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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ PAOLO VI
IN ASIA ORIENTALE, OCEANIA ED AUSTRALIA

SANTA MESSA NELLA «VALLE FELICE»

OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI

Hong Kong, «Valle Felice»
Venerdì, 4 dicembre 1970

  

Figli e Fratelli carissimi!

È con gioia che abbiamo accettato il cortese invito rivoltoci dal vostro zelante pastore, il Nostro fratello vescovo Hsu.

Ci piace prendere l’occasione del viaggio apostolico, che ci ha condotto in Asia e Australia per incontrarci con le conferenze episcopali del luogo, per fare una breve visita alla più grande diocesi cinese del mondo. Siamo molto lieti di essere con voi, cari figli e figlie di Hong Kong. Noi vogliamo ringraziarvi personalmente per l’affezione e la devozione che avete manifestato alla Santa Sede in molte e diverse maniere; vogliamo congratularci con voi per le molteplici realizzazioni della vostra così efficiente comunità cattolica: vogliamo incoraggiarvi a perseverare fermamente nella fede del vostro Battesimo e della vostra Cresima, ed esortarvi ad un sempre maggiore impegno nel ricercare i mezzi più adatti per rendere il messaggio cristiano di amore più comprensibile nel mondo nel quale vivete; in tal modo voi contribuirete effettivamente a dimostrare a tutti i vostri fratelli e sorelle la perenne giovinezza e la perenne capacità rinnovatrice del Vangelo di Cristo e così dare loro una speranza per costruire nell’amore una società più fraterna. Noi siamo ora in preghiera. Che ciascuno di noi abbia la coscienza del duplice rapporto che questa preghiera, la nostra Messa, stabilisce per le nostre anime. Noi siamo in rapporto con Cristo, noi siamo in rapporto con gli uomini nostri fratelli.

Sì, noi, riuniti qui nel nome di Cristo, noi siamo con Lui. Anzi Lui è con noi. Ce lo ha Lui stesso assicurato: dovunque sarete radunati nel mio nome, Egli ha detto, Io sarò in mezzo a voi (Cfr. Matth. 18, 20). Inoltre alla nostra umile persona è affidato il ministero di rappresentare Lui, Gesù Cristo, unico Capo, ma ora invisibile della Chiesa (Cfr. S. TH., III, 8, 1), sommo «Pastore e Vescovo» delle nostre anime (Cfr. 1 Petr. 2, 25); e Noi siamo lieti che questo Nostro ufficio di suo Vicario renda in questo momento più vivo il senso della presenza di Cristo in questa sacra assemblea, più operante la sua divina virtù, più immediata la sua spirituale consolazione. Ma ancor più realistico e mistico diventerà tra poco il rito, che stiamo celebrando, quando esso diventerà la cena sacrificale, da Cristo stesso istituita, per ricordare e rinnovare sacramentalmente la sua passione redentrice, ed Egli stesso si darà a noi come cibo di vita eterna.

Fratelli, diamo tutti insieme a questa celebrazione la pienezza di significato, che essa contiene, e procuriamo di aderirvi, tutti e ciascuno, con la più intensa adesione dei nostri spiriti, ed a perenne e riassuntivo ricordo di questo straordinario e felice momento riserviamogli la nostra umile, ferma, totale professione di fede. Diremo tra poco: mistero di fede!

Questo è il primo rapporto che questa nostra azione liturgica deve mettere in attuale e perenne esercizio: la fede. Questa nostra fede qui Noi a tutti vi annunciamo e vi confermiamo.
Vi è un secondo rapporto, voi lo sapete, messo in azione dalla celebrazione che stiamo compiendo, prima nelle nostre coscienze, nei nostri cuori, e poi nella nostra vita esteriore.

L’Eucaristia è un segno, è un vincolo di unità (Cfr. S. TH., III, 73, 2 e 3). È un sacramento di comunione. Nell’atto stesso in cui l’Eucaristia ci mette in comunione reale con Cristo, esso ci mette in comunione spirituale, mistica, morale e sociale con quanti si alimentano dello stesso pane (Cfr. 1 Cor. 10, 17). È il sacramento dell’unità ecclesiastica. È il supremo principio coesivo della comunità dei fedeli. È il sacramento che contiene il Corpo reale di Cristo e che tende a produrre il Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa.

Fermiamoci qui, e concludiamo: la Chiesa è dunque un effetto unitario dell’amore di Cristo per noi, e può essa stessa essere considerata un segno operante, un sacramento di unità e di amore. Amare è la sua missione. Ora, mentre diciamo queste semplici e sublimi parole, noi abbiamo d’intorno a noi, quasi lo sentiamo, tutto il popolo Cinese, dovunque esso si trovi.

Viene, per la prima volta nella storia, quest’umile apostolo di Cristo, che Noi siamo, a questa estrema terra orientale; e che cosa dice? e perché viene? Per dire una sola parola: amore. Cristo è anche per la Cina un Maestro, un Pastore, un Redentore amoroso. La Chiesa non può tacere questa buona parola; amore, che resterà.

                                                              



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