,8), sia nelle più lontane terre, non ancora evangelizzate, sia nelle immense città industriali - dove, pur nel vorticoso pulsare della vita moderna, gli animi talora si inaridiscono e si lasciano opprimere dalle cose terrene - questo spettacolo, ripetiamo, è tale da commuovere e da incoraggiare alla visione di giorni migliori.

Fiorisce sulle labbra degli anziani, che hanno portato sin qui il peso di queste gravi responsabilità, l'ardente preghiera di san Pietro: «Concedi ai tuoi servi di annunziare con ogni fiducia la tua parola» (cf. At 4,29).

Desideriamo pertanto vivamente che, durante il prossimo mese di ottobre, tutti questi Nostri figli siano raccomandati con fervide preghiere all'augusta vergine Maria.

III

Vi è, inoltre, un'altra intenzione che Ci spinge a rivolgere più ardenti suppliche a Gesù Cristo, e alla sua amorevolissima Madre, alle quali invitiamo il sacro collegio dei cardinali, voi, venerabili fratelli, i sacerdoti e le anime consacrate, gli ammalati e i sofferenti, i fanciulli innocenti, e tutto il popolo cristiano. Ed è questa: affinché gli uomini responsabili dei destini delle grandi come delle piccole collettività, i cui diritti e le cui immense ricchezze spirituali debbono essere scrupolosamente conservate intatte, abbiano a valutare attentamente il grave compito dell'ora presente.

Noi perciò preghiamo il Signore, affinché essi si sforzino di conoscere a fondo le cause che originano i contrasti, e con buona volontà le superino; soprattutto valutino il triste bilancio di rovine e di danni dei conflitti armati - che il Signore tenga lontani! - e non ripongano in essi speranza alcuna; adeguino la legislazione civile e sociale alle reali esigenze degli uomini, non immemori per altro delle Leggi eterne, che provengono da Dio, e sono il fondamento e il cardine della vita stessa civile; e siano sempre pensosi del destino ultraterreno in ogni singola anima, creata da Dio per raggiungerlo e goderlo un giorno.

È inoltre da ricordare che si sono oggi diffuse posizioni filosofiche e atteggiamenti pratici assolutamente inconciliabili con la fede cristiana. Noi continueremo, con serenità, precisione e fermezza, ad affermare tale inconciliabilità.

Ma Dio ha fatto sanabili gli uomini e le nazioni! (cf. Sap 1,14).

E perciò confidiamo che, messi da parte gli aridi postulati di un pensiero cristallizzato e di un'azione penetrata di laicismo e di materialismo, si faccia tesoro di quella sana dottrina, che ogni giorno di più è convalidata dall'esperienza, e si cerchino gli opportuni rimedi. Ora questa dottrina conclama che Dio è autore della vita e delle sue leggi: che è vindice dei diritti e della dignità della persona umana; di conseguenza che Dio è «nostra salvezza e redenzione!».(6)

Il Nostro sguardo si spinge verso tutti i continenti, là dove i popoli sono in movimento verso tempi migliori, e in cui vediamo un risveglio di energie profonde, che fa sperare in un impegno delle coscienze rette nel promuovere il vero bene dell'umana società. Affinché questa speranza si compia nel modo più consolante, cioè col trionfo del regno della verità, della giustizia, della pace e della carità, desideriamo ardentemente che tutti i figli Nostri formino «un solo cuore e un'anima sola» (At 4,32), ed elevino comuni e ferventi suppliche alla celeste Regina e Madre nostra amatissima durante il corso del mese di ottobre, meditando queste parole, dell'apostolo delle genti: «Per ogni verso siamo tribolati, ma non oppressi; siamo esitanti, ma non disperati; siamo perseguitati, ma non abbandonati; siamo abbattuti, ma non estinti; portando noi sempre nel nostro corpo la mortificazione di Gesù Cristo; affinché la vita di Gesù si manifesti nei nostri corpi» (2 Cor 4,8-10).

Prima di terminare questa lettera enciclica, venerabili fratelli, desideriamo invitarvi a recitare il rosario con particolare devozione anche per queste altre intenzioni che tanto Ci stanno a cuore: e cioè, affinché il sinodo di Roma sia fruttuoso e salutare per questa Nostra alma città e affinché dal prossimo concilio ecumenico - al quale voi parteciperete con la vostra presenza e col vostro consiglio - tutta la chiesa ottenga una affermazione così meravigliosa, che la vigorosa rifioritura di tutte le virtù cristiane, che Noi da esso Ci attendiamo, serva di invito e di sprone anche per tutti quei Nostri fratelli e figli, che sono separati da questa sede apostolica.

Con questa lietissima speranza e con grande affetto impartiamo a voi, venerabili fratelli, ai fedeli a voi singolarmente affidati, e in special modo a quanti, con pietà e buona volontà, accoglieranno questo Nostro invito, la benedizione apostolica.

Roma, presso San Pietro, 26 settembre 1959, anno I del Nostro pontificato.

 

GIOVANNI PP. XXIII


(1) IOANNES PP. XXIII, Epist. enc. Grata recordatio de Mariali Rosario per Octobrem praesertim mensem pie recitando, [Ad venerabiles fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 26 septembris 1959: AAS 51 (1959), pp. 673-678. – Ai nn. 151 e 166 è detta «Encyclicae Litterae» – Versione italiana: L'Osservatore Romano, 30 sett. 1959; La Civiltà cattolica, 110(1959), IV, pp. 191-194.
Sintetico richiamo delle encicliche mariane di Leone XIII; efficacia della preghiera del santo rosario. Ricordo di Pio XII e continuità del pontificato romano nel susseguirsi delle vicende umane. Decisa riaffermazione della soprannaturalità dell'azione della chiesa, diretta al mutuo rispetto, alla fraternità e alla pace fra i popoli. Invito a rivolgere suppliche alla Vergine, affinché i capi dei popoli non ripongano le loro speranze nei conflitti armati, ma promuovano il bene civile e sociale degli uomini in vista di quello eterno. Inconciliabilità di certi principi filosofi ci e atteggiamenti pratici con la fede cristiana. Auspicio di opportuni e saggi rimedi. Esortazione a pregare la Vergine santa per l'avvento di tempi migliori e per la buona riuscita del sinodo diocesano romano e del concilio ecumenico.

(2) Cf. Epist. enc. Supremi apostolatus: Acta Leonis XIII, III, p. 280ss; EE 3; Epist. enc. Superiore anno: Acta Leonis XIII, IV, p. 123ss; EE 3; Epist. enc. Quamquam pluries: Acta Leonis XIII, IX, p. 175ss; EE 3; Epist. enc. Octobri mense: Acta Leonis XIII, XI, p. 299ss; EE 3; Epist. enc. Magnae Dei Matris: Acta Leonis XIII, XII, p. 221ss; EE 3; Epist. enc. Laetitiae sanctae: Acta Leonis XIII, XIII, p. 283ss; EE 3; Epist. enc. Iucunda semper: Acta Leonis XIII, XIV, p. 305ss; EE 3; Epist. enc. Adiutricem populi: Acta Leonis XIII, XV, p. 300ss; EE 3; Epist. enc. Fidentem piumque: Acta Leonis XIII, XVI, p. 278ss; EE 3; Epist. enc. Augustissimae Virginis: Acta Leonis XIII, XVII, p. 285ss; EE 3; Epist. enc. Diuturni temporis: Acta Leonis XIII, XVIII, p. 153ss; EE 3.

(3) Litaniae Sanctorum.

(4) Die 15 sept. 1951: AAS 43(1951), p. 577ss; EE 6/873ss.

(5) S. IRENAEUS, Adversus haereses, III, 22: PG 7, 959. – AAS 43(1951), pp. 578-579; EE 6/876.

(6) Ex sacra liturgia.

 

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