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SOLENNE BEATIFICAZIONE DI MARIA DEGLI APOSTOLI

OMELIA DI PAOLO VI

Domenica, 13 ottobre 1968

 

UN CRISTIANESIMO TUTTO PROTESO AL SERVIZIO DELLE ANIME

Signori Cardinali, Venerati Fratelli e diletti Figli e Fedeli tutti, e voi oggi meritevoli della Nostra particolare considerazione, ottime Suore del Divino Salvatore!

Ci sia consentito, dopo la sacra cerimonia ad onore della nuova Beata Maria degli Apostoli Fondatrice delle Religiose Salvatoriane, e dopo d’aver ringraziato il Signore con il rito eucaristico celebrante la sua divina presenza e la sua perenne assistenza fra noi, Ci sia consentito di esprimere, non a guisa d’illustrazione, ma di segno della Nostra compiacenza, una parola su questa beatificazione, che allieta la Chiesa intera; che riempie di gaudio e di conforto una grande Famiglia religiosa femminile e di riflesso quella maschile che le diede origine e nome; che innalza a comune esempio e a stimolante edificazione una forte e distintissima figura di donna, la quale nella sua stirpe e nelle sue virtù naturali e cristiane onora il suo grande Paese nativo; che diffonde per tutta la terra, dove le istituzioni benefiche e l’attività religiosa delle Suore Salvatoriane attestano la provvida vitalità dell’opera fondata dalla piissima, oggi glorificata dalla Chiesa; e che offre al mondo d’oggi, e certamente a quello di domani, la testimonianza d’un cattolicesimo tutto proteso al suo servizio e alla sua salvezza. Compiacenza, diciamo, come quella che nasce negli animi di chi voglia riandare la storia di Teresa von Wüllenweber, ricoperta poi come d’un manto sacro del nome da religiosa di Maria degli Apostoli: lasceremo alla sua congregazione, alla sua vasta clientela spirituale e a quanti, biografi o lettori che siano, si concedono il sapiente diletto di esplorare le «vite dei Santi», cioè le più singolari e misteriose esperienze dell’anima umana, gustare questa compiacenza: essa sarà durevole, sarà feconda, sarà interessante, sarà edificante.

L'IDEALE DI ELETTA ESISTENZA: «APOSTOLATO E MISSIONE»

La Nostra compiacenza si limita, in questo momento, ad ammirare il duplice aspetto che definisce la vocazione e la vita della Beata: l’apostolato e la missione. Non sono due aspetti distinti, quasi qualificassero una figura bifronte; sono piuttosto due titoli che convengono ad una stessa figura, che ha fatto dell’apostolato la ragione della sua vita e il motivo della sua dedizione, della sua abnegazione totale per la causa di Cristo; ed ha voluto che il suo apostolato osasse aspirare ed arrivare alla sua espressione evangelica e moderna più ardita, quella missionaria.

Chi vorrà provarsi ad applicare il binomio: «apostolato e missione» a questa nuova figlia della Chiesa celeste scoprirà, Noi crediamo, il filo logico e operativo della sua esistenza terrena, e la motivazione sintetica della sua glorificazione; e, come avviene delle idee, quando le vediamo personificate e viventi in qualche storia umana, l’uno e l’altro termine di questo elementare ma densissimo binomio ci apparirà più chiaro, più documentato, più ricco di significato e di implicazioni, sia dottrinali che morali, sia psicologiche che pratiche. Sia qui opportuno ricordare una parola, che la Beata scrisse di sé, quasi dando la definizione della propria personalità: «Io mi sento fortemente chiamata a tutto ciò che è apostolico» (Lettera a Bonav. Lüthen, 1882). E fu certamente questa sua vocazione che la rese capace, lei, primogenita d’una nobile famiglia tedesca, di compiere le più generose rinunce al suo stato sociale ed ai suoi averi, che la rese insoddisfatta di vari tentativi intrapresi di vita religiosa, e che le diede l’ansia di pareggiare nella operosità esteriore dell’apostolato l’esuberante fervore religioso della sua vita interiore. Non sarebbe difficile, Noi pensiamo, rintracciare gli elementi costitutivi dell’apostoIato, quale noi oggi intendiamo nella derivazione dal suo originario significato evangelico, studiando la biografia di questa donna singolare, piena di cultura, di sensibilità umana e di fervore spirituale.

OSARE TUTTO IL POSSIBILE PER IL REGNO DI DIO

Che cos’è l’apostolato? Considerato nel suo significato psicologico, là dove la grazia è animatrice della intimità interiore del nostro spirito, l’apostolato è innanzi tutto una voce interiore che pronuncia, a quando a quando, una sconcertante valutazione delle cose, vanificandone alcune, anche buone e carissime, esaltandone altre, credute difficili, estranee, utopistiche; una voce inquietante e rassicurante ad un tempo, una voce altrettanto dolce quanto imperiosa, una voce molesta ed insieme amorosa, una voce, che, in coincidenza con impreviste circostanze e con gravi avvenimenti, diventa ad un dato momento attraente, determinante, quasi rivelatrice della nostra vita e del nostro destino, profetica perfino e quasi vittoriosa, che fuga alla fine ogni incertezza, r; ogni timidezza ed anche ogni timore, e semplifica no a rendere finalmente facile, desiderabile e felice la risposta di tutto il nostro essere, nell’espressione di quella sillaba, che svela il supremo segreto dell’amore: sì; sì, o Signore, dimmi quel ch’io devo fare, e oserò, lo farò. Come S. Paolo, folgorato alle porte di Damasco: «Quid vis me facere?», che cosa vuoi ch’io faccia? (Act. 9, 5). La radice dell’apostolato si affonda in questa profondità: esso è vocazione, è elezione, è incontro interiore con Cristo, è abbandono della propria personale autonomia alla sua volontà, alla sua invadente presenza; è una certa sostituzione del nostro cuore, povero, inquieto, volubile e talora infedele, ma avido d’amore, col suo, col cuore di Cristo, che comincia a pulsare nella sua creatura d’elezione. Allora succede il secondo atto del dramma psicologico dell’apostolato: il bisogno d’effondersi, il bisogno di fare, il bisogno di dare, il bisogno di parlare, il bisogno di trasfondere in altri il proprio tesoro, il proprio fuoco. Da personale il dramma si fa sociale, da interiore esteriore.

La carità del rapporto religioso diventa carità del rapporto col prossimo. E come la prima carità ha svelato sconfinate dimensioni (cfr. Eph. 3, 18), così la seconda non vorrebbe più limiti; l’apostolato diventa l’espansione continua d’un’anima, diventa l’esuberanza d’una personalità posseduta da Cristo e animata dal suo Spirito, diventa bisogno di correre, di fare, d’inventare, di osare quanto è possibile per la diffusione del Regno di Dio, per la salvezza degli altri, di tutti. È quasi un’intemperanza d’azione, che solo l’urto con le difficoltà esteriori riuscirà a moderare e a modellare in opere concrete e perciò limitate.

VI È NELLA CHIESA DIVERSITÀ DI MINISTERO MA UNITÀ DI MISSIONE

Il secolo scorso, il secolo dei grandi rivolgimenti nelle idee e nella società, ha conosciuto molte anime, a cui lo Spirito Santo ha infuso questa coscienza e questa energia, e da cui la Chiesa ha attinto il suo risveglio e il ricupero delle ricchezze perdute nelle trasformazioni culturali e sociali; l’apostolato è diventato la formola di tante nuove famiglie religiose, quelle femminili non inferiori per ardore e per intraprendenza a quelle della parte maschile, e superiori per numero. Tra queste vi è la famiglia religiosa, che oggi ottiene, nella Beatificazione della sua Fondatrice, il più alto e il più autentico riconoscimento della Chiesa nuovamente fiammante di fuoco apostolico.

Nessuna meraviglia perciò che quella Figlia eletta della Chiesa viva abbia assunto per sé, quasi programma, il nome che dicevamo, Maria degli Apostoli, e ch’ella abbia scoperto nell’ideale missionario il suo polo orientatore. Dall’amore di Cristo, da Lui ricevuto e a Lui ricambiato, scaturisce l’apostolato; dall’apostolato lo spirito missionario. «Lo slancio missionario dev’essere riferito all’apostolicità della Chiesa» (Journet, L’Eglise, II, 1208). È lei che scrive: «Fu sempre mia prima inclinazione quella di dedicarmi alle missioni e di giovare ad esse come posso» (lett. citata); e poco prima: «Sette anni fa ho promesso al buon Dio, quasi come voto, di dedicarmi, per quanto lo consentono le mie forze, tutta alle missioni» (Lett. a Mons. von Essen, 25-IV-1882).

Ella ha intuito che il campo missionario non comincia soltanto al di là dei confini della Chiesa già fondata e sviluppata ma si offre all’apostolato anche nell’ambito territoriale e sociologico della Chiesa; la molteplicità delle sue opere lo dimostra; e forse, nella pienezza del suo entusiasmo apostolico, ha parimente intuito ciò che in questo secolo si è più chiaramente svelato alla coscienza della Chiesa e che il recente Concilio ha espressamente dichiarato; e cioè che «la vocazione cristiana è per sua natura anche vocazione all’apostolato» (Apost. actuos. n. 2); e per di più che «vi è nella Chiesa diversità di ministero, ma unità di missione» (ib.), la qual cosa confortò in lei, donna, a intraprendere l’apostolato missionario, propriamente detto, cioè lo sforzo d’annunciare il Vangelo e di fondare la Chiesa dove ancora né l’uno è arrivato, né l’altra è stabilita, quando non esistevano, o appena stavano sorgendo, famiglie religiose femminili a ciò consacrate. Fu ardimento provvidenziale e immediatamente fecondo. Non possiamo tacere, a questo punto, il nome d’un Sacerdote tedesco, che fu alla Beata ispiratore e maestro, il servo di Dio Padre Francesco Maria della Croce, al secolo Giovanni Battista Jordan, fondatore dei Salvatoriani. E non possiamo guardare queste due fiorenti ed esemplari famiglie religiose dei Salvatoriani e delle Salvatoriane, delle quali Roma si onora d’aver ospitato le prime sedi, e sparse ormai in tutto il mondo, senza esprimere la Nostra ammirazione, la Nostra riconoscenza e la Nostra fiducia.

LE ISTITUZIONI VIVE ED OPERANTI PER IRRADIARE IL MESSAGGIO EVANGELICO

E non possiamo, terminando, ricordare che questi mirabili fatti ecclesiali, questi prodigi della fede e della carità, queste istituzioni vive e operanti (chiamatele pure strutture canoniche!) della Chiesa contemporanea, sono nate, sono cresciute, sono consacrate nella dedizione più fervorosa e generosa all’irradiazione del messaggio evangelico e al bene dell’umanità nella fermissima convinzione che Gesù Cristo è il Salvatore, è il Salvatore vero, è il Salvatore unico, è il Salvatore necessario; e nell’eloquente esperienza che da questa tomba dell’apostolo Pietro, punto di convergenza e punto di partenza, centro di unità e di cattolicità, scaturisce quell’amore apostolico e deriva quel mandato missionario, che ne configurano le religiose sembianze, ne alimentano le indefesse energie, ne santificano le schiere valorose. È la visione che Noi abbiamo davanti agli occhi ed è il voto che nutriamo nel cuore.

Voglia la nuova Beata, con il suo esempio luminoso, con la sua protezione celeste, per sempre fissare questa visione ed avvalorare questo voto.

Saluto ai connazionali della Beata. «Ella rappresenta autenticamente la nobile e forte tradizione cattolica del Popolo germanico».

Einen besonderen Gruss möchten Wir noch an Unsere Brüder wie an Unsere deutschsprechenden Söhne und Töchter richten. Die neue Selige, Maria von den Aposteln, ist durch Geburt, durch Erziehung, durch die Muttersprache Ihre Schwester. Die erstgeborene Tochter des Freiherrn Joseph Theodor von Wüllenweber, Maria Theresia, die später als Gründerin der Schwestern des göttlichen Heilandes den Namen Maria von den Aposteln annahm, erblickte im Jahre 1833 auf Schloss Myllendock in Gladbach (Deutschland) das Licht der Welt.

Sie verkörpert in echter Weise die vornehme und kraftvolle katholische Überlieferung des deutschen Volkes; sie besitzt die besten Tugenden des deutschen Charakters, wenn er von Aufrichtigkeit und dem freimütigen Bekenntnis zum katholischen Glauben geformt ist; von Jugend auf an offenbart sie ein zartes Empfinden für religiöse Fragen und ein entschiedenes moralisches Gewissen, sodass sie ihr Leben sofort nach einem schwierigen und hohen Ideal religiöser Vollkommenheit hin ausrichtet, das erst in reifem Alter seinen konkreten Ausdruck findet in einem Plan zu missionarischem Apostolat, das nach dem göttlichen Heiland benannt wird. Dieses Ereignis, von dem die neue Kongregation der Salvatorianerinnen ihren Ursprung haben wird, vollzieht sich unter Führung eines grossen und demütigen deutschen Priesters Johannes Jordan, der später den Namen Franziskus Maria vom Kreuze annimmt, und zwar hier in Rom, wo die neue Kongregation ihre Wiege hat und ihren geistigen Ausdruck findet. Wieder einmal verwirklicht sich in der Geschichte der Kirche die wunderbare und spontane Verschmelzung der starken und liebenswürdigen deutschen Seele mit der römisch-katholischen Kultur, beide geprägt von menschlicher Weisheit und geheimnisvoller Gnadengabe des Evangeliums.

Auch durch diese Tatsache wird Maria von den Aposteln eine Lehrerin erneuter christlicher Lebenskraft: die Natur und der Reichtum ihres Werkes bezeugen es. Sie wird auch zum Symbol, zu einem Beispiel, Ausdruck eines Wunsches, wie sie es durch ihre Persönlichkeit unter Beweis stellt, da sie die Kirche für würdig befunden hat, den Seligen beigezählt zu werden. Maria von den Aposteln beweist aber auch durch ihre Ordensfamilie, wie sehr und auf welche Weise jene glückliche Verschmelzung für den deutschen Namen ehrenvoll sein kann, fruchtbar für die katholische Sache, universal durch ihre Ausbreitung in der Welt, wohltätig für die Menschheit, ruhmvoll für den Namen Jesu Christi, unseres Heilandes.

Wir sind hierüber sehr erfreut und bekunden Unsere tiefe Genugtuung, indem Wir allen, die in dieser Basilika anwesend sind und auf der weiten Welt Unsere Freude teilen, den Apostolischen Segen erteilen.

Ed ecco una nostra traduzione del brano in lingua tedesca:

Noi vogliamo rivolgere un particolare saluto ai Nostri Fratelli ed ai Nostri Figli e Figlie di lingua tedesca.

Maria degli Apostoli, la nuova Beata,? per nascita, per educazione, per lingua una loro Sorella. La Figlia primogenita del Barone Giuseppe Teodoro von Wüllenweber, Maria Teresa, che prese poi il nome di Maria degli Apostoli come Fondatrice delle Suore del Divino Salvatore, era nata nel 1833, nel castello di Myllendock, a Gladbach, in Germania.

Ella rappresenta autenticamente la nobile e forte tradizione cattolica del Popolo germanico, possiede le virtù migliori del carattere germanico formato dal sincero spirito e dalla franca professione cattolica, dimostra fino alla giovinezza una squisita sensibilità religiosa ed una decisa coscienza morale, per cui subito ella orienta la sua vita verso un arduo e alto ideale di perfezione religiosa che solo in età adulta si concreta in un disegno di apostolato missionario, intitolato al Divino Salvatore. Questo avvenimento, dal quale avrà origine la nuova Congregazione religiosa delle Suore Salvatoriane, si compie sotto la guida di un grande e umile Sacerdote tedesco Giovanni, poi Francesco Maria Jordan, qui a Roma, dove la nuova fondazione trova la sua culla ed il suo spirito. Una volta ancora, nella storia della Chiesa, si verifica la mirabile e spontanea fusione dell’anima germanica, forte e gentile, con la cultura romano-cattolica, ricolma, l’una e l’altra, di umana sapienza e di misteriosa grazia evangelica.

Anche per questo fatto Maria degli Apostoli diventa una maestra di rinnovata vitalità cristiana: la natura e la ricchezza della sua opera lo dimostra. Essa diventa anche un simbolo, un esempio, un augurio, dimostrando nella sua persona, che la Chiesa ha stimato degna della Benedizione, e nella sua Famiglia religiosa quanto e come quella felice fusione possa essere onorifica per il nome tedesco, feconda per la causa cattolica, universale per la sua diffusione nel mondo, benefica per l’umanità, gloriosa per il nome di Gesù Cristo nostro Salvatore.

Noi siamo molto lieti di ciò ed esprimiamo la Nostra intima soddisfazione, impartendo a quanti, in questa Basilica e dappertutto nel mondo, la condividono, la Nostra Benedizione Apostolica.

                                   



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