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[ IT  - LA ]

LETTERA APOSTOLICA

MIRABILIS IN ECCLESIA DEUS

SANTA CATERINA DA SIENA
PROCLAMATA DOTTORE DELLA CHIESA

PAOLO PP. VI
A PERPETUA MEMORIA

 

1. Mirabile è Dio nella Chiesa: egli, mentre tiene nascosti ai sapienti e accorti i suoi disegni segreti, li rivela invece ai piccoli (cf Mt 11, 25; Lc 10, 21). Egli suole anche chiamare semplici e modesti discepoli, con celesti ispirazioni e stimoli a cοse eccelse, «per l'edificazione del corpo di Cristo» (Ef 4, 12), e affidar loro compiti salutari, spesso estremamente difficili e importanti.

Di ciò è testimone Paolo, il quale, usando le parοle del divino Maestro, dimostra che cοn esse si manifesta il modo di condurre le segrete cose di questo mondo da parte del sommo Dio e indica anche che a lui, ministro mandato dalla provvidenza divina per sottomettere le genti alla fede di Cristo, si riferiscono le parole: «Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor. 1, 25).

Difatti Dio, prudentissimo in tutto, quando sceglie qualcuno lo munisce di doni superni per il compito che gli affida, in modo che la Chiesa raggiunga ciò che Cristo suo fondatore ha stabilito per la salvezza degli uomini.

E se il Signore Dio, che tutto regge col suo comando, agisce sempre cosi con gli uomini, tanto più attua i suoi voleri tra le più paurose tempeste nei pubblici eventi del mondo cristiano, sicché i cristiani, nel momento stesso che temono le avversità, imparino dall'esperienza quanto sia grande la forza di quella celeste Promessa: «Abbiate fiducia: io ho vinto il mondo» (Gv 16, 33) e cοsì assecondino i piani voluti dalla provvidenza divina, uniformandosi ad essi.

Fu questa appunto la situazione della società cristiana al tempo in cui visse la Vergine Senese santa Caterina.

Essa però, nelle tante strettezze del suo secolo, mite e candida nell'ascolto attentissimo della parola di Dio, agì sempre con saggezza e fortezza, collocando tutta la fiducia in Dio, e risollevò la speranza di tutti abbattuta, impegnandosi con tutte le forze perché il Romano Pontefice non solo godesse della sua piena autorità e libertà, ma anche ritornasse a Roma, che Dio per sua disposizione mise a capo del mondo cristiano. E non c'é da meravigliarsi che, per compiere queste opere, la divina Sapienza abbia donato alla casta e modesta Vergine dei lumi speciali, oltre quelle illustrazioni che, secondo il Concilio Vaticano II, provengono sia dalla riflessione e dalla applicazione dei credenti. quando in cuor loro confrontano i fatti e detti divini (cf Lc 2, 19 e 51), sia dall'interiore comprensione delle cose spirituali acquisita con l'esperienza (cf Cost. Dei Verbum, n. 8).

Caterina, difatti, senza aver avuto nessun maestro umano, fu così riccamente riempita da Dio di doni «di sapienza e di scienza» (1 Cor 12, 8), da diventare efficacissima maestra di verità. Inoltre altamente consapevole del suo compito di annunziare la verità e di far crescere la carità fra gli uomini, avanzò a grandi passi, donando liberamente i benefici dei carismi ricevuti ai cittadini del suo tempo abbattuti o nati in miserevoli condizioni.

Con queste premesse, s'intende facilmente la ragione per cui Noi, dopo che il Nostro predecessore Pio II, Pontefice Massimo, le ebbe decretato l'aureola dei santi, fummo presi da uguale desiderio di onorarla col titolo di Dottore della Chiesa universale. Abbiamo ancora la lieta speranza che quest'onore attribuito al suo valore giovi meravigliosamente alla Chiesa di questo nostro tempo e faccia sì che la dottrina di Caterina, il suo modo armonioso di ragionare, infiammino la carità nei cuori dei cristiani e, consolidando l'unità della Chiesa stessa, suscitino negli uomini un più ardente desiderio della santità, con la guida e il magistero del Vicario di Cristo.

2. La santa Vergine di cui parliamo vide la luce a Siena nell'anno 1347, nata da Jacopo Benincasa e da Lapa Piagenti. L'adorabile Spirato di Dio tanto precocemente l'eccitò alla santità, che mai s'allontanò, finché visse, dalla via della virtù.

Era appena di sei anni quando le fu mostrata la figura stessa di Cristo, in abiti pontificali, che la benedisse. Poi verso al suo anno ottavo, offrì con voto a Dio la sua castità, desiderando in un primo momento di seguire gli esempi degli antichi padri che vissero nella solitudine del deserto, poi di calcare le orme di san Domenico, di cui ammirava lo zelo d'insegnare il bene.

Nell'anno 1363 fu ammessa nel numero delle sante vergini che prendono il nome da san Domenico, popolarmente chiamate «Mantellate», e con esse fu assidua alle opere di pietà e di misericordia. Quando poi, illuminata da Dio, comprese in quali strettezze si dibatteva la Chiesa e che da quei mali ci si poteva guardare soprattutto con la preghiera e gli esercizi di pietà, si dedicò fino all'anno 1367 assiduamente all'orazione e alle opere di carità accompagnate sempre dalla ricerca singolare del disprezzo di sé. Questo singolare genere di vita, se si confronta col comune modo di vivere, era abbastanza inconsueto e quindi suscitò la disapprovazione di molti. Ma Caterina, come aveva insegnato Paolo (cf Rm 12, 21), rispondeva al male col bene, servendo i malati e soccorrendoli nell'ospedale di S. Maria della Scala e nel lebbrosario detto di S. Lazzaro, assistendo specialmente le sue consorelle, come era giusto, per le quali implorava la clemenza dello Spirito Santo, abisso di carità, quando esse erano di animo ingrato.

Crescendo ogni giorno nella virtù, l'anno 1370 Caterina, invitata con attrazione divina in una visione, intraprese un vero e proprio apostolato. E poiché, a quel tempo, le donne non erano ammesse a queste cose, fu quindi necessario che il Maestro generale dei frati Predicatori esaminasse ciò che la Vergine faceva. Del resto lo stesso Pontefice Gregorio XI, l'anno 1376, approvò col suo giudizio le attività di Caterina con queste parole: «Lei molto fruttuosamente si occupava della salvezza delle anime, del passaggio d'oltre mare (crociata) e d'altri affari della Chiesa».

Il primo aprile 1375, Caterina, che era impegnata nel predicare la necessità della guerra per la liberazione della Terra Santa, ricevette le piaghe di Cristo o stimmate, le quali, se diamo credito al beato Raimondo da Capua, suo confessore, «in forma di pura luce pervennero alle mani, ai piedi e al costato di lei».

Frattanto, essendo peggiorati i rapporti tra la Sede Apostolica e la Città di Firenze, la santa Vergine fece di tutto perché gli amici dei fiorentini non facessero con essi un'alleanza di guerra; e lottò con tutte le forze per riconciliare col Papa la Repubblica Fiorentina, che era stata colpita da interdetto. Avvenne dunque che Caterina, con un lungo e fastidioso viaggio, andò ad Avignone, per incontrarsi con Gregorio XI. Questi l'accolse molto liberamente, la fece benevolmente ospitare per tre mesi e dette ascolto ai prudentissimi consigli di lei, riguardo ai più grandi e difficili problemi della Chiesa. Allora fu tanta la compassione, l'impegno e la saggezza di questa Vergine, che non solo piegò il Pontefice a mitezza, ma riuscì anche a convincerlo a ritornare a Roma, sede e dimora del Vicario di Cristo. Non c'è assolutamente da dubitare che il ritorno di Gregorio XI sia dovuto più alla santità di Caterina, che non alla sua umana abilità: infatti solo per un'ispirazione divina lei aveva conosciuto il voto del Pontefice di ritornare all'Urbe, voto che nessun altro conosceva e che il capo della cristianità aveva fatto nel giorno della sua elezione.

Partito Gregorio da Avignone il 13 settembre 1376, Caterina lo seguì fino a Genova; dopo si recò a Pisa e di lì nella Val d'Orcia, per parlare delle cose di Dio e rappacificare tra loro i membri della famiglia Salimbeni.

Per la stessa causa della pace la riconciliatrice andò quindi a Firenze e, superate molte difficoltà e pericoli d'ogni genere, ne rappacificò i cittadini col Papa Urbano VI, che nel frattempo era succeduto a Gregorio XI nel governo della Chiesa il 18 luglio 1378.

Ma in quello stesso anno venne eletto Sommo Pontefice Clemente VII, che fu quindi un antipapa. Per questo acerbissimo fatto Caterina venne a Roma, chiamata da Urbano VI, parlò nel concistoro dei Cardinali, e fu tale la forza persuasiva della sua parola, da sollevare gli animi depressi, tanto che essi esclamarono allora: «Mai un uomo ha parlato così. Senza dubbio non è questa una donna che parla, ma lo Spirito Santo».

Alla fine, distrutta dalle fatiche, consumata dal dolore per le indegne condizioni della Chiesa, squassata come nave dalla tempesta, Caterina passò alla luce sempiterna il 29 aprile 1380.

Il suo corpo, santamente venerato per tanti secoli, «riposa», come vediamo scritto sull'epigrafe tombale, a Roma, nella basilica di S. Maria sopra Minerva, dove attende la risurrezione.

3. Passando ora alla sua dottrina, diremo subito che Caterina, sebbene fosse di famiglia popolana, non frequentasse nessuna scuola e a stento sapesse leggere o scrivere, lasciò tuttavia tali esempi di celeste sapienza e fu tanto lucida nel parlare, da attrarre una singolare «famiglia» di discepoli, che, attingendo da lei come figli il nutrimento dell'anima, la chiamavano col dolce nome di «Mamma», caro agli Italiani. Essi poi non solo erano pronti a prestare zelo e fatica nelle attività apostoliche o caritative, ma si facevano strumenti dello Spirito Santo che parlava in lei (cf Mc 13, 11).

C'erano allora in quella famiglia uomini e donne di qualsiasi origine e ordine, anche religiosi e Prelati, maestri e Teologi, che erano presi non solo dal modo umano e dalla fama dei prodigi di Caterina, ma anche e soprattutto erano supernamente illuminati dalla luce che emanava dall'animo, dall'ingegno e dai consigli di lei.

Un po' per volta brillava sempre più la sua luce e si irradiava anche oltre la sua città e regione, sicché molti le chiedevano consigli. Così naturalmente sono nate le numerose lettere indirizzate a persone d'ogni genere, che lei dettava, spesso più d'una simultaneamente, e che più scrivani raccoglievano.

Queste lettere mostrano l'ardore e il desiderio del suo animo bruciante d'amore, anche la sua fede purissima, la solidità dei principi, la maestà dell'orazione, la saggezza dei giudizi e la sottigliezza dei pensieri di natura teologica.

Qualche tempo dopo, verso il termine della sua breve vita, Caterina dettò in estasi un libro, noto come Dialogo della Divina Provvidenza, strutturato in questo modo: la sua anima presenta a Dio qualche domanda e Dio risponde ai suoi quesiti. Si ha così l'eterno Padre che spiega a Caterina molte cose circa la vita soprannaturale, sia di ogni individuo, sia di tutta la Chiesa. Nell'intessere questo dialogo è suo pregio il saper chiedere sempre quanto si svolge nell'uomo interiore e presentare anche le cose divine.

I suoi scritti, inoltre, sοnο un chiaro saggio e documento di quei carismi, che consistono nelle parole di esortazione, sapienza e scienza, che tanto fiorivano nella Chiesa primitiva, come si legge nel beatissimo Paolo; il quale, regolando il loro uso cοn ottimi ordini e suggerimenti, bene ammonì che tali doni non sono dati a beneficio dei singoli ma per l'utilità di tutta la Chiesa. E, poiché autore ne è, come dice lo stesso Apostolo, «l'unico e medesimo Spirito, che li distribuisce a ciascuno come vuole» (1 Cor 12, 11), così bisogna che sia per utilità di tutti i membri del corpo mistico di Cristo tutto ciò che viene dai celesti tesori dello Spirito Santo (cf 1 Cor 11, 5; Rm 12, 8; 1 Tm 6, 2; Tt 2, 15). Questa appunto è la ragione per cui dalle fonti che sono gli scritti e gli esempi della Vergine Senese attingano abbondantemente i contemporanei e i posteri, i dotti, i santi e i peccatori.

Se si guarda poi alle lodi di una così squisita dottrina, si trova la stessa mirabile armonia di pensieri, sicuri e ben definiti. Non tratta di cose estranee, come conviene a lei che espone «la dottrina di vita» portata agli uomini dal Verbo adorabile di Dio. Sicché si possono applicare a Caterina quelle parole del Figlio dell'eterno Padre: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato» (Gv 7,16); e anche quelle dell'Apostolo Paolo: «Io non ritenni di sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso» (1 Cor 2, 2). Difatti non si proponeva la Vergine di comunicare la vana scienza umana (ivi, 4-9), ma la celeste sapienza, che veniva attinta dalle sacre Lettere e fatta quasi suo sangue (cf ivi, 10-13), mediante la meditazione e l'uso delle cose celesti.

Perciò quelle cose che insegnò sulla vita morale sembravano nuove, grazie al modo personale e veramente singolare con cui le ricavava dalle principali verità di fede. E bene quindi diceva: «Io v'invito a entrare in un mare pacifico per questa ardentissima carità, e in un mare profondo. Questo ho io trovato ora di nuovo (non che sia nuovo il mare, ma è nuovo a me quel sentimento dell'anima mia) in quella parola: Dio è amore» (Lett. 146).

Per la stessa ragione, i vari punti della dottrina cateriniana formano un tutt'uno ampio e compatto, derivato dai più profondi misteri della nostra religione, cioè la Ss. Trinità, e l'incarnazione del Signore, con cui il Verbo di Dio si fece carne e morì per noi. Da questi, come da un perno, scendono tutti i suoi concetti e i consigli sulle cose da fare; e a questo tende sempre l'orazione sua, che ciascuno torni al conoscimento di sé e di Dio che abita in noi. E perché sia ferma in questo umano e divino conoscimento e viva in esso come in una cella, lo stesso divino Maestro l'ammonisce.

Secondo l'insegnamento di Caterina, al primo posto bisogna mettere la potenza del sangue di Cristo e la missione della Chiesa: mediante quel sangue prezioso si è specialmente manifestata la verità del Padre (Lett. 102) e da parte di Cristo la volontà di compierla; e ancora è mostrata la via della dottrina di Cristo, aperta a tutti, che ognuno può percorrere «nel sangue della stessa verità incarnata» (Dial., c. 135).

Si ha così questo: negli scritti di Caterina l'umanità di Cristo è collocata proprio al centro di tutta la pietà cristiana, insieme con le verità di fede che nutrono la carità, come sono l'Eucaristia, le sofferenze di Cristo e il suo preziosissimo sangue.

La Chiesa, poi, per Caterina, non è altro che Cristo (Lett. 171), poiché nella carità diventa una cosa sola con Cristo, come il Padre e il Figlio sono una cosa sοla (cf Gv 17, 21). Il suo impegno per la Chiesa e per il Sommo Pontefice fu così straordinario e singolare, da farle offrire la vita a Dio come vittima per essi (cf Lett. 371), e questa determinazione fu così ferma, che nei durissimi anni del grande scisma Occidentale contribuì molto col suo prestigio ad aumentare l'amore verso il Corpo Mistico di Cristo.

La Vergine Senese considerò sempre il Romano Pontefice cοme «il dolce Cristo in terra» (Lett. 196), al quale si deve sempre amore e obbedienza; e chi non obbedisce a questo Cristo terrestre, che è una cosa sola cοl Cristo celeste (cf Lett. 207), non partecipa al frutto del Sangue del Figlio di Dio. Quello poi che Caterina insegna della comunione che passa tra ognuno di noi e gli altri membri del Corpo mistico, e anche del sacro ordine dei Sacerdoti i quali prestano la loro opera a Cristo» come «ministri del sangue» (Dial., c. 117) e infine quello che dice riguardo a tutti i fedeli di Cristo, tutto ciò è perfettamente conforme a quanto insegna il Concilio Vaticano II (cf Cost. Lumen gentium n. 23).

Né si può tacere di quanto s'affaticò per la riforma dei costumi della Chiesa, e prima di tutti tra i sacri pastori, che essa con insistenza ammonisce di non permettere che per la loro incuria il gregge perisca: «Ohimé, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, tòltοgli è il colore, perché gli si è succhiato il sangue da dosso, cioè il sangue di Cristo» (Lett. 16 al Cardinale Vescovo di Ostia). Non con le guerre si può restituire ad essa la primitiva bellezza, ma con una riconciliazione di pace e di quiete, con umili e incessanti preghiere e con sudori e lacrime dei servi di Dio (cf Dial, c. 15, 86).

Le relazioni poi che passano nella Chiesa tra gli uni e gli altri, in cui è posta la vita della Chiesa nell'insieme e nei singoli, si saldano nella carità, la cui forza e peso stringente sono di tale portata universale, che nessuno può piacere a Dio se non cerca d'essere utile al prossimo.

Propria di Caterina à poi l'immagine del «ponte», cioè l'allegoria con cui Cristo, mandato dal Padre, è raffigurato come un ponte che congiunge la riva celeste con quella terrestre, e chi passa per esso si salva.

4. Per quanto la fama e il nome onorevole passassero moltissimo di bocca in bocca dopo la sua morte, però la sua virtù specchiata le ottenne grande gloria dappertutto già da viva. E prendendo alcuni esempi dai Sommi Pontefici, Gregorio XI ebbe sempre per lei una vera venerazione e ne volle francamente vedere «i libri e gli scritti»; e Pio II nel 1461 le decretò l'eccelso onore dei Santi del cielo, scrivendo di sua mano, come egli stesso attesta, la lettera di canonizzazione Misercordias Domini, nella quale afferma: «Nessuno si accostò a lei senza ritornarne migliore e più erudito. La sua dottrina era infusa, non acquisita. Sembrava piuttosto maestra che discepola». Benedetto XIV eleva tali lodi della mirabile dottrina di Caterina, ricca di sapienza, da fargli dire che, a somiglianza di san Paolo, tale dottrina è «accesa del fuoco della carità». E ancora: Urbano VIII approvò con la sua autorità le stigmate di Caterina. Pio IX, nei suoi tempi agitati, volle porre sotto la sua protezione la Sede di Pietro. Pio XII, nell'annunziare la proclamazione di lei, con san Francesco, a patrona primaria d'Italia, la chiamava «fortissima e piissima Vergine» , «decoro e difesa della patria e della religione». E Giovanni XXIII le dette solenne testimonianza, quando, nel quinto centenario della canonizzazione di questa Vergine beata, invitò tutti i cristiani a celebrarla: «giovani e fanciulle, vecchi e giovinetti, gente d'ogni classe ed età, principi e popolani»; e al tempo di quella commemorazione meritatamente lodò i suoi scritti il Nostro predecessore, dicendo che «si elevò così in alto da strappare l'ammirazione dei dotti, lei che istruiva senz'essere stata istruita. Le Lettere e il Dialogo sοnο e saranno anche in futuro cοme un amenissimo giardino di Dio, nel quale spandono odori balsamici i celesti segreti, le eccelse virtù e le amabili esortazioni».

5. E noi, mossi da queste testimonianze, siamo giunti a quella decisione, che giù da tempo avevamo in mente e che nel mese d'ottobre 1967 comunicammo, e cioè che sarebbe bene collocare il nome di santa Caterina da Siena nel numero dei dottori della Chiesa, col quale titolo, quando pensavamo a questo, nessuna santa donna era mai stata decorata.

Trattandosi però di una questione di massima importanza, affidammo l'incarico di studiare diligentemente la cosa alla Sacra Congregazione dei Riti. Questa, dopo aver consultato uomini molto esperti, rispose affermativamente.

Quindi il 20 dicembre dell'anno 1967, in una speciale seduta, come venne chiamata, si discusse su questo dubbio: «Se si può concedere il titolo e l'onore di Dottore della Chiesa a quelle sante donne che per santità e dottrina esimia hanno contribuito molto al bene generale della Chiesa». Il dubbio fu cancellato dalla sentenza del Padri Cardinali e dei Prelati Officiati che erano presenti, i quali unanimemente affermarono che ciò si può fare. Noi stessi considerammo questa sentenza come valida e la confermammo il 21 marzo 1968 con la Nostra deliberazione.

Dopo ciò il diletto Figlio Aniceto Fernández, Maestro Generale dell'Ordine del Frati Predicatori, presentò a nome suo e di tutto l'Ordine una supplica, con cui chiedeva con grande insistenza che la Vergine Senese santa Caterina fosse annoverata tra i Dottori della Chiesa universale. Si unirono a questa anche le domande di molti Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Superiori generali di Ordini e Congregazioni Religiose e Rettori di Università.

Tutte queste lettere ordinammo di passarle alla Sacra Congregazione del Riti, perché le giudicasse; la quale, esaminatele con grande diligenza, considerò la cosa e stabilì che fosse istruita la causa, raccogliendo vari studi su questo argomento corredati di abbondante dottrina.

I Padri Cardinali preposti alla Sacra Congregazione per le Cause del Santi, alla quale compete il giudizio sul materiale raccolto, secondo la Costituzione Apostolica che incomincia con le parole Sacra Rituum Congregatio emanata l'8 maggio 1969, la esaminarono e, tenuto conto dell'insigne santità di vita, dell'eminente dottrina e della sua benefica efficacia sulla vita della Chiesa, richiesti se giudicavano di poter procedere alla proclamazione di santa Caterina da Siena a Dottore della Chiesa, essi, nell'adunanza plenaria della stessa Sacra Congregazione tenuta il 2 dicembre 1969 in Vaticano, dopo aver udita la diligentissima relazione del Cardinale Michael Browne, ponente di questa causa, furono concordi in questa sentenza: «Santa Caterina da Siena è degna d'essere da Noi iscritta nell'albo del Dottori della Chiesa».

Informati di tutto ciò il giorno 8 gennaio di quest'anno 1970, noi approvammo ciò che avevano valutato i Padri Porporati e lo confermammo, stabilendo che si facesse cοn rito solenne.

Oggi, dunque, con l'aiuto di Dio e il plauso di tutta la Chiesa, ciò è fatto. Nel tempio Petriano, dove una gran folla è convenuta d'ogni dove e specialmente dall'Italia, alla presenza di molti Cardinali e Presuli della Curia Romana e della Chiesa cattolica, confermando ciò ch'è stato fatto, accondiscendendo alle domande dei membri dell'Ordine dei Frati Predicatori e soddisfacendo con grande piacere i desideri di tutti gli altri supplicanti, durante il sacrificio Eucaristico abbiamo pronunziato queste parole: Con certa conoscenza e matura deliberazione e in forza della piena autorità apostolica, dichiariamo santa Caterina, Vergine Senese, Dottore della Chiesa universale.

Ciò detto e ringraziato Dio con tutti i presenti, abbiamo tenuto un discorso sulla mirabile vita e dottrina del nuovo Dottore e offerto la vittima divina all'altare maggiore del tempio.

Chiudendo ora questa Lettera, decretiamo che queste cose si osservino religiosamente e abbiano valore, sia ora che in futuro, nonostante qualsiasi cosa in contrario.

Dato a Roma, presso S. Pietro, col sigillo del Pescatore, il 4 ottobre 1970, anno ottavo del Nostro Pontificato.

PAOLO PP. VI 

 



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