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SANTA MESSA NELLA PARROCCHIA DELLA GRAN MADRE DI DIO

OMELIA DI PAOLO VI

Domenica, 8 marzo 1964

 

Anzitutto un cordiale saluto al Signor Cardinale Pro Vicario, a Monsignore Vice Gerente, ai Vescovi Ausiliari, al Parroco ed ai Sacerdoti che lo coadiuvano nel ministero pastorale.

Il Sommo Pontefice è lieto di questi incontri; ed uno dei motivi di tale gioia consiste nel poter Egli avvicinare coloro che, in vario grado, sono i «cooperatores ministerii Nostri». Essi sono, infatti, particolarmente cari per la comune dignità di Sacerdoti di Cristo; per la dedizione con cui assolvono il loro spirituale mandato; e, infine, a causa della efficacia con cui sanno interpretare le necessità e le aspirazioni della vita cristiana di Roma.

UNA COMUNITÀ GIOVANE E GLORIOSA

Il saluto del Padre si estende, poi, alle comunità religiose, alle suore, a tutte le istituzioni, ai vari rami dell’Azione Cattolica.

Il compiacimento è spontaneo e sentito. C’è, qui, un insieme egregio di opere che ben si accorda alla grandiosità del quartiere, nel cui ambito non sono poche le importanti istituzioni. Ad esse, come pure a tutti i cospicui centri residenziali e di uffici, il pensiero benedicente del Vescovo di Roma.

Si aggiunga - e il Santo Padre lo nota con vivo compiacimento - che i fedeli di questa parrocchia hanno assicurato e stanno svolgendo speciali opere meritorie in occasione della Quaresima. Pertanto più che una esortazione meriterebbero una lode, che il Papa a tutti intende largire. Egli sa, però, che, in questo mondo, pur attingendo mète encomiabili, ci si trova sempre dinanzi a qualche cosa di buono e di meglio da fare; necessario deve essere, infatti, il progresso, come ricorrente la fioritura.

In secondo luogo la visita pontificia non mostrerebbe l’intero suo significato se non avesse anche quello di stimolare ad ascese ancor più meritorie.

«CHE COSA È UNA PARROCCHIA?»

Incominciamo con una domanda, che il Santo Padre potrebbe proporre alle varie categorie dei suoi ascoltatori: ai fanciulli, agli anziani, ed anche a coloro, non presenti, i quali hanno della parrocchia un’idea assai imprecisa, e la considerano, al massimo, come il punto di convegno per una saltuaria preghiera collettiva al Signore. La domanda è questa: che cosa è una parrocchia? Diverse potrebbero essere le risposte e par di sentirle. La parrocchia è una chiesa; è una chiesa speciale con i registri, l’archivio, l’anagrafe, l’amministrazione concernente i fedeli; è un’entità giuridica.

Intanto si deve subito rilevare che non basta la definizione di semplice chiesa. Altri templi vi sono, talvolta grandiosi, da cui non si irradiano cure pastorali determinate.

Ciò premesso, una risposta diventa agevole, se i fedeli pongono mente alla presenza del Papa. Si sono mossi tutti, e con entusiasmo, per questa visita desiderata, inaspettata. Egli è felicissimo che lo si saluti in codesta maniera, ben comprendendo la singolarità della circostanza. Viene tra i suoi figli il Vescovo di Roma, il Vicario di Cristo. E il popolo fa bene ad accoglierlo con letizia, non certo per la sua persona, ma per l’ufficio, il mandato che il Signore gli ha conferito; per l’altezza del suo sacro ministero. È naturale acclamarlo, aprire gli occhi, conservare nel cuore il ricordo di questi momenti. Perché? Perché è un notevole atto di presenza. Viene il Papa; è presente il Papa: Colui, cioè, che, Successore di Pietro, prolunga nel tempo la missione del divino Maestro e la dirige nel mondo.

MIRABILE E VERA PRESENZA

Tuttavia se unicamente il Papa possiede questa prerogativa di rappresentare il Signore in mezzo alla storia e sulla faccia della terra, se non c’è che Lui ad avere questa pienezza di autorità, bisogna ricordare che non la sola autorità ci pone vicini a Dio. Qui, nel tabernacolo, c’è una presenza, e quale mirabile e vera presenza! Nostro Signore Gesù Cristo; vivo, vero, reale, ma silenzioso e nascosto, si direbbe inerte. Dinanzi all’ineffabile Mistero Eucaristico il primo moto spontaneo, irresistibile è quello di aprire le anime, tendere i cuori, prostrarsi in atto di fede per mettersi in comunicazione con questa divina presenza.

E non è tutto. Con il SS.mo Sacramento c’è anche il parroco; e chi è il parroco? Il rappresentante della Chiesa. Adunque la parrocchia è la presenza della Chiesa viva ed operante in mezzo al popolo fedele. È - per definirla in maniera più completa - la presenza di Cristo nella pienezza della sua funzione salvatrice. Senza dubbio, anche nelle altre chiese c’è il Signore; ma non compie quello che esercita qui, dove i fanciulli sono rigenerati alla grazia; dove c’è il battesimo. Nelle altre chiese non si è tenuti ad annunciare la parola di Dio con regolarità, mediante catechesi organizzate e volute come istruzione programmata e responsabile. Qui è dispensata, in modo particolare, la parola di Dio. Dunque questa è la casa del Vangelo, la casa della verità, la scuola di Nostro Signore; qui la sua cattedra, qui Egli insegna con metodo, e dà ogni aiuto perché si corrisponda al nostro fondamentale dovere. Il parroco, come primo obbligo, ha quello di diffondere la parola del Signore, di ricordare ai seguaci di Cristo: guardate che stiamo qui per una precisa finalità. Io vi predico il Signore, la sua parola, il suo Vangelo. Io vi chiamo alla fede donde poi nasce tutto il sistema religioso su cui è basata la nostra spiritualità, la Chiesa, la società che noi veniamo componendo. La parola di Dio passa attraverso le labbra umane, sono le labbra del vostro parroco.

NECESSARIA RISPOSTA DEI FEDELI A PRECISI DOVERI

Torna perciò la domanda con la risposta piena e convincente.

La parrocchia è la presenza di Cristo operante attraverso il ministero dei suoi sacerdoti. Un ministero responsabile: ecco la nota distintiva tra la chiesa parrocchiale e le altre chiese ove si può fare del bene, ma senza vincolo. Il parroco, invece, è tenuto a precisi doveri: né può rifiutarsi poiché s’è dato, è a disposizione di tutti. È uno che ha detto al Signore: Io andrò a rappresentarti, e cioè a ripetere quello che tu hai compiuto ed insegnato, a dedicarmi agli altri. Il parroco, venendo qui, ha assunto la responsabilità delle anime che compongono questo quartiere; del suo amore e dell’ansia del suo animo zelante egli fa un elemento catalizzatore e unificatore. Il parroco è incaricato di rendere famiglia l’intero popolo che abita in questa zona.

Si tratta, in sostanza, di una manifestazione sublime della carità. Se si cerca l’espressione della carità di Cristo nel mondo, basta guardare il sacerdote dedito alla vita pastorale. Gesù ha proclamato: non c’è amore più grande che dare la vita per gli altri. Ebbene ogni parroco è un immolato pronto a offrire la propria vita per il prossimo. Tale sublime slancio non indica solo un dono unilaterale, ma stabilisce un autentico rapporto. Per quale ragione? Perché c’è responsabilità da parte del parroco, e necessità da parte dei fedeli. Nella parrocchia si amministrano i sacramenti indispensabili alla nostra salvezza, ad assicurare un valore essenzialmente cristiano per ogni momento dell’esistenza e per l’ora del trapasso alla eternità.

Nessun fedele può esonerarsi e dire: io non c’entro. Dal semplice appartenere a una chiesa parrocchiale, essi ricevono da questa sorgente le grazie per la vita. Non si tratta di un diversivo, di un gioco accademico; non è cosa marginale o facoltativa. È il pane, è l’alimento soprannaturale che qui è dato e garantito. Perciò la parrocchia è la casa dei credenti, è la casa dell’anima, è la casa della speranza, della avidità di incontrarsi e unirsi con Nostro Signore Gesù Cristo.

IL SACERDOZIO MOLTIPLICA I DONI DI DIO

Cade qui a proposito un riferimento al Vangelo della quarta domenica di Quaresima, sulla moltiplicazione dei pani. Come si produsse questo miracolo? in quale fase? Avveniva nel passaggio dalle mani di Cristo alle mani degli Apostoli: il pane, in quell’istante, si moltiplicava: una ricchezza l’accrescimento di quel cibo, che il Signore voleva far giungere a tutti. Ciò dimostra che il sacerdozio è proprio il veicolo, lo strumento della moltiplicazione del pane del Signore. Gesù ha istituito il sacerdozio per socializzarsi, per immedesimarsi con ognuno, per essere l’unico pane posto a disposizione di tutti.

Questo l’elemento essenziale da richiamare nella descrizione ed apologia della parrocchia. La parrocchia è per tutti. Il prodigio della moltiplicazione dei pani conferma, inoltre, che il Signore è il vero alimento. Non si esaurisce, non è per i piccoli cenacoli, non si limita ad anime privilegiate, non è diretto solamente a coloro che lo cercano con passione e straordinario ardore: è destinato all’intero genere umano.

E allora, se si vuol sapere qual è il luogo che il Signore ha stabilito per l’incontro, l’appuntamento in cui Egli aspetta e chiama, è facile rispondere: la mia parrocchia. Ivi è il luogo fisso della grazia e della presenza divina. Ciò può essere ripetuto dal ragazzo, dal giovane, dalla famiglia, dal vecchio, dal sofferente. Ogni stato di vita e di professione può così trovare la verità, la pace nel dialogo con Cristo. Qui infatti si prolunga il duplice mistero del Salvatore che si incarna, diviene vita in ciascuno di noi e moltiplica il suo mistero di redenzione e salvezza.

Certo il Signore è generoso e si possono trovare i suoi gesti di misericordia in cento altre parti; ma se il fedele intende essere logico, se aspira alla visione precipua della salute spirituale, deve mettere a fuoco nella sua anima questo punto solare.

NESSUNO RIMANGA ASSENTE

La parrocchia è fatta per tutti. Ricordatelo: - invita con paterna insistenza Sua Santità - è per voi, per ciascuno di voi; nessuno è dimenticato, tutti invece, sono chiamati per nome, nessuno può rimanere assente. Lo direte anche agli altri, a quelli che, non sono qui: la parrocchia è il centro della vita ecclesiastica. E da ultimo, se è vero che la parrocchia è per tutti, non manchi il convincimento che essa è anche fatta da tutti, non solo dal parroco, dai sacerdoti che lo aiutano. Ciascuno è membro, ciascuno è parte, ciascuno è pietra viva di questo tempio.

Nessuno può essere passivo, egoista; nessuno può restare assente o isolato. Qui occorre vivere in comunità e in carità: bisogna cioè portare non una presenza, sovente stentata, talvolta irregolare, tal altra melanconica, diffidente, bensì una presenza convinta, operante, non fosse altro che per unirsi alla comunità quando la stessa orazione è il migliore invito a pregare insieme. Vedete il Concilio Ecumenico: cosa sta facendo? Sta cercando appunto la maniera di dissigillare le tante labbra mute del popolo, che non può più rimanere silenzioso e indifferente, ma deve aprire la sua anima, effondere i suoi sentimenti, i suoi dolori, le sue speranze, e far proprie le parole divine che vengono a beatificare e santificare il suo spirito. In ciò s’avvera il concorso che ognuno può dare alla parrocchia nell’intento di capire e pregare bene; d’essere un Cuor solo ed un’anima sola. Se la visita del Papa fra voi non facesse altro che agitare alcuni di questi pensieri e porre taluni interrogativi e stimoli alla vostra anima, in favore della vostra comunità parrocchiale, che è la Chiesa viva, la Chiesa per voi, la Chiesa salvante, sperante, orante, tale presenza non sarebbe inutile e la Benedizione Apostolica confermerebbe nelle vostre anime le migliori grazie di Dio.

                                 



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