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NOBIS IN ANIMO

ESORTAZIONE APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ
PAOLO PP. VI

ALL'EPISCOPATO, AL CLERO ED AI FEDELI DI TUTTO IL MONDO
SULLE ACCRESCIUTE NECESSITÀ DELLA CHIESA

IN TERRA SANTA

 

Venerabili Fratelli e diletti Figli, salute e Apostolica Benedizione!

Intendiamo rivolgerci a Voi, fratelli e figli carissimi, per proporre alla vostra considerazione il dovere di far sentire, da parte nostra, alle comunità cristiane della Terra Santa, il significato della carità ecclesiale che tutti ci unisce.

La Chiesa di Gerusalemme, infatti, occupa un posto di predilezione nella sollecitudine della Santa Sede e nelle preoccupazioni di tutto il mondo cristiano, mentre l’interesse per i Luoghi Santi, ed in particolare per la città di Gerusalemme, emerge anche nei più alti consessi delle Nazioni e nelle maggiori Organizzazioni internazionali, al fine di tutelarne l’incolumità e di garantire il libero esercizio della religione e del culto (1).

Tale attenzione è oggi maggiormente richiesta dai gravi problemi di ordine religioso, politico e sociale ivi esistenti: sono i problemi complessi e delicati della coesistenza dei popoli della regione, del loro vivere in pace, e le questioni di carattere religioso, civile ed umano, concernenti la vita delle diverse Comunità che abitano la Terra Santa.

Ricordiamo, con animo tuttora angustiato, sia pure illuminato da un raggio di speranza, quanto abbiamo recentemente affermato, che cioè il protrarsi dello stato di tensione nel Medio Oriente, senza che siano compiuti passi conclusivi verso la pace, costituisce un grave e costante pericolo, che minaccia non solo la tranquillità e la sicurezza di quelle popolazioni - e la pace del mondo intero - ma anche certi valori sommamente cari, per diversi motivi, a tanta parte dell’umanità. Senza dire che il progressivo affermarsi di situazioni prive di un chiaro fondamento giuridico, internazionalmente riconosciuto e garantito, non potrà che rendere più difficoltosa poi, anziché facilitarla, un’equa ed accettabile composizione, che tenga nel dovuto conto i diritti di tutti: pensiamo qui, in particolare, a Gerusalemme, Città Santa e Capitale del Monoteismo, verso la quale più intensamente in questi giorni corre il pensiero dei seguaci di Cristo, e nella quale essi, al pari degli ebrei e dei musulmani, devono sentirsi pienamente «cittadini» (2).

Da parte Nostra, non possiamo non rievocare il pellegrinaggio che compimmo, nel gennaio 1964, nella Terra di Gesù. Noi volemmo recarci là per onorare personalmente, nei Luoghi Santi, ove Cristo nacque, morì e, risorto, salì al Cielo, i misteri della nostra salvezza (3). Né possiamo dimenticare l’incontro con quei Capi religiosi cristiani, tra i quali il Patriarca greco ed il Patriarca armeno di Gerusalemme, e con le folle dei credenti che si strinsero attorno a Noi, quasi in un esuberante amplesso di fede e di carità.

Parlando di questo Nostro proposito ai Padri Conciliari, ne indicammo anche lo scopo: era necessario «. . . intensificare preghiere ed opere» (4), affinché il Concilio si concludesse felicemente. Per questo decidemmo «. . . di farci Noi stessi Pellegrini alla Terra di Gesù Nostro Signore» (5), «terra dove vissero un tempo i nostri Padri nella Fede; terra dove risuonò la voce dei Profeti, che parlarono nel nome di Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; terra, infine e soprattutto, che la presenza di Cristo ha reso ormai benedetta e sacra per i cristiani e, si può dire, per l’intero genere umano» (6). «Nessuno può dimenticare che quando Dio volle scegliersi, come uomo, una patria, una lingua, una famiglia in questo mondo, le prese dall’Oriente» (7).
«Ci pare di trovare una misteriosa relazione fra quella terra, fra Gesù Cristo, fra Pietro, fra la sua successione e fra Roma», come ricordammo la sera del ritorno a Roma dal Nostro Pellegrinaggio in Terra Santa (8).

Questa terra benedetta è divenuta, pertanto in certo modo, il patrimonio spirituale dei cristiani di tutto il mondo, i quali bramano di poterla visitare, in pio pellegrinaggio, almeno una volta durante la vita, per appagare la loro devozione ed esprimere il loro amore a Dio diventato Bambino in Betlemme, al divino Adolescente e Lavoratore a Nazareth, al divino Maestro e Taumaturgo attraverso tutta la regione, al divino Crocifisso sul Calvario, al Redentore Risorto dal sepolcro che si trova nel «Tempio della Risurrezione» (ο ναός τής αναστάσεως), come lo chiamano con felice espressione i fratelli cristiani di lingua greca.

Ma quella è, pure, la terra in cui, accanto ai Santuari ed ai Luoghi Santi, esiste ed opera una Chiesa vivente, una Comunità di credenti in Cristo. È una Comunità che, nel corso della storia, ha subito innumerevoli prove ed è stata soggetta a dolorose vicissitudini: le divisioni interne, le persecuzioni dall’esterno e, da qualche tempo, l’emigrazione l’hanno resa debole, non più autosufficiente, e perciò bisognosa della nostra comprensione e del nostro aiuto morale e materiale.

Questi nostri fratelli, «che vivono dov’è vissuto Gesù, e che, attorno ai Luoghi Santi, sono i successori della prima antichissima Chiesa, che ha dato origine a tutte le Chiese» (9) hanno dei meriti preziosi davanti a Dio ed un alto credito spirituale con tutti noi: essi partecipano, in modo singolare e quotidiano, alle sofferenze di Cristo, rispondono al loro nome di cristiani con la manifestazione di una fede viva, di un amore schietto e di una povertà genuina, secondo lo spirito del Vangelo. Se la loro presenza venisse meno, si spegnerebbe presso i Santuari il calore di una testimonianza vivente, ed i Luoghi Santi cristiani di Gerusalemme e della Terra Santa diventerebbero simili a musei. Già avemmo altra occasione di manifestare apertamente la Nostra ansia per il diradarsi dei cristiani nelle antiche regioni che furono culla della nostra fede (10).

Dal giorno della Risurrezione, quando i fedelissimi del divino Maestro si recarono a visitarne il sepolcro, il primo nucleo giudeocristiano ebbe il merito di conservare il ricordo dei più importanti Luoghi Santi, e di indicarne le vestigia ai pellegrini che ben presto cominciarono a frequentarli.
Sentimenti di fede e di pietà spinsero i primi cristiani a ricercare il contatto quasi fisico con i Luoghi Santi e a celebrarvi suggestivi riti liturgici.
È pur vero che il Cristianesimo è religione universale, non legata ad alcun Paese e che i suoi seguaci «adorano il Padre in spirito e verità» (11) ma esso è pure fondato su una rivelazione storica. Accanto alla «storia della salvezza» esiste una «geografia della salvezza». Pertanto, i Luoghi Santi hanno l’alto pregio di offrire alla fede un irrefrangibile sostegno, permettendo al cristiano di venire in contatto diretto con l’ambiente, nel quale «il Verbo si fece carne e dimorò tra noi» (12).

Recenti scavi archeologici, compiuti da importanti istituti culturali - tra i quali la Scuola biblica dei PP. Domenicani e lo «Studium» dei PP. Francescani della Custodia - hanno riportato alla luce nuove vestigia che risalgono ai tempi di Cristo e degli Apostoli (13).

Fin dal secolo IV esistono documenti che parlano di pellegrini in viaggio verso la Terra Santa, indicando loro l’itinerario per agevolarne il cammino (14).

Più tardi, il noto codice di Arezzo descrive sia i monumenti esistenti in Terra Santa, sia le cerimonie che vi venivano celebrate, specialmente a Gerusalemme durante la Settimana Santa (15).

San Girolamo, con la sua permanenza in Palestina e con l’impulso da lui dato agli studi biblici, accrebbe notevolmente l’interesse del mondo cristiano occidentale e dei ceti culturali verso la terra di Gesù: fu proprio allora che vennero costruiti a Betlemme due conventi ed un ospizio, segno evidente di una notevole affluenza di pellegrini (16).

Anche in seguito la Terra Santa continuò ad attirare a sé, non ostante i pericoli del viaggio ed i limitati e lenti mezzi di comunicazione, numerosi pellegrini: si moltiplicarono perciò, con l’aiuto di generosi benefattori, conventi e chiese: le città e persino il deserto si popolarono di monaci e di penitenti di ogni nazione e rito, che nella terra del Signore riscoprivano le sorgenti della vita cristiana.

Attraverso i secoli l’affluenza dei pellegrini fu condizionata da alterne vicende storiche: conobbe momenti floridi ed altri meno lieti. Dal secolo scorso, si è registrato un continuo incremento, facilitato dai moderni mezzi di trasporto e motivato da un più consapevole senso di fede.

È degno di rilievo il fatto che, durante il Concilio Vaticano II, numerosi furono i Padri che si recarono in pellegrinaggio nei Luoghi Santi. Ed è incoraggiante vedere come molti Sacerdoti e Religiosi amino trascorrere qualche giorno di ritiro in Gerusalemme in occasione della sacra Ordinazione o di ricorrenze particolari. Noi vorremmo dare ancor più incremento a queste visite e a questi soggiorni in Terra Santa, e a tal fine abbiamo voluto che l’ospizio di «Notre-Dame», a Gerusalemme, fosse riaperto e destinato anche per raccogliere gruppi di Sacerdoti.

Tali pellegrinaggi hanno potuto favorire l’incontro con popoli di credenza diversa, dato che a quella Terra benedetta, ed in particolare a Gerusalemme, guardano e confluiscono come a loro centro spirituale, non solo le comunità cristiane, comprese quelle non cattoliche, ma altresì quelle ebraiche e musulmane.

Noi vivamente auspichiamo che questi contatti si intensifichino, contribuendo - così pensiamo ed auguriamo - alla mutua conoscenza gli uni degli altri, al mutuo rispetto, all’avvicinamento dei fratelli, figli dello stesso Padre, nonché ad una comprensione più profonda del primario bisogno della pace tra i popoli.

Già San Paolo prese a cuore la sorte dei fedeli della Palestina, e si fece zelante promotore di una colletta per coloro che, tra i fedeli di Gerusalemme, erano poveri. Il suo appello fu accolto con generosità dalle Chiese della Macedonia, dell’Acaia. Ognuno dei cristiani, nella misura delle sue disponibilità, stabili di inviare soccorsi ai fratelli che risiedevano in Giudea. Le comunità, sorte tra le genti, si sentirono debitrici verso i membri di quella Chiesa, da cui avevano ricevuto la ricchezza dei beni spirituali, che ricambiavano con il frutto della loro carità. L’Apostolo in persona portò i soccorsi nella Città Santa, vedendo nella colletta un legame di unità tra le nuove comunità dei credenti e la Chiesa originaria in Gerusalemme (17).
Non senza un disegno provvidenziale, le vicende storiche del secolo XIII portarono in Terra Santa l’Ordine dei Frati Minori.

I Figli di San Francesco sono, da allora, rimasti nella terra di Gesù - per una serie d’anni ininterrotta - per servire la Chiesa locale e per custodire, restaurare, proteggere i Luoghi Santi cristiani; la loro fedeltà al desiderio del Fondatore ed al mandato della Santa Sede è stata spesso suggellata da atti di straordinaria virtù e generosità.

I Frati Minori si rivolsero direttamente ai grandi e agli umili per raccogliere elemosine, ed i religiosi destinati ad assolvere quest’opera ebbero il titolo ufficiale di «Procuratori» o «Commissari di Terra Santa» (18). Tuttavia, con il trascorrere del tempo e il dilatarsi delle necessità, la loro opera si rivelò insufficiente. Per questo i Sommi Pontefici intervennero più volte, con paterna sollecitudine, ordinando la «collecta pro locis Sanctis», indicando le finalità, i tempi ed i modi perché le offerte pervenissero a destinazione per il tramite degli Ordinari (19).

Dalla seconda metà del secolo scorso vi fu un importante aumento di opere pastorali, sociali, caritative, culturali a beneficio della popolazione locale senza distinzioni e delle comunità ecclesiali di Terra Santa.

Purtroppo la Chiesa locale è priva di mezzi materiali, come pure soffre per le continue e gravi conseguenze della guerra che dura, si può dire, da decenni. Né è possibile chiedere un sufficiente contributo ai fedeli del posto, poiché essi, per lo più, hanno appena il necessario per mantenersi in vita.
Affinché quella Comunità cristiana bimillenaria nella sua origine e nella sua permanenza in Palestina, possa sopravvivere ed anzi consolidare la propria presenza in maniera attiva ed operante anche al servizio delle altre Comunità con cui deve convivere, è necessario che i cristiani di tutto il mondo si mostrino generosi, facendo affluire alla Chiesa di Gerusalemme la carità delle loro preghiere, il calore della loro comprensione ed il segno tangibile della loro solidarietà.

Rinnoviamo, altresì, in questa circostanza, il Nostro voto e la Nostra fervida esortazione ad uno sforzo sincero e volenteroso per una giusta e sollecita pace, nell’equo riconoscimento dei diritti e delle legittime aspirazioni di tutti i popoli interessati.
A nessuno sfugge, infatti, che le varie civiltà nate nel corso dei secoli in Terra Santa, debbano convergere affinché i gruppi di uomini, ad esse appartenenti, pur diversi per tante ragioni, stabiliscano una cooperazione e vi permangano come in una «σùv-οδός», per dare alla espressione greca il profondo significato di «camminare insieme».

In questo processo di convergenza, la presenza cristiana in Terra Santa, insieme a quella ebraica e musulmana, può essere un coefficiente di concordia e di pace: e ciò ha specialmente per noi cattolici una particolare importanza, fiduciosi, come siamo, che «l’avvenire è nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani, ragioni per vivere e per sperare» (20).

Questa Nostra iniziativa, comunque, non vuole avere in alcun modo altro significato che quello religioso e assistenziale, anche se non possiamo non accennare alla particolare importanza della questione di Gerusalemme e dei Luoghi Santi, trattata in altri solenni documenti pontifici.
Mossi, dunque, dall’appello che Ci viene da quella Terra e dall’impegno del Nostro ministero pastorale, Noi rinnoviamo ed ampliamo le norme dei Nostri Predecessori, in particolare quelle emanate da Leone XIII e da Giovanni XXIII di v. m., e disponiamo quanto segue:

1. In tutte le chiese e in tutti gli oratori, appartenenti sia al Clero diocesano che religioso, una volta l’anno - il Venerdì Santo o in altro giorno designato dall’ordinario del luogo -, insieme alle particolari preghiere per i nostri fratelli della Chiesa di Terra Santa, si raccolga una colletta, a loro parimente destinata. I fedeli siano avvertiti, con congruo anticipo, che detta colletta sarà devoluta per il mantenimento non solo dei Luoghi Santi, ma prima di tutto delle opere pastorali, assistenziali, educative e sociali che la Chiesa sostiene in Terra Santa a beneficio dei loro fratelli cristiani c delle popolazioni locali.

2. Le offerte siano tempestivamente rimesse dai Parroci e dai Rettori delle chiese e degli oratori al proprio Ordinario, il quale le consegnerà al Commissario di Terra Santa più vicino, la cui attività, tanto benemerita nel passato, Ci sembra tuttora valida e funzionale, o per altro opportuno tramite.

3. La S. Congregazione per le Chiese Orientali provvederà, a norma delle istruzioni da Noi impartite, ad assicurare che la Custodia di Terra Santa e la Gerarchia locale, nel rispetto delle loro competenze, possano continuare le loro Opere, consolidarle e svilupparle maggiormente, in piena armonia tra di loro ed in stretta cooperazione con gli altri Organismi che hanno speciali vincoli con la Terra Santa ed hanno a cuore le sorti di quella Chiesa locale.

Insieme alla Custodia di Terra Santa, esistono, infatti, altre opere meritevoli di appoggio e di aiuto, fra le quali ricordiamo la Missione Pontificia (21).
Nel rivolgere questo appello, Ci auguriamo che i fedeli del mondo intero, incrementando le loro offerte a favore della Colletta tradizionalmente chiamata dei Luoghi Santi, non vorranno far mancare i loro contributi e il loro cordiale sostegno a tutte le opere della Chiesa nella terra del Signore, affinché si mantenga viva la testimonianza del Vangelo e più solida diventi intorno ai Santuari la presenza dei seguaci di Cristo.
A tutti questi Organismi giunga, per la circostanza, il Nostro vivo compiacimento ed incoraggiamento per rendere più efficace la loro testimonianza di carità verso i fratelli di fede, e a beneficio di ogni uomo che si trovi nel bisogno.
Manifestiamo, infine, il Nostro plauso e il Nostro appoggio a tutti gli Enti assistenziali e a tutti gli uomini di buona volontà, i quali contribuiscono ad alleviare le gravi sofferenze di quelle popolazioni sulle quali incombe tuttora il timore di un futuro incerto e penoso. Dio voglia che la loro azione benefica, con la pace recuperata, come tutti auspichiamo prepari giorni migliori agli abitanti di Terra Santa.
Con la Nostra Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 marzo dell’anno 1974, undecimo del Nostro Pontificato.

 

PAULUS PP. VI 

 

(1) Cfr. Trattati di Vienna, Sèvres, Montreux, Società delle Nazioni, ONU.

(2) Discorso ai Cardinali, in AAS 65, 1973, p. 23.

(3) Cfr. Discorso ai Padri Conciliari, AAS 56, 1964, p. 39.

(4) Ibid.

(5) Ibid.

(6) Saluto del Santo Padre a S. E. Zalman Shazar, Presidente dello Stato di Israele, in L’Osservatore Romano, 7-8 gennaio 1964, p. 6.

(7) Allocuzione alla Gerarchia Cattolica, in L’Osservatore Romano, 7-8 gennaio 1964, p. 10.

(8) Il Pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa, Libreria Editrice Vaticana 1964, p. 140.

(9) Discorso conclusivo di Paolo VI alla cerimonia della «Via Crucis» al Colosseo il 9 aprile 1971, in L’Osservatore Romano, 10 aprile 1971.

(10) Cfr. Discorso ai Cardinali, in AAS 62, 1970, p. 47.

(11) Cfr. Io. 4, 23.

(12) Cfr. Io. 1, 14.

(13) Cfr. le pubblicazioni sulla Casa di S. Pietro a Cafarnao, «Studium Biblicum Franciscanum», Gerusalemme; VINCENT ABEL O.P., Jérusulem nouvelle, Gabalda, 1914-1926.

(14) Itinerurium Burdigalense, Ed. P. Geyger, in Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, Vindobonae 1898, vol. 39, p. 25.

(15) Cfr. Fr. G. GAMURRINI, S. Silvae Aquitanae Peregrinatio, in Studi e Documenti di Storia e Diritto, 1888, pp. 97-184.

(16) Cfr. T. TOBLER A. MOLINER, Itinera latina bellis sacris anteriora, I, 1877, pp. 43-47; II, 1880, pp. 133-142.

(17) Cfr. Act. 11, 29; Act. 24, 17; Rom. 15, 25-31; 1 Cor. 16, l-4; 2 Cor. 8, 1-9; Gal. 2, 10.

(18) MARTINO V, His quae, 24 febbraio 1421, in Bullarium Franciscanum, t. VII, Romae 1904, p. 549, n. 1471.

(19) Cfr. SISTO V, Nostri Officii, 1589; URBANO VIII, Alias fel. ree., 1644, in Bullarium diplomatum et privilegiorum etc., Augustae Taurinorum 1868, t. XV, pp. 320-324; INNOCENZO X, Salvatoris et Domini Nostri, 1645, ibid. pp. 403-404; LEONE XIII, Salvatoris et Domini Nostri Iesu Christi, 26 dicembre 1887, in Acta Ordinis Minorum, 7, 1888, pp. 17-18; BENEDETTO XV, Inclitum Fratrum Minorum, 4 ottobre 1918, in AAS 10, 1918, pp. 437-439.

(20) Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. Gaudium et Spes, 31, § 3, in AAS 58, 1966. p. 1050.

(21) Pontificia Missione per la Palestina, il cui attuale Presidente esercita anche le funzioni di Segretario Nazionale della C.N.E.W.A.- USA.                       



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